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Autore: Nerea_V    30/01/2013    4 recensioni
"Era ormai due giorni che gli stavo dietro, ma di lui nessuna traccia. Aveva lasciato una scia di persone scomparse e di cadaveri da un mese ormai e c’era di sicuro qualcosa sotto. [...]"
Genere: Avventura, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Bobby, Dean Winchester, Nuovo personaggio, Sam Winchester
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Quarta stagione
Capitoli:
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Punto di vista di Dean

Dean non sapeva perché, ma trovava quella ragazza affascinante. Come lei non aveva conosciuto nessuno. O almeno non troppe ragazze con quel caratterino, l’unica eccezione era Jo, ma in Elena c’era qualcosa di particolare. Nei suoi occhi leggeva un dolore condiviso che in nessun altro poteva comprendere. A parte lui forse. E nonostante questo manteneva il carattere freddo, distaccato e professionale da cacciatore.
Quella ragazza lo aveva colpito. E lui non sapeva neanche come.
Appena uscì da quella stanza presi alcune armi e le infilai in una borsa da portarmi dietro.
- State attenti con lei.- Disse Bobby. – Non lo ammetterà mai, ma ha bisogno di aiuto. Non può sempre pensare di cavarsela da sola. Almeno in questa caccia cerchiamo di farla collaborare con noi.-
- Beh con te non sembra avere problemi. È con noi che non si trova a suo agio.- Disse Sam.
- Certo, perché non ha mai lavorato con voi e non ha ancora capito che genere di persone siete. Nel nostro mondo ci sono cacciatori senza un minimo di moralità purtroppo e voi ne sapete qualcosa.- continuò lui.
Annuii guardandolo e seguii la ragazza oltre la porta, ma non la trovai da nessuna parte. Poi uno strano rombo mi distrasse.
Guardando nella direzione del rumore vidi avvicinarsi una moto a tutta velocità. Arrivando passò a un nonnulla dall’impala e freno sgommando davanti a me.
-Attento alla mia macchina!- Gridai, poi l’uomo sulla moto si tirò via il casco nero e una chioma di capelli castani ricci venne liberata.
- Rilassati ragazzino, ho dei riflessi ottimi, come lo è pure la mia vista. La tua cara macchina non è mai stata in pericolo.- Disse Elena rimanendo sulla moto.
La guardai stupito, ma poi tornai serio. – Se ha anche solo un graffio da qui in futuro, ti riterrò responsabile.- Poi mi avvicinai all’impala e la accarezzai. – Non ti ha fatto niente vero piccola?-
- Beh, una cosa te la concedo. È una gran bella macchina.- Disse scendendo dalla moto. – Chevrolet Impala, giusto? Che anno?-
Oddio, si intendeva anche di macchine, ma chi era quella? – ’67.- Risposi, poi mi avvicinai alla sua moto. – Bella anche quella. è una…. Ducati! Non ci credo, te scherzi?!-
-No, originale direttamente dall’Italia la Ducati Diavel. Sai mio padre ha, cioè aveva parenti in Italia e così se ne è fatta mandare una.- Disse facendo spallucce.
La guardai incantato, la moto ovviamente. – Non c’è alcun dubbio che tu me la faccia guidare giusto?- Chiesi speranzoso.
- Tu mi farai guidare la tua ‘piccola’?- Chiese lei scimmiottando il mio vezzeggiativo.
-No, la guido solo io.- Dissi sospirando.
Lei mi guardò e si rimise il casco. – Ti sei risposto da solo.


Punto di vista di Elena

Ci vollero pochi minuti per arrivare destinazione, nei quali non riuscii a fermare i miei pensieri riguardo agli ultimi avvenimenti. Quei due ragazzi erano cacciatori, e soprattutto conoscevano Bobby. Certo chi non lo conosceva se era come noi? Ma la cosa che un po’ mi faceva stare male era che non ero l’unica per cui Bobby era come un padre. Avevo pensato, forse ingenuamente, che lui si comportasse così solo con me, che fossi l’unica a cui era così legato.  Invece avevo appena scoperto che non era così, e chissà quante altre cose non sapevo di lui. In fondo quale cacciatore non ha segreti? Non c’era motivo per cui lui avesse dovuto dirmelo. Non c’era neanche motivo del mio malumore per tali scoperte. Queste cose non cambiavano il mio affetto per lui e non cambiavano il suo per me.
Scesi dalla moto che avevo parcheggiato perfettamente davanti all’edificio. Quando mi tirai via il casco, vidi l’impala passare oltre e Dean che cercava esasperato un parcheggio. I nostri occhi si incrociarono e io non potei fare a meno di fare un sorriso beffardo e amicare nella sua direzione. Lui in risposta mi lanciò un’occhiata che era una via di mezzo tra il divertito e un ‘ti uccido’.
Mi guardai attorno e vidi che di posto ce n’era ben poco per parcheggiare e io di certo non sarei stata lì imbambolata ad aspettare.
Entrai nell’edificio percorrendo la scalinata d’ingresso e oltrepassata la vetrata mi diressi al banco delle informazioni. Fortunatamente non c’era nulla davanti a me, così la ragazza seduta al bancone mi servì subito.
- In cosa la posso aiutare?- Disse.
Le sorrisi tirando fuori dallo zaino un libretto universitario. – Salve sono Elena Maranzano. Sto facendo una ricerca per la mia testi di laurea e avrei bisogno di fare ricerche negli archivi di cronaca di questa biblioteca se è possibile.-
La ragazza guardò un attimo sul suo computer, poi mi guardò e disse. – Ma certo. La stanza di consulto è libera questo pomeriggio quindi ci può stare per tutto il tempo di cui ha bisogno.-
- Grazie.- Risposi.
Poi la seguii lungo gli intricati scaffali fino al fondo della sala dove una porta a vetri si apriva su una stanza piuttosto grande in qui più della metà delle pareti erano coperte di scaffali stracolmi di scatole probabilmente piene di vecchi giornali.
Attaccata alla parete, su cui si apriva la porta, c’erano anche tre postazioni con computer e stampanti.
- Allora i computer si collegano agli hard disk che contengono gli stesi articoli di giornale contenuti anche in quelle scatole. Cercando qui sopra dopo può risalire agli originali in caso le servisse. La carta per la stampante la può trovare nella cassettiera di fianco alla scrivania.- Disse la bibliotecaria.
- Grazie mille. –
Dopodiché rimasi sola nella stanza. Scelsi il computer vicino agli scaffali, vicini in caso avessi bisogno di consultare gli originali.
Passarono parecchi minuti, e mentre ero immersa nella ricerca sua articoli decisamente antichi venni distratta dal rumore della porta. Non alzai neanche lo sguardo, sapevo benissimo chi era. Così continuai a guardare il computer mentre la ragazza spiegava anche la lui come funzionava tutto il materiale che c’era lì dentro. Alzai solo sguardo incuriosita dal tono della bibliotecaria, era agitato e impacciato e capii perché. Dean le lanciavo dei sorrisi decisamente sexy e disarmanti. – Grazie, mi sei stata di grande aiuto.- Disse mettendole una ciocca di capelli dietro le orecchie. La ragazza diventò ancora più rossa di quanto era in quel momento, balbettò un ‘di niente’ e fuggì via.
- Sei proprio subdolo.- Dissi tornando a guardare il mio computer, ma senza prestargli molta attenzione.
Lui si sedette nella postazione computer di fianco alla mia e si voltò per guardarmi. – Ah io sarei subdolo? E perché di grazia?- Chiese sorridendo.
- Beh, quella povera ragazza sarà chiusa in bagno a riprendersi adesso e poverina ci rimarrà per parecchio.- Risposi guardandolo solo per una frazione di secondo.
Lui si chinò verso di me e io lo osservai mentre con un mezzo sorriso sulle labbra diceva. – Non avrei sconvolto quella ragazza con il mio fascino se qualcuno mi avesse aspettato ad entrare. Non sapevo che copertura avessi usato e ho dovuto improvvisare.-
Io alzai gli occhi al cielo. – Certo, perché nel tuo lavoro non devi mai improvvisare senza usare il tuo ENORME fascino, vero?- Dissi sarcasticamente.
- Avrei un ‘enorme’ fascino, eh?- Chiese con un sorriso malizioso.
Lo guardai di traverso, ma me lo trovai così vicino che il mio sguardo diventò stupito. I miei occhi e quel meraviglioso verde smeraldo, che purtroppo coloravano quelli di un ragazzo così borioso e dongiovanni. I suoi occhi si posarono sulle mie labbra per pochi secondi poi mi tornò a fissare negli occhi continuando con il suo sorriso malizioso.
Non volendo dargli la soddisfazione che mi facesse un qualche effetto, lo guardai scettica. – Se tu non avessi un mezzo di trasporto così ingombrante, saresti entrato con me.- dissi distogliendo lo sguardo.
Lui si tirò su facendo il finto offeso. – Non offendere la mia piccola in mia presenza, potrei fare pazzie per difendere il suo onore.-
Io sorrisi. – Posso immaginarlo, siete fatti l’uno per l’altra scommetto. Comunque bastava che dicessi alla ragazza che dovevi aiutarmi nelle mie ricerche.-
Lui mi guarda storto. –Già, ma non sapevo che nome avessi utilizzato.-
Tornai a guardarlo male.- Il mio idiota. Non c’è bisogno di sprecare ‘identità segrete’ per una cosa del genere. Non credi?- Sbuffai. – E dite di essere stati tirati su da Bobby…-
- Ignorando il fatto che mi ha cresciuto esattamente come te.- Fece una pausa a effetto in cui lo fulminai con lo sguardo. – Non mi hai mai detto il tuo cognome, quindi non potevo fare quello che mi hai detto.-
Sbuffai divertita. – Di cognome faccio Maranzano.-
- Elena Maranzano. Suona bene.- Disse.
- Oddio… Non dirmi che le ragazze abboccano con queste frasi… Comunque è Maranzano. Apri le tua vocali da americano.-
- Maranzano- Disse spalancando la bocca.
-Inutile. Non ce la potrai mai fare. Non vorrei mai sentirti fare un esorcismo. Se parli così l’italiano, chissà il Latino.- Scossi la testa fingendomi esasperata.
Lui rise. – La pronuncia italiana è difficile. E comunque sì, le ragazze crollano ai miei piedi con frasi del genere.-
- Beh se non ti spiace chiudi quella tua bocca logorroica e mettiti a lavorare.- Dissi.
Si sedette scomposto accendendo il coputer mentre sogghignava.
Qualche ora più tardi i miei occhi iniziavano a protestare per lo sforzo eccessivo. Chiusi la finestra del computer e aprii un documento del 1932. In prima pagina svettava il titolo ‘Tragedia a Elmore. Ragazza uccisa nella propria casa”.
Continuando a leggere l’articolo scoprii una cosa molto interessante. La ragazza era stata uccisa nel proprio letto. L’assassino era entrato dalla finestra della stanza e l’aveva sgozzata risparmiando il fratello nel letto accanto. Fu il pianto di quest’ultimo ad attirare l’attenzione dei genitori che entrarono in stanza appena in tempo per scorgerlo uscire e scappare. Andando avanti con gli articoli trovati in altri quotidiani scoprii tutta la storia e la cosa incominciava a puzzare un po’ tanto di coincidenza. Tra le testimonianze del ragazzino e dei genitori riuscirono ad identificarlo quale George Rookvelt. Costui era ricercato in diversi altri paesi. Si scoprì infatti che lui sceglieva un piccolo villaggio in uno stato e uccideva un famigliare i ogni famiglia. Mai lo stesso membro, a volte un genitore, a volte un figlio o un nonno. Uno qualunque della famiglia o della casa. Dopo varie indagini trovarono il pazzo nella casa del fratello maggiore, dove si era rifugiato. Furono arrestati entrambi e giustiziati. Cosa insolita per quegli anni fu che fecero scegliere la pena al giudice del villaggio. Egli sentenziò le condanne per impiccagione, ma non contemporanee. Il villaggio era risentito per quello che era successo e il giudice era un amico della famiglia della ragazza uccisa. Decise di giustiziare prima il fratello maggiore, i due erano piuttosto uniti si erano coperti a vicenda svariati crimini e pensarono bene di far soffrire Rookvelt, nello stesso modo in cui lui aveva fatto soffrire il ragazzino, facendolo assistere all’uccisione del fratello. Durante l’impiccagione e mentre lo portavano al suo cappio lui non smise per un singolo istante di urlare, maledicendoli e gridando ‘Pagherete per questo! Il mio lavoro qui non è finito! Tornerò per finire la mia opera, e allora pagherete!’
- Ehi, guarda qua! Un certo George Rookvelt ha ucciso qualcuno qui molti anni fa…. Potrebbe essere quello che cerchiamo.- Disse Dean cercando approvazione.
 Io mi alzai guardandolo dall’alto in basso e sorridendo soddisfatta. – Arrivi tardi ciccio.- Gli porsi il mio blocco degli appunti dove avevo scritto tutto. – Ho già trovato tutto riguardo quell’evento e sì. È proprio quello che cerchiamo.-
Lui mi guardò male. –Ma tu mi togli tutto il divertimento. Avrei voluto rimanere qui altre ore a cercare tutta questa roba da solo.- Disse con tono sarcastico. – Se non l’avessi notato non cambio pagina da almeno tre quarti d’ora. Semplicemente mi sono stancato di fare ricerche, infatti di solito se ne occupa Sammy. Comunque appena ho visto che ci eri arrivata anche tu ho tirato un sospiro di sollievo.-
Non riuscii a non fissarlo a bocca aperta. Aveva già trovato le risposte e non aveva detto niente facendomi sprecare un mucchio di tempo. Quel ragazzo diventava sempre più insopportabile,ma nonostante questo mi attraeva in modo stranoma nonostante questo mi attraeva in modo strano. Lui si alzò, dirigendosi verso l’uscita. – Su andiamo a informare gli altri due e poi niente e nessuno mi impedirà di farmi qualche drink.- Disse.
Io sorrisi mentre lo guardavo allontanarsi, era proprio impossibile, ma incredibilmente mi ricordava me stessa.
  
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