Nemmeno
l’orgoglio riuscì a
tenermi lontano da lui.
Quando
il tempo a disposizione
era così poco, non rimaneva spazio per l’orgoglio.
Gli
portai i regali sperando
che li avrebbe accettati. Gli portai me stessa.
“Edward”
dissi e rimasi sulla
soglia della camera in attesa che si voltasse: lui era alla finestra e
fissava
la notte buia.
“Avete
voglia di parlarne con
me?” domandai.
“Sto
cercando di comprendervi”
Quella
risposta fu sufficiente
ad alleggerire il mio cuore.
“Spero
possiate riuscirci” mi
avvicinai e posai i doni ai piedi del letto.
“Dal
momento che il vostro
mantello è rovinato, vi ho portato quello di mio nonno: ha
il bordo di pelliccia
e vi terrà al caldo. Vi ho portato anche la sua spilla. La
accetterete?”
Lui
si avvicinò e sfiorò la
rosa d’oro. “Perché volete
donarmela?”
“Perché
mi è cara” risposi
richiudendo le dita sulla spilla. “Voi credete che io non
apprezzi quello che
mi avete dato. L’intimità che si è
creata tra noi. Non posso lasciarvi partire
con questa convinzione. Non potrei sopportare il pensiero che ve ne
andiate
covando rabbia nei miei confronti.”
Quando
i nostri sguardi si
incontrarono, nei suoi occhi infuriava la tempesta.
“Potrei
portarvi via con la
forza. Nessuno potrebbe fermarmi”
“Non
lo permetterei. La mia
gente non lo permetterebbe”
Lui
fece un passo avanti e
afferrò il mio collo con forza. “Nessuno potrebbe
fermarmi” sibilò e con la
mano libera mi impedì di estrarre il pugnale.
“Nemmeno
voi” aggiunse
“Non
ve lo perdonerei mai. La
rabbia vi illude che l’uso della forza sia la soluzione. Ma
sapete che non lo
è.”
“Come
potete essere così calma
e sicura?”
“Non
lo sono. Vorrei venire
con voi. Fuggire da questo inverno senza fine, senza voltarmi indietro.
Sentire
il sole che scalda il mio viso, annusare l’erba , respirare
l’estate. Almeno una
volta. Ma poi cosa sarebbe di me?”
“Diventereste
mia moglie”
“Voi
mi fate onore ma io non
posso”
“A
causa di chi vi ha
generato?” disse lui prendendomi per le spalle e guardandomi
negli occhi.
“Sapete
essere così calda,
così saggia e allo stesso tempo così caparbia e
fredda!”
“Non
posso sposarmi, perché il
mio voto più sacro è di non fare del male. Se
prendessi marito sarebbe re.
Dovrebbe caricarsi del pesante fardello di tutto il mio
popolo”
“Pensate
che io lo
rifiuterei?”
“No,
assolutamente. Sono stata
dentro il vostro cuore e so, Edward, che mantenete le promesse anche
quando
vanno contro il vostro interesse.”
“Mi
rifiutate per salvarmi?”
“Vi
rifiuto? Vi ho concesso il
mio corpo e la mia mente, come non avevo fatto prima. E come non
farò più. Se
accettassi di tenervi qui se voi accettaste di rimanere con
me… Quanti ne
soffrirebbero? Io capisco che dovete
andare via e lo rispetto, perché voi non capite che devo
rimanere?”
“Voi
vedete il mondo solo in
bianco e nero”
“Io
conosco solo il mondo in
bianco e nero” dissi quasi supplicandolo.
“È qui la mia vita, mi è stata
insegnata solo una cosa: mantenere in vita la mia gente. L’ho
fatto come meglio
potevo”
“Nessuno
avrebbe potuto fare
meglio”
“Ma
non è finita”
Andai
alla finestra per tirare
le tende. Per chiudere fuori quel buio e quel freddo. “Non
conosco carezze
materne. Per quanto mi sforzi non ricordo un suo abbraccio. Era
gentile, certo,
ma non mi amava. Avevo gli occhi di mio padre e anche solo guardarmi le
procurava dolore. Io lo sentivo quel dolore”
Mi
strinsi il corpetto
all’altezza del cuore. “Lo sento ancora dentro di
me… La
ferita, la disperazione… Dovevo difendermi
da questo. Non ne avevo il diritto?”
“Era
vostra madre che non
doveva respingervi in quel modo”
“Ma
lo ha fatto. Il passato
non può cambiare. Ma dopo tutto sono stata allevata e
istruita bene. Avevo dei
compagni di gioco e una volta, tanto tempo fa, avevo anche un cane.
Quando lui
è morto… Purtroppo era troppo vecchio
affinché io potessi curarlo… Qualcosa si
spezzò dentro di me. Che stupida, lasciarsi distruggere
dalla morte di un cane”
“No,
gli volevate bene”
“Già”
dissi sedendomi e
sospirando profondamente. “Ero così arrabbiata che
ho cercato di distruggere la
colonna di ghiaccio. Pensavo che, se fossi riuscita a fare a pezzi quel
maledetto
cespuglio tutto sarebbe finito. In un modo o nell’altro.
Ricordo che mia madre
mi guardava mentre le mie lacrime cadevano sull’elsa della
spada e sospirando
disse che avrei patito altre perdite e che avrei dovuto accettarli
perché il
loro benessere era al di sopra del mio. E aveva ragione”
“Come
regina sì” concordò lui.
“Non come madre”
“Come
avrebbe potuto darmi ciò
che non aveva? L’ho guardata tormentarsi per l’uomo
che amava e che l’aveva
rovinata. In punto di morte ha pianto per lui. Il suo tradimento
l’aveva
condannata eppure è morta amandolo. Così quel
giorno giurai che niente e
nessuno avrebbe comandato il mio cuore: anche lui è
intrappolato dentro una
lastra di ghiaccio come il roseto là
fuori. Se fosse libero, Edward, ve lo donerei con
gioia”
“Siete
stata voi a
intrappolarlo. Sapete meglio di me che non è la spada che
bisogna usare”
“
Sapete, ho visto il volto di
vostra madre”
“Mia
madre?”
“Sì,
nel vostro cuore, quando
io vi ho curato. Sarei disposta a dare tutto pur di vedere, anche solo
una
volta, quell’espressione di orgoglio negli occhi di mia
madre. Non potete
permettere che pianga un figlio ancora vivo”
“Lei
vorrebbe la mia felicità”
“Immagino
di sì. Ma lei non
avrebbe più vostre notizie. Sareste capace di spezzarle il
cuore in questa
maniera? E voi avete troppo onore per abbandonare il vostro
regno”
“Il
dovere prima di tutto…”
“Siamo
nati con un ruolo. Né
io né voi potremmo vivere felici, rinunciando ai nostri
doveri ”
“Donatemi
un’ultima notte”
chiese lui allungando la mano. E io non potei far altro che avvicinare
la mia
mano, e il mio cuore.
Edward pov
L’amai
prima teneramente, poi
con trasporto. E infine, quando in cielo iniziarono a tremare le prime
luci
dell’alba, con disperazione. Quando fu giorno, lei non mi
trattenne e neppure
pianse. Una parte di me avrebbe preferito che facesse entrambe le cose.
Ma la
donna che amavo era forte e mi aiutò a prepararmi per il
viaggio senza lacrime.
“Avete
provviste per due
settimane” mi informò mentre mi issavo in sella al
mio cavallo.
“Ho
un ultimo regalo per voi”
disse mentre un giovane uomo, con larghe spalle squadrate entrava nella
scuderia. “Lui ti farà da scudiero” e
poi voltandosi verso il ragazzo: “Non
abbandonarlo mai finché non sarà al sicuro.
È l’ultima cosa che ti chiedo”
Poi
fece un passo indietro.
“Edward, vi auguriamo buon viaggio”
Le
presi la mano. “Bella, vi
ringrazio per l’ospitalità e auguro ogni bene a
voi e al vostro popolo” ma non le lasciai la
mano. Anzi la girai e la
posai sul suo palmo il mio anello. “Vi consegno il mio
cuore”
“Edward”
“Vi
consegno la mia vita. E
prima che me ne vada chiedetemi una cosa, qualunque cosa”
“Quando
sarete al sicuro,
quando rincontrerete l’estate, raccogliete la prima rosa che
vedere e pensate a
me. E io lo sentirò e sarò felice”
Neanche
ora mi chiede di
rimanere, mi ritrovai a pensare. Sfiorai la spilla appuntata sul
mantello.
“Ogni rosa che io vedo siete voi” e spronai il
cavallo verso le porte.
Durante
il quarto giorno di
viaggio il vento soffiò con tanta violenza che avanzammo
senza vedere nulla. I
cappucci, i mantelli, persino il manto nero del cavallo…
Tutto ormai era
diventato bianco.
Questo
terribile mondo era
totalmente privo di colore pensai. Il caldo era solo un lontano ricordo.
Quando
il cavallo era stanco
dovevamo avanzare nella neve fino al petto. A volte temevo che tutto
quel
bianco mi avrebbe prima o poi seppellito.
Ero
schiacciato dalla fatica e
da un’insistente tentazione di sdraiarmi, di dormire fino
alla morte. Ma ogni
volta che incespicavo e cadevo, mi rimettevo in piedi.
Avevo
fatto una promessa e
l’avrei mantenuta. Lei mi aveva donato la vita: quindi sarei
sopravvissuto. E
sarei tornato da lei.
A
volte, sia in piedi e sia a
cavallo, mi capitava di sognare ad occhi aperti. Mi vedevo seduto
accanto a
Bella, su una preziosa panchina in un giardino inondato di rose.
In
quelle condizioni
viaggiammo una settimana intera, mettendo dolorosamente un passo dopo
l’altro,
nel ghiaccio e nel vento, nel buio e nel gelo.
“Hai
una fidanzata, ragazzo?”
domandai un giorno.
“Signore?”
“Una
fidanzata?” ripetei.
“Sì,
si chiama Angela. Lavora
nelle c…” il ragazzo si interruppe, alzando la
testa di scatto. Gridando
afferrai le redini del cavallo che nitrì e
barcollò da un lato. Solo l’istinto
e un residuo di forza di volontà mi tennero in sella, mentre
il grande albero
s’abbatteva poco
più in là.
“Hai
proprio l’udito di un
pipistrello” dissi mentre il cuore mi batteva selvaggiamente
nel petto.
“È
un segno”
“Andiamo
ragazzo è solo un
albero spezzato dal peso della neve e del ghiaccio.
“Un
segno” ripeté
cocciutamente il ragazzo- “I suoi rami puntano in quella
direzione” indicò la
via e, incominciò a dirigersi a sinistra.
“Hai
intenzione di seguire le
indicazioni di un albero morto?” domandai scuotendo la testa.
“Molto bene,
allora. Che differenza può fare?”
In
quel momento Bella, che
trasportava un secchio d’acqua al giardino,
sussultò. E fu sul punto di
svenire. Si schiacciò una mano sul cuore e una sul ventre,
scoppiando in
lacrime di gioia. “È a casa”