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Autore: Olivia Spich    29/01/2013    1 recensioni
Elena è stata tradita. Il giorno della consegna dei diplomi sarà costretta a fare i conti con il suo passato, che incombe ancora nella sua vita. Ma sebbene si aspetti una giornata particolarmente movimentata, non sa ancora che in verità l'attende qualcosa di molto più grande di lei.
Dal secondo capitolo:
"Mi girai di scatto e la mia mano sinistra si lanciò in aria. Colpii la guancia di Matteo con un unico schiocco che rimbombò nella sala e mi dispiacque solo per il dolore che sentii io. E non parlo della mano."
Genere: Generale, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago, Scolastico
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IL PATTO


Matteo ed Alessandro entrarono nella saletta, del tutto indifferenti ai nostri battiti accelerati.
Sembrava un incubo.
Ci guardarono e Matteo aprì bocca con un tono alquanto acido. O minaccioso, non seppi distinguerlo.

-“Ti vorrei parlare.” Disse guardando Dario.
Gli occhioni dolci e azzurri del mio amico si tramutarono in occhi di falco, attenti e calcolatori.

-“Bene. Scusa un momento Elena.” Dario distolse lo sguardo intenso rivolto ai due ex compagni di classe e mi guardò sorridendo.
Matteo e Dario, che io sapessi, non si parlavano mai. Da sempre.
 
Rimasi lì, a contare le piastrelle del pavimento.

Tra me e Dario ci fu solo un bacio. Due, in effetti. Uno prima di conoscere a fondo Matteo e comprendere che mi piaceva. L’altro ci fu dopo l'estate del diploma, quando tornai da Londra e dalle mie riflessioni sulla scopata tra Matteo e Giulia.
E in entrambi i casi non ero lucida.
Dall'ultimo bacio in poi, mi dissi che poteva funzionare con Dario come aveva funzionato fino a quel momento con Matteo.
Mi dissi che tutto quello che avrei dovuto fare di diverso sarebbe stato chiamare "Dario" la persona che mi stava accanto. E non Matteo.
Ma mi sarei solo presa in giro.
Avevo capito che per me quei baci avevano significato poco. Probabilmente perché erano conseguenza di una debolezza. Anche se forse, questo, Dario non l’aveva mai capito.

Camminai senza meta, incontrando di tanto in tanto i miei compagni, senza scambiar con loro una parola.
Non mi stavo divertendo, e questo non era l’aspetto peggiore.
Le persone per me più importanti erano racchiuse in una stanza.
Alessandro e Dario, due compagni che erano passati dall'essere un tempo inseparabili al non parlarsi più da quell'estate.
E Matteo. Bè, non serve una descrizione per lui. Era semplicemente Matteo.

In quel groviglio di stanze e di corridoi che sembravano formare un labirinto, trovai un posticino tranquillo. Mi appoggiai di nuovo alla parete, cercando ancora di riflettere.
Ero stanca di farlo ma non potevo farne a meno. Mi giravo e mi rigiravo come in una notte insonne. Ma diversamente, in quel momento, non c’erano né un letto né il sonno di mezzo.

Sentii delle voci farsi via via più alte. Nessuno stava arrivando dai corridoi, e il tono delle voci non cambiava.
Sembrava che qualcuno stesse discutendo vivacemente, dentro una delle stanze intorno a me.
Mi avvicinai un po’ prima di distinguere bene le voci. E mi resi conto che lì dentro c'erano i miei tre compagni.
Feci qualche passo indietro nell’intento di lasciarli soli.
Almeno fin quando non sentii gridare il mio nome.
Rimasi paralizzata. Non capivo più niente.
Matteo era alterato, riuscivo a percepirlo dal tono della sua voce.
Non nascondo di essere sempre stata una persona curiosa, infatti mi avvicinai alla porta chiusa e origliai.
Lo ammetto, non fu un gesto nobile, ma sentire il mio nome aleggiare nell’aria mi spaventò un po’.
E presto capii che facevo bene ad essere spaventata.

Le voci dei ragazzi si alzarono pian piano. Riuscii ad ascoltare il dialogo, seppur con qualche difficoltà.
Non volevo essere lì, ma non riuscivo a smettere di ascoltare.
Sembrava che via via ogni tassello andasse al proprio posto, ma non ero sicura di volerlo. Non se questo mi avrebbe fatto ancora del male.

-“Mi spiace, ma non farò un passo indietro. Sto ottenendo ciò che voglio e non mi fermerò, lo capisci, vero?” disse Dario.

-“Non è questo il punto, lo sai."  Disse Alessandro. -"Mi sembra che abbia pagato abbastanza, per una cosa che non ha deciso lei. Anche se crede di non poter più contare su di noi, non vogliamo che stia ancora male. Non puoi prenderla in giro!"

Susseguì una lunga pausa, dopodiché Matteo chiese ad Alessandro di aspettarli fuori.
Non ebbi il tempo di elaborare quello che avevo sentito. Non ci tenevo a farlo.
Corsi per il corridoio in cerca di un’altra stanza dove nascondermi, senza che nessuno sapesse che li stavo spiando.
Mi sentivo una ladra, e non mi piaceva.
Sentii i passi di Alessandro che si allontanavano.
Dopo pochi minuti uscii guardandomi le spalle per tornare alla mia postazione. In giro sembrava non esserci nessuno, forse sarei riuscita a capire qualcosa di più.

-"Non puoi fare sul serio! Hai già ottenuto quello che volevi!” urlò Matteo.

-“Non fare l’innocente, Matteo. Sapevi come sarebbe andata, e tu eri d’accordo. Io ho rispettato il nostro patto. Ma non ho ancora capito per quale motivo tu non voglia fare altrettanto.”

-“La mattina, quando ti alzi, riesci a guardarti allo specchio? Rispondi sinceramente Dario.”

-“Ma che domande mi fai?”

-“Te le faccio per farti rendere conto della persona sgradevoleche sei diventato. Un ricattatore, un bugiardo, un falso!”

-“Non troppi complimenti tutti insieme, per favore!” Disse Dario ridendo soddisfatto.

-“Dovresti vergognarti Dario!”

-“Io? Oppure tu? Tu che hai venduto la tua ragazza? Tu che ti sei fatto un’altra solo per non dover dire la verità? Tu che frigni come una donnetta per chiedermi di mettere tutto a posto?!”

Silenzio. Nessuno rispondeva.
Nemmeno il mio battito.
Tutto era fermo.

-“Sei un bastardo.” Matteo ora parlava calmo. Sembrava arreso. Come me. -“Hai voluto rovinare ciò a cui più tenevo solo per un tuo capriccio. E hai voluto farmi scegliere tra la mia ragazza e la mia famiglia. Spero tu possa perdere tutto quanto da un momento all'altro. E finalmente capirai.”

Che cosa stava succedendo? Che voleva dire Matteo con quella frase?
Scegliere non mi è mai riuscito. Ma sembrava che lui avesse dovuto farlo. E avesse scelto di piantarmi.
Ma cosa c’entrava la sua famiglia? E perché ne parlava con Dario? Cos'è che voleva ottenere?
Avevo ancora più pensieri in testa che non riuscivo a domare.

-“Attento Matteo.”- Disse Dario ridendo. -“Non credo tu sia nella posizione per potermi parlare così. Potrei sempre decidere di fare una chiacchierata con mio padre!” disse ridendo fragorosamente.

-“Non più, amico mio. Non te l’ho detto? Mio padre si è licenziato dalla fabbrica di merda del tuo paparino. Ha trovato da poco un lavoro in un’impresa idraulica, e adesso lo hanno assunto. Non puoi più usare il potere di tuo padre come ricatto nei miei confronti. Non mi farai più del male. Né a me, né a mio padre, né ad Elena. Non so se ti sei reso conto che prima o poi chi semina raccoglie.”

Silenzio, ancora.
Non potevo credere a quello che stavo ascoltando.
Dario non poteva essere così. Non poteva aver fatto una cosa del genere.
Era una follia.

-“Questo non significa che sia tornato tutto come prima, Matteo. Se non sbaglio con Elena hai chiuso da tempo. E devo ricordarti quello è successo tra me e lei esattamente dopo esserti fatto trovare a letto con Giulia? È stato talmente divertente! Tutta la situazione! Quel tuo passo falso mi ha permesso di accedere alle glorie delle sue gambe!"

-“Non parlare così di lei! Se la toccherai ancora giuro che ti ammazzo!” disse Matteo. Dario rideva, di nuovo.
Sentii un tonfo alla parete. Forse stavano per prendersi a pugni, ma che importava?
Mi avevano mentito. Entrambi. E come una deficiente avevo fatto il loro gioco senza nemmeno esserne consapevole. Ero solo una marionetta per loro?

Non sapevo più che pensare. Dario stava raccontando delle balle su di noi. E iniziavo a capire perché Matteo mi aveva trattata male, oltre alla storia di Giulia. Non che questo lo giustificasse.

Iniziarono a cadermi delle gocce sulle guance.
Senza saperlo, iniziai a piangere. Un tipo di pianto che fino ad allora non mi era mai capitato. Un tipo di pianto silenzioso, impercettibile perfino a me stessa.
E di più triste c'era che non sentivo più niente.
Non mi uscivano parole, nè pensieri. Il sistema di input e output del mio corpo non funzionava più.
C'erano le mie lacrime, i miei brividi. C'era il mio corpo, ma io...Chissà dove ero io.

-"Ma Matteo, vedi...è andata esattamente così, perciò arrabbiarti non servirà!" Continuava a ridere. -"Mi spiace averti fatto questo, chiariamo. Non avevo niente di personale nei tuoi confronti. Se non il fatto che tu stessi con Elena, che ha un bel fondoschiena. Troppo bello per lasciarla perdere. Ho dovuto farlo, mi capisci, vero?"

Ora riconobbi la risata ironica di Matteo. Era pungente e credo facesse male anche a lui. Così come faceva male a me.

-"No, non capisco. Onestamente penso che tu non sappia cosa significhi amare. Se l'avessi provato, adesso sapresti che quel che hai fatto non è stato giusto. Hai spezzato un legame tra due persone che non torneranno ad essere quella coppia felice che prima tentavano di essere. E soprattutto hai approfittato delle debolezze altrui per ottenere quello che volevi. Hai approfittato della situazione di mio padre per farmi rompere con Elena. Ed hai approfittato della tristezza di lei per entrare nel suo letto e continuare a scopartela come fosse un giochino. Ma non entrerai mai nel suo cuore, perchè lei sa riconoscere chi la ama davvero."

Non era vero.
Non ero capace di quella virtù.
Non mi ero accorta di niente, non sapevo quale assurda verità ci fosse sotto.
Ma una cosa la sapevo. Dario non era entrato nel mio cuore, e nemmeno nel mio letto.

Mi guardai intorno, il pavimento era umido.
Iniziava a far freddo.
Fuori, dentro. Non lo sapevo. Faceva freddo.

  
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