-Claire
La
scuola era ricominciata da un pezzo, era il 24 Ottobre. Era una
giornata speciale per me, e solamente io ne conoscevo il significato.
Durante
l’ultima ora di letteratura inglese non riuscivo a stare
attenta alla
spiegazione dell’insegnante, che non faceva altro che
parlottare in inglese con
frasi senza senso. Guardai l’ora sul mio Iphone, le 12.57.
Mancava molto poco
all’uscita da scuola. Feci un sospiro di sollievo e continuai
a giocherellare
con il ciondolo che Zayn mi aveva regalato il Natale precedente. Ebbi
qualche
fugace flash di Parigi, i ragazzi, le ragazze, Zayn, la neve, i baci,
poi i
pensieri andarono alla serata sulla spiaggia, al 24 Ottobre di un anno
prima.
Nonostante avessi imposto a me stessa di non pensarci, era
più forte di me, non
potevo evitare i ricordi, seppur stupendi, non sapevo che reazione
avrebbero
provocato in me. I pochi minuti rimasti passarono a gran
velocità, sentii la
campanella suonare, raccolsi le mie cose ed uscii
dall’edificio che
assomigliava così tanto ad un ospedale. Sentivo il
chiacchiericcio allegro
della folla attorno a me, erano tutti euforici per l’inizio
del weekend. Avevo
programmato quel giorno e mezzo di libertà con molta cura,
sarei rimasta a casa
con i miei genitori a guardare qualche vecchio film che piaceva loro,
avrei
letto un libro e magari avrei scritto una mail a tutti i miei amici
londinesi.
Il mio imperdibile sabato cominciava in quel preciso istante. Alzai gli
occhi
verso il cortile, esterno dal cancello della scuola, e riconobbi un
volto
familiare. Due occhi scuri che cercavano i miei, un naso regolare, un
sorriso
che toglieva il fiato, dei capelli arruffati.
“Zayn?” Sussurrai come se stessi
parlando a me stessa. Credevo stessi sognando. Poteva essere soltanto
il
subconscio che mi regalava queste angeliche visioni.
“Claire.” Disse,
avvicinandosi. No, non era una visione. Era proprio lì, in
piedi di fronte a
me. Prese il mio volto tra le mani e mi baciò dolcemente.
“Che cosa ci fai qui,
Zayn?” Chiesi, staccandomi di malavoglia dalle dolci labbra
del ragazzo. “Sono
qui per te, Claire. Sono qui, in
Italia, a chilometri di distanza dalla mia vita, per te. Sai, ho
cercato di
farcela da solo. Ho provato a dimenticarti, ma non ci sono riuscito. Ho
scritto
un mucchio di stupide lettere per convincerti a restare, o meglio, per
convincere me che restare fosse la cosa giusta per te, ma non
è così. Il tuo
posto è con me, con noi.” Avevo sognato quel
momento per quasi due mesi e,
nonostante avessi provato quella scena tutte le notti, quella reale non
poteva
competere neanche con quelle che avevo in testa. “Zayn,
vorrei tornare. Lo sai
bene, ma qui ho la scuola, ho la mia vita, ho i miei
genitori…” Prese
nuovamente il mio viso tra le mani e mi baciò, nonostante
attorno a noi ci
fossero genitori, insegnanti e alunni della mia scuola. “La
tua vita non è la
stessa se io non ne faccio parte. Non posso esserci solamente per
scherzo. Ho
intenzioni molto serie questa volta, e non farò il coglione
di nuovo. Non
permetterò che tu rimanga qui, senza un valido motivo.
Potrai dirmi quello che
vuoi. Dimmi che sono uno svitato casinista, dimmi che non ti ascolto
mai, dimmi
che non sono il ragazzo giusto per te, ma non rifilarmi la solita scusa
dei
tuoi genitori.” Rimasi in silenzio mentre elencava quelle che
riteneva fossero
i suoi difetti, mentre in realtà era completamente
l’opposto. Non avrei mai
trovato un altro ragazzo in grado di capirmi come faceva lui, non avrei
mai
trovato un ragazzo così dolce e sensibile, eppure
così uomo, tanto da
oltrepassare mezza Europa soltanto per venire a prendermi,
perché avevo una
paura fottuta di innamorarmi seriamente. Sì, quello che mi
bloccava era la
paura. “Sono qui perché ti amo, sono qui per
portarti di nuovo a casa, con me.”
Alzai la voce. Perché non riusciva a capire?
“Zayn, per te sarà tutto così
facile. Sei un uomo, ormai ventunenne. Non temi nulla, neanche di
perdere il
lavoro per dedicarti ad una ragazzina, perché sono questo.
Non ho neanche il
coraggio di seguirti e di affrontare tutte le conseguenze che ne
deriverebbero.” Non
infierì, perché si
accorse che le lacrime stavano rigando il mio viso. Mi diede, anzi, un
bacio
sulla fronte e sussurrò “Adesso ci sono io con
te.”
-Zayn
Avevo
avuto quella folle idea di volare da Claire proprio il giorno in
cui dovevamo festeggiare un anno insieme. Odiavo quelle stupide frasi
di
circostanza ‘Un anno di noi.’ Le ritenevo troppo
superficiali per contenere il
sentimento tra due persone in un arco di tempo passato insieme. Avevo
parlato
con i miei amici, che mi appoggiavano in quella folle avventura in
Italia, poi
avevo deciso di dedicarmi al confronto con qualcuno con più
esperienza. Mentre
mia madre preparava il polpettone per la cena, mi misi a sedere accanto
a lei e
cominciai ad esaminare ogni suo gesto. “Tutto
okay?” Chiese, accorgendosi che
avevo bisogno di parlarle. In fondo era mia madre e sapeva che era un
mese che
ero quasi un ameba, non avevo più quella spinta che mi dava
Claire, avevo perso
il sorriso. Come poteva un amore così bello fare
così male? “Voglio andare in
Italia a trovarla, per riportarla qui.”
“E’ quello che vuoi?” Chiese senza
neanche sollevare lo sguardo dal piatto che stava preparando. Conosceva
già la
risposta. “Sì.” Alzò la testa
e ribatté “Allora vai, portala qui, falle capire
che la ami e che faresti qualsiasi cosa per lei. Non serviranno scene
teatrali,
ma la costanza e la perseveranza nel farle capire che ci sarai sempre
per lei,
qualsiasi cosa accada e in qualsiasi stato tu dovrai
abitare.” Sorrisi dopo
aver udito quelle parole così preziose. “Ti
consiglio di fare anche una
chiacchierata con i suoi genitori. Chiedi ad Anne, lei dovrebbe avere i
numeri
di cellulare.” Sorrise anche lei e mi fece
l’occhiolino. “Va’.”
Una
volta atterrato mi tremavano le gambe. Avevano chiesto tutti se
fosse il caso di accompagnarmi, ma avevo risposto che era una cosa che
dovevo
fare da solo. Avevo preso il cellulare, composto il numero di Pamela,
la madre
di Claire e le avevo detto che avrei riportato io la figlia a casa.
“Ti serve
un posto dove dormire, immagino.” Aveva risposto con un
accento che doveva aver
ripreso dalla madre Lylian, di cui Claire mi aveva tanto parlato.
“La risposta
sarà negativa solamente se sua figlia non vorrà
più vedermi, dopo quello che le
avrò detto.” “Ti preparo il divano
letto.” Aveva risposto quelle poche parole e
immaginai che stesse sorridendo, non sapevo per quale motivo, ma
sentivo che
era felice.
Dopo
qualche istante squillò il cellulare, era un SMS della
stessa
Pamela, nel quale era scritta la via della scuola di Claire, con
allegato
l’orario delle lezioni del sabato. Qualcosa mi diceva che era
davvero felice
per quell’incontro. Letto il messaggio sorrisi e mi avviai,
con la macchina a
noleggio, verso la scuola che mi era stata indicata.
Non
raccontai a Claire delle conversazioni con le nostre rispettive
madri lungo il tragitto per riportarla a casa. Mi tenne la mano e non
mi perse
un attimo di vista, come se temesse che da un momento
all’altro potessi
evaporare o scappare via. Aveva paura di una delusione, glielo leggevo
negli
occhi, che ormai erano un display molto chiaro per tutto quello che
provava. Le
passai un braccio attorno al collo, non appena fummo scesi
dall’auto, diretti
verso la sua abitazione. Le diedi un bacio sui capelli profumatissimi,
come si
fa con le bambine per rassicurarle, ed oltrepassammo il cancello della
casa. La
villetta non molto grande sviluppata su due piani era quasi al centro
della
città, a soltanto cinque minuti di auto dalla scuola della
ragazza. Non appena
entrammo alzò lo sguardo verso di me, e le feci un grande
sorriso. “Sei
nervoso?” Mi chiese, stringendomi la mano. “Per
niente.” Sorrisi di rimando,
sebbene avessi un nodo allo stomaco le avevo mentito, dovevo essere
forte e
deciso per farle prendere la giusta decisione. Sentii dei passi
provenire da
quello che sembrava il salotto e trattenni il fiato. “Ciao,
Zayn.” “Salve,
signor Grimaldi.” Guardai l’uomo in piedi di fronte
a me. Aveva l’aria dura, di
qualcuno che avrebbe potuto distruggere una montagna se solo si fossero
avvicinati a sua figlia, ma non avevo intenzione di mollare. Non
l’avevo mai
visto di persona, soltanto in foto, quelle che erano sul comodino di
Claire a
Londra. Non si assomigliavano molto, ma i loro occhi erano identici.
“Zayn, è
un piacere conoscerti. Abbiamo sentito molto parlare di te.”
Disse una donna,
che riconobbi subito dalla voce. “Sono la mamma di Claire,
Pamela.” “Il piacere
è tutto mio.” Risposi mostrando il migliore dei
miei sorrisi.
-Claire
La
tensione tra mio padre e Zayn era palpabile. Seduti attorno al
tavolo da pranzo mangiavamo quasi in silenzio, fino al momento in cui
mio padre
prese la parola e cominciò a fare alcune domande al ragazzo.
“Allora, cosa fai
da queste parti? Non credo fossi proprio di passaggio.”
Cominciò l’uomo,
facendo ironia. “Sono qui per dare una lettera a Claire e,
ovviamente per lei.”
Disse, ammiccando verso di me. Lo guardai con aria interrogativa.
“Credo sia
giunto il momento di darle quello che devo.” Si
alzò da tavola e guardai i miei
genitori, che sembravano essere perfettamente al corrente di tutto.
“Ecco,
tieni.” Disse Zayn, porgendomi una grande busta bianca.
“City University
London.” Lessi a voce alta, scandendo le parole.
“Aprila.” Disse il ragazzo, mettendosi
a sedere accanto a me. Obbedii e, con le mani tremanti, aprii la busta.
Lessi a
caratteri più scuri.
Siamo
lieti
di accettare CLAIRE GRIMALDI alla facoltà di GIORNALISMO
della City University
London.
“Come
è possibile?” Balbettai, guardando tutti i
presenti.
“E’ stato lui a fare la richiesta d’iscrizione.” Spiegò mio padre, prendendo la parola. “Puoi andare, se vuoi. Noi siamo d’accordo. Vogliamo soltanto il tuo bene…” “E ovviamente quello di Zayn.” Aggiunse mia madre. Guardai il ragazzo, poi corsi tra le sue braccia. “Verrai con me, non è vero?” “Prepariamo le valigie.”
-Zayn
Entrammo nella sua camera, e Claire non smetteva un secondo di guardarmi e sorridere. Sarebbe stato tutto perfetto, tutto era stato risolto e non avevo più paura di nulla. La ragazza prese la valigia, che doveva essere preparata. Prese tutto quello che poteva servirle, abiti, scarpe, libri, la macchinetta fotografica... "Hai già prenotato una stanza al campus? Altrimenti dovrò farlo subito." Disse, dirigendosi verso la scrivania dove era poggiato il computer. "Campus? Perché mai dovresti voler abitare in un campus? E' abbastanza stupido, dato che ho comprato una casa solamente per noi due." Vidi i suoi occhi illuminarsi. "Una casa?" Ripetè, per convincersi che fosse vero, e in effetti lo era. "Per questo ci ho messo tanto per venire da te." Sorrisi, e le diedi un bacio, con la consapevolezza che non ci saremmo lasciati, poi continuai. "Come potevi solamente pensare che ti avrei lasciato qui, in Italia, senza di me? Non avrei potuto farcela. Tu sei molto più forte di me. Puoi vivere benissimo senza stare con me, ma io no. Non posso. Non più."