Capitolo 5
Lezioni di volo e ire represse
Harry stava sognando che c’era un terremoto, quando, socchiudendo gli
occhi, scoprì che non era una scossa tellurica, bensì Ron che lo stava
scuotendo.
- Harry, svegliati! Dobbiamo andare da Silente. –
- Eh? Che? Che succede? Il terremoto? – era ancora mezzo addormentato
(eufemismo…NdComy^^)
- Harry! Sveglia! – sentì
gridare 3 voci. Finalmente si decise ad aprire gli occhi e non a fare solo
finta. Le tende del suo letto erano state tirate, il sole entrava
prepotentemente dalla finestra, e attorno a se intravide indistintamente 3
sagome. Inforcò gli occhiali e la chiazza rossa che era Ron prese finalmente i
suoi contorni. C’erano anche le ragazze, perché Ron, non riuscendo svegliarlo,
le aveva chiamate a dargli man forte. Dean, Seamus e Neville erano già andati
via: infatti erano circa le 10 del mattino.
- Che ore sono? – chiese sbadigliando.
- Le 10…se tu ti alzassi potremmo anche andare a parlare con Silente. –
disse Hermione.
Harry si stropicciò gli occhi, sotto gli occhiali.
- Perché dovremmo…- e solo allora tutti i ricordi della nottata lo
investirono come un Bolide a tutta velocità. – Ok…se uscite, mi cambio. –
disse, guardando le ragazze e arrossendo. Eleanor diventò un pizzichino rossa
(cosa che non si notò molto, dato che era ancora pallida) ed entrambe uscirono
dalla stanza.
- Ti aspetto fuori, ok? – disse Ron.
- Ok. – anche Ron uscì. Harry si cambiò in tutta fretta. Scese in Sala
Comune, e Eleanor gli fece notare che…aveva infilato la divisa al rovescio. Se
la raddrizzò e uscirono.
- Harry, non fai colazione? – gli chiese Ron.
- Mangerò dopo. Se avrò voglia…mi sento lo stomaco chiuso. Andiamo dalla
professoressa Mc Granitt? –
- Sì…ci accompagnerà lei da Silente. Ci ha detto stamani, mentre tu
ancora dormivi, che ci avrebbe ricevuto prima delle 11. – rispose Hermione.
Arrivarono all’ufficio della professoressa di Trasfigurazione e bussarono. Una
voce dall’interno disse loro di entrare.
- Ah, salve ragazzi. – disse gravemente la professoressa Mc Granitt,
vedendoli – vi accompagnò subito da Silente. – si alzò dalla sedia della
scrivania e uscirono tutti e cinque.
- State bene, ora? – chiese agli studenti.
- Meglio, grazie. Ci spiace di non aver avvertito, ma non ce n’è stato
il tempo. – disse Hermione.
- Lo so, signorina Granger, lo so. –
Arrivarono velocemente davanti al Gargoyle che fungeva da ingresso allo
studio di Silente.
- Caramelle Mou. – era la parola d’ordine. Salirono le scale che
portavano nello studio e bussarono alla porta.
- Avanti! – disse una voce allegra dall’interno. La professoressa Mc
Granitt aprì la porta.
- Albus, sono qui con Potter, Weasley, Granger e Riddle. –
- Ah, sì…sì…entrate. – si era impensierito. Mentre i 4 ragazzi entravano
sentirono un canto alla loro destra: Fanny. Harry la salutò con un cenno della
testa, dopo aver salutato Silente.
- Bene, ragazzi. Minerva mi ha detto che stanotte è successa una cosa grave.
Però già qui ad Halloween…in genere aspettavate primavera. – faceva il
possibile per alleggerire il tono.
- Sì, professore. – cominciò Hermione. Poi raccontarono, a turno, tutta
la storia. Harry si tenne un paio di domande da porre a Silente.
- Ah…brutto affare – durante la narrazione Silente aveva più volte
corrugato la fronte. Guardò Harry, che lo fissava interrogativo.
- Sì, Harry, Eleanor è mia parente. Sua madre era la figlia di mio
fratello Carolus. Lo sapevo, naturalmente. Ma ho pensato che il suo cognome
fosse già abbastanza pesante senza che si sapesse che era anche la mia bis
nipote. –
- Professor Silente. – disse Hermione – però come ha fatto Lei-Sa-Chi a
proiettarsi qui dentro? –
- Non avete notato niente di strano nella radura dove eravate? –
- Veramente sì – disse Hermione, che come al solito osservava tutto
attentamente quasi senza accorgersene. – in terra si intravedeva un serpente
inciso. –
- Perché quello era uno dei luoghi favoriti da Salazar Serpeverde. Ora,
sia Voldemort che Eleanor hanno quel sangue e ciò ha creato un canale. Ma
siccome a Hogwarts non ci si può Materializzare, allora si è solo proiettato. –
I ragazzi rimasero stupiti.
Silente li congedò, dopo aver risposto ad altre domande. Eleanor non
sapeva più che pensare, non sapeva cosa fare: se suo padre l’aveva chiamata una
volta era possibilissimo che ci avrebbe riprovato. Misurava Sala Comune, dove
erano tornate lei e Hermione, mentre Harry saliva in Gufiera a mandare una
lettera a Sirius e Ron lo accompagnava, a grandi passi, osservata da
un’Hermione molto perplessa.
- Eleanor, siediti! Consumerai il pavimento a forza di fare avanti e
indietro! – disse. Eleanor la guardò con un sorriso triste in viso.
- Sono troppo nervosa, camminare mi aiuta. – rispose.
- Sì, ma farai andare me in paranoia. Almeno andiamo in giardino, Harry
e Ron non tarderanno. – e infatti, in quel momento, i due entravano dalla
porta.
- Ron, Harry, vi va di uscire? – chiese Hermione.
- Ma sì, perché no? – rispose Ron.
Per sicurezza – e non si sentivano molto sicuri – portarono con loro le
bacchette magiche.
Passeggiavano in silenzio vicino al lago, nessuno di loro, dopo essere
stato nell’ufficio di Silente aveva molta voglia di parlare.
Eleanor s’era seduta all’ombra di uno degli alberi, la schiena appoggiata
al tronco, la testa voltata in alto con gli occhi chiusi, pensierosa. Ron stava
tirando dei sassi nell’acqua per farli rimbalzare ed Hermione giocherellava con
uno dei tentacoli della piovra gigante, accarezzandoli.
Harry si mise accanto ad Eleanor, facendola sobbalzare.
- Sei tu. – disse rimettendosi nella posizione di prima – mi hai fatto
paura. –
- Scusa. –
- No, sono io che sono nervosa e con i nervi a fior di pelle. –
- Eleanor, posso chiederti una cosa? – disse Harry.
- Spara. –
- Tu sapevi che tua madre era la nipote di Silente? – Eleanor fece segno
di diniego.
- No, sapevo che eravamo parenti, ma non che fosse la figlia di suo
fratello. Perché? –
- No, così. Parli così poco di tua madre. Anche se…, insomma, posso
comprenderne il perché. –
- È un ricordo ancora fresco, che mi fa soffrire molto. E non ne posso
più di soffrire. –
Hermione si avvicinò agli amici.
- Non possiamo rimanere in queste condizioni! – disse – oltretutto
sabato hai l’incontro di Quidditch, Harry. E poi dobbiamo andare avanti…è
inutile rimuginare. –
Hermione stava tentando di scuoterli - e di scuotere se stessa - dal
senso di torpore e impotenza che li aveva avvolti la notte passata. Al che
sopraggiunse Ron che chiese:
- Eleanor, hai mai volato? –
- No. – rispose – ma mi piacerebbe provare. –
- Allora andiamo. – disse Harry. – ti insegnerò io. E poi ci faremo un
giretto. –
Si alzarono e andarono dalla professoressa Bumb a chiedere il permesso
di usare i manici di scopa. La professoressa diede loro l’autorizzazione. Harry
prese la Firebolt e scelse altre 3 scope che non fossero proprio malaccio, e
poi si recarono al campo di Quidditch, vuoto.
Si misero in mezzo, e Harry disse a Eleanor:
- Posa la scopa a terra e mettiti alla sua sinistra. Poi tendi la mano
destra e dì “Su” –
- SU. – disse Eleanor, e la scopa le saltò subito in mano, con fremito.
- Bene! Adesso sali a cavalcioni e prendila così. – e le mostrò la
corretta impugnatura. Eleanor la assunse quasi subito.
- Perfetto. Adesso datti una bella spinta con i piedi. Così, guarda me.
– Harry prese il volo e mostrò ad Eleanor uno dei suoi migliori giri della
morte seguito da una picchiata perfetta.
- Non devi fare proprio così! Basterà che tu fluttui. – le disse,
vedendo la sua faccia allibita.
Hermione traballava un po’, ma le la cavava. E comunque accanto a lei
c’era Ron a badare che non cadesse. Eleanor si librò un aria, sentendo il vento
scompigliarle i capelli, e i pensieri andarsene, portati via da quello stesso
vento. Vide, anzi, intravista Harry filare a tutta velocità con la sua
Firebolt. Quando Harry staccò i piedi da terra, fu per lui come se avesse
lasciato laggiù anche tutti i suoi problemi, volava come se fosse dotato di
ali, come se non fosse un essere umano, ma un volatile.
- Harry, aspettaci! – gridò Ron. Harry si voltò verso la voce, e
s’accorse che i suoi amici erano diventati…minuscoli puntini sotto di lui. Calò
rapido verso di loro.
- Scusate, mi sono fatto prendere dall’entusiasmo. – disse.
- Abbiamo notato. – disse Eleanor, ma non era un rimprovero. Volarono
ancora per un po’, sopra la casa di Hagrid, che anche dall’alto era sempre
imponente, sopra il cortile del castello, poi atterrarono e tornarono al
castello per pranzare. Era piuttosto tardi, e il tavolo di Grifondoro, come
tutta Sala Grande, era quasi vuoto. Si sedettero e mangiarono, rinfrancati dal
volo. Ad un tratto s’avvicinò Malfoy (comincia a diventare noioso, ‘sto
ragazzo! NdComy^^)
- Potter, Granger,
Weasley, Riddle. Il quartetto
dei falliti. Avete avuto degli incubi, stanotte? Avete le voragini sotto gli
occhi…siete corsi a piangere dalla mamma, vero? Ah, già…Potterino e Riddluccia non ce
l’hanno la mamma! Il Signore Oscuro ha fatto bene il suo lavoro! – Eleanor
aveva più volte detto agli altri di ostentare indifferenza nei suoi confronti,
e così aveva fatto fino ad allora. Ma la nottata passata aveva ridotto il suo
limite di pazienza a zero. Sala Grande era quasi vuota, non c’erano professori,
e allora Eleanor s’alzò in piedi e afferrò Malfoy per il bavero.
- Malfoy. – ringhiò con un tono che ricordò terribilmente a Harry quello
di Voldemort – Un’altra parola, solo un’altra parola, e non risponderò più
delle mie azioni. E allora ti ritroverai col guaio più grosso che tu possa
immaginare, e sicuramente più grosso di te, capito? –
- E cosa vorresti farmi, Riddle? – chiese, sprezzante, ma con una nota
di panico nella voce.
- Potrei seguire la filosofia di mio padre: eliminare coloro che mi
stanno tra i piedi! –
e lo lasciò. Tiger e Goyle indietreggiarono. Gli occhi di Eleanor
fiammeggiavano di rosso, che spiccava tremendamente sul suo blu naturale. Le
labbra erano livide, così sottili che sembravano sparire.
- Se farai qualcosa mio padre si arrabbierà molto! –
- Se farò qualcosa, tuo padre non potrà fare assolutamente niente, a
meno che non voglia contrariare il suo signore Voldemort. E ora vattene! –
Malfoy indietreggiò poco alla volta, sempre tenendo lo sguardo fisso su
Eleanor. Era latteo in volto, con le labbra diventate esangui.
- Eleanor! – esclamò Hermione. Eleanor si voltò, per un attimo ancora
con gli occhi fiammeggianti che spaventarono i tre amici. Poi riprese il suo
aspetto normale, con gli occhi blu che splendevano, scuri e tranquillizzanti.
- Quando è troppo è troppo! – esclamò – Oggi non avevo proprio pazienza
da sprecare con lui! –
Hermione la guardò come se avesse ricevuto una scudisciata.
- Oddio, scusa Hermione, non intendevo urlarti contro. È solo
che…scusa…- la abbracciò, per scusarsi.
- Non è niente, Eleanor. – ricambiò l’abbraccio. – su, adesso andiamo:
domani abbiamo lezione, ed è il caso di andare a fare i compiti. –
Harry e Ron alzarono gli occhi al cielo, sbuffando. Uscirono dalla Sala
Grande. Harry si accostò ad Eleanor:
- Eleanor…che avevi prima? –
- Che vuoi dire, Harry? –
- Ti fiammeggiavano gli occhi. –
- In che senso? –
- Si vedevano delle fiamme rosse, quando ti sei voltata. Come a …Poi
sono sparite, quando ti sei calmata. – Eleanor si rattristò un po’.
- Ecco che vuol dire ereditare il sangue di Voldemort…anche in questo
gli assomiglio,
maledizione! –
- Su, non è niente. – le disse Harry.
- E invece sì…non ne posso più. Più cerco di differenziarmi, più gli
assomiglio. È una tortura, ecco cos’è! –
- Tu - non - sei - come - lui.
– le disse Harry, prendendola per le spalle e fissandola negli occhi. Eleanor
sentì qualcosa di anomalo muoversi nello stomaco. Harry la fissava di nuovo con
lo sguardo che scintillava. Era così diverso lo scintillio di Harry dal suo.
Lei dardeggiava, come se fossero frecce di un fuoco nero. Lui illuminava…o
almeno era quella l’impressione che riceveva in quel momento.
- Grazie, Harry. – gli disse. – grazie per avermelo ricordato ancora una
volta. –
Hermione e Ron, che stavano discutendo di chissà cosa, non s’erano
accorti di quel che succedeva dietro di loro. Chissà perché quando parlavano
tra loro non si accorgevano più di niente…
Arrivarono in Sala Comune e si misero a studiare…o almeno a tentare di
farlo.
Passò qualche giorno. I quattro erano ancora piuttosto scossi, ma agli
altri sembravano tornati come prima.