Fanfic su artisti musicali > MultiBand/Crossover
Segui la storia  |       
Autore: fedenow    27/01/2013    2 recensioni
Stef lo stringeva, lo cullava in un modo grezzo mentre lui sentiva la rabbia montargli dentro, gli mancava l’aria, pensava che non ce l’avrebbe fatta, pensava che ti fotti quando ti innamori la prima volta a tredici anni e nemmeno te ne accorgi, e dopo puoi raccontarti tutte le stronzate a cui riesci a pensare ma la verità è che per tutta la vita cercherai di tornare a quel punto e riprenderti quella cosa e capirla per una volta, una volta soltanto, prima che ti abbia già buttato sul pavimento. Pensava che ci era passato troppo spesso per essere ancora lì. Pensava chi cazzo fosse Matt Bellamy per fargli questo.
Genere: Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Placebo | Coppie: Brian.M/Matthew.B
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Partenze XIII - Solo per un po'


XIII - SOLO PER UN PO’




Maggio si era concluso senza note di colore, giugno era trascorso nell’anonimato dei mesi di transizione verso qualcosa di confuso. Mangiava, dormiva molto meno del solito, aveva energia più di quanta fosse disposto a spendere, dedicava a suo figlio tutte le ore che gli aveva negato nei due anni precedenti. Quando era con lui riusciva a scrollarsi di dosso l’anestetico che sentiva in circolo, almeno per un qualche momento della giornata. Cercava di mostrare a Cody una gratitudine che a una persona di sei anni non può essere spiegata con abbracci prolungati e il risultato che il bambino si divincolava stropicciando la faccia e sottolineando che stava diventando come la mamma.

Avevano accettato un’offerta vantaggiosa da parte di una casa automobilistica, un mucchio di soldi per un concerto in Germania. Niente marketing in cui sarebbero rimasti invischiati, gli assicurarono i suoi manager. Non se ne curò, diede il proprio consenso senza nessuna difficoltà e si disinteressò della cosa il più a lungo possibile. Stef propose due date di riscaldamento, e lui si accollò anche quelle mentre già usciva dalla stanza. Si erano visti un paio di volte per provare qualche pezzo e abbozzare un’idea di scaletta, senza concludere granché. Aveva annunciato di voler eliminare The bitter end ed era riuscito a farli ammutolire entrambi, Steve aveva sgranato gli occhi.
- Brian, che cazzo stai dicendo?
- Almeno Meds. Vi prego, almeno Meds togliamocela dai coglioni. Non ce la faccio più.
- … Cosa?
- Brian. – Stef lo guardava, impassibile. – Non puoi. Lo sai benissimo. Non dobbiamo fare niente di eccezionale, leviamo un po’ di Battle for the sun e basta.
- Va bene. Decidete voi. Va bene.
- Posso parlarti un momento?
Steve spostò lo sguardo dall’uno all’altro, prima di posarlo sul pavimento.
- … No. Scusa, hai ragione. Solo… sono stanco, ho bisogno di stare da solo. Facciamo come dici tu, sono d’accordo.

Andò da Stef un paio di giorni più tardi, si divisero una mezza dozzina di birre e ringraziò che l’amico fosse abbastanza ubriaco da non accorgersi di quanto stesse male. Lo sentiva riproporre un'altra volta improbabili aneddoti degli anni Novanta pretendendo di divertirsi come ad inizio carriera. Ridevano delle risate scomposte.
- Stef! Stefan! Ci pensi mai a come sarebbe stato se non ci fossimo incontrati?
- No.
Continuarono a ridere, Brian sentiva le lacrime che gli scorrevano lungo le guance e il collo, non le tratteneva. Gli si buttò addosso, lo strattonava come se volesse strappargli una risposta che l’altro non poteva dargli, lo sentiva singhiozzare insieme a lui.
- Vaffanculo! Stef, vaffanculo!
Stef lo stringeva, lo cullava in un modo grezzo mentre lui sentiva la rabbia montargli dentro, gli mancava l’aria, pensava che non ce l’avrebbe fatta, pensava che ti fotti quando ti innamori la prima volta a tredici anni e nemmeno te ne accorgi, e dopo puoi raccontarti tutte le stronzate a cui riesci a pensare ma la verità è che per tutta la vita cercherai di tornare a quel punto e riprenderti quella cosa e capirla per una volta, una volta soltanto, prima che ti abbia già buttato sul pavimento. Pensava che ci era passato troppo spesso per essere ancora lì. Pensava chi cazzo fosse Matt Bellamy per fargli questo.

Il problema era la sera. Quando Stef non c’era. Quando non c’era Cody. Quando nessuna distrazione lo colpiva, e invece lo investiva la certezza di non avere bisogno di nessuno di loro. Quando sentiva il cellulare vibrare e aveva la nausea alla sola idea di prenderlo in mano. Matt aveva resistito tre settimane senza cercarlo. Poi qualcosa si era spezzato.

14 giugno
3 chiamate senza risposta: M.

15 giugno
5 chiamate senza risposta: M.
. Rispondi. Per favore.

16 giugno
3 chiamate senza risposta: M.
. RISPONDIMI, CAZZO.

17 giugno
. Brian, io non ci vengo lì a supplicarti, adesso ti chiamo e giuro che è l’ultima volta, rispondi a questo cazzo di telefono.
1 chiamata senza risposta: M.
. Vaffanculo, Brian.

25 giugno
. Non ce la faccio più. Non so cosa devo fare, dimmi cosa devo fare.
1 chiamata senza risposta: M.
. Ti prego. Ho detto un sacco di cose che non pensavo. Ti prego.

26 giugno
. Io non ce la faccio. Dimmi qualcosa perché io così non ce la faccio.

28 giugno
. Mi dispiace. Per tutto.

L’ultimo fece un po’ male. Perché sapeva di finale, perché era un pugno nello stomaco che preludeva al nulla quando lui al nulla non era sicuro di essere pronto.

***

Marah gli aveva scritto diverse volte. Messaggi tutti uguali, inviti a recuperare Cody uno dei tanti pomeriggi in cui il bambino era a casa dell’amico. Li girava a Helena senza nemmeno finire di leggerli, scriveva a lei passo dopo da te e a Marah scusa, ho un impegno. Si chiese perché non avesse voglia di rivederla e se lei desse peso alla cosa. La risposta gli arrivò dopo l’ennesimo rifiuto che le rivolse.

. Se è per la storia della cena, ti chiedo scusa. Non volevo imbarazzarti, sul serio. Passa a prendere Cody quando vuoi.

Evitò di risponderle, non per scortesia ma perché davvero non gli importava niente di Marah e di quello che pensava di lui.

Si risentirono tempo dopo, quando la notizia della nascita del figlio di Matt lo raggiunse. La consueta notizia scritta con delicatezza da giornalisti che si profondono in auguri a gente che non conoscono, il consueto trafiletto laterale sulla home di un sito web musicale. C’era una foto a colori tenui di Kate e del figlio, minuscolo. Brian ci cliccò sopra, lesse il sobrio commento di Matt e l’articolo che corredava l’immagine. Scoprì che la coppia era fidanzata ufficialmente dalla fine di aprile, chiuse la pagina con un senso di schifo verso la morbosità che trovava nel venire a conoscenza di quelle date. Uscì per fare la spesa dimenticando di serrare la porta.
Avrebbe voluto invitare Marah a uscire in quel momento. Avrebbe potuto dire di aver agito d’istinto, avrebbe potuto incolpare Matt e le coincidenze per cui si trovava quotidianamente ad affrontarlo. Sarebbe stata una vendetta tanto comprensibile quanto banale, si sarebbe trovato molto magnanimo nei propri confronti. Invece non lo fece. Si disse che l’avrebbe chiamata. Ci rifletté qualche giorno. Pensò che fosse una buona idea e che doveva scusarsi per la maleducazione che le aveva dimostrato. Attese un momento in cui fosse particolarmente rilassato, svuotato di tutto. Le telefonò esordendo con un laconico L’invito a cena è ancora valido? con cui riuscì a provare un poco di disprezzo per se stesso, Marah scoppiò a ridere e disse che lo dava per morto e che sì, sì, l’invito era ancora valido. Si accordarono su luogo e orario e si diedero appuntamento da lì a pochi giorni. Brian chiuse la comunicazione sentendosi sollevato.

***

- Ciao.
- Ciao.
Marah portava i capelli raccolti con delle forcine, un trucco chiaro le metteva in risalto gli occhi azzurri. Indossava un abito nero sopra il ginocchio cui aveva abbinato un paio di decolté a tacco alto, una stola celeste le riparava educatamente le spalle dall’aria fresca delle estati londinesi.
- Sei molto bella.
Sorrise sincera. – Grazie.
- Entriamo? Spero che ti piaccia, è un posto tranquillo.
- Figurati, non ti preoccupare.
Scelsero un tavolo accanto alla parete, scambiarono qualche parola prima che il cameriere passasse a prendere le ordinazioni, continuarono a chiacchierare in tranquillità mentre i piatti arrivavano e venivano ritirati. Marah era una di quelle persone che parlano parecchio senza risultare fastidiose, raccontava dell’ufficio e dei film che aveva visto senza soluzione di continuità, evitava di interpellarlo, per quanto possibile, leggendogli sul volto una grande stanchezza. Brian interveniva di tanto in tanto, commentando e rivolgendole qualche domanda. La guardava e si chiedeva come fosse possibile che due mondi così diversi come i loro avessero finito per collidere.

Lasciarono il ristorante che era ancora molto presto. Le chiese cosa volesse fare e si trovò un grande sorriso a rispondergli, corredato da un bere, bere! mentre la donna già valutava i locali adatti. Ne scelsero uno nella via adiacente, Marah avanzava rapida e sembrava avere deciso che fosse giunto il momento di far virare la serata verso il buonumore. Ridevano entrambi all’ingresso del pub, presero posto su una panca imbottita di fronte a un tavolino striminzito. Dopo un paio di drink Brian faceva l’imitazione del suo tecnico del suono in tour – il mio gorilla, lo chiamava -, dopo altri due la loquela cedeva il posto ai sussurri e alla voce roca. Marah si appoggiò alla sua spalla, inizio a dire qualcosa che non sentì perché aveva preso a percorrerle il collo con una scia di baci. Lei gli mise una mano tra i capelli e lo costrinse ad alzare il volto, si fece baciare sulle labbra, senza fretta.

Quando si allontanarono dal locale la teneva per mano ed era felice di avere quell’aggancio alla realtà. Arrivarono sotto casa di Marah e la baciò di nuovo, lentamente. Le accarezzò una guancia prima di depositare un bacio anche lì.
- Vieni su?
Aprì il portone d’accesso al cortile, percorsero il vialetto di ghiaia e arrivarono all’edificio. Nessuno dei due parlò in ascensore. Marah fece scattare la serratura dell’appartamento, disinserì l’allarme e accese qualche lampada in giro per la casa.
- Prendi qualcosa?
Scosse la testa in risposta, le andò vicino, le prese una mano e la condusse verso il divano. La vide scendere dai tacchi a mezza strada, intrecciò le dita alle sue. La fece sedere sopra di sé, le cingeva i fianchi mentre gettava la testa nell’incavo del suo collo. Spostò le mani sulla schiena con delicatezza, la sentì rabbrividire e gemere quando si spostò contro di lei alla ricerca di una posizione più comoda.
- Brian.
Si allontanò quel tanto che bastava per guardarla, aveva il viso appena arrossato.
- Non dobbiamo farlo per forza.
Le accarezzò le braccia e di nuovo rabbrividì. Aveva voglia quanto lui.
- A me va.
- Anche a me. – Fece una pausa, aveva le parole incastrate in bocca. – Però non sono io quella nella condizione di pentirsi.
Non voleva capirla, la guardava.
- Lo so che sei qui per lui. Lo sappiamo. E non è che… – Sfiatò una risata imbarazzata. – A me va bene, davvero. Però non così.
- … Così? Marah?
In risposta ritrovò le sue labbra sulle proprie, le sue mani fra i capelli, prima che scendessero a sfilargli la camicia. Si premette contro di lui, sembrò rimpicciolirsi quando posò la testa sul suo petto.
- È lui che se ne è andato, Brian, non io. Io sono qui. Non trattarmi come una cosa che sta per sgretolartisi tra le dita.
Chinò la testa su di lei, le carezzava i capelli mentre ancora parlava.
- Adesso mi dirai di mandarti via, che merito più di questo, e io penserò per l’ennesima volta che non mi ritenete in grado neanche di capire cosa voglio. – Si staccò da lui, gli sistemò i capelli intorno alle orecchie. – Sono più forte di te, Brian. Sono più forte di tutti, perché non ho nessuno da cui scappare.
La catturò tenendole il collo, la fece alzare e la sollevò da terra con difficoltà. Cercò di ricordare dove fosse la camera da letto e lei gliela indicò. La liberò sul letto, si distese su di lei, pensò all’ultima donna con cui era stato, pensò a Matthew, pensò che Marah era bellissima. Fece l’amore con lei e fu la cosa più naturale del mondo, non c’era niente di complicato nello stare lì, era tutto facile. Si addormentarono uno addosso all’altra, si svegliarono presto e Brian rifiutò di fermarsi per la colazione. Marah lo accompagnò alla porta in vestaglia, lui le diede un bacio a fior di labbra e le sfilò accanto. Avrebbe voluto dire qualcosa.
- Va bene così, Brian.

Camminava per la strada con le mani in tasca, si lasciava qualcosa alle spalle ma non si curava di cosa, andava da qualche parte ma non gli importava dove. Pensò che lui scappava dal passato e Marah dal futuro, e forse non era così assurdo che si fossero incontrati a metà del tragitto. Pensò che non era cambiato niente dal giorno prima e da quello prima ancora, e che sarebbe rimasto tutto uguale finché lui non avesse deciso di poter fare a meno di Matt.


And if you could drive
You could drive her away
To a happier place
To a happier day
That exists in your mind

Depeche Mode, Little 15



   
 
Leggi le 2 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Fanfic su artisti musicali > MultiBand/Crossover / Vai alla pagina dell'autore: fedenow