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Autore: Preussen Gloria    31/01/2013    4 recensioni
"Cresce. Assomiglia a te."
C'è ancora una storia che Odino non ha raccontato.
"A chi? Al principe delle illusioni o al re dei mostri?"
Riguarda il suo primogenito. Riguarda il figlio che ha adottato.
"Al giovane con gli occhi verdi e i capelli corvini che una volta conoscevo"
Riguarda i due principi che sono venuti prima di loro.
"Non è mai esistita quella persona, Odino."
Riguarda leggende che non sono mai state scritte.
"Non puoi dirmi questo! Non mentre mi guardi con gli stessi occhi di mio figlio"
E verità che sono sempre state taciute.
"Non è tuo figlio! Non lo è mai stato. È nato nell'inganno, vive nell'inganno, le bugie sono l'unica cosa che possiede..."
Thor e Loki hanno sempre saputo di essere nati sul finire di una guerra.
"... E un giorno, forse, ne diverrà il principe."
Ma nessuno ha mia raccontato loro l'inizio di quella storia.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Frigga, Laufey, Loki, Odino, Thor
Note: Movieverse | Avvertimenti: Contenuti forti, Incest, Mpreg
Capitoli:
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VIII
Ustioni


Il sogno non era mai uguale ma era sempre lo stesso.
Non vi furono ricchi tendaggi ad accoglierlo questa volta, né il tepore familiare delle sue stanze private. C’era solo ghiaccio intorno a lui e il desertico paesaggio di Jotunheim si estendeva al di là della balconata sempre uguale, senza sfumature, il candido nulla.
Ricordava quelle scale troppo alte per lui, ricordava di averle salite di corsa dimentico di che cosa volesse dire provare fatica, ricordava di averle ridiscese poco dopo con la schiena ricurva e il più prezioso dei tesori stretto tra le braccia. L’occhio sinistro non vedeva più e sapeva bene il perché, ma non provava dolore.
Il giorno dell’assedio non aveva avuto tempo di provare dolore, la sola idea di quello che lo attendeva se non fosse arrivato in tempo era stata più che sufficiente a convincerlo ad espugnare il Palazzo di Ghiaccio da solo anche con una ferita aperta e sanguinante.
Non aveva un piano. Non aveva una strategia. Aveva solo le sue gambe e la consapevolezza che se avesse fallito, tanto valeva morire. Perché tutto avrebbe accettato. Tutto avrebbe potuto sopportare. Tutto! Men che la morte di quell’innocente.
Nel sogno non aveva alcuna fretta, aveva già portato a termine la sua missione personale ma era finito col fallire ogni singolo giorno che era seguito. Sapeva che l’innocente era vivo, sebbene non in salvo.
Sapeva che non era più un innocente.
Sapeva che era troppo tardi per poterlo stringere di nuovo con amore ed aspettarsi che questo bastasse a guadagnarsi un sorriso. Anche in mezzo alla morte, anche ad un passo dalla sua stessa fine, Loki gli aveva sorriso.
Ma Odino aveva perso quel sorriso per sempre da molti secoli, oramai.
Non c’erano vagiti a guidarlo quella volta. Non c’erano le urla dei suoi guerrieri e di quelli di Laufey che riecheggiavano sotto le mura. C’era solo l’insistente sibilo del vento e l’eco dei suoi passi, mentre varcava la soglia del tempio reale con passo titubante.
Non era solo.
L’altro non alzò lo sguardo su di lui immediatamente, troppo preso dalla creaturina silenziosa che stringeva tra le braccia. Era rosea la pelle del piccino, erano corvini i folti capelli sulla piccola testa ed Odino sapeva che, se si fosse svegliato, avrebbe guardato il mondo con due meravigliose iridi verdi.
In compenso, il principe che glieli aveva donati non esitò ancora a lungo a puntare i suoi su di lui. Era seduto sulle poche scale che conducevano all’altare, la tunica slacciata, il bambino stretto contro il petto.
“Te la ricordi questa scena, vero?” Domandò con un sorriso dolce che gli provocò una fitta al petto, “non te ne volevi mai andare, nonostante te lo chiedessi.”
“Sei l’ennesima follia creata dalla mia mente, vero?” Sembrava quasi una supplica quella di Odino.
“Era una vergogna, per me, farlo davanti a te e tu morivi di gelosia ogni volta perché sapevi che se ci fosse stato Fàrbauti al tuo posto, non lo avrei mai cacciato.”
“Taci!” Urlò. Non c’era nessun altro al mondo, a parte lui, a sapere quelle cose. Nessuno. Si era ben guardato dal confidarle a Frigga anche a distanza di anni, faceva male ricordare. Avrebbe fatto ancor più male guardare Loki ogni giorno ripensando a quei giorni prima della fine.
Tuttavia, non era riuscito mai a cancellarli dalla sua memoria.
“Sai qual è stato il tuo più grande errore con noi?” Domandò il principe dai capelli corvini rivolgendo di nuovo lo sguardo al neonato, “è stato amare lui più di me.”
“Soltanto in un’illusione creata dalla mia mente sapresti ripetere così bene tutte queste follie!”
“Stai cercando di convincerti di cosa, Odino?” Domandò l’altro riallacciandosi la tunica ed alzandosi in piedi, “che non sono qui?  Che il complice dei tuoi peggiori peccati non è più nel mondo dei vivi pronto a ricordarti ogni tua colpa?”
“Laufey è morto,” sibilò Odino.
“Già,” mormorò l’altro accarezzando con due dita il viso del piccino tra le sue braccia, “e sei stato tu ad ucciderlo, non è vero, piccolino?”
“Non lo toccare…”
“Perché?” Chiese con un’espressione sarcastica, “è solo un’illusione creata da te stesso, parole tue.”
“Nemmeno nel peggiore dei miei deliri ti lascerei toccare mio figlio.”
“Oh e hai fatto un ottimo lavoro nel proteggerlo in tutti questi anni, non è vero?”
“Non avrei mai voluto proteggerlo da Laufey, è stato lui a costringermi…”
“Attento, mio re, ti stai confessando ad una mera illusione.”
“Non prendermi in giro!” Tuonò, “chi sei? Cosa sei? Perché entri nella mia mente ed in quella di mio figlio?” L’altro rise. “Gioco con la testa di Loki da quando hai deciso di rinchiuderlo nelle segrete della tua bella città dorata e non te ne sei mai accorto!”
Odino sgranò gli occhi, “che cosa hai fatto a mio figlio?”
“Non è tuo figlio…”
“Che cosa hai fatto a mio figlio?!” Urlò avvicinandosi con possenti falcate. Il neonato tra le braccia dell’altro scoppiò a piangere, “che cosa vuoi dalla mia famiglia?”
“Se ti decidessi a vedere la verità lo capiresti da solo.”
“Quale verità? Chi sei? Cosa sei?”
“Sono quello che vedi…”
“Laufey è morto!” Urlò Odino ed il piccolo emise uno strillo ancora più acuto, “ed è stato Loki ad ucciderlo…”
Cadde un silenzio di morte interrotto solo dai lamenti spaventati del bambino.
“È questa la tua verità?”
“Non può esisterne un’altra,” rispose Odino, “non questa volta.”
“E di verità su Loki quante ne conosci?” Chiese il giovane dagli occhi verdi.
Odino non cambiò nemmeno espressione, “non ho la minima idea di quel di cui stai parlando.”
L’altro rise, “risparmiami questo giochetto dell’inconsapevolezza. Puoi essere un buon attore, ma di fronte a me sei come un moccioso che tenta di nascondere che ha rubato i dolci dalle cucine reali.”
“Non deridermi, chiunque tu sia!” Sbottò il sovrano con rabbia ed il neonato pianse con maggior vigore. Il giovane lo cullò con un’espressione sarcastica, “non sei capace di essere padre nemmeno con questo piccolo bastardo, Odino.”
“Non ti permettere…”
“Non mi permetto?” Fece una smorfia poi lasciò andare il fagottino di colpo. Odino non seppe dove trovò i riflessi di afferrarlo prima che toccasse terra, ma, non appena si rese conto di esservi riuscito, lo strinse al petto con forza cullandolo dolcemente, “va tutto bene, Loki, sono qui.”
“L’hai detto anche quella notte…” Non c’era più sarcasmo nella voce dell’altro, “mentre me lo portavi via, non facevi altro che ripetere queste parole. Va tutto bene, va tutto bene, va tutto bene… Chi cercavi di convincere, Odino?”
Il sovrano si rifiutò di alzare lo sguardo sull’altro e continuò a fissare il faccino del bambino tra le sue braccia, “Laufey non lo voleva…”
“Nemmeno tu l’hai voluto.”
Fu allora che Odino alzò di nuovo gli occhi per incontrare quelli scarlatti dell’altro, “Come osi…”
“Come oso?” Domandò l’altro con voce glaciale, “che cosa hai detto a Loki quando ha scoperto di essere uno Jotun?”
“La verità…”
“Quale verità, Odino?” Urlò l’altro, “quella di una notte di neve su Midgar? Quella della fuga di Frigga? Quella delle bestie del Ragnarok? Quella della fine della guerra? Quale verità gli hai raccontato, Odino?!”
Il sovrano gelò e non seppe come replicare.
“Te lo dico io, mio re,” sibilò il giovane dai capelli corvini, “gli hai raccontato solo la verità più facile. Quella che ti faceva più comodo. Gli hai raccontato quella parte di verità che ha distrutto lui ma ha lasciato illeso te.”
Odino fissò l’altro con un’espressione indescrivibile, il respiro mozzato, l’unico occhio rifletteva shock e confusione, “Laufey?”
“Portalo via,” disse semplicemente l’altro indicando il neonato con un cenno del capo, “non gli farò del male, se non sarà necessario, ma devi portarlo via da Asgard prima che sia troppo tardi. Non è al sicuro lì.”
“Troppo tardi?” Ripeté stordito, “troppo tardi per cosa?”
“Hai salvato quel bastardo da me una volta, Odino!” Esclamò con rabbia il giovane dai capelli corvini, “non ti permetterò di vincere ancora, per questo, ascolta bene il mio avvertimento.”
Odino non replicò.
“Se ami Loki, se hai mai amato Loki, come dici. Portalo via da Asgard e assicurati che il suo cammino non lo porti mai più su Jotunheim o mi assicurerò di portare a termine ciò che mi ero ripromesso di fare secoli fa.”

“Loki?” Frigga voleva alzarsi, correre da suo figlio e stringerlo tra le braccia con tutto l’amore di cui era capace, ma sapeva che Loki non l’avrebbe accettato. Sapeva che si sarebbe ritratto sentendosi scottato da quell’amore. “Tesoro, chi è che ti fa del male?”
Loki continuò a fissare il fuocherello acceso rifiutandosi di voltare lo sguardo verso sua madre. No, non era sua madre, per quanto questo gli facesse male, era un pensiero a cui doveva abituarsi e presto.
Frigga non era sua madre.
Odino non era suo padre.
Thor non era suo fratello.
Nemmeno Laufey era suo padre. Non aveva importanza se gli aveva permesso di nascere, contava che avesse tentato di rimediare all’errore appena poco tempo dopo la sua venuta al mondo. Era suo padre meno di quanto lo fosse Odino. Era solo un nemico da uccidere e l’aveva ucciso.
“Per nascondere la verità.”
No, per proteggere la mia casa, la mia famiglia. Per rendere il re fiero di me.

“La più forte negazione della verità è distruggere le prove della stessa, principino.”
No, no, io l’ho fatto per…
“Per proteggere un regno da cui non sei mai stato accettato? Per proteggere una famiglia in cui ti sei sempre sentito di troppo, sbagliato? Per rendere fiero un padre che prima voleva usarti e poi non ha saputo amarti?”
No! No! Volevo dimostrare di poter essere migliore di Thor!
“Pensavi che distruggendo le tue origini avresti distrutto anche il diverso dentro di te.”
No! Voi luridi esseri inferiori non potete capire!
“Hai ucciso Laufey perché è stato il primo a non volerti. Perché è stato il primo ad abbandonarti. Volevi fargliela pagare, non è vero?”
Basta!

“Loki?” Una mano di Frigga tra i suoi capelli lo fece sobbalzare, “scusami, amor mio,” mormorò la regina dolcemente inginocchiandosi a terra accanto a lui, “è mio desiderio aiutarti e proteggerti, Loki, nulla di più.”
Loki la guardò senza espressione per un lungo minuto, poi abbassò lo sguardo.
Frigga sospirò, “lo so, non è facile capirmi ma non è facile spiegarlo nemmeno, tesoro. So che non comprendi come sia possibile che io ti ami come faccio ma ti giuro… Te lo giuro sulla vita di tuo padre, Loki, non ho mai amato Thor più di te! Mai!”
Loki si morse il labbro inferiore decidendo di rimanere indifferente a quella confessione.
Perché non me l’hai mai detto prima? Perché non me l’hai detto quel maledetto giorno in cui tutto è andato distrutto? Hai detto che ero vostro figlio, è vero, ma non era abbastanza. Non è mai stato abbastanza!
“Vuoi sapere una cosa?” Domandò Frigga con un sorriso tirato e la voce tremante, “non c’è giorno in cui io non desideri che voi non siate mai cresciuti. Mi hanno sempre detto che l’infanzia è la stagione più difficile di un figlio ma non è vero! Non è assolutamente vero! Sapevo come proteggervi quando eravate bambini, sapevo come rendervi felici, sapevo esattamente che cosa fare allora,” una lacrima le solcò la guancia, “ora guardo te, guardo tuo fratello e, sebbene siate entrambi qui vicino a me, non riesco a sentirvi più come un tempo.”
La mano di lei continuava ad accarezzargli i capelli ed il viso ma Loki non la guardava. Non poteva guardarla.
“Ero folle di paura il giorno in cui tuo padre ti ha messo tra le mie braccia.”
Non parliamo di quel giorno, non c’è nulla che voglio sapere.
“Piangevi ed io non sapevo come comportarmi. Con Thor era stato diverso, con lui avevo saputo fin da subito cosa fare, ma con te… Ero folle di paura, Loki! Paura di fallire, di non essere all’altezza.”
Odino ha mai sofferto per lo stesso timore?
Frigga gli avvolse le braccia intorno alle spalle stringendolo al petto come faceva durante la sua infanzia. Loki non ricambiò la stretta ma nemmeno si sottrasse.
“Non ero pronta quando sei arrivato, Loki e temo che la mia impreparazione abbia avuto delle ripercussioni più grandi di quel che temevo. Ma è ancora lontano il giorno in cui mi pentirò di averti stretto a me, di averti nutrito col mio latte, di averti dato metà del mio cuore. Tu sei la creatura che ho desiderato per tutta la vita ma che il destino non mi ha concesso di portare dentro di me. Thor è figlio di Odino, non esiste qualcosa che possa provare il contrario ma tu, amore mio…”
Hai già pronunciato queste parole, mia regina.
“Tu sei sempre stato più mio che di tuo padre.”
L’avete pronunciate molti… Moltissimi anni fa.
 “Tu sei la cosa più bella che mi sia mai capitata.”
Ero un fanciullo quando me le avete rivolte per la prima volta ed io ci credetti.
“Non dirlo agli altri due…” Mormorò Frigga con un sorrisetto complice che Loki non poté vedere ma sapeva che c’era.
No, non lo farò, mia regina. Questa è la tua bugia, non la mia.

[Asgard, secoli fa.]


Mai Asgard ricordò un giorno più macabro di quello.
Il giorno in cui scoppiò la guerra che avrebbe concesso al principe Odino il battesimo del sangue.
Nessuno aveva insegnato al principe fino a che punto potesse spingersi la crudeltà di un re.
Nessuno aveva mai accennato al fatto che i comportamenti folli di un sovrano potevano essere facilmente giustificati con la ragion di stato.
Odino non era mai riuscito a pensare come re spontaneamente, era sempre stato troppo umano per farlo.
Sarebbe stata una questione di tempo e ne avrebbe pagato il prezzo.

Mai Jotunheim rimase in silenzio come quel giorno.
Il giorno in cui il principe ereditario venne condotto di fronte al re nemico con una falsa identità, un complotto che, se svelato, gli sarebbe costato la vita e la totale incapacità di difendersi in alcun modo.
Il principe sapeva fin troppo bene che il bene di un regno valeva di gran lunga di più del bene di un singolo individuo, nobile o meno.
Il principe sapeva che persino il peggiore dei crimini, il più imperdonabile dei peccati, poteva trasformarsi in un atto politico o, peggio, in un eroico sacrificio, se si faceva appello alla ragion di stato.
Laufey avrebbe tanto voluto abnegare se stesso di fronte alla volontà di suo padre e alla malasorte che aveva incontrato nel seguirla, sarebbe stato tutto immensamente più semplice così. Ma aveva un intelletto troppo brillante ed un orgoglio troppo grande per poter sacrificare la sua individualità per una qualsiasi causa.
Sarebbe stata una questione di tempo e ne avrebbe pagato il prezzo, a sua volta.

Le parole di supplica di Loki erano state inutili, come ogni suo tentativo di fuga. Erano bastate due guardie a trascinare Nàl fuori dall’acqua e alla male e peggio gli avevano buttato addosso una tunica per condurlo a forza nella sala del trono. La voce di Loki era divenuta man mano più fioca, mentre tentava di ribellarsi alla prese di quegli uomini armati, corazzati e di gran lunga superiori a lui in quanto forza fisica.
Quando l’enorme portone venne chiuso alle sue spalle, il mondo all’esterno sembrò cristallizzarsi e persino Nàl si ritrovò schiacciato da quel solenne silenzio che lo circondava.
Per la prima volta in vita sua, un brivido di freddo gli attraversò la schiena e tremò.
Non lo avevano incatenato, né picchiato, soltanto i segni di quelle mani sgraziate sulle sue braccia sarebbero rimasti sulla sua pelle ancora per un po’. Eppure, Nàl non riusciva a muoversi, a stento riusciva ancora a respirare.
Il re gli passò davanti con grandi falcate e in breve tempo salì le poche scale che lo separavano dal suo trono dorato. Nàl sapeva che avrebbe dovuto inginocchiarsi o, perlomeno, abbassare gli occhi in segno di rispetto ma non ci riuscì. Non per timore, per quanto quello fosse forte, l’assenza di rispetto nei confronti dell’uomo che gli sedeva di fronte era troppo grande perché potesse essere ignorata.
Persino le sue menzogne avevano un limite.
Il re lo studiò con attenzione, sebbene nessuna reale espressione fosse presente sul su viso.
“Non hai la minima idea del perché sei qui, vero?”
Lo chiese con casualità, come se il giovane di fronte a lui non fosse mezzo nudo, con i capelli ancora gocciolanti e la rigidità di chi non sa che cosa sta affrontando.
“Se esiste un motivo per cui un ospite di vostro figlio debba essere trattato con una simile cortesia, sarei curioso di conoscerlo,” replicò Nàl con sarcasmo. Le guardie nella sala si lanciarono delle veloci occhiate di sorpresa, ben consapevoli che bisognava essere pazzi per avere l’arroganza di rispondere al re con un tono simile. Il re sorrise, un’espressione lungi dall’essere gentile.
“Non sembra che tu voglia incantarmi con qualche bella recita, piccolo Jotun.”
“Io mio nome è Nàl, vostra maestà e non vedo il motivo per cui dobbiate rivolgermi un tale insulto.”
“Insulto?” Domandò il re, “ingannare gli altri può essere un talento molto raro, ragazzino.”
“Non posso vantare di possederlo, né devo ammettere di averne bisogno.”
“Bisogno per cosa?” Indagò il re.
“Siete voi ad avere dei sospetti, mio re, sarebbe cortese illustrarmeli in modo che io possa difendermi,” la voce di Nàl non aveva tremato nemmeno per un istante e la sua espressione non aveva tradito alcuna insicurezza.
Il re rise, “non puoi dire di essere povero di arroganza.”
“Questo ve lo concedo.”
“Sei un mezzosangue?”
“Uno scarto,” lo corresse Nàl, “non ho avuto la fortuna della vostra defunta regina. Tuttavia, condivido l’amaro destino del fratello del principe, Loki.”
L’espressione del re si oscurò, “hai nominato due persone di cui non ho il piacere di parlare.
“Domando scusa, signore, non era mia intenzione,” ovviamente non vi era traccia di dispiacere negli occhi verdi del giovane Jotun. Borr sospettò che avesse nominato sua moglie e quel piccolo bastardo proprio per vederlo perdere una briciola di autocontrollo, ma decise di sorvolare.
“Sei molto bene educato per essere uno di quelle cose…”
“Sono stato più fortunato di molti altri,” qualcosa doveva pur inventarsi, “ho una naturale predisposizione alla magia, sebbene non sappia chi siano i miei genitori, penso sia un talento che devo a loro.”
“Questo è il motivo del tuo aspetto?”
“Sì, signore.”
“E quanta magia avresti usato per sedurre mio figlio, giovane Jotun?”
Nàl strinse le labbra fino a farle diventare una linea sottile. Odino, Odino, maledetto Odino!
“Non so di cosa voi stiate parlando…” Non era proprio una bugia.
“Non è un segreto che mio figlio provi un particolare interesse per te,” spiegò Borr, “in realtà, la cosa non mi sorprende poi così tanto. Odino prova interesse per qualsiasi cosa abbia il sapore del proibito. Evidentemente le vergini promesse ad altri non lo soddisfano più.”
“Visto che ne siete perfettamente consapevole, per quale motivo sono costretto a presentarmi a voi in questo stato?” Domandò Nàl tradendo una nota di rabbia.
“Perché a differenza delle giovani donne di questa corte, temo che tu non conosca le regole, Nàl.”
“Illuminatemi, mio re.” Fu l’arrogante risposta.
“Le giovani di questa corte sanno bene che è concesso loro prendersi il piacere e nulla più.”
“Non ho bisogno che mi spieghiate cosa facciano le sgualdrine reali, mio signore, è una conoscenza universale.”
Le guardie s’innervosirono nel sentire le donne del loro rango venir apostrofate in un modo tanto volgare ma il sovrano li mise a tacere con un gesto della mano.
“Non si può dire altrettanto delle pratiche degli Jotun.”
“Il sangue di Jotunheim scorre nelle vene dei vostri eredi, non mi sorprende che siate ben istruito in materia,” Nàl non aveva intenzione di vacillare, nemmeno di fronte all’argomento più umiliante.
“Hai ragione di crederlo,” il re annuì, “di fatto, sono perfettamente consapevole di come uno Jotun può essere un soldato sul campo di battaglia ed una vacca partoriente in privato.”
Le guardie risero e Nàl lanciò loro uno sguardo raggelante che non sortì alcun effetto, “insultavo Odino per la sua carente predisposizione al comando, ma il suo mentore in materia manca di personalità al punto da dover ricorrere a dei trucchetti di natura volgare per far valere una volontà sovrana che potrebbe vacillare di fronte al primo buon interlocutore di passaggio.”
Il re scattò in piedi e Nàl, in cuor suo, esultò, perché così agendo non faceva che dar prova di quelle fatali debolezze che gli aveva appena sbattuto in faccia.
“Se ho ben inteso i vostri timori, mio re,” continuò il giovane Jotun con voce più gentile, “vostro figlio, come nessun altro uomo sulla faccia di questo regno, non ha mai avuto niente da me. Non temete, il seme della vostra stirpe divina è ben lontano dal mio grembo e dalla possibilità di generare una creatura dal sangue corrotto.”
Il re sembrò calmarsi e, dopo un lungo momento d’indecisione, tornò a sedersi sul suo trono dorato fingendo l’aria tranquilla di chi ha tutto completamente sotto controllo.
“Ed io dovrei credere che un nullità di Jotunheim non ha ceduto alla tentazione di prendere dal principe di Asgard tutto ciò che si potrebbe prendere?”
“Ho troppo rispetto per la mia persona per abbassarmi ad essere un oggetto di piacere destinato ad essere scartato in poco tempo,” replicò Nàl.
Borr non parlò per un po’, fissando la piccola figura davanti a sé con maggiore sospetto di quanto non ne sentisse prima.
“Stavo ripensando al giorno in cui mio figlio portò al palazzo quel piccolo cucciolo randagio di uno Jotun,” spiegò mestamente, come se fosse uno dei ricordi più brutti della sua vita, “Loki era una creaturina tremante e terrorizzata. Se vi fosse un briciolo di ragione in quella povera testolina ricolma di tenebre e orrori, nessuno seppe dirlo, da principio. Solo Odino aveva fiducia, ma mio figlio è sempre stato malato di una folle sicurezza di sé e delle proprie convinzioni senza fondamenta. Il Loki di quel giorno, era un Loki senza personalità, né educazione, né orgoglio. Il Loki di quel giorno era solo una povera bestiolina abbandonata che avrebbe venduto l’anima pur di vivere solo un’ora in più.”
Nàl sentì l’arroganza cedere ad un sentimento fastidioso, che gli faceva venire un nodo alla gola, “non comprendo di che utilità sia questo racconto.”
“Tu sei uno scarto…” Mormorò Borr, “eppure hai negli occhi la sicurezza di sé che nessuna creatura perennemente ciondolante sull’abisso della distruzione dovrebbe avere.”
Nàl si morse il labbro inferiore con forza: vacillare ora gli sarebbe costato la vita, doveva mantenere una linea sicura ed inattaccabile.
“Non tutti siamo deboli…”
“Ottima replica, ma questo non spiega un bel po’ di altre cose.”
Nàl fece un passo indietro, il controllo della situazione vacillava, “siate diretto e ponetemi davanti alle accuse che mi rivolgete in modo che io possa dimostrarvi che non sono altro che timori infondati.“
Borr abbassò lo sguardo e Nàl giurò di vedere un briciolo di sincera tristezza nei suoi occhi, “pur ammesso che tu sia stato più fortunato o più forte di molti altri, come preferisci tu. Come me lo spieghi che il tuo linguaggio sia arguto e raffinato al pari di quello della mia defunta moglie, nobile per nascita?”
“Ve l’ho già detto!” Esclamò Nàl, “ho un talento naturale per la magia che mi ha permesso di sopravvivere!”
“Che la magia sia un dono naturale non lo metto in dubbio, ma ci sono creature dal grande potenziale che non lo scoprono mai a causa di una mancata educazione in materia.”
“Sono uno scarto, questo non significa che sia uno stupido.”
“Stupido no, ma ingenuo di sicuro…”
Le enormi porte della sala del trono si spalancarono lasciando entrare un allarmatissimo Odino seguito dagli altrettanto preoccupati Loki e Frigga. Nàl non seppe se sospirare di sollievo o cominciare a pregare per la sua, ormai inevitabile, condanna.
Nessuna guardia si mosse per evitare ad Odino di avanzare: nessuno era tanto stolto da osare.
“Che cosa sta succedendo qui?” Chiese freddamente rivolgendosi all’uomo seduto sul trono. Nàl lo guardò e non seppe se scoppiare a ridere o morire dalla vergogna per lui: con quel naso rosso e l’espressione di un fiero combattente, Odino sembrava quasi la caricatura del principe dorato che tutti dicevano che fosse.
“Un interrogatorio,” fu la funerea risposta di Borr.
“Con quali accuse?” Sbottò Odino affiancandosi a Nàl, “cosa può legittimare un simile comportamento nei confronti di un mio ospite?”
Sfiducia nelle tue facoltà intellettive a favore della libido, pensò Nàl ma si guardò dal dirlo ad alta voce.
“Complotto segreto a sfavore del regno.”
Nàl gelò. In un primo momento pensò di non aver compreso quelle parole, di aver trasformato una frase in quella che più temeva di dover udire in quella sala e da quella bocca ma, quando alzò gli occhi, non c’erano segni d’incomprensione sul viso del sovrano.
Odino scoppiò a ridere, “hai sempre avuto una grande fantasia, padre!”
“Il tuo adorato Nàl è stato visto scambiare delle parole sospette con un altro individuo che non ha mai varcato nessuno dei nostri cancelli.”
Nàl smise di respirare.
“Visto?” Domandò Odino per nulla convinto, “visto da chi?”
“Da me, mio principe.”
Tutti i presenti si voltarono in direzione dell’enorme portone dorato per assistere all’ingresso della testimone, “ho visto con i miei occhi questo individuo complottare contro il re ed il nostro popolo,” precisò Jӧrd con un sorriso sensuale.
“Lo ammetto, fino a questo punto non credevo sarebbe arrivata,” mormorò Frigga stringendo con forza il polso di Loki che non riuscì a spiccicar parola. “Jӧrd…” Chiamò Odino confuso, mentre lei gli avvicinava e si aggrappava al suo braccio con entrambe le mani.
“Non avrei mai permesso a questo Jotun di farti del male,” mormorò dolcemente.
Odino la guardò e scosse la testa, “io… Io non capisco,” gli occhi blu si voltarono in direzione di Nàl che, però, aveva attenzione solo per la giovane donna languidamente attaccata al principe.
Così quella era la puttana ufficiale del principe dorato. Nàl non poté trattenere uno sguardo disgustato.
“Mi stai offendendo con quei tuoi occhi, piccolo Jotun,” sibilò lei.
“Jӧrd!” Esclamò Odino allontanandosi da lei.
“Voi siete un’offesa per questa corte e tutte le nobil donne degne di tale nome che vi risiedono, signora,” replicò Nàl guadagnandosi un’occhiata esterrefatta da parte del principe.
“Nàl…”
Il giovane Jotun si scomodò a guardarlo, alla fine. “Che c’è?” Domandò con aria sarcastica.
“Non provi nemmeno a negare?”
“Mi crederesti?” Replicò freddamente puntando quei penetranti occhi verdi in quelli blu del principe. Odino aprì la bocca, si voltò verso Jӧrd, poi di nuovo verso Nàl.
Lo Jotun sospirò, “appunto…” Mormorò, “te l’ho detto, Odino. Non si può parlare di amore per quel che non si conosce.”
Borr si alzò in piedi, “confessi dunque?”
Nàl tornò a guardarlo, “confesso di aver parlato con un giovane sconosciuto nella foresta, questa mattina. Non so quale sia il suo nome, né la sua provenienza, non c’era nulla di pericoloso nelle nostre parole. Voleva solo quello che molti uomini di questo mondo desiderano senza ammetterlo…”
“Non è insinuando blasfemie che ti salverai.”
“Ah, sì, blasfemie?” Domandò Nàl con ira crescente, “una puttana d’alto borgo che mira a concepire un erede con vostro figlio sotto i vostri occhi ciechi viene a denunciare un crimine che non ho commesso solo perché, a causa della mia presenza, Odino non è più incline ad infilarsi tra le sue gambe e voi venite a parlare a me di blasfemia?” Sbuffò, “no, signore, questa recita grottesca che voi chiamate giustizia… Questa è la vera blasfemia! Credere alla bugia di una capricciosa donnetta che tenta di sbarazzarsi della concorrenza per vie non pregiudicabili e lo fa ben consapevole che il suo sovrano è talmente rancoroso nei confronti di quelli come me che non esiterebbe a condannarmi anche solo per un banale insulto… Questa è blasfemia!”
Nàl strinse forte gli occhi prima di proseguire, “fatemi quel che volete. Sappiate che anche la scusante della ragion di stato ha un limite e se mi condannate ora per un complotto immaginario, tutti i Nove Regni lo sapranno e dovrete, allora, pagare il prezzo delle vostre azioni, mio re. La mia parola contro quella di questa donna. Volete davvero che le dicerie sul vostro odio verso Jotunheim diventino reali con la condanna di un innocente, mandato al patibolo senza prove certe? Pensate che vi sia un regno tra i Nove disposto ad accettare questa vostra giustizia?”
Odino era sempre più confuso e decise di cercare risposta dall’unica persona che diceva di averle, “che cosa hai visto esattamente?” Domandò a Jӧrd.
Lei fece una smorfia, “dal modo in cui si avvinghiavano contro quell’albero, non credo che il tuo ospite disprezzasse poi così tanto quella compagnia.”
“Allora non devi aver udito poi così bene le mie parole,” replicò Nàl freddamente.
“Non mi stavo rivolgendo a te,” sottolineò lei con disprezzo.
Nàl piegò appena le labbra in un sorriso incolore, poi guardò Odino, “sei davvero tanto stupido da concederti da anni a questa serpe velenosa?”
“Io almeno non mi prostituisco al mio principe per meglio complottare alle sue spalle, mentre il mio complice e amante va e viene dal regno indisturbato.”
Nàl rise, “troppo umile, signora. Il vostro complotto per ottenere il titolo di regina è di sicuro più ingegnoso di qualunque altro!”
Jӧrd fece per avvicinarsi ma Odino l’afferrò per un braccio prima che potesse fare qualsiasi cosa, “smettetela!”
“Portate qui la prigioniera!” Ordinò di colpo Borr alzandosi dal trono, poi abbassò gli occhi su Nàl, “dimostriamo a questo giovane quanto blasfema è la nostra giustizia per i Nove Regni.”
Nàl sbatté la palpebre un paio di volte, poi si voltò per incontrare gli occhi di Loki ma l’altro Jotun risposte al suo sguardo scuotendo a testa. Gli occhi verdi si alzarono su Odino, le cui iridi blu erano animate dalla stessa confusione.
Non passarono che una manciata di minuti, prima che un pianto lieve ma continuo giungesse alle orecchie dei presenti. Altre guardie attraversarono l’enorme portone trascinando all’interno una fanciulla dai lunghi capelli ricciuti.
Nàl non avrebbe voluto fissarla come fece, ma era difficile allontanare gli occhi da un simile orrore. La giovane era piuttosto giovane, non come Frigga, ma non sembrava aver raggiunto da molto l’età adulta. Le guardie la lasciarono andare lentamente ed ella cadde a terra in ginocchio, non riuscendo più a sorreggersi con le magre gambe tremanti perfettamente visibili sotto l’orlo dello straccio che a stento le copriva il pube. Incrociò le braccia altrettanto fragili contro il petto, un debole tentativo di coprire la sua nudità.
Doveva essere stata bella, prima che i maltrattamenti e la malnutrizione avessero la meglio sul suo corpo.
Nàl provò una profonda compassione per lei, più forte della confusione che la sua presenza alimentava. Tuttavia, non ne fu sconvolto quanto Odino.
Il principe di Jotunheim era stato iniziato alle crudeltà nella sua stessa casa, per mano dei suoi stessi cari, in un modo o nell’altro. Il principe di Asgard era sempre stato convinto di vivere in un mondo dorato in cui le ombre dell’orrore non potessero nemmeno venir concepite.
“Padre…” Mormorò con voce vagamente tremante, senza distogliere lo sguardo dalla fanciulla, “che follia è mai questa?”
Borr fece una smorfia e scese i gradini che lo separavano dal gruppo di giovani con estenuante lentezza, i suoi passi riecheggiarono nell’enorme sala come un tamburo di guerra.
“Il suo nome è Gullveig,” spiegò il sovrano, “è una spia di Vanaheim.”
Sia Nàl che Odino si voltarono a fissare il re.
“Vanaheim?” Chiese il secondo, “non sapevo che i Vanir avessero spedito una spia nel nostro regno.”
“È accaduto più di un anno fa,” confessò Borr con una naturalezza che fece venire a Nàl i brividi per il disgusto.
“È più di un anno che torturate questa giovane, mio signore?” Domandò Nàl con voce rotta. Odino guardò il giovane Jotun, poi tornò a fissare suo padre attendendo una risposta.
Borr sospirò, “vedi, Nàl, mi hai chiesto se i Nove Regni possono accettare la mia giustizia… Com’è che l’hai definita? Blasfema?” Si avvicinò ad una delle colonne dorate estraendo una fiaccola dal suo apposito sostegno, “bene…” mormorò superando il giovane Jotun e suo figlio per fermarsi di fronte alla fanciulla terrorizzata. Ella alzò gli occhi sul sovrano solo per un istante, poi si raggomitolò a terra coprendosi la testa con entrambe le mani ed implorando il re con una preghiera talmente disperata che a stento si riusciva a comprenderne le parole.
“Padre…” Chiamò Odino esterrefatto incapace di aggiungere alcunché.
“Silenzio!” Tuonò Borr tornando a guardare il giovane Jotun, “prima di appellarti alla volontà dei Nove Regni, ragazzino, sappi che è più di un anno che i Nove Regni mi permettono di fare questo!”
Il re lasciò andare la fiaccola che cadde tra i capelli della fanciulla dandole completamente fuoco in meno di un istante. L’urlo di dolore della ragazza coprì quello dei giovani che furono costretti ad assistere a quella scena raccapricciante.
Frigga nascose il viso contra la spalla di Loki che l’abbracciò in un gesto meccanico. Jӧrd si portò  una mano alla bocca cercando con l’altra di afferrare quella di Odino che, però, era già corso in direzione della ragazza per tentare di soccorrerla. Per sua sfortuna, Borr fu pronto a bloccare il figlio con tutta la forza necessaria, “qual è il motivo di questa follia padre?” Urlò accecato dallo sgomento e dalla rabbia, “rispondimi!”
Le fiamme scomparvero di colpo, ammutolendo tutti presenti.
Allora e solo allora, Nàl fece qualche passo in avanti per assistere a quello spettacolo che aveva dell’incredibile. La giovane si lamentava debolmente, come se avesse difficoltà a respirare ma non era morta. Le orrende ustioni scure che si erano estese su tutto il suo corpo cominciarono a sparire lentamente, fino a che la pelle non tornò ad avere un colore sano e roseo.
Tuttavia, le condizioni della fanciulla non sembrarono migliorare con la stessa velocità del suo aspetto, bensì perse i sensi dopo pochi istanti.
Borr sbuffò lasciando andare il braccio di Odino che non si mosse comunque, “portatela via,” comandò e le guardie si mossero velocemente per eseguire l’ordine.
Nàl non sapeva da quanto aveva smesso di respirare, ma il nodo che gli stringeva la gola cominciava seriamente a fargli male, sapeva che sarebbe passato solo se si fosse messo ad urlare o a piangere ma non aveva il coraggio di fare nessuna delle due cose.
Borr si fermò accanto a lui, “nessuno dei Nove Regni ha potere su di me, nemmeno Vanaheim osa salvare una propria figlia nonostante mi sia premurato di far sapere alla famiglia reale che trattamento le riservo.”
Nàl ingoiò una boccata d’aria che non fece che aumentare il senso di soffocamento.
“Vuoi sapere perché le faccio tanto male, invece di giustiziarla?” Domandò con un sorriso sarcastico, “compio quel rituale col fuoco tre volte al giorno da mesi ed ogni volta, Gullveig sboccia di nuovo in tutta la sua bellezza sotto i miei occhi, come se il fuoco non l’avesse mai toccata. Sai com’è possibile una cosa del genere, giovane Jotun?”
Nàl scosse appena la testa.
“Seiðr…” Mormorò.
Nàl non capì e si voltò a guardare il sovrano con un’espressione confusa. Il re gli rivolse un sorriso diabolico, “non fare il finto ingenuo con me.”
Nàl scosse la testa di nuovo, incapace di pronunciar parola.
“Il Seiðr è la magia più potente dell’universo. I Vanir sembrano averne la chiave teorica ma il destino vuole che, alle volte, qualche creatura particolarmente fortunata venga al mondo con il sangue pregno di questo potere,” spiegò Borr lentamente, “mia moglie era una di queste, ma nessuno dei miei figli sembra averne ereditato la forza magica, sebbene Odino provi piacere a dilettarsi in certi passatempi femminili di tanto, in tanto…”
Il principe lanciò al padre uno sguardo rancoroso avvicinandosi di poco, “stategli lontano, padre.”
“Vuoi sapere con precisione i motivi per cui ti ho trascinato di fronte al mio trono, giovane Nàl?” Il re prese tra le dite una ciocca di capelli corvini, “tu e la mia amata sposa avete molte cose in comune.”
“Allontanatevi, padre!”
“A parte un’indubbia bellezza,” il re rise, “questo bell’aspetto che ti sei procurato, Odino ci ha messo mesi per poterlo donare a Loki. Sì, Odino, principe di Asgard e tu, piccolo scarto, sempre ammesso che tu lo sia, dici di esserci riuscito con le tue sole forze in un mondo in cui nemmeno l’erede al trono potrebbe ricevere un’educazione magica pari a quelle di un giovane nobile di questo regno.”
Nàl indietreggiò sottraendosi a quella carezza, “che cosa volete da me?!” Urlò.
“In primo luogo,” concesse Borr, “ti voglio lontano dal letto di mio figlio. Non accetterò uno Jotun bastardo  mezzosangue sul mio trono!”
“Padre!” Urlò Odino.
“Mi sembra di avervi già tranquillizzato su questo punto!” Replicò Nàl con rabbia premendo la schiena contro una delle grandi colonne dorate. Il re gli si avvicinò fermandoglisi davanti.
“In secondo e terzo luogo, se stai complottando qualcosa contro di me o il mio regno e se possiedi la conoscenza antica che da mesi cerco di strappare dalla bocca di quella sgualdrina Vanir, ti conviene essere sincero fino in fondo.”
“Non so cosa sia questo Seiðr!” Urlò Nàl, “qualsiasi potere io abbia, lo possiedo dal giorno della mia nascita, non ho nessuna conoscenza che qualunque precettore di magia non sarebbe in grado di spiegarvi!”
Non era mai stato così sincero in vita sua.
Non era mai stato così spaventato in vita sua.
Borr sorrise. Un sorriso viscido, cattivo. Poi, alzò la mano sopra la testa del giovane Jotun, “se è vero che non possiedi nessun potere particolare,” disse afferrando la fiaccola sospesa sopra di Nàl, “allora dimostralo…”
“Padre!” Urlò Odino correndo nella sua direzione. Tutto finì nel giro di un istante.
Nàl gridò ma il fuoco non toccò mai la sua pelle, bensì la fiaccola si spense e cadde a terra ricoperta di ghiaccio, mentre il re collassò sul pavimento coprendosi il viso con entrambe le mani urlando e dimenandosi, come la ragazza di Vanaheim aveva fatto pochi minuti prima.
Loki si avvicinò velocemente seguito da Frigga ma si arrestò di colpo come incrociò gli occhi di Nàl. Il giovane Jotun si era portato le mani al petto in un istintivo gesto di autodifesa, il suo aspetto non era mutato in modo particolarmente visibile ma le iridi che erano state verdi fino ad un istante prima, ora erano scarlatte. Due guardie intervennero prontamente, ignorando i richiami iracondi del principe.
“No, fermi!” Urlò Loki, “no!”
Troppo tardi. Entrambi fecero appena in tempo a toccare Nàl che caddero a terra a loro volta, il primo con un’ustione al braccio sinistro, il secondo al destro. Odino ignorò completamente l’accaduto e corse in direzione del giovane Jotun, “Nàl!”
Loki corse a sua volta, “Odino, no! Non lo taccare! No!”
Ma Odino fece molto di più. Credendo di essere di qualche aiuto, strinse entrambe le braccia intorno al corpo di Nàl facendolo aderire contro il suo petto. Non registrò la prima fitta di dolore lancinante e nemmeno quelle a seguire. Quando Loki lo afferrò per le spalle scaraventandolo a terra nella foga, aveva già trequarti del corpo coperto di ustioni.
“Oden!” Chiamò Frigga terrorizzata inginocchiandosi accanto al principe privo di sensi.
Loki strinse entrambe le braccia dello Jotun spaventato, “Nàl! Nàl! Guardami!”
Ma Nàl non lo ascoltava troppo occupato a fissare i quattro uomini che giacevano a terra per causa sua.
È finita! È finita!
“Laufey…” Mormorò Loki e il principe fu costretto a guardarlo, “calmati! È tutto finito, ora calmati.”
Nàl scosse la testa lentamente.
“Non peggiorare la situazione,” lo pregò Loki prendendogli il viso tra le mani.
“Rinchiudetelo!” Urlò Borr emettendo versi simili a quelli di un animale scannato, “rinchiudetelo, è un ordine del vostro re?”
Le guardie si mossero immediatamente ma Loki si voltò facendo da scudo all’altro Jotun, “se provate a toccarlo, farete la stessa fine!” Li avvertì ma non per gentilezza, “scortatemi, se volete, ma sarò io a condurlo in cella.”
Nàl trattenne il fiato nel sentirle quelle parole e tentò di divincolarsi, ma era troppo scosso e tremante perché potesse avere la meglio. “Non rendere le cose più difficili!” Esclamò Loki, “se vuoi ancora avere una possibilità di uscire da questa situazione vivo, devi fidarti di me e collaborare.”
Nàl si morse il labbro inferiore e chiuse gli occhi con forza, poi annuì debolmente.

[Asgard, oggi.]

Thor non ebbe tempo di chiedere spiegazioni.
“Padre, io…”
Dopotutto, Odino non aveva spiegazioni da dare. Afferrò il figlio per un braccio spingendolo a camminare più veloce, “fai silenzio e continua a seguirmi.”
Thor non si era opposto, ma quando il re aveva imboccato la strada per la torre in cui era rinchiuso Loki aveva puntato i piedi per terra, “che intenzioni avete, padre?” Domandò rabbioso. Uno schiaffo gli arrivò in pieno viso senza preavviso, “non farmi perdere tempo, Thor!” Sbottò il re riprendendo a camminare velocemente.
Thor il dolore alla guancia nemmeno lo sentì, troppo confuso da un simile comportamento da parte del genitore, “perché stiamo andando da Loki?” Domandò correndogli dietro, “che cosa vuoi fargli?”
“Taci!”
Le numerose scale sembrarono essere pochi gradini per la fretta con cui le salirono. Solo una volta giunti sotto la botola che conduceva alla stanza di Loki, Odino si fermò e guardò Thor negli occhi, “tieni a tuo fratello?” Chiese con urgenza.
Thor inarcò un sopracciglio, “cosa?”
“Tieni a tuo fratello?” Urlò Odino, “lo ami davvero come dici di fare? Sei seriamente disposto ad impegnarti per proteggerlo da ulteriori sofferenze e dall’oscurità che cova dentro di sé.”
Thor sbatté le palpebre un paio di volte, poi annuì.
“Devi dirlo, ragazzo!”
“S-Sì…” Era dal giorno del suo esilio due anni addietro che Thor non si sentiva così schiacciato dalla figura di suo padre, così dipendente dalla sua volontà.
“Va avanti tu…”
“Padre, che cosa…?”
“Muoviti, ragazzo!” Odino spinse il figlio sotto la botola e Thor non osò protestare ulteriormente.
Quando il principe fece capolino nella stanca, venne accolto dal sorriso di sua madre e dallo sguardo smeraldino e freddo di Loki che aveva la testa appoggiata sulle sue ginocchia. Frigga capì immediatamente che c’era qualcosa di strano, “cosa c’è che non va, tesoro?”
“Io…” Thor scosse la testa, mentre la figura di Odino emergeva dalla botola mettendo nel panico la regina ed il figlio minore. Loki scattò a sedere sul pavimento e, quando vide che l’unico occhio del re era puntato su di lui, si alzò per nascondersi in un angolo. Frigga si piantò davanti a lui in un gesto di protezione, “che cosa vuoi, Odino?”
Il re si prese un attimo per sospirare e guardò la sua regina con aria improvvisamente tranquilla, “dobbiamo portare Loki via da qui.”
L’interessato sgranò gli occhi verdi stringendosi le braccia intorno al corpo.
“Qual è il motivo di una tale decisione?” Domandò Frigga sospettosa, “sono appena pochi mesi che l’hai rinchiuso in questa torre, non possiamo dargli un po’ di pace?”
“Non ne avrà più se lasciamo che resti ad Asgard!”
“Che storia è mai questa?” Intervenne Thor, “come può esistere un posto più sicuro di…”
“Sta’ zitto, Thor!” Lo interruppe Odino, poi tornò a rivolgersi alla sua regina, “ho paura Frigga ed è solo per questo motivo che ti chiedo di fidarti di me e di lasciare che porti nostro figlio via di qui.”
Loki premette la schiena contro la parete di pietra, come se volesse passarci attraverso e scomparire.
“Mi stai spaventando, Odino…”
“Allora lascia che i nostri timori rimangano tali e permettimi di portare via Loki.”
“Ma padre…”
Odino si voltò verso Thor, ma non lo rimproverò questa volta, “tu andrai con lui,” era un ordine non una richiesta, “te lo affido, figlio mio. Abbia cura di tuo fratello perché se falliamo ora, perderemo anche quelle pallide speranze a cui ci stiamo aggrappando così tenacemente.”
“Padre…!” Thor non capiva.
“Avrai le tue risposte a tempo debito,” concluse il re voltandosi ancora una volta, “ti prego, Frigga. Ti ho tradito molte volte ed in molti modi, ma oggi devi fidarti di me ancora una volta.”
La regina chiuse gli occhi e sospirò, si voltò verso il minore dei suoi figli che la guardò implorante scuotendo appena la testa, si morse il labbro inferiore con forza e si mise da parte.
“Prendilo tu,” comandò Odino al suo erede e Thor annuì avvicinandosi con cautela.
“Loki…” Accennò un sorriso, “lo sai che non permetterei mai a nessuno di farti del male, vero?”
Nonostante la rassicurazione di quelle parole, Loki si dimenò con tutta la sua forza quando Thor tentò di afferrargli un braccio.
“Loki, per favore…”
“Non perdere tempo, Thor,” lo rimproverò suo padre.
“È terrorizzato!”
“Sarà morto, se non lo portiamo subito via di qui.”
Thor guardò suo padre con gli occhi sgranati, “cosa?”
“Mi hai sentito, ragazzo.”
Il principe guardò il fratello minore che ricambiò lo sguardo con due occhi pieni di odio e rabbia.
Tradiscimi ancora!
Dicevano quegli occhi verdi.
Tradiscimi ancora, non sei capace di fare altro!
Thor non sapeva se sarebbe mai riuscito ad imparare a convivere con quel rancore, ma sapeva che non avrebbe mai accettato di vedere suo fratello morire.

***
Varie ed eventuali note:

Gullveig, nel mito viene bruciata viva tre volte nel salone di Odino per poi rinascerne altrettante volte. Si pensa che questo trattamento sia stato la causa dello scoppio della guerra tra Aesir e Vanir.

Ringrazio tutti i commentatori ed i lettori, oggi sono breve per questioni di tempo ma mi auguro che questo capitolo compensi un poco la lentezza del precedente.

Alla prossima!
  
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