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Autore: mairileni    26/01/2013    11 recensioni
«Io odio arrabbiarmi con te, lo sai questo?»
«Sì.»
«E... ti sarai accorto che non è un grande periodo per me e la mamma, sì?»
Faccio sì con la testa.
Genere: Angst, Introspettivo, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri, Dominic Howard, Matthew Bellamy
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Ciao ciao ciao! *v*
 
Allora, capitolo scritto più di cuore che di testa; io mi sono presa una bella influenza, quindi ieri e oggi sono rimasta casa *ma chissenefrega?*, sdraiata sul divano - con tanto di coperta da anziana - a scrivere furiosamente sull'app del telefono che ha il coraggio leonino di ospitare le mie creazioni (un minuto di silenzio per l'app eroica). Quindi...tanto tempo per questa fic! Yeah! (Perdonate l'entusiasmo superfluo, ma la febbre mi mette addosso una certa euforia).
 
A parte gli scherzi, dato che dal capitolo 1 al capitolo 2 ho fatto passare un po' di tempo e vi sarà cresciuta la muffa in testa *eh?*, ho cercato di essere più veloce!
 
Poi vorrei ringraziare tutte voi che continuate a seguire e a recensire, siete tutte carinissime! Ciao N e n a, bentornata! :3
 
Eccovi il capitolo 3! 
 
pwo_
 
 
*** *** ***
 
 
Matthew, decisione drastica
 
 
 
Lunedì, 8 giugno 1992
 
 
Sono le sei del mattino.
 
Mi alzo piano per non svegliarti.
 
Hai passato la giornata di ieri alternando sfoghi furiosi a silenzi pesanti, e hai mangiato qualcosa solo a cena, più per sopravvivenza che per fame. E io mi sono sentito un idiota, perché non ho saputo far altro che ascoltarti e basta, perché non sono nella posizione di consolarti, e ora che è certo che tuo padre se ne andrà non posso neanche darti la forza di sperare.
 
Hai avvisato a casa che ti saresti fermato a dormire da me, stanotte, e adesso, come al solito, sei rannicchiato su un lato del mio letto, in una posizione scoordinata, con tutte le mie coperte tirate su di te. 
Perché sì, è giugno, ma tu dormi ancora con le coperte di lana e costringi anche me a tenerle, fa un fottuto freddo, dici, come fai a restare vivo?
 
Mi trascino fino alla porta del bagno per farmi una doccia che laverà via il sudore di cui sono ricoperto a causa del tuo essere così freddoloso e mi richiudo la porta alle spalle.
 
 
***
 
 
Al mio risveglio Dom non è accanto a me, quindi, com'è ovvio che sia, vado in ansia e mi alzo per cercarlo, sapere dov'è e con chi, perché e come, e quanto tempo ha intenzione di lasciar passare prima di tornare da me.
 
Durante la mia accurata ricerca apro anche i cassetti.
 
Sì, certo.
Hey, Dom, sei nel cassetto?
 
Mi giustifico dicendomi che sono le sei e un quarto del mattino e che di solito a quest'ora sto ancora dormendo, sdraiato nel mio letto a russare e sbavare sul cuscino.
Che bella immagine.
 
Mi passo le mani sulla faccia e barcollo in direzione del bagno, contro la cui porta mi accascio rumorosamente. 
«Mghh-- Dom, sei lì?»
«Sì, en--»
Abbasso la maniglia ed entro.
«--tra pure.» conclude Dom con aria di disappunto.
 
 
***
 
 
Quando Matt fa ingresso nel piccolo bagno di camera mia ha ancora gli occhi chiusi dal sonno e inizia a muovere le braccia come un ossesso, come se volesse scacciare uno sciame di insetti.
«Porca putt-- dove cazzo siamo, Dom, sul sole? Spegni la luce subito!» mugugna, le parole un po' impastate dal sonno.
 
Raggiunge l'interruttore e la spegne personalmente, facendo calare la stanza nel buio più assoluto.
 
«Cristo, Bells, sto facendo delle cose! Non rompere e vai a dormire!»
«Sono le cazzo di sei e venti, Dom. Perché sei completamente vestito e ti stai spruzzando la colonia?»
«Perché mi hai lanciato giù dal letto con una manata durante un tuo delirio notturno e perché tanto alle sette io mi alzo comunque.»
 
Qualche secondo di silenzio.
 
«Ehe. Ti ho lanciato giù dal letto.»
Matt ride di una risata idiota, acuta.
«Sì. Mi hai lanciato giù dal letto. E ora esci.»
«Sei noioso, Howard.»
«Esci.»
«E brutto.»
«Esci.»
«E stupido.»
«Esci. Ora.»
«E va bene, e va bene, me ne vado. Che modi.»
 
E mi lascia finalmente solo, borbottando qualcosa riguardo le cattive maniere che ho usato con lui. 
 
 
*
 
 
«Matt?»
Niente.
«Matt?»
Il corpo del mio amico giace immobile sul letto e non dà segni di vita, almeno finché non lo scuoto un po' con le mani.
«Mn.»
«Matt, forza, svegliati.»
«Mno.»
«Matt, devi alzarti, c'è scuola.»
«'Fculo.»
«No, Matt, non mi va di piegarmi al tuo fancazzismo, arriveremo puntuali, d'accordo?»
«Mno.»
 
Perché, perché, perché a me?
 
«Proprio non vuoi alzarti, eh?»
«Mno.»
«Bene. Allora ci vediamo stasera e magari, se avrò tempo, parleremo dei dettagli per il tuo compleanno di domani. Se mi andrà, certo.»
«St'zo.»
 
Mentre sistemo i libri nello zaino sento già Matt muoversi dietro di me. Ho vinto.
 
 
***
 
 
«Vi prego, qualcuno fermi questo strazio!» sussurro, mentre un ragazzo che frequenta il corso di musica con noi tenta invano di suonare Bach al violoncello.
«Ma quanto dura?» chiede Dom, ironico.
«Boh. Ma magari questo pensa pure di essere bravo.»
 
La performance si conclude, con mio grande sollievo, per lasciare spazio a qualche mormorio divertito.
 
La professoressa esordisce schiarendosi la voce imbarazzata.
«Mh...ascolta Stewart...si vede che hai studiato, ma...credo che il tuo problema sia l'applicare una pressoché solida base di conoscenze teoriche ad un contesto più reale e pratico che è poi lo strumento musicale, non so se mi spiego...»
Immagino che questa sia una lunga parafrasi per evitare un più schietto "no, guarda, lascia stare" e mi volto verso Dom per chiacchierare un po' e far passare velocemente l'ora.
 
«Dom.»
«Cosa?»
«Pensi che dovrei cambiare taglio?»
«Mh...non ci ho mai pensato. Perché lo chiedi?»
«Così.»
«Ora che me lo fai notare, forse potresti accorciarli. Sì. Sì, penso che staresti meglio.»
«Credo anch'io.»
 
«Ah, cosa vorresti mangiare per il picnic?»
«I miei gusti li conosci, mi piace come cucina tua madre, quindi fai tu.»
«La torta è al cioccolato, credo.»
«Va più che bene, direi, no?»
«Sì, credo. Anche se--»
«Bells. Deve piacere a te, il picnic, non a lui.»
Annuisco. Ha ragione.
 
«Hey. Come va oggi?» chiede piano.
«Meglio.»
«Non è vero.» mormora dopo un po'.
«Lo so.»
C'è un attimo di silenzio, prima che Dom riprenda a parlare.
«Sarà bello, domani, Bells. Starai bene.»
«Sì, questo sì.» sorrido.
 
 
*
 
 
La colonna sonora della cena è un susseguirsi di schiocchi e tintinnii, forchette contro i piatti e acqua versata nei bicchieri.
Domina il silenzio, e stavolta sto ascoltando, giuro.
 
Mamma e papà hanno litigato ancora, si sente nell'aria, e di tanto in tanto Paul si aggrappa a me con qualche occhiata solidale.
Vi prego, qualcuno dica qualcosa.
 
«Com'è andata oggi a scuola?» chiede mio padre.
«Non male.» è la risposta di Paul.
«Non so.» è la mia.
Oh, cazzo, "non so" a papà non piace.
«C-Cioè, ho-ho riso molto, a musica, perché c'era un tizio che non sapeva suonare Bach e sentirlo era una vera tortura.»
«Chi è questo ragazzo?» 
«Boh, non so il nome.»
«Fai musica da quattro anni e non sai ancora i nomi dei tuoi compagni? Non è un po' strano?» lo chiede sforzandosi di sembrare scherzoso, ma la critica che c'è sotto preme per uscire dalla sua voce.
«Siamo in tanti.»
«Potresti fare uno sforzo, non credi?»
«George...» interviene mia madre.
Ma a me va di rispondere.
«Non sono persone con cui condivido molto.»
«Ma se non fai nulla per stare con loro sarà sempre così, no?»
«Stai cercando di dirmi qualcosa, papà?» chiedo, con una fermezza che non mi appartiene.
«Come, scusa?»
«Stai cercando di dirmi qualcosa?»
 
Le mie parole creano un attimo di gelo, Paul fissa la carne nel suo piatto con improvviso interesse, roteando la forchetta con movimenti casuali, mia madre sembra non sapere cosa dire e mio padre mi guarda negli occhi.
 
È lui a rompere il silenzio.
«Spostati più indietro sulla seggiola, Matthew. Hai i capelli nel piatto.»
Che figlio di puttana.
 
Non dico nulla, mi viene solo la nausea, mi alzo dal tavolo e percorro le scale, Paul sta cercando di fermarmi, sto bene, Paul, lasciami, mia madre grida, mio padre anche, non ascolto.
 
Mi chiudo nella mia stanza, giro un po' a vuoto finché non trovo quello che cerco, apro la porta del bagno e giro la chiave.
 
La mia immagine allo specchio è patetica, livida, smunta.
Triste.
 
E muovo la mano destra su e giù per sentire quanto pesa la forbice sopra di essa, prima di impugnarla per bene e avvicinarla ai miei capelli.
 
E qualcuno bussa, mentre comincio piano, perché dà più soddisfazione.
Taglio poco le punte, per poi accorciare sempre di più la lunghezza, e qualcuno bussa, ma non ascolto, mentre non faccio altro che seguire il movimento leggero dei capelli che cadono, volteggiando un po' prima di posarsi a terra, e qualcuno bussa e parla, dall'altra parte del legno.
 
E quando penso di aver ottenuto il risultato desiderato sorrido alla mia immagine riflessa, e non bussa più nessuno.
 
 
 
*** *** ***
 
 
 
 
 
Vi prego, so che è corto, ma abbiate pietà, è solo uno sciocco capitolo di transizione! T_T 
 
Spero vi sia comunque piaciuto almeno un po', ditemelo, se vi va. *v* 
 
Ci vediamo presto (spero) con il capitolo 4, ma intanto grazie di aver letto!
 
Cheers,
 
pwo_
 
 
 
 
   
 
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