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Autore: Frappa_1D    28/01/2013    1 recensioni
Amanda è un'adolescente di sedici anni. La sua vita è più incasinata di un paio di cuffie per iPod, ma presto tutto avrà un profondo cambiamento. Segreti, mondi paralleli e un amore passionale la renderanno ciò che lei non avrebbe mai pensato di poter essere.
D'altronde 'Questo è solo l'inizio. Il gioco deve ancora iniziare.'
Genere: Mistero | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Cross-over | Avvertimenti: nessuno
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Flebili raggi di luce scivolarono giù dalla finestra sino al letto bianco nella sala.   
-Ehi.. mi senti? Provi ancora dolore? -. Aprii lentamente le palpebre,la testa frastornata da mille voci. -Amy.. guardami negli occhi- Voltai leggermente il capo verso la fonte di suono, cercando di scorgere la figura china su di me. Una folgorante luce bianca mi venne puntata direttamente nelle pupille, ancora dilatate. Poi richiusi gli occhi come infastidita.
Adesso vedevo in modo più chiaro e nitido, con un balzo mi tarai su. Fui colta da una fitta di dolore all'addome, abbassai lo sguardo e una fasciatura bianca mi avvolgeva interamente sino ai fianchi. -Cosa.. dove mi ..trovo?- Mi voltai in cerca di risposte e finalmente la vidi: l'infermiera Jonson mi scrutava attentamente, cercando di capire cosa non andava ancora in me; notai i suoi capelli sistemati alla rinfusa nel cerchietto bianco, e la sua divisa da infermiera troppo corta per le sue gambe lunghe e magre. -Senti ancora dolore?- mi chiese lei -No credo solo.. ma che cosa è successo? Dov'è..?-
-Sono qui.- con uno scatto si precipitò dall'angolo più buio della stanza, Richiard, la camicia un pò sbottonata e le maniche tirate in sù. L'infermiera mi guardava come se non avesse capito ciò che avessi appena detto. -Signora Jonson può andare,penso io a lei.- Richiard le indicò l'uscita con un semplice movimento del capo.
-Va bene,ma non appena avverti un minimo sintomo di dolore alle costole torna qui.. era una bella frattura.- Disse l'infermiera con un accento di superiorità. Non appena uscì dalla stanza mi divincolai in quel labirinto di tubi bianchi. Mi stacchai con violenza le due flebo e agitai le braccia come per testare che fossero ancora attaccate al resto del corpo.
-Non dovresti muoverti troppo.- Lo sguardo fisso sulla mia fasciatura. -Bhè, fino a prova contraria tu non sei mia madre.. giusto?- Misi tutta la forza che avevo nelle braccia   e con una spinta portai i piedi sulla soffice moquette bianca della sala. -Quindi..- appoggiai i piedi e mi tirai su, seppure i forti giramenti di testa; portando le mani ai fianchi come per mostrare la mia forza fisica in senso di vittoria. Richard mi sorrise dicendo – Certo che hai un bel coraggio a scendere dal letto con quella ferita- . Lo guardai mantenendo la mia forma di superiorità nei suoi confronti -Amy Barlow è come un leone, non si abbatte facilmente- gli sorrisi come non avevo mai fatto prima con i miei compagni. -Sapevo che eri tu... sin dal principio.- qualcosa nello sguardo di Richard si illuminò, lasciando che notassi i suoi splendidi occhi azzurri intensi come l'oceano. - Cosa?- chiesi io ritornando alla frase appena pronunciata, -Nulla di cui preoccuparsi... piuttosto ti andrebbe una passeggiata, più tardi?-
Notai nell'intonazione della sua frase il desiderio del mio “si”. Questo era un appuntamento...con un ragazzo...
Cercai di ricordare l'ultima volta che uscii insieme ad un ragazzo. Sarà passato almeno un secolo! Sforzai la mente in cerca di un nome con cui ricordo di aver trascorso alcuni momenti felici, ma fu come cercare un ago in un pagliaio, più ci riflettevo più l'unica persona che avevo in mente era Carter Garret. Ricordo i suoi capelli baciati dal sole e il suo sorriso intenso e perfetto. Avevamo circa dodici anni, eravamo soliti fare lunghe camminate nel vecchio parco della città; i lunghi tappeti di foglie e il profumo inebriante dell'autunno ci avvolgeva come coperte; per me erano stati momenti stupendi, il mio primo amore...
Adesso Carter ed io avevamo perso totalmente i contatti e da quanto ne sapevo in giro, frequentava il terzo sezione B. Scossi la testa per tornare al presente, e mi ricordai della proposta di Richard -Ecco io..- Ero davvero pronta per una nuova relazione? Non parlavo con un ragazzo da più di tre anni, eppure la conversazione con Richard sembrava così spontanea.
-Amy, capisco voglia prenderti del tempo.. quindi appena avrai deciso.. sai che puoi sempre contare su di me.- e mi sorrise, seppure era uno di quei sorrisi che celavano la delusione e la tristezza. Lentamente si voltò ed uscì dalla stanza.
Era stato così gentile a portarmi in infermeria ... nessun altro, apparte Ebby, lo avrebbe mai fatto..
Di tratto mi misi a correre uscendo nell'ampio corridoio illuminato da grandi vetrate. -Aspetta, Richard! - Mi fermai a circa due metri da lui; le gambe instabili dalla corsa. - Amy, ma come ti viene in mente.. non puoi sforzarti troppo!- si voltò e mi venne incontro,io alzai lo sguardo sorridendo esausta – Vuoi venire alla mia festa?-.
Sapevo che così facendo non avrei altro che incrementato le sue speranze su un possibile “fidanzamento futuro”, ma mi sembrava la cosa più adatta da fare... sono fatta così, prima di reagire non riflletto mai, impulsività? No.. credo sia un qualcosa di mentale: il cervello invia ordini, che vengono immediatamente eseguiti prima ancora che questi raggiungano i muscoli.
-A che ora? - Il suo sguardo riprese vitalità – Alle.. sette e mezzo?-.
Non avevo ancora preparato nulla, ma credevo avrei potuto organizzare qualche piccolo stuzzichino prima dell'ora predefinita. -Ottimo, ci sarò- mi fece l'occhiolino e sparì nei lunghi corridoi sempre più spenti col passare delle ore. Guardai il cielo da una delle finestre a me vicine, era tardi! La luce crepuscolare invadeva parte della scuola mentre lunghe ombre scure si dipingevano sui muri più nascosti. Dovevo scappare!
Passai per l'atrio principale e mi diressi verso l'entrata. La scuola era ormai deserta, nessun suono la circondava se non quello di alcuni stormi di uccelli passanti. Aspettai circa mezz'ora alla fermata dell'autobus mentre il cielo incominciava a farsi sempre più scuro.
L'autobus arrivò con circa un'ora di ritardo, mi ci infilai dentro e mi trascinai fino ad uno degli ultimi sedili sulla destra. Poggiai la mano sulla fasciatura, sentivo il respiro regolare e la frattura ad una delle ultime costole.. Angie...
La prossima volta le avrei rotto la mascella, me l'ero ripromessa. -Amy?.. Amy Barlow?- un ragazzo dall'aria familiare si alzò da uno dei posti vicino il conducente avvicinandosi lentamente. Barcollava incerto, aggrappandosi alle maniglie oscillanti dell'autobus. - E' da un pò che ti osservavo, sei tu vero?- e mi sorrise convinto. Io lo osservai più attentamente; ora che ci pensavo aveva la divisa della mia scuola e inoltre quel viso mi era familiare. -Si sono io..- , -Ehi, sono Carter! Carter Garret.. ricordi?-
Carter? Naaah, Carter Garret era più paffuttello e i capelli di un biondo più intenso.. non poteva essere lui, ne ero certa! -Carter?-;
-Si esattamente.. sei cambiata, dall'ultima volta che ti ho visto, se non fosse per i tuoi occhi smeraldo non ti avrei mai riconosciuta! - e scoppiò in una risata, a dir poco esagerata. -Bhè se tu sei realmente Carter.. quel Carter, sei totalmente diverso dalle scuole medie.- dissi io convinta che fosse uno scherzo.. ma così non era, quello che avevo davanti era proprio Carter Garret. Si sedette senza indugiare, al posto accanto al mio, il sorriso stampato sul viso. In effetti osservandolo meglio ricordava in alcuni atteggiamenti il Carter di una volta, il sorriso incorniciato da perfette labbra carnose e i denti fini e bianchi gli uni vicino agli altri; era soltanto diventato più alto e magro. -Cosa ti è successo lì?- chiese indicando con lo sguardo la mia fasciatura, -Ah.. niente, una piccola rissa – e gli sorrisi sperando che l'argomento “costola rotta” finisse là. -Ah capisco...- , -Anche io ne ho dovuta affrontare una poco fa, contro Jack di quinto, ricordi? Quello violento e sempre pronto a spaccarti i denti.-
Era tipico di Carter raccontare alcuni fatti effimeri e tipiche del quotidiano che lui però rendeva straordinari quasi come fossero ogni volta delle geste eroiche. Mentre lo vedevo atteggiarsi ed impersonarsi nel racconto un sorriso mi si dipinse sul volto. Adesso ne avevo la piena certezza: era Carter. Il mio Carter.
Mi lasciai improvvisamente avvolgere da un velo di tristezza e malinconia, riguardante il mio passato con lui, mi consideravo la ragazza più felice del mondo, anzi no, dell'Universo. Carter mi faceva sognare ad occhi aperti, lasciavo che mi cullasse in sogni meravigliosi e incantati attratta dai suoi racconti.. attratta da lui. Era tutto così perfetto ed intatto che sembrava appartenesse ad un'altra dimensione lontana miglie dalla realtà, dal presente.
-Mi ascolti? … Amy?- Improvvisamente Carter si voltò interrompendo il racconto e cercando il mio sguardo. -Si?- mi voltai di scatto cercando di capire cosa fosse successo per aver terminato il racconto. Per la prima volta dopo tanti anni, i nostri sguardi s'incontrarono; rimanemmo a fissarci per un tempo che sembrò interminabile: I suoi di un blu mai visto prima scrutavano i miei verdi tendenti al marrone, con un misto di stupore e meraviglia. Era come scoprirci per la prima volta nella nostra vita, incontrarci improvvisamente con un susseguirsi di eventi totalmente casuali, eppure così perfetti da sembrare predetti.
Poi notai Carter avvicinarsi sempre più, ormai il sottile strato d'aria che ci divideva era stato eliminato al contatto con i respiri sempre più agitati. Il cellulare iniziò a vibrarmi nello zaino, e distolsi subito lo sguardo imbarazzata. Carter si riprese e con cautela si riposizionò sul suo sedile, lo sguardo perso sul soffitto dell'autobus.
Era mamma. -Amy, dove cavolo sei finita? Mi sono presa un'accidente, sai? La scuola è finita da un pezzo, cos'hai fatto tutto questo tempo? Hai per caso fumato? Angie quella tua amica mi ha detto che stava con te poco fa e che stavate fumando!.. Amy ci sei rispondi!-
Angie? Non le bastava avermi fratturato un costola? Aveva persino raccontato menzogne a mia madre! -Mamma, è tutto ok.. Mi sono trattenuta soltanto un'oretta in più nella biblioteca scolastica per finire alcune ricerche- ormai il respiro era ritornato regolare. -Ah si? E .. cos'hai fatto nel resto del tempo?- mi disse la mamma con il suo tipico accento da detective “So già la tua risposta”. Controllai l'ora sull'insegna luminosa dell'autobus e.. cavolo erano le sette! Sussultai colta da un'improvvisa ansia di panico. Senza accorgermene riattaccai il telefono con la voce della mamma ancora squillante e adirata per la mia assenza. Mi alzai di scatto raccolsi lo zaino e mi diressi velocemente vicino la cabina del conducente. Carter mi seguì -Amy è la tua prossima fermata?- alzai lo sguardo sulla scritta in neon rosso:Boulevard Street.
Ero distante da casa almeno una ventina di chilometri, mi morsi il labbro dall'ansia. -Io abito a Waine Street oltre la vecchia sede dei vigili del fuoco-, -Bhè è abbastanza, per una fanciulla esile come voi, Barlow- e fece un inchino ridendo alla sua interpretazione. Mi lasciai scappare una leggera risata – Grazie Garret ma posso farcela anche da sola- cercavo di mantenere l'atmosfera da aristocratica.
-Eddai Barlow.. so che ti serve un braccio.. ricordi? Io ero il braccio e tu la mente!- Carter mi girava intorno quasi a volermi avvolgere dalla sua proposta. -Certo.. come potrei mai dimenticarlo?-.
Amy Barlow e Carter Garret la coppia più ”temibile” della scuola. Sempre pronti a lasciare il sorriso sui volti stanchi dei nostri compagni. Ne combinavamo di tutti i colori, secchi di vernice colorata, lotta del cibo, castelli di libri o corse spericolate nei corridoi. Abbiamo segnato la storia della scuola media, eravamo i più gettonati.. Eh sì proprio una bella coppia.
L'autobus accostò alla prossima fermata e Carter mi prese per un braccio tirandomi giù con uno strattone. Prima che potessi dire qualcosa l'autobus ripartì sgommando lasciandomi immersa in una nuvola di gas nero. -Allora.. dopo Waine Street.. giusto?- Mi chiese cercando di ricordarsi le strade della periferia. - Ma cosa ti è venuto in mente? La prossima fermata era a pochi metri da casa mia!- ecco che riemergeva la vecchia me, quella solitaria e scontrosa.
Carter non ne fece un problema, anzi si sbellicava dal ridere ad ogni singolo mio insulto! Dopo un pò mi accorsi che lo stavo seguendo e avevamo percorso già un bel tratto di strada, non me ne ero neanche accorta. -Carter!- impuntai i piedi al suolo e incrociai le braccia come una bambina; il viso crucciato e gli angoli della bocca rivolti verso il basso. Carter si voltò e mi scrutò attentamente, poi scoppiò in una risata realmente fastidiosa. Non sopporto le persone che mi ridono in faccia.. è da arroganti e presuntuosi!
-Ora basta! Piantala!- ma lui non smetteva di sbellicarsi dal ridere e mentre si divertiva da matto mise il piede in una fossa e inciampò all'indietro. Il movimento fu così ameno che improvvisamente la rabbia nei suoi confronti sparì e incominciai anch'io a ridere senza sosta. Devo proprio ammetterlo, Carter sa sempre come tirarmi su di morale, in questo non lo batte nessuno!
La serata volò via tra risate e ricordi contemplati e ci trovammo direttamente sul vialetto di casa. Le luci erano accese e dal movimento delle figure al suo interno, potevo dedurre che gli invitati erano arrivati. - Eccoti qui, credo sia questa.. giusto?- Carter aveva smesso di sorridere, le mani nelle tasche dei pantaloni segno di imbarazzo. -Si.. bhè benvenuto nella mia umile casa!- dissi mostrando con la mano l'entrata. -E' stato bello rivederti, Amy.. mi mancavano quei momenti...insieme- Carter adesso era più serio che mai; -Già anche a me -. Seguirono lunghi momenti di silenzio e poi mi ricordai della festa. -Senti.. Carter ti andrebbe di..- , -Ma certo che si,Madame- lo guardai sorpresa: di lui nulla è prevedibile. E ci avviammo ridendo all'entrata.
Aveva ragione, con lui non mi sarei mai sentita sola.
  
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