Mi scuso infinitamente per avervi fatto attendere molto per questo capitolo. Purtroppo il mio computer non funzionava più e non ho potuto pubblicare niente!! :( Adesso l'abbiamo riparato e spero di non avere più problemi!! Fatemi sapere cosa ne pensate!! Enjoy!! :)
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CHAPTER
28 – SMASH-UP – L’INCIDENTE
JARED
Stavo bevendo
troppo e lo sapevo, ma
non riuscivo a smettere. Pensavo stupidamente che bevendo avrei
dimenticato
quei bei ricordi che mi tenevano legato a quella donna che ora stava
davanti a
me e mi sorrideva.
Ero ubriaco e
ridevo senza motivo;
dovevo darmi una regolata, così misi giù il
bicchiere definitivamente e non lo
ripresi più.
-Allora, non ti
ho ancora chiesto
perché sei venuta – tentai di fare un discorso
sensato.
-Beh, vedi, sono
venuta qui a Los
Angeles perché volevo fare una vacanza…Ed essendo
sola, ho pensato di venire a farti
visita, per parlare un po’…E poi… -
Sorrise maliziosa, e iniziò… Beh, ecco,
iniziò ad accarezzarmi. Prima la guancia, poi la spalla,
dopo giù sul busto e
la gamba…Non sapevo se anche lei avesse bevuto, ma
sicuramente era più sobria
di me. Si alzò dal divano e si venne a sedere sulle mie
gambe, quindi prese a
sfiorarmi il collo con le labbra. Ho
capito dove vuole arrivare…
-…Sapendo
che sei solo anche tu… -
continuò.
-Ehm, mi
dispiace, ma guarda che io
sono impegnato… - la informai.
Lei
sgranò gli occhi e spalancò la
bocca: la sua meraviglia era evidente. – Oh, ma davvero? E
chi sarebbe la
fortunata? –
-Non sono affari
che ti riguardano – dissi
un po’ scontroso.
-Dimmi almeno il
suo nome –
insistette lei.
-...Annie -
-
Annie…Non mi pare di conoscerla.
Comunque non lo verrà di certo a sapere… - mi
sussurrò in un orecchio.
- Cameron,
davvero, io… - farfugliai,
ma lei non si fermava, e io ero molto ubriaco e i ricordi…Dannati ricordi…
Insomma, alla
fine, non so e non ricordo
come, ci ritrovammo nell’ingresso di casa, in piedi, io
contro un muro e lei
davanti a me che mi baciava, semisvestiti. Mi prese per la cintura dei
pantaloni (non per la maglietta perché non l’avevo
più) e mi tirò verso le
scale. Voleva portarmi su, il motivo era ovvio.
Proprio in quel
momento un rumore
metallico ci fece girare di scatto verso la porta d’ingresso.
Una chiave che
girava in una serratura. Non c’era tempo per rivestirsi o
nascondersi,
rimanemmo così, lei in reggiseno e mutande, io con solo i
pantaloni.
La porta si
aprì ed Annie comparve
sulla soglia. Appena ci vide spalancò la bocca e dopo
neanche un secondo i suoi
occhi si riempirono di lacrime. Mi ero completamente scordato che
dovesse
venire a casa mia. Come se fossi tornato sobrio per un attimo, mi
ricordai
tutto e capii la gravità della situazione. Cosa stavo
facendo?! Io avevo già
una ragazza, che mi amava e con cui stavo bene. Ma purtroppo adesso le
cose
sarebbero cambiate…
Infatti Annie
lasciò cadere a terra
la rosa rossa che teneva in mano, le sue labbra si mossero nel
tentativo di
dire qualcosa, tuttavia non emise alcun suono.
-Annie, posso
spiegarti, davvero… -
tentai di giustificarmi. Che idiota che ero, quella era la solita frase
che
dicevano tutti quando erano colti con le mani nel sacco e che non
veniva mai
creduta. Annie non faceva eccezione, infatti scosse la testa e
riuscì solo a
mormorare: - Sei uno str**zo… - e corse via.
Non
l’avrei lasciata andare in quel
modo, quindi andai a recuperare la mia maglietta, me la infilai, feci
lo stesso
col cappotto e, lasciando Cameron dov’era, mi misi a correre
per raggiungere
Annie.
Aveva ragione ad
avermi risposto
duramente e adesso rischiavo di perdere l’unica persona con
cui, per una volta
nella mia vita, mi ero veramente sentito…vivo.
ANNIE
Come aveva
potuto farmi una cosa del
genere? E io che come una stupida avevo creduto che la nostra storia
potesse
durare in eterno, che fosse basata su un forte amore reciproco che non
potesse
essere spezzato…Probabilmente quel sentimento lo sentivo
solo io. Non so come,
ma in quel momento, mentre correvo nella notte con le lacrime agli
occhi che mi
impedivano la vista, mi ricordai la storia di Cenerentola, che aveva
ballato
col suo bel Principe, credendosi anche lei una principessa, ma che poi
era
tornata la poveretta che era costretta a lavorare. Mi ritrovavo in lei,
perché
stando con Jared mi ero sentita davvero ricca, ricca dentro,
nell’animo. Ma, a
differenza di Cenerentola che alla fine si era sposata con il suo
amato, la mia
meravigliosa storia con Jared era finita. Lui non mi amava, mi aveva
illusa, e
io gli avevo creduto, sperando…Sperando in cosa? Ero stata
seriamente convinta
di poter vivere con lui per sempre, felice e contenta come nelle fiabe?
Forse
avevo fantasticato un po’ troppo.
Ero disperata,
non sapevo cosa fare, continuavo
solo a correre mentre il fiato veniva a mancarmi e le gambe iniziavano
a farmi
male; di tanto in tanto sentivo la voce lontana di Jared che urlava il
mio
nome, ma io non lo ascoltavo, non volevo
ascoltarlo.
-Vattene!!!
– urlai senza voltarmi,
sperando che mi lasciasse stare.
Arrivai in
strada e continuai a
correre, tuttavia sentivo che le forze venivano a mancarmi. Quindi mi
girai per
un istante, approfittandone per riprendere fiato: Jared era ad una
decina di metri
da me, mi avrebbe raggiunta. Ripresi a correre. Le strade erano
deserte, la
città era immersa nel buio se non ci fossero state alcune
luci provenienti dai
bar e dai locali lì vicino.
-Annie, ti
prego, aspetta!! –
- Lasciami
stare!! Vai via!! –
Perché
non lo capiva?! Le lacrime
continuavano a sgorgare incessantemente dai miei occhi, facendomi
vedere tutto
sfuocato.
Attraversai una
strada e delle luci
mi accecarono improvvisamente. Capii perfettamente cosa stava
succedendo e
urlai come non avevo mai fatto prima in vita mia, tanto da sentire un
dolore
atroce alla gola, come se qualcosa si fosse teso troppo e rovinato.
Sentii
Jared gridare a sua volta, poi persi i sensi e tutto quello che vidi in
seguito
fu solo buio. Totale.
-Ehi, ragazzi!!
Si sta risvegliando! –
disse una voce femminile. Mi sembrava familiare ma non mi ricordavo chi
fosse. –
Annie?! – mi scosse leggermente. – Annie, come
stai? –
Aprii gli occhi
molto lentamente e
questo semplice gesto mi fu davvero difficile. Mi guardai intorno. Ero
in un
letto di ospedale, una luce debole entrava dalla finestra e illuminava
la
piccola stanza. Di fianco alla brandina c’era qualcuno seduto
che mi fissava,
una ragazza, il volto teso per la preoccupazione.
La riconobbi.
Era Sophie, mia
sorella.
Aprii la bocca
per chiederle cosa
fosse successo, ma tutto quello che uscì fu un suono
flebile. Mi spaventai
moltissimo. Perché non riuscivo a parlare?!
Un dottore
entrò nella stanza,
seguito da altre persone. Riconobbi anche loro: Vicki, Tomo e Shannon.
Cercai di
salutarli, di dire
qualcosa, ma di nuovo non ci riuscii. La gola era secchissima, avevo
una gran
sete.
-Non si sforzi,
signorina – disse il
dottore con aria seria – Purtroppo non riuscirebbe a parlare
comunque –
Che cosa?! Che
intendeva dire??
Sophie mi
passò un foglio e una
penna. – Scrivi qui quello che vuoi dirci – mi
incitò, cercando di sorridere.
Questa faccenda
non mi piaceva
proprio per niente…
Avevo
così tante domande da fare…Decisi
di iniziare con “Cos’è
successo?”
L’uomo
col camice lesse il messaggio e
mi rispose lentamente. – Ecco…Ha avuto un
incidente ieri notte, un’auto le è
venuta addosso. Ha molte fratture in diverse parti del corpo,
è un miracolo che
lei sia ancora viva. –
In quel momento
ricordai ogni cosa…Jared
e Cameron…Tentai di reprimere la rabbia che mi crebbe dal
profondo del cuore.
Scrissi subito
dopo: “Perché non
riesco a parlare?”
Il medico
guardò negli occhi tutti i
presenti, serio, poi tornò a fissarmi e mormorò:
- Le sue corde vocali si sono
rovinate irrevocabilmente…Ci sono davvero poche speranze che
lei possa ritornare
a parlare…E’ una cosa che succede molto raramente,
che si rovinino in quel modo
a causa di un urlo…Mi dispiace –
Anche se avessi
potuto parlare, non l’avrei
fatto comunque. Le mie lacrime spiegarono tutto. Gli altri rimasero in
silenzio,
guardando per terra. Probabilmente ne erano già stati
informati. Sophie non
resistette e si mise a singhiozzare forte, così Vicki la
portò fuori in
corridoio.
-L’unica
cosa che possiamo fare noi
medici è un intervento…Ma è molto
delicato, spetta a lei decidere –
Fin da piccola
avevo avuto una paura
tremenda degli interventi, il solo pensiero mi dava i brividi. Pensai
immediatamente al mio lavoro. Recitare era una delle cose che mi
rendeva più
felice, e adesso non avrei potuto più farlo.
Il mondo parve
cadermi addosso, avevo
perso l’amore della mia vita e adesso anche il lavoro. Forse
per sempre. Feci
cenno a tutti di uscire, volevo rimanere da sola.
Piansi fino a
quando un terribile mal
di testa prese il sopravvento e mi addormentai, tra gli incubi.