Capitolo 9
Di segreti ricordi e laceranti oblii
Dopo il rientro a scuola la bufera annunciata durante quelle giornate si
scatenò con una violenza inaudita. Il freddo penetrava nelle ossa e le lezioni
all’aperto erano state sospese a causa del maltempo. A Pozioni faceva anche più
freddo del solito e tutti si stringevano attorno ai calderoni, per scaldarsi.
Madama Chips dovette curare un’epidemia di raffreddori in tutta la scuola, che
colpì anche molti insegnanti. Un giorno a lezione di Incantesimi, il professor
Vitious era talmente raffreddato che ogni starnuto che lanciava rotolava giù
dalla pila di libri, con grande ilarità repressa degli studenti, e procurandosi
una serie di bernoccoli, tanto che alla fine si decise a mettere dei cuscini
per terra.
La professoressa Mc Granitt, invece, ad ogni starnuto che faceva con la
bacchetta in mano trasfigurava qualcosa come quando trasfigurò il suo cappello
in un gatto (bellissimo, sì, ma così poco funzionale da tenere in testa), tanto
che per un paio di lezioni dovette fare assenza (caso più unico che raro
all’interno della sua carriera di insegnante ad Hogwarts.) La professoressa
Riley, invece, non s’ammalò. E continuò a far lezione, anche con la classe
decimata dall’influenza. Madama Chips ebbe il suo bel daffare. Perfino Piton
dovette disertare un paio di lezioni (con gran gaudio di Harry e dei suoi
amici, e profondo scorno di Malfoy…), a causa di una forte febbre. Insomma,
passarono 2 settimane senza che in Hogwarts si potesse trovare uno studente
completamente sano. Eleanor, addirittura, prese la febbre alta, e fu costretta
in infermeria 2 giorni, prima di poter tornare in dormitorio.
Adesso era in Sala Comune, davanti al camino, a smaltire i postumi di
quella che le era sembrata una sbronza, e invece era la febbre, ricamando.
- Come ti senti, Eleanor? – chiese Ron.
- Ora bene, grazie. Mi gira ancora un po’ la testa, ma prima o poi
riuscirò a scendere da questa giostra. –
- Cosa? – chiese Ron.
- Niente, è solo l’influenza che mi fa brutti scherzi…-
- Sì, mi sa anche a me. – disse Ron.
- Eleanor, Madama Chips ha detto che non ti devi affaticare: sei ancora
debole, la febbre è arrivata anche a 40, lo sai? –
- Sì, lo so, sarà la quattordicesima volta che me lo dici, Hermione, ma
non mi sto affaticando. –
- Stai ricamando, e non dovresti fare assolutamente niente. –
- Però mi rilassa. Su, sono “fuori pericolo” ora. –
- Sarà, ma riguardati. –
- Sì, sì…-
Posò il lavoro di ricamo, lo ripose nel cestino, e si stiracchiò, sulla
poltrona, facendo schioccare la schiena. Poi si mise a ravvivare il fuoco del
camino quando ad un tratto le venne in mente una cosa:
- Ragazzi, quando è il prossimo Weekend a Hogsmeade? –
- Mmm…tra due settimane, perché? –
- Ho bisogno del filo…l’ho quasi finito. E poi devo prendere un po’ di
lucido per bacchette: si sta opacizzando tutta e non va bene. – tirò fuori la
sua bacchetta. Era tutta di Ebano, anche il manico, ed era bella scura.
- Che cos’è la tua bacchetta, Eleanor? – chiese Ron.
- Legno di Ebano, 9 pollici, sangue di Unicorno. –
- Sangue di unicorno? Ma non si può usare il sangue di Unicorno per le
bacchette! –
- Lo so, ma qui ce ne è solo una goccia, che l’Unicorno depose sulla mia
fronte appena nata. Era di mia madre, e lo volle con sé mentre partoriva.
Nacqui, e, prima che mio padre potesse anche solo toccarmi, lo splendido
animale mi diede una goccia del suo sangue, posandola sulla fronte. È ancora
vivo, tranquilli! Mia madre lo fece riportare nella Foresta Scozzese quando
fummo in salvo. Probabilmente è una delle cose che mi ha salvato da mio padre.
Poi mia mamma lo raccolse in una boccetta e pregò Ollivander di farne una
bacchetta, spiegandogli da dove venisse. Quando arrivò la presi in mano e reagì
subito: uso questa bacchetta da quando ho 9 anni. –
- Wow, affascinante. – disse Hermione.
- È vero. – ammise Ron. – Aveva un nome quell’Unicorno? – chiese poi.
- Lo chiamavamo Yulien. Era un cucciolo argentato all’epoca. Ora sarà un
bell’adulto bianco. –
Nei giorni seguenti, rientrata l’epidemia, la scuola tornò lentamente
alla normalità. Le lezioni si susseguivano faticosamente e inesorabili, e i
ragazzi imparavano, o almeno ci provavano. Edvige non era ancora tornata con la
risposta di Sirius, e Harry cominciava a preoccuparsi. Una mattina, mentre
facevano colazione, il bel volatile bianco atterrò davanti ad Harry, stremata.
- Edvige! – aveva con se la lettera di risposta, ma Harry si preoccupò
prima di liberarla dal fardello e di darle da mangiare, che di leggere la
lettera. Edvige ringraziò con un buffetto sulla mano, e Harry le diede il suo
bacon e la fece bere. Poi, visto che era solo affamata, prese la lettera. Era
firmata, davanti, con una zampata a mo di sigillo: era di Sirius. Il suo volto
si illuminò.
- Ragazzi, è di Tartufo. – disse.
Fecero colazione velocemente e, prima di andare in classe, si misero in
un angolino della Sala Comune. Harry aprì la lettera e la lesse a voce alta:
“ Caro Harry,
Io sto bene. Siete stati molto fortunati con quel Mangiamorte, e tu sei
stato molto avventato. Non so chi fosse, però Silente potrebbe aver chiesto a
Piton, magari lui lo sa. Ma non chiedetelo a Piton, chiedetelo a Silente.
Hermione, Ron e Eleanor stanno bene? Spero di sì, specialmente dopo tutto quel
che è successo. Io sono con Remus e gli altri, cerchiamo di organizzarci per
fermare Voldemort, ma da cane non è semplice, comunque, con l’aiuto di Silente,
ce la facciamo abbastanza bene. State attenti e guardatevi alle spalle, mi
raccomando.
Con affetto
Sirius. “
- È il tuo padrino, vero, Harry? – chiese Eleanor
- Sì. Potrei andare a vivere con lui, se solo avessimo le prove che
Peter Minus è vivo. Lo sai, no, è ricercato e dovrebbe essere ad Azkaban. –
- Lo so bene. Mi dispiace. –
- Di più a me che devo ancora vivere con i Dursley. La vita a Privet
Drive è quanto di peggio un mago o una strega possano immaginare. –
Passò anche l’altra settimana, e, finalmente, arrivò il weekend di
Hogsmeade. Eleanor prese la borsa e la bacchetta, che non scordava mai. Mise un
incantesimo al suo baule, perché non s’aprisse, e non venisse portato via il
carillon, e se ne andò, con Hermione, Harry e Ron, al villaggio.
Arrivati là, dopo la doverosa sosta a Mielandia a far rifornimento di
dolci, Eleanor trovò il negozio di merceria, e prese quel che le serviva. Ad un
tratto si ritrovò, da sola, davanti ad un uomo.
- Vieni con me. – le disse.
- No. – rispose lei, calma. L’uomo indossava un mantello nero col
cappuccio, aveva una voce melliflua, che la ragazza aveva già sentito.
- Vieni con me! – le disse di nuovo.
- No. – Eleanor si mosse indietro, per sfuggirgli, ma l’uomo la
trattenne per il braccio. – Mi lasci! – disse.
- Tu ora vieni con me! – Eleanor fece sì che mollasse la presa. Poi
scappò velocemente, e ritrovò i suoi amici.
- Eleanor, che è successo? Sei tutta pallida? – le disse Hermione.
- Un uomo, voleva che andassi con lui…non…non so chi fosse. Mi ha
afferrata, ma io l’ho mollato e sono scappata. –
- Cosa? E chi? –
- Dalla voce…mi pareva di conoscerlo. Era…ma sì! Era Lucius! –
- Lucius? Lucius Malfoy? –
- Sì, lui. Ora ci provano anche così! Ma ci mancava solo il padre, ora,
non bastava il figlio a rompere le scatole? -
- Andiamo ai Tre manici di scopa, intanto, almeno ci scaldiamo e beviamo
una Burrobirra in pace, mentre ci racconti tutto per bene. –
Arrivarono al pub gestito da Madama Rosmerta e trovarono un tavolo
libero. Si sedettero, e Eleanor raccontò loro quel che era accaduto nei minimi
particolari.
- Ma ora ci provano anche in pieno giorno! –
- Sì, ma mi prenderebbero solo se non facessi troppo rumore. – disse.
- Già, altrimenti non ti avrebbe lasciata andare così. –
- Ma perché! Adesso non mi lasciano in pace nemmeno qui! Ma credono
davvero che mio padre non sarebbe capace di venirmi a prendere da solo? Solo
che se io non ci voglio andare, nemmeno lui mi può obbligare a stare dalla sua
parte. –
- Noi lo sappiamo, Eleanor. Ma loro no. –
- Già. Ma lo scopriranno. Lo scopriranno. – Eleanor bevve la sua
Burrobirra furiosamente, come se cercasse sfogo con qualcosa di inanimato.
Uscirono, poi, tutti insieme, per tornare al castello. Avevano preso quello che
interessava loro, e Eleanor aveva di nuovo il filo che le serviva, più qualcosa
extra per le emergenze. Le piaceva cucire, perché le dava la possibilità di
rilassarsi.
Tornati al dormitorio, Eleanor trovò un gufo ad aspettarla. Portava una
lettera con sé, con un sigillo che non era quello di Hogwarts. La aprì, mentre
era da sola, e la lesse.
“ Stanotte alle 2 nell’aula di Difesa Contro le Arti Oscure. Le devo
parlare, miss Riddle, è una cosa della massima importanza. Venga sola.
Valenta Riley. “
Cosa poteva volere la professoressa Riley da lei, a quell’ora della
notte, poi. E da sola.
Già, quelle due parole la mettevano a disagio. Lei, da sola, non ci
voleva stare. Decise che, questa, non era cosa da poter dire ad Hermione senza
spaventarla ancor di più. Perciò mentre stava giocando a scacchi con Ron, prese
da una parte Harry e gli fece vedere la lettera.
- Che vuole, lo sai? – chiese Harry.
- Non lo so. – disse, scotendo la testa. – ma voglio che tu mi
accompagni. –
- Se saremo in due non parlerà, immagino. –
- Se ci vede in due. –
- Vuoi dire che dovrei…-
- Ti prego. Mettiti il mantello dell’invisibilità e accompagnami… non me
la sento d’andar sola. – Harry fissò i suoi occhi verdi in quelli blu di
Eleanor. Era spaventata da quello che era accaduto il pomeriggio, e anche se
non sapeva che rischi avrebbe potuto correre con la Riley, decise che l’avrebbe
accompagnata anche solo per tranquillizzarla.
All’una e mezza si alzò e, dopo essersi sistemato accuratamente il
mantello dell’invisibilità, attese Eleanor in Sala Comune. La ragazza arrivò.
- Harry? – chiese
sussurrando. Il ragazzo fece
vedere una mano, poi la infilò di nuovo sotto, e uscirono dalla porta.
Arrivarono all’aula di Difesa contro le Arti Oscure. Eleanor deglutì un
paio di volte a vuoto. Harry le mise una mano sulla spalla, in un gesto di muto
conforto. La ragazza bussò.
- Avanti. – disse una voce femminile all’interno. Eleanor aprì la porta.
Stette ferma sull’ingresso (giusto il tempo per far passare Harry) e poi, ad un
gesto della professoressa, entrò.
- Voleva parlarmi, professoressa? –
- Sì, signorina Riddle. Scusi l’ora tarda, ma era necessaria la segretezza.
Però, le avevo chiesto di venire sola. –
- E lo sono. –
- Non è così. Comunque può rimanere, signor Potter, se proprio desidera.
– Harry si tolse il mantello, era proprio accanto a Eleanor.
- Come ha fatto a vedermi? –
- Oh, non l’ho vista, signor Potter. Non con l’occhio normale, almeno. È
solo che facendo l’Auror, uno si abitua a vedere anche quello che non c’è, e
bisogna sempre sapere con quante persone si ha a che fare. E magari, un paio di
lenti magiche non guastano. – infatti aveva un paio di occhiali sul naso, anche
se normalmente non li portava.
- Capisco. –
- Comunque, ormai può rimanere. Però la prego, mi faccia finire di
parlare. –
- Certo. –
- Bene. Eleanor, l’ho fatta chiamare perché ritengo necessario metterla
a parte di un avvenimento che la riguarda. O meglio, che l’ha riguardata in
passato. Non so se sogna mai di strane e oscure stanze…-
- Sì, sono i miei incubi peggiori. A volte sono così intensi…che
sembrano reali. –
- Lo sai perché sembrano reali? Perché lo sono state. – la notizia, data
con queste parole, fece traballare Eleanor, che si dovette tenere a Harry. Non
aveva mai raccontato ai suoi amici i suoi incubi. E ora, sapere che erano
davvero avvenuti la… sconvolgeva.
- Avevi 4 anni quando una squadra superstite di Mangiamorte ti rapì a
tua madre. Ti volevano addestrare alle Arti Oscure per poterti poi restituire a
tuo padre pienamente consenziente, quando sarebbe tornato. Ti cercammo per 2
mesi, due mesi fosti dispersa. I Mangiamorte ti insegnarono magie terribili. Il
fatto che tu sappia usare l’Avada Kedavra non dipende solo dal sangue che ti
scorre nelle vene. Ti è stata insegnata e ti hanno costretto ad esercitarti. –
Eleanor stava cercando di non piangere. O meglio, stava cercando di non
singhiozzare, perché le lacrime scendevano imperterrite, annebbiandole la
vista. Harry era sconvolto, completamente annichilito. Fissava la professoressa
Riley come un bambino che avesse visto un mago che avesse appena tirato fuori
un coniglio da un cappello.
- Professoressa Riley, che vuole dire? – fu Harry a parlare al posto di
Eleanor.
- Vedete, ragazzi. La tua memoria, bambina, fu modificata, perché
all’epoca eri troppo piccola. Ma ora è ora che tu sappia, quel che è successo.
I Mangiamorte ti hanno addestrata, in quei due mesi, a fare tutto ciò che anche
loro sapevano fare. Inoltre non erano gentili nei tuoi confronti. Fui io stessa
a dirigere l’inchiesta e le ricerche. Fui io stessa a venirti a recuperare,
schiantando un sacco di persone che ora sono ad Azkaban. E mi ricordo come stavi,
quando ti ho preso in braccio: piangevi perché ti stavano gridando contro. E
eri spaventata, non potevo avvicinarmi perché mi puntavi la bacchetta contro.
Riuscii a portarti via solo facendoti addormentare. Eri talmente spaventata che
avresti usato la magia contro di me. –
- Professoressa, basta ora. La prego. – disse Harry. Eleanor piangeva a
dirotto, ormai.
- Ho finito, Potter, tranquillo. – Harry abbracciò Eleanor, perché
sapeva che la ragazza aveva bisogno di essere consolata.
- Io me lo sentivo. Io me lo sentivo…- disse la ragazza, piangendo sulla
spalla di Harry.
La professoressa stava uscendo dall’aula.
- Professoressa Riley. –
- Sì, Eleanor? –
- Grazie, per avermi salvata. –
- Mi hai già ringraziata. 11 anni fa, quando ti sei risvegliata mentre ti
portavo via e ti dicevo che presto avresti rivisto la mamma, tu mi hai detto:
“Grazie per avermi portata via da quelli là.” – la signora uscì.
- Eleanor, tutto bene? –
- Harry, meno male che sei venuto con me. –
- Non c’è problema. Come stai? –
- Sto un po’ meglio. Grazie. –
- Su, torniamo in dormitorio. Hai bisogno di dormire. –
- No. Voglio fare due passi. Abbiamo il mantello, andiamo, ti prego. –
Harry sospirò.
- Va bene. – disse – ma andiamo in un posto dove non ci trovino. –
- Ok. – si infilarono il mantello dell’invisibilità e, dopo aver
controllato d’essere ben coperti, uscirono dalla scuola di soppiatto. Si
fermarono vicino al lago, dietro agli alberi.
Si sedettero alla base dell’albero. Eleanor iniziò a giocherellare con
un filo d’erba.
- Vuoi parlarne? – si aspettava una risposta negativa.
- Sì. – Harry si voltò sorpreso. – Da piccola, ero una bambina strana. I
miei ricordi non vanno più in là dei 4 anni e mezzo o giù di lì. Io ridevo e
scherzavo come tutti i bambini, ma avevo una smodata paura del buio. E poi, ad
ogni rumore sinistro, iniziavo a piangere o, peggio, ad urlare. Come ha detto
la professoressa, mi hanno dovuto cancellare la memoria. Lo sai, Harry, perché
ho avuto paura, quando la professoressa mi ha chiesto le maledizioni senza perdono?
Perché una volta, una delle prime volte che avevo la bacchetta, la mia
bacchetta, in mano, ho usato, inavvertitamente, l’Avada Kedavra. Per fortuna
non ho colpito nessuno, ma avrei ucciso, se avessi colpito, e mi avrebbero
dovuto spedire ad Azkaban, anche se all’epoca avevo…6 anni. Te la immagini una
bambina ad Azkaban? – Harry rabbrividì alla notizia. Davvero così a fondo le
erano incisi quelle violenze?
- Eleanor, ma poi tu non…-
- Mia madre decise che sarebbe stato bene non darmi la bacchetta finché
non avessi avuto più autocontrollo. E all’età di 9 anni mia madre riuscì a
insegnarmi il controllo completo. Per questo, poi, mi diede la bacchetta. –
- Sono così mortificato, io…non sapevo niente. –
- Nessuno lo sa. Forse solo Silente e la Riley. Nemmeno la Mc Granitt, e
mi devi promettere che non ne parlerai con Hermione e Ron. Almeno finché non
deciderò di parlare con loro. –
- Va bene. Torniamo a Grifondoro? –
- Sì. Ora mi fa freddo. Ma avevo bisogno del freddo perché mi schiarisse
le idee. –
si rialzarono, e Harry sistemò il mantello dell’invisibilità perché non
fossero visti. Riuscirono a rientrare nel castello senza farsi vedere. In Sala
Comune Harry tolse il mantello dell’invisibilità.
- Sei sicura di stare bene, ora? –
- Sì! È la milionesima volta che te lo dico! –
- Ok. Va bene. Ma se hai bisogno, chiedi. –
- Mi hai detto un milione di volte anche quello. Buonanotte. –
- Buonanotte. – Eleanor sparì per le scale del dormitorio femminile.
Anche Harry tornò in camera sua. Si mise a letto, e fissò il soffitto. Non
avrebbe mai creduto che Eleanor nascondesse ancora tanti segreti. E una voce,
nel fondo, gli diceva che non erano finiti.