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Autore: NoaLillyORiordan    31/01/2013    1 recensioni
Come possono cambiare due vite con un solo incontro? Ed è davvero possibile? Due sconosciute, piene dei loro silenzi si incontreranno prima sul campo sportivo, compagne di squadra, amiche e poi? Questa è la storia di due anime che prese dalla difficoltà della vita, finiranno per incontrarsi e scontrarsi...come potrebbe capitare a tutti noi, del resto.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shoujo-ai
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
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“Bentornata Chiara” disse l’allenatore. Allenatore e la ragazza erano fianco a fianco. La mano di lui sulla spalla di lei. La squadra, in riga di fronte, fissava la ragazza. “È da un po’ che non ti si vede” commentò Fabiana. “Chiara è stata poco bene, ma riprenderà gli allenamenti regolarmente da oggi”. Il tono dell’allenatore era stranamente tutt’altro che predisposto a repliche. Tutte le ragazze tacquero. Michela guardava Chiara. Per poi abbassare lo sguardo, sorridere e arrossire, se quest’ultima si girava verso di lei. “L’allenamento sarà veloce e leggero, per reintegrare Chiara”. Le ragazze, contente per la notizia, si diedero tutte di gomito. Dopo settimane di duri allenamenti per importanti partite, ora potevano allentare la corda. “E brava Chiara!” disse Sara dando una sonora pacca sulla spalla a Chiara, che sorrise imbarazzata.
Il dopo allenamento fu pieno di chiacchiere e risate. Pian piano lo spogliatoio di svuotava, fino a lasciare sole Michela e Chiara. La prima seduta sulla panca era pronta da tempo. Chiara lo sapeva e, tenendole le spalle, sperava se ne andasse presto. I cuori di entrambe le ragazze battevano forte dall’imbarazzo. Il silenzio era tale che quasi si poteva percepire il sangue irrorare le guance di Chiara. Michela intanto temporeggiava e giocherellava con il cellulare. Avrebbe voluto farle mille domande. Eppure anche cosi andava benissimo. Il tempo era fermo, senza parole. E le andava benissimo. Da sotto alla camicia bianca scorgeva le sue spalle sottili e delineate dallo sport. I capelli cenere raccolti in una coda. La pelle chiara e delicata. Ma quando capì che non avrebbe avuto il coraggio di dire nulla, Michela si alzò, prese le sue cose e si diresse verso la porta. “Allora, ciao”. Chiara trattenne il respiro fino a quando non sentì il rombare la moto di Michela. Solo allora una macchina grigia entrò nel cortile. E per Chiara, il sollievo divenne terrore.
 
“Il suo credito verrà incrementato di cinque euro” confermò il disco registrato. Michela posò il cellulare sul tavolo di casa. Aveva fissato con una calamita il ritratto. Prese una sigaretta dal pacchetto che aveva nascosto nel barattolo del sale. La portò alle labbra. Prese il suo zippo, l’aprì. Prima di far scattare la pietra focaia ci pensò su. Non fumava quasi mai. Era un gesto di nervosismo estremo. Quella ragazza aveva qualcosa di particolare he non riusciva a cogliere. Inclinò leggermente il capo a destra sporgendolo avanti, continuando a fissare il foglio, con aria assorta. Il dito colpì la rotella che fece fuoco. Ispirò lentamente. Nascose di nuovo il pacchetto nella saliera e la chiuse nel mobile. Sperando di chiuderci dentro anche il seme di qualcosa che non sapeva ancora distinguere, ma che aveva tutta l’aria di portare guai.
“Ecco la mia bella distratta” disse Angelo. “Oggi ti voglio carica!”. Michela stava smontando dalla moto, in una tiepida serata d’aprile. Entrata nel locale, sentì subito l’aria calda e accogliente: il forno già acceso, emanava un calore scoppiettante. Cenni di saluto al personale già al completo e in attesa dei primi clienti. Michela si recò allo spogliatoio, tolse il giubbotto, mise il grembiule, infilò il blocco note per le prenotazioni nella tasca anteriore e si buttò nella mischia.
Ore dieci, Michela si annoiava. Pugno chiuso sotto il mento in attesa di una botta di vita. O della chiusura del locale. Non era ancora estate, dove i clienti si cacciavano via a calci. Insomma, una serata come tante. Fino all’arrivo di un giovane. Trent’anni al massimo. Ma forse anche no. Forse venticinque portati male. Nel flusso di pensieri della ragazza, il ragazzo si avvicina al banco. Capelli neri, taglio semplice. Lineamenti duri. Aria sicura e beffarda. “Due Margherite, ben cotte, con poco olio ed entro cinque minuti” disse perentorio il ragazzo. evidentemente era abituato a dare ordini. “E quante pretese per due pizze!” commentò sarcastica. A Michela quel ragazzo ricordava qualcuno, ma in quel momento, come capita spesso, le sfuggiva. “Sono sei euro, possibilmente a spiccioli, monete da un euro e cortesemente subito” scherzò Michela, attirandosi in un secondo l’ira del ragazzo. “Che cazzo hai detto?” gridò quasi il ragazzo, facendo di colpo scendere in silenzio in sala. Michela esterrefatta da quella reazione cercò di chiarire “Guarda scherzavo…”. Partì una spinta “E non scherza con me!” disse duro e perentorio il ragazzo dagli occhi neri. “Tutto bene qui?” Chiese Angelo con le pizze in mano. Michela a terra, sorpresa e confusa. “Sono sei euro, paga e sparisci!” disse sbattendogli le pizze sul bancone.  Il ragazzo lanciò dieci euro sul bancone. “Tieni il resto sguattera” prese le pizze e se ne andò. “Michela tutto ok?” chiese Angelo aiutandola a rialzarsi. La ragazza fece un cenno d’assenso e solo allora, vedendo passare fuori il locale una inconfondibile macchina grigia si ricordò chi fosse il cafone. “Ma tu guarda che gente!” commentarono alcune persone, voltandosi velocemente verso i loro piatti, facendo finta di nulla.
L’universo di Chiara cominciava a prendere forma nella testa di Michela. I tanti tasselli del puzzle volteggiavano nel cielo e pian piano, di colpo ogni tanto se ne incastrava uno nuovo.
“Alla pizzeria sai chi c’era?” Giovanni biascicava. “Una tua compagna di squadra. Come si chiama… quella con la moto” il suo alito sapeva d’alcol. Prese la Faccia di Chiara nella sua mano. Le strinse le guance, che divamparono. “Tu sei strana ultimamente. Hai parlato di me a qualcuno?”. Chiara cercò di divincolarsi, negando al contempo. Le sue tozze dita stringevano sempre più le sue guance. Il dolore era tale da farla lacrimare. Un’altra serata da ubriaco. “Allora?” insistette con forza il ragazzo, alzandosi in piedi di scatto, senza mai lasciare la morsa. Lasciò improvvisamente la presa, tirando però un ceffone sulle guance ancora arrossate. La prese con violenza e la portò in camera. La spinse sul letto. Chiara chiuse gli occhi ed entrò nel suo mondo. Sapeva cosa stava per succedere e lasciò che accadesse. Quando Giovanni in posizione fetale, si addormentò su un fianco, Chiara si alzò. Arrivata a piedi nudi in cucina, una lacrima rigò il suo viso. La bottiglia di vino, vuota, rovesciata sul tavolo, qualche goccia rosso violacea che macchiava la tovaglia. I cartoni di pizza ancora sul tavolo. Sotto i cartoni, un angolo di carta rossa plastificata, faceva capolino. Chiara lo tirò fuori. Era il bigliettino da visita della pizzeria. A quel rettangolo di carta improvvisamente ripose le sue speranze. Lo mise nella dispensa, dietro i pacchi di pasta. Chiuse lo sportello, pensando a Michela. Non sapeva perché, ma avrebbe voluto la sua presenza in quel momento. Quella sorta di gigante buono, che le infondeva tenerezza. Arrossi nuovamente e il cuore le cominciò a martellare in petto. Tanto era il silenzio e veloce era cuore che credeva di poter essere udita da quello che non poteva che essere designato come suo fidanzato. Ma si rese conto di essere colta da uno stato d’irrazionalità. Fece un respiro profondo e si calmò. Cosi prese a sparecchiare la tavola.

  
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