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Autore: Lorelaine86    25/01/2013    3 recensioni
In un'isola lontana dove l'inverno sembra non avere fine, una giovane donna guarisce un soldato ferito e scalda il suo cuore....
Genere: Romantico, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Edward Cullen, Isabella Swan
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
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CAPITOLO BETATO DA Amy Dickinson

Nemmeno l’orgoglio riuscì a tenermi lontano da lui.

Quando il tempo a disposizione era così poco, non rimaneva spazio per l’orgoglio.

Gli portai i regali sperando che li avrebbe accettati. Gli portai me stessa.

“Edward” dissi e rimasi sulla soglia della camera in attesa che si voltasse: lui era alla finestra e fissava la notte buia.

“Avete voglia di parlarne con me?” domandai.

“Sto cercando di comprendervi”

Quella risposta fu sufficiente ad alleggerire il mio cuore.

“Spero possiate riuscirci” mi avvicinai e posai i doni ai piedi del letto.

“Dal momento che il vostro mantello è rovinato, vi ho portato quello di mio nonno: ha il bordo di pelliccia e vi terrà al caldo. Vi ho portato anche la sua spilla. La accetterete?”

Lui si avvicinò e sfiorò la rosa d’oro. “Perché volete donarmela?”

“Perché mi è cara” risposi richiudendo le dita sulla spilla. “Voi credete che io non apprezzi quello che mi avete dato. L’intimità che si è creata tra noi. Non posso lasciarvi partire con questa convinzione. Non potrei sopportare il pensiero che ve ne andiate covando rabbia nei miei confronti.”

Quando i nostri sguardi si incontrarono, nei suoi occhi infuriava la tempesta.

“Potrei portarvi via con la forza. Nessuno potrebbe fermarmi”

“Non lo permetterei. La mia gente non lo permetterebbe”

Lui fece un passo avanti e afferrò il mio collo con forza. “Nessuno potrebbe fermarmi” sibilò e con la mano libera mi impedì di estrarre il pugnale.

 “Nemmeno voi” aggiunse

“Non ve lo perdonerei mai. La rabbia vi illude che l’uso della forza sia la soluzione. Ma sapete che non lo è.”

“Come potete essere così calma e sicura?”

“Non lo sono. Vorrei venire con voi. Fuggire da questo inverno senza fine, senza voltarmi indietro. Sentire il sole che scalda il mio viso, annusare l’erba , respirare l’estate. Almeno una volta. Ma poi cosa sarebbe di me?”

“Diventereste mia moglie”

“Voi mi fate onore ma io non posso”

“A causa di chi vi ha generato?” disse lui prendendomi per le spalle e guardandomi negli occhi.

“Sapete essere così calda, così saggia e allo stesso tempo così caparbia e fredda!”

“Non posso sposarmi, perché il mio voto più sacro è di non fare del male. Se prendessi marito sarebbe re. Dovrebbe caricarsi del pesante fardello di tutto il mio popolo”

“Pensate che io lo rifiuterei?”

“No, assolutamente. Sono stata dentro il vostro cuore e so, Edward, che mantenete le promesse anche quando vanno contro il vostro interesse.”

“Mi rifiutate per salvarmi?”

“Vi rifiuto? Vi ho concesso il mio corpo e la mia mente, come non avevo fatto prima. E come non farò più. Se accettassi di tenervi qui se voi accettaste di rimanere con me… Quanti  ne soffrirebbero? Io capisco che dovete andare via e lo rispetto, perché voi non capite che devo rimanere?”

“Voi vedete il mondo solo in bianco e nero”

“Io conosco solo il mondo in bianco e nero” dissi quasi supplicandolo. “È qui la mia vita, mi è stata insegnata solo una cosa: mantenere in vita la mia gente. L’ho fatto come meglio potevo”

“Nessuno avrebbe potuto fare meglio”

“Ma non è finita”

Andai alla finestra per tirare le tende. Per chiudere fuori quel buio e quel freddo. “Non conosco carezze materne. Per quanto mi sforzi non ricordo un suo abbraccio. Era gentile, certo, ma non mi amava. Avevo gli occhi di mio padre e anche solo guardarmi le procurava dolore. Io lo sentivo quel dolore”

Mi strinsi il corpetto all’altezza del cuore. “Lo sento ancora dentro di me…  La ferita, la disperazione… Dovevo difendermi da questo. Non ne avevo il diritto?”

“Era vostra madre che non doveva respingervi in quel modo”

“Ma lo ha fatto. Il passato non può cambiare. Ma dopo tutto sono stata allevata e istruita bene. Avevo dei compagni di gioco e una volta, tanto tempo fa, avevo anche un cane. Quando lui è morto… Purtroppo era troppo vecchio affinché io potessi curarlo… Qualcosa si spezzò dentro di me. Che stupida, lasciarsi distruggere dalla morte di un cane”

“No, gli volevate bene”

“Già” dissi sedendomi e sospirando profondamente. “Ero così arrabbiata che ho cercato di distruggere la colonna di ghiaccio. Pensavo che, se fossi riuscita a fare a pezzi quel maledetto cespuglio tutto sarebbe finito. In un modo o nell’altro. Ricordo che mia madre mi guardava mentre le mie lacrime cadevano sull’elsa della spada e sospirando disse che avrei patito altre perdite e che avrei dovuto accettarli perché il loro benessere era al di sopra del mio. E aveva ragione”

“Come regina sì” concordò lui. “Non come madre”

“Come avrebbe potuto darmi ciò che non aveva? L’ho guardata tormentarsi per l’uomo che amava e che l’aveva rovinata. In punto di morte ha pianto per lui. Il suo tradimento l’aveva condannata eppure è morta amandolo. Così quel giorno giurai che niente e nessuno avrebbe comandato il mio cuore: anche lui è intrappolato dentro una lastra di ghiaccio come il roseto là  fuori. Se fosse libero, Edward, ve lo donerei con gioia”

“Siete stata voi a intrappolarlo. Sapete meglio di me che non è la spada che bisogna usare”

“ Sapete, ho visto il volto di vostra madre”

“Mia madre?”

“Sì, nel vostro cuore, quando io vi ho curato. Sarei disposta a dare tutto pur di vedere, anche solo una volta, quell’espressione di orgoglio negli occhi di mia madre. Non potete permettere che pianga un figlio ancora vivo”

“Lei vorrebbe la mia felicità”

“Immagino di sì. Ma lei non avrebbe più vostre notizie. Sareste capace di spezzarle il cuore in questa maniera? E voi avete troppo onore per abbandonare il vostro regno”

“Il dovere prima di tutto…”

“Siamo nati con un ruolo. Né io né voi potremmo vivere felici, rinunciando ai nostri doveri ”

“Donatemi un’ultima notte” chiese lui allungando la mano. E io non potei far altro che avvicinare la mia mano, e il mio cuore.

Edward pov

L’amai prima teneramente, poi con trasporto. E infine, quando in cielo iniziarono a tremare le prime luci dell’alba, con disperazione. Quando fu giorno, lei non mi trattenne e neppure pianse. Una parte di me avrebbe preferito che facesse entrambe le cose. Ma la donna che amavo era forte e mi aiutò a prepararmi per il viaggio senza lacrime.

“Avete provviste per due settimane” mi informò mentre mi issavo in sella al mio cavallo.

“Ho un ultimo regalo per voi” disse mentre un giovane uomo, con larghe spalle squadrate entrava nella scuderia. “Lui ti farà da scudiero” e poi voltandosi verso il ragazzo: “Non abbandonarlo mai finché non sarà al sicuro. È l’ultima cosa che ti chiedo”

Poi fece un passo indietro. “Edward, vi auguriamo buon viaggio”

Le presi la mano. “Bella, vi ringrazio per l’ospitalità e auguro ogni bene a  voi e al vostro popolo” ma non le lasciai la mano. Anzi la girai e la posai sul suo palmo il mio anello. “Vi consegno il mio cuore”

“Edward”

“Vi consegno la mia vita. E prima che me ne vada chiedetemi una cosa, qualunque cosa”

“Quando sarete al sicuro, quando rincontrerete l’estate, raccogliete la prima rosa che vedere e pensate a me. E io lo sentirò e sarò felice”

Neanche ora mi chiede di rimanere, mi ritrovai a pensare. Sfiorai la spilla appuntata sul mantello. “Ogni rosa che io vedo siete voi” e spronai il cavallo verso le porte.

Durante il quarto giorno di viaggio il vento soffiò con tanta violenza che avanzammo senza vedere nulla. I cappucci, i mantelli, persino il manto nero del cavallo… Tutto ormai era diventato bianco.

Questo terribile mondo era totalmente privo di colore pensai. Il caldo era solo un lontano ricordo.

Quando il cavallo era stanco dovevamo avanzare nella neve fino al petto. A volte temevo che tutto quel bianco mi avrebbe prima o poi seppellito.

Ero schiacciato dalla fatica e da un’insistente tentazione di sdraiarmi, di dormire fino alla morte. Ma ogni volta che incespicavo e cadevo, mi rimettevo in piedi.

Avevo fatto una promessa e l’avrei mantenuta. Lei mi aveva donato la vita: quindi sarei sopravvissuto. E sarei tornato da lei.

A volte, sia in piedi e sia a cavallo, mi capitava di sognare ad occhi aperti. Mi vedevo seduto accanto a Bella, su una preziosa panchina in un giardino inondato di rose.

In quelle condizioni viaggiammo una settimana intera, mettendo dolorosamente un passo dopo l’altro, nel ghiaccio e nel vento, nel buio e nel gelo.

“Hai una fidanzata, ragazzo?” domandai un giorno.

“Signore?”

“Una fidanzata?” ripetei.

“Sì, si chiama Angela. Lavora nelle c…” il ragazzo si interruppe, alzando la testa di scatto. Gridando afferrai le redini del cavallo che nitrì e barcollò da un lato. Solo l’istinto e un residuo di forza di volontà mi tennero in sella, mentre il grande albero s’abbatteva  poco più in là.

“Hai proprio l’udito di un pipistrello” dissi mentre il cuore mi batteva selvaggiamente nel petto.

“È un segno”

“Andiamo ragazzo è solo un albero spezzato dal peso della neve e del ghiaccio.

“Un segno” ripeté cocciutamente il ragazzo- “I suoi rami puntano in quella direzione” indicò la via e, incominciò a dirigersi a sinistra.

“Hai intenzione di seguire le indicazioni di un albero morto?” domandai scuotendo la testa. “Molto bene, allora. Che differenza può fare?”

In quel momento Bella, che trasportava un secchio d’acqua al giardino, sussultò. E fu sul punto di svenire. Si schiacciò una mano sul cuore e una sul ventre, scoppiando in lacrime di gioia. “È a casa”

chiedo perdono per essere stata così lontana e di non aver pubblicato, ma ahimè la vita alle volte è difficile in questo capitolo ho racchiuso (spero) la tristezza un  quasi un anno della mia vita in cui ho dovuto stringere i denti e lottare, anche con le persone che amavo. il prossimo capitolo sarà l'epilogo vi avviso non aspettatevi grandi cose perchè io e il fantasy siamo come il sole e la luna. un bacione Lory
  
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