Ashes &Wine
Epilogo- parte 1: It’s all coming
back to
me.
“There were nights
when the wind was so cold
That my body froze in bed
If I just listened to it
Right outside the window
There were days when the sun was so cruel
That all the tears turned to dust
And I just knew my eyes were
Drying up forever”.
Bonnie
guardò l’auto sfrecciare via.
Rimase
lì, paralizzata per alcuni minuti finché Stefan
gentilmente non la ricondusse in casa.
Quella
sera Caroline piombò come una furia al Pensionato.
Avrebbe sicuramente strozzato Damon se lo avesse avuto tra le mani.
Bonnie
quasi non se ne accorse, non parlò nemmeno.
Dopo
essersi preparata per la notte, si sedette sul davanzale
della sua finestra e attese con pazienza un’oretta, poi si
mise a dormire.
Così
fece il giorno dopo e quello dopo ancora fino a che non
divenne un’abitudine. Tra mattina, pomeriggio e sera si
prendeva sempre un po’
di tempo per guardare fuori dalla finestra e aspettare.
Improvvisamente
si era sentita catapultare indietro di dieci
anni, quando sperava di vedere apparire Damon nel cortiletto di entrata
del
collegio.
Dopo
la prima settimana, i momenti di attesa si accorciarono
sempre più; quelle che erano ore diventarono presto minuti.
Un
giorno Bonnie lasciò la sua finestra e chiese a Stefan il
permesso di usare il denaro di famiglia per regalare una vacanza alle
sue
amiche.
Partirono
per la California e fu fantastico. Da lì la rossa
volò alla volta di Edimburgo e trascorse il resto
dell’estate a casa della
nonna.
Le
insegnò cose sulla magia druida che la signora Flowers
non poteva nemmeno immaginare; le fece conoscere suo zio. Bonnie
scoprì di
avere dei cuginetti. Scoprì di avere ancora una famiglia;
una vera famiglia che
non l’avrebbe mai abbandonata.
Ritornò
a Fell’s Church per l’inizio
dell’università. La
vita riprese il suo normale corso e Bonnie si premurò di non
sprecare più di
qualche secondo per guardare fuori dalla finestra.
Ormai
aveva capito che Damon non sarebbe più tornato.
Un
anno dopo.
Bonnie
si spostò per evitare uno schizzo d’acqua e
passò
presto al contrattacco. Si accertò che nessuno stesse
guardando e roteò
velocemente l’indice.
Caroline
la osservò corrugando la fronte, senza capire che
diamine stesse facendo. Un secondo dopo, attorno a lei si
creò un piccolo
mulinello che la risucchiò cacciandole la testa
sott’acqua.
La
rossa liberò una risata sinceramente divertita a quella
scena da cartone animato. La ripicca normalmente non era nella sua
natura ma
capitava che Caroline abusasse un po’ troppo delle sue
abilità da vampira; in
quei momenti anche Bonnie si sentiva in diritto di giocare sporco.
L’amica
riemerse tossendo furiosamente e le lanciò
un’occhiata irritata.
“Era
proprio necessario farmi bere tutto questo cloro?”
berciò.
“Stai
scherzando vero?” replicò Bonnie “Lo
schizzo di prima
per poco non mi fa arrivare dall’altra parte della piscina.
Te lo sei
meritato”.
“Da
quando sei diventata così vendicativa?”
scherzò l’altra
issandosi sul bordo “Spero di non diventare mai una tua
nemica”.
“Solo
se la smetterai di parlare nel sonno”.
“Io
non parlo nel sonno” replicò Caroline indignata.
“O
sì, cara” ribadì Bonnie.
I
vampiri non dovevano respirare per vivere, perciò non
russavano nemmeno. Il che era un gran sollievo per la piccola strega,
che
necessitava più che mai un riposo senza interruzione.
Caroline
compensava con delle lunghe chiacchierate con se stessa
nel sonno. Non sempre, ma alcune settimane sembrava di assistere al
Forbes talk
show.
Elena
una volta aveva provato a soffocarla con il cuscino ma
c’era sempre la questione immortalità di mezzo.
Rumori
notturni a parte, la loro era una convivenza niente
male. Poco dopo il loro trasferimento, erano state invitate ad unirsi
ad una
confraternita femminile, legata ad ente di beneficienza
dell’università.
Era
una delle associazioni studentesche più importanti del
campus, ma non aveva assolutamente niente a che fare non le
confraternite snob,
frivole e tutte rosa che si vedevano nei film per teenagers.
Le
tre amiche avevano accettato più che volentieri, per
motivi molto differenti: Caroline ed Elena per una mera questione di
vanità.
Appartenere ad una delle confraternite migliori del college aveva
soddisfatto
il loro ego da prime donne; Bonnie semplicemente era contenta di vivere
in una
grande villa che le ricordava il Pensionato. Aveva passato anni e anni
nei
dormitori della sua scuola in Italia; almeno adesso poteva respirare
aria di
casa.
Anche
Matt e Tyler studiavano a Dalcrest; avevano una stanza
nell’ala maschile delle camerate del campus. Erano stati
ammessi nella squadra
di football. A Matt avevano perfino offerto una borsa di studio per lo
sport.
Anche
Stefan, per stare vicino ai suoi amici (in particolare
Elena e Bonnie) si era iscritto ai corsi ma non frequentava quasi mai
le
lezioni; si presentava solo per sostenere gli esami. Così
aveva affittato un
piccolo appartamento vicino al campus in modo da non occupare
inutilmente una
stanza che sarebbe servita a chi aveva davvero bisogno di seguire. Ogni
tanto
ritornava al Pensionato per controllare che fosse tutto in ordine. In
realtà,
segretamente sperava che un giorno avrebbe ritrovato Damon, a bere il
suo
bourbon in salone, ma si era ben guardato dal dirlo a Bonnie. La
ragazza
sembrava aver riacquistato la sua serenità e lui non voleva
turbarla.
A
conti fatti, quell’anno si era rivelato molto più
tranquillo e facile di quello che si aspettavano tutti. Evidentemente,
dopo
aver affrontato i peggiori pericoli, il primo anno di
università era parso una
barzelletta.
Bonnie
aveva ricercato così a lungo la normalità che
quasi
non credeva di averla raggiunta. Riusciva a godersi molto meglio le
piccole
cose, i momenti quotidiani che tanti suoi coetanei ritenevano noiosi.
Non
saltava quasi mai le lezioni, affrontava gli esami con
spirito tranquillo, cercava di non perdersi nemmeno un attimo della sua
vita
scolastica. Le sembrava un sogno essere arrivata sana e salva
all’università.
Aveva
poi fatto tesoro di un’esperienza che la maggior parte
delle persone ripetevano ogni anno: il Natale in famiglia.
A
dicembre era voltata di nuovo in Scozia, dalla nonna, con
Stefan. Non trascorreva una festività con i suoi cari da
talmente tanto tempo
che si era praticamente dimenticata cosa si provasse: allegria, buon
umore,
voglia di stare insieme.
Stefan
l’aveva ringraziata innumerevoli volte per aver
concesso anche lui
quella possibilità.
Dopo secoli da vampiro, si era sentito per poche ore davvero umano ed
era stato
strano e meraviglioso.
Da
quando suo fratello era partito, Stefan aveva trascorso
davvero molto tempo con Bonnie; forse perché condividevano
la stessa perdita e
pur senza parlarne, si capivano e si confortavano.
“Lo
stai facendo ancora”.
La
rossa sbatté le palpebre e si voltò verso
Caroline che la
osservava con un sopracciglio alzato.
“Cosa?”
chiese confusa.
“Sembravi
in trance” la informò la vampira “Sul
serio,
Bonnie, a volte mi fai paura”.
“Stavo
solo ripensando a quest’anno”.
“Sì
beh … fallo in privato!” la sgridò
Caroline “Quando ti
fermi così in fissa, temo sempre che i tuoi Poteri stregosi
abbiano captato
qualcosa di male”.
Bonnie
ridacchiò “Se sono uscita io dalla paranoia, puoi
farlo anche tu”.
“Tu
dammi una mano, però” Caroline con la coda
dell’occhio
notò un ragazzo avvicinarsi a loro “Sta
arrivando” le sussurrò.
“Chi?”.
“Il
tuo spasimante”.
Doveva
ammettere che in quell’anno non le erano mancati i
corteggiatori; il college era pieno di ragazzi con gli ormoni a mille.
Alcuni
volevano solo una cosa, altri avevano intenzioni più serie
ma pochi erano stati
capaci di catturare l’attenzione di Bonnie.
Uno
di questi si chiamava Zander. Sulla carta rappresentava
praticamente l’uomo perfetto. Era bello, con i capelli
biondi, quasi bianchi,
gli occhi azzurri e luminosi; alto e allenato; il viso dai contorni
definiti e
gli zigomi alti.
Dolce
di carattere, gentile e compassionevole, molto più
maturo dei suoi coetanei. Aveva un’aria quasi di altri tempi,
un vero e proprio
cavaliere.
Bonnie
aveva deciso di concedergli una possibilità ma
già al
secondo appuntamento aveva capito che avrebbero potuto essere solo
amici.
Caroline
ed Elena in più occasioni le avevano suggerito in
modo piuttosto velato il nome di Damon come motivo per cui non riusciva
più
nemmeno a pensare ad una relazione romantica. Bonnie lo aveva smentito
categoricamente.
Se
così fosse stato, alla domanda ‘che
cos’ha Zander che non
va?’, avrebbe dovuto rispondere spontaneamente ‘non
è lui’.
Il
problema, molto più semplicemente, risiedeva nel fatto
che nessuno dei ragazzi che aveva frequentato, erano riusciti a
stuzzicare il
suo interesse.
In
quel senso Damon l’aveva probabilmente rovinata,
perché
le risultava davvero difficile trovare interessanti dei semplici
studenti, dopo
aver condiviso così tante emozioni con un vampiro centenario.
Riteneva
inutile buttarsi in un altro rapporto serio, se
neppure ne valeva la pena. Non le piaceva tenere i ragazzi sul filo del
rasoio
per sport. Se non sentiva la chimica, allora la finiva ancor prima di
cominciare.
Forse
non era nemmeno pronta ad avere un fidanzato. Durante
quell’anno aveva ritrovato un po’ di
stabilità, si era resa conta di potercela
fare da sola. Adorava quella sensazione d’indipendenza e se
la voleva tenere
stretta.
“Ehi,
Zander” lo salutò “Come sono andati gli
esami finali?”
gli domandò mentre prendeva un asciugamano e se lo stringeva
attorno al corpo.
“Piuttosto
bene … credo … spero” si corresse lui
“I tuoi?”.
“Non
so ancora i risultati; usciranno tra un paio di giorni.
E poi mi manca ancora un appello”.
Il
giovane le sorrise e tirò un sospiro; sembrava che si
stesse preparando a chiederle qualcosa di grosso “Settimana
prossima c’è la
festa per la fine dell’anno accademico. Hai qualcuno che ti
accompagna?”.
“In
realtà pensavo di andarci con …” ma si
bloccò. Stava per
dire che voleva andare con le sue amiche ma solo in quel momento si
ricordò che
l’unica rimasta al campus era Caroline e che sicuramente
sarebbe stata con
Matt.
“No,
con nessuno” rispose timidamente.
“Potrei
farti da cavaliere” le propose.
Bonnie
sorrise imbarazzata e cercò il modo più gentile
per
declinare “Zander …”.
“Non
continuare; so cosa vuoi dire” la interruppe lui
“Ho
perso le speranze ormai d’invitarti da qualche parte come mia
ragazza. Intendevo
da amici; io sono qui da solo, tu pure. Sarebbe da sfigati presentarsi soli”.
Bonnie
s’intenerì immensamente: Zander aveva preso bene
il
suo rifiuto, ma chiaramente sperava in qualche cambiamento.
Da
una parte la rossa non desiderava illuderlo, dall’altra
rifletté
sull’ultima affermazione: lei non voleva fare la figura della
sfigata e
soprattutto voleva divertirsi, passare una bella serata e con Zander
quello era
assicurato.
Dopotutto
anche lui aveva ribadito che si trattava di un
invito in amicizia, che c’era di male?
“Accetto
volentieri” rispose Bonnie con un grosso sorriso.
Qualche
minuto dopo, Caroline la stava trascinando verso la
confraternita, tempestandola di domande. Approvava in pieno quella
minuscola
svolta negli eventi perché magari avrebbe portato ad un
sentimento più grande,
sebbene Bonnie fosse molto convinta a mantenere tutto sul piano
dell’amicizia.
Entrarono
nella grande villa e si diressero in camera. In
quegli ultimi giorni l’avevano occupata solo loro due dato
che Elena era
partita con Stefan alla volta dell’Europa per una vacanza.
Posarono
le borse della piscina e si prepararono per farsi
un doccia quando una delle loro compagne piombò nella stanza
saltellando
euforica.
“Sally,
che ti prende?” si stranì Caroline.
“Ho
appena incontrato il ragazzo più bello del mondo”
esultò
battendo le mani.
“E’
fantastico” esclamò Bonnie senza capire bene
perché lo
stesso comunicando proprio a loro.
“Peccato
che non fosse interessato a me” aggiunse con una
nota un po’ delusa “Cerca te, Bonnie”.
“Me?”
ripeté sbalordita la strega puntando il dito verso se
stessa.
“Sì”
confermò l’altra “Dice di averti visto
da qualche parte
nel college; ha chiesto in giro e ha scoperto che vivi qui”.
“E
com’è questo ammiratore segreto?”
s’incuriosì Caroline
più eccitata di Bonnie per quella notizia.
“Beh,
non è altissimo” ammise Sally “Ma tutto
il resto
compensa: capelli scuri, pelle molto chiara, fisico asciutto e ben
proporzionato e i suoi occhi! Mamma mia, i suoi occhi …
così neri e brillanti,
come la notte”.
Il
sorriso di Bonnie si gelò gradualmente durante la
descrizione. Occhi neri come la notte. Le
ricordavano qualcuno.
“Vuole
parlarti” continuò Sally “Ti sta
aspettando qua
fuori”.
Caroline
corse alla finestra. Le era sorto esattamente lo
stesso dubbio della sua amica. Diede una rapida occhiata al piazzale di
fronte
alla villa e inorridì quando i suoi occhi individuarono due
figure, entrambe
conosciute.
“Bonnie”
la chiamò con un fil di voce “Vieni qui un
secondo”.
“E’
lui, vero?” disse la strega avvicinandosi alla finestra.
Assottigliò gli occhi per distinguere meglio i due uomini
che chiacchieravano
davanti alla confraternita “L’altro è
Alaric?”.
“Sembra
proprio di sì” confermò Caroline.
“Figurati!
Il suo fedele compagno di cazzate” sbottò Bonnie
togliendosi dalla finestra per non farsi scoprire.
Tornò
in fretta da Sally, la prese per le spalle e si
assicurò che i loro sguardi fossero fissi l’uno
nell’altro. Risvegliò il suo
Potere e si concentrò sulle parole che stava per pronunciare
“Devi andare da
quel ragazzo e dirgli che non sono più qui, che sono partita
e che non sai
quando ritornerò. Deve apparire convincente. E se ti chiede
di essere invitato,
mandalo all’inferno”.
Sally
annuì e lasciò la stanza, pronta a svolgere il
compito
che le era stato affidato.
“Era
necessario soggiogarla?”.
“Sì”
affermò lei “Deve crederci davvero”.
“E
se Alaric e … Damon
non ci cascassero?” aveva quasi paura che quel nome
causasse un tracollo
nervoso alla sua amica.
“Volevo
guadagnare un po’ di tempo” spiegò
Bonnie “Ma perché
è tornato?”.
Non
era stato facile superare l’abbandono di Damon. Qualche
giorno dopo la sua partenza, si era mostrata allegra e spensierata, ma
di notte
aveva tenuto a lungo la luce accesa.
Tra
le vacanze, la visita a sua nonna e i preparativi per il
college era riuscita ad occupare la mente, almeno di giorno. Ma quando
calava
il sole e tutti andavano a dormire, rimaneva sola con le sue paure e si
tormentava.
Le
mancava. Le mancava la sua compagnia, il suo umorismo
sempre fuori luogo, il senso di sicurezza che le dava. Le mancavano le
notti
passate a parlare e le notti in cui gli unici suoni che si udivano
erano gemiti
e frasi sconnesse, quando la loro intimità si faceva
talmente intensa da
sconvolgere entrambi.
Le
era sempre sembrato tutto così giusto e bello. Damon
aveva i suoi difetti ma era capace come nessun altro di donarle un
sorriso. E
da un lato lo comprendeva; comprendeva il perché della sua
partenza: nella sua
mente contorta era parso il metodo più efficace per metterla
al sicuro. Lei
stessa si era offerta a Klaus per difendere i suoi cari; quindi non
faticava a
mettersi nel suo punto di vista. Ma non poteva credere che se ne fosse
andato
davvero. Lo sentiva come un tradimento e non lo avrebbe mai accettato.
Con
Damon aveva sofferto tanto, ma aveva pure toccato
livelli di felicità che non credeva raggiungibili. Si
potevano cancellare quei
ricordi?
No;
si potevano reprimere in qualche angolo dell’inconscio.
Ed era proprio ciò che Bonnie aveva fatto.
Le
ci era voluto del tempo; non si era ripresa dalla sera alla
mattina e in parte la colpa era anche sua: considerava quei ricordi
troppo
preziosi per lasciarli andare con leggerezza. Aveva lavorato su se
stessa per
convincersi di non avere bisogno di qualcuno per stare bene.
Giorno
dopo giorno alla fine aveva relegato Damon in uno
spazio buio della sua memoria, decisa a non richiamarlo mai
più.
Angosciarsi
non l’avrebbe fatto ritornare.
L’improvvisa
ricomparsa del vampiro gettava tutti i suoi
sforzi all’aria. Rimanere forte e sicura lontano da lui non
costituiva un
problema, ma cosa sarebbe successo ora che era lì a cercarla?
Se
svanita la rabbia e la delusione, lo avesse perdonato? O
se Damon in qualche modo fosse riuscito a persuaderla?
Lei
non voleva perdonarlo, né essere spinta a cambiare la
sua idea. Non
voleva restituirgli il potere di ferirla di nuovo.
“There were
moments of gold
And there were flashes of light
There were things I'd never do again
But then they'd always seemed right
There were nights of endless pleasure
It was more than any laws allow”.
“Hai
la faccia tosta peggiore del pianeta, lo sai vero?”.
“Non
dirmi che sei ancora arrabbiato!”.
“Arrabbiato?
Per cosa? Sei sparito per un anno e adesso
ritorni e pretendi il mio aiuto. Chissà perché
dovrei essere arrabbiato”.
“Ti
ho chiamato. Dalle Antille, ricordi?”.
“Ci
è mancato tanto così perché ti
raggiungessi e ti
uccidessi con le mie mani”.
“Sei
diventato un tipo sanguinario, Ric?”.
L’insegnante
si limitò a schioccargli un’occhiata
minacciosa.
Il
vampiro ghignò e continuò a guidare. In
realtà era davvero
una fortuna che Alaric non fosse andato a cercarlo nelle Antille
perché non lo
avrebbe trovato.
Dopo
essere partito da Fell’s Church, Damon si era diretto
in California bazzicando un po’ per la costa occidentale.
Party sulla spiaggia
e ragazze in bikini erano il suo paradiso ma presto aveva capito che
quel tipo
di divertimento non faceva più per lui.
Aveva
girato la macchina, ripercorrendo la strada per poi
virare verso New Orleans, una delle città che vantava un
ricco folklore
vampiresco. Non c’era da stupirsene, dato che pullulava di
vampiri
perfettamente nascosti tra la gente comune. Lì, Damon era
finalmente riuscito a
conquistarsi un po’ di pace.
Non
era durata molto. Passato poco più di due mesi, aveva
iniziato a sentire un certo fastidio, un brutto presentimento; gli
torturava lo
stomaco fino a salirgli in gola per ricadere all’altezza del
cuore.
Klaus
era morto ma quanti pericoli potevano esserci là
fuori? Stando lontano da Bonnie poteva proteggerla da se stesso ma
dagli altri?
Non
gli ci era voluto molto per puntare la macchina alla
volta di Fell’s Church. Il suo piano era semplice: dare una
veloce controllata
al Pensionato, verificare che la rossa e suo fratello fossero ancora
vivi e in
salute, e ripartire.
Arrivato
alla grande villa, l’aveva trovata buia e vuota.
Solo allora aveva finalmente preso coscienza di quanto tempo fosse
trascorso:
tre mesi.
Del
vecchio gruppo non era rimasto più nessuno a
Fell’s
Church: stavano frequentando il college.
Rintracciare
Bonnie dentro il campus fu più facile del
previsto: era diventata piuttosto famosa poiché faceva parte
di una delle
confraternite più importanti.
Damon
decise di visitare la casa che la ospitava. Si
immaginava di trovarla in dolce compagnia; era pronto a spezzare la
gambe di
quella dolce compagnia ma ancora
una
volta la sua streghetta era stata capace di stupirlo.
Sotto
forma di corvo, il vampiro aveva preso posto su un
ramo e l’aveva osservata mentre parlava ridendo con una delle
sue compagne.
Damon
si accorse appena della presenza dell’altra giovane; i
suoi occhi neri non lasciarono Bonnie nemmeno un secondo.
Smise
di mentire a se stesso: non aveva guidato fino a
Dalcrest per proteggerla, per calmare il suo senso di colpa
né per tenere
d’occhio la situazione. Voleva semplicemente vederla.
D’un tratto la sensazione
di malessere che gli aveva attanagliato il corpo negli ultimi tempi
sparì.
Avrebbe
dovuto lasciare la cittadella universitaria il
giorno seguente, ma preferì rimandare, come un bambino che
chiede alla mamma
cinque minuti in più prima di svegliarsi, soltanto per
godersi il suo sogno.
Le
settimane si trasformarono in mesi e Damon intese che non
se ne sarebbe andato tanto presto.
Se
ne stava in disparte, la guardava da lontano, memorizzava
le sue abitudini, i suoi movimenti, le sue espressioni.
Non
poteva parlarle, non poteva rivelarle la sua presenza,
non poteva nemmeno toccarla. Erano separati da un confine invisibile ma
Damon
sembrò ritrovare un po’ di pace: la lotta in lui
si era finalmente calmata.
Lentamente
iniziò ad imparare molto più cose di Bonnie di
quanto potesse immaginare.
Riguardando
indietro, comprese che il più grande errore che
avesse commesso era stato quello di non prendersi del tempo per
osservarla e
basta. Forse, se avesse distolto un attimo l’attenzione da se
stesso o dai
rischi che li circondavano, avrebbe scoperto come renderla felice senza
passare
per tutti i gradi di sofferenza ammessi dall’anima.
Non
aveva mai creduto che per farla sorridere sarebbero
bastati dei semplice atti di gentilezza, affetto e rispetto che tutti
in quel
college parevano riservarle.
Un
tipo come lui, abituato alla grandezza, al potere,
superiore alla gente comune, non aveva mai concepito la bellezza delle
cose
ordinarie.
Ma
anche in quel caso probabilmente si sbagliava: non si
trattava di cadere nel banale, ma solo di mostrare un po’ di
amore. E ormai la
maschera del vampiro solo, freddo e insensibile aveva perso la forza di
una
volta ed era diventata una scusa poco convincente.
Non
sentiva di essere cambiato, non sentiva di essersi
rammollito o di aver rinunciato al suo potere. Rimaneva sempre Damon
Salvatore,
un vampiro centenario, dal fascino fatale e il resto del mondo avrebbe
fatto
meglio a non dimenticarlo mai.
Ma
era anche un vampiro innamorato di una piccola strega dai
capelli rossi e sorprendentemente non aveva più paura di
ammetterlo.
“Sul
serio …” lo riportò alla
realtà Alaric “ … Perché hai
deciso di tornare proprio adesso?”.
Domanda
legittima. Se l’era posta perfino lui stesso in
più
di un’occasione. Per tutti quei mesi aveva vissuto nel
terrore che prima o poi
si sarebbe presentato il ragazzo che lo avrebbe sostituito, il ragazzo
giusto,
quello che non se la sarebbe fatta scappare.
Per
quanto l’idea lo tentasse, non si era mai permesso di
pedinarla durante i suoi appuntamenti. L’attendeva sul solito
ramo davanti alla
sua camera e ogni sera temeva di non vederla ritornare a casa. Ma lei
tornava
sempre, da sola.
Damon
ne era indubbiamente confortato: forse Bonnie non
riusciva ad interessarsi a qualcuno, perché non lo aveva
ancora dimenticato
completamente.
Sembrava
che i suoi piani gli si fossero rivoltati contro:
anche l’idea di proteggerla da lontano iniziava ad apparire
irrealizzabile.
Non
sarebbe mai stato capace di stare a guardare qualcun
altro renderla felice, legarla a sé e spazzare via tutti i
ricordi e il bene
che un tempo li avevano uniti. Non avrebbe ceduto il suo posto
così facilmente,
non senza provarci almeno un’ultima volta.
Le
aveva fatto tanto male ma credeva di aver finalmente
imparato qualcosa di utile dalle cazzate che aveva combinato. Si era
accorto di
quanto aiuto gli avesse dato senza nemmeno sforzarsi tanto. Lei, con
quella
testardaggine che lo aveva sempre innervosito, lo aveva sfidato,
sgridato,
sempre pronta a mettere tutto in discussione, a sbattergli in faccia la
realtà,
a porlo davanti ad una scelta.
Non
nascondeva i suoi sentimenti, li lasciava scorrere
liberi, a volta esplodere, non si risparmiava mai. Bonnie ci aveva
creduto.
Damon
invece ci aveva solo sperato, dando per scontate tante
cose. Voleva rimediare, voleva dimostrare di meritarsela.
“Sarebbe
bello poter annullare quest’ultimo anno”
parlò
infine il vampiro “Tornare indietro e fermarmi quando mi ha
supplicato di non
andarmene. Avrei dovuto darle retta”.
“Perché
ora?”.
“Perché
quando sono partito, l’ho fatta sentire inutile e
superflua” chiarì “Perché non
mi sono voltato quando mi ha chiamato; l’ho
ignorata, evitata e non l’ho ascoltata. Non si dovrebbe
sentire così per colpa
mia” sospirò “Sono tornato
perché ora so cosa devo fare”.
“Ti
prego, dimmi che non include la morte di nessuno” si
allarmò Alaric temendo già per la vita di qualche
povero ragazzo che si era
disgraziatamente messo tra il vampiro e la sua preda.
“No,
prevede solo me in ginocchio sui ceci, con le mani in
preghiera ad implorare perdono”.
L’espressione
dell’amico cambiò radicalmente “Allora
sono
più che contento che tu mi abbia chiamato. Almeno
avrò un posto in prima fila
per lo show”.
“Riesci
sempre a tirarmi su il morale”.
“Sono
qui per questo” sorrise malignamente Alaric
“Dunque, qual
è il piano?”.
Damon
posteggiò la macchina in uno dei parcheggi del college
e si girò verso l’uomo. Non gli serviva veramente
l’aiuto di qualcuno, poteva
benissimo farcela da solo, ma, dopo essere sceso a patti con la sua
coscienza,
aveva capito che gli mancava tantissimo il suo amico. Lo aveva cercato
semplicemente per condividere il piacere di un altro ricordo insieme.
“Prima
di tutto devo parlarle, in privato”.
“Bonnie
vive in una confraternita adesso. È una vera e
propria casa; devi essere invitato per entrare e lei non
sarà molto d’accordo”.
“Allora
chiederò
gentilmente ad una sua consorella. Non sarà un
sacrificio scambiare due
parole con una sexy universitaria”.
“Sexy
universitaria? Quante volte hai visto ‘Maial
College*’?”.
“If you forgive me
all this
If I forgive you all that
We forgive and forget
And it's all coming back
to me
When you see me like this
And when I see you like that
We see just what we want to see
All coming back to me
The flesh and the fantasies
All coming back to me
I can barely recall
but it's all
coming back to me now”.
Ho
appena incontrato il
ragazzo più bello del mondo.
La
rossa sbuffò sonoramente. Si girò e
abbracciò il cuscino.
Cerca
te, Bonnie.
Si
voltò dall’altra parte e si portò
dietro il lenzuolo,
arrotolandosi sempre più. Iniziava a sentire caldo.
Mamma
mia, i suoi occhi …
così neri e brillanti, come la notte.
Scostò
con uno scatto secco le lenzuola e si acciambellò su
se stessa. Strinse le palpebre e scacciò quei pensieri. Era
notte, doveva
dormire.
Caroline
dormiva tranquillamente, quindi anche lei doveva
dormire.
Per
qualche secondo pensò di aver finalmente ritrovato la
pace e un sorriso sereno le si formò sulle labbra; poi
aggrottò le
sopracciglia, turbata e riaprì gli occhi innervosita.
Si
alzò dal letto e uscì dalla camera, strisciando i
piedi
nudi sul pavimento. Scese in salotto nella speranza di incontrare
qualche sua
compagna ancora sveglia con cui scambiare due chiacchiere. Tutte tranne
Sally.
La
casa era ovviamente deserta e immersa nel silenzio. Ora
che le serviva qualcuno con cui parlare, tutte le sue amiche decidevano
di
andare a dormire presto come delle brave studentesse!
Si
accucciò su una poltrona e poggiò le braccia
sopra il
bracciolo e il mento sopra i gomiti. Mise il broncio.
Non
era stato facile liberarsi di Damon. Non aveva sprecato
molto tempo ad abbattersi nel dolore ma non aveva potuto nemmeno farlo
sparire
con uno schiocco delle dita.
Non
aveva più pianto dal giorno in cui se n’era
andato. Lo
avrebbe desiderato, almeno come forma di sfogo, ma le lacrime si erano
esaurite. Aveva pianto fin troppo per Damon Salvatore e qualcosa in lei
le
aveva imposto di non cedere. Quasi non lo aveva più nominato.
Era
diventata più forte, era riuscita ad arginare i ricordi
che l’avevano braccata prepotentemente, si era fatta strada
da sola. Non aveva
bisogno di qualcuno per andare avanti. Finalmente sentiva di aver
conquistato
la sua indipendenza.
Come
si permetteva di tornare dopo tutto quello che le aveva
fatto passare?
Lo
aveva pregato, lo aveva inseguito; per poco non si era
messa davanti alla sua macchina per impedirgli di proseguire. Lui non
si era
neanche girato.
Damon
sicuramente rappresentava una parte importante della
sua vita, un bel ricordo; ma quello doveva rimanere: un ricordo.
Era
stata costretta a soggiogare Sally. Non voleva rischiare
di essere scoperta subito. Non aveva alcun desiderio di rivedere il
vampiro e
si era inventata la prima scusa (banale) che le era venuta in mente.
Quanto
lo avrebbe tenuto a bada?
Improvvisamente
percepì qualcosa di strano, un’energia
estranea e di certo non umana. La strega
s’irrigidì sulla poltrona.
Da
almeno un anno non aveva più avuto a che fare con
creature sovrannaturali pericolose; credeva di essersene finalmente
liberata.
Sempre
più tesa, si concentrò per esaminare quella
minuscola
traccia di Potere che gradualmente s’ingrandiva.
Non
riusciva a capire di cosa si trattasse, ma di sicuro era
in casa e si stava avvicinando; poi improvvisamente riconobbe
quell’aura.
Invece
di tranquillizzarsi, si agitò ancor di più.
Sapeva
che non avrebbe potuto scamparla a lungo, ma sperava di superare la
notte senza
doversene occupare.
Non
si voltò quando udì dei passi spezzare il
silenzio; si
mosse solo nel momento in cui lo
vide
attraverso il riflesso della finestra.
Balzò
giù dalla poltrona e si posizionò dietro allo
schienale, come se si sentisse più protetta con qualcosa a
dividerla da lui.
Si
fissarono per interminabili minuti. Mille pensieri ed
emozioni passarono per le loro teste. Damon poteva riassumerle sotto
un’unica
parola: contentezza.
Bonnie
avvertì un moto di conforto invaderla ma venne subito
sostituito da rabbia, disillusione, avversione e sospetto.
Il
vampiro aprì bocca per parlare ma lei lo interruppe
subito “Come sei entrato?”.
L’altro
ghignò e fece scorrere lo sguardo per il salotto
“Se
volevi tenermi fuori, avresti dovuto ipnotizzare tutte
le tue consorelle”.
Bonnie
sbuffò. Il suo piano era piuttosto traballante e poco
credibile ma, diamine, urlava di stare fuori dalla sua vita.
Perché Damon non
poteva semplicemente accettare un ‘no’?
“Come
hai trovato l’entrata, sarai anche in grado di trovare
l’uscita” lo freddò, sperando che
recepisse l’antifona.
Damon
apparve un po’ spaesato, preso alla sprovvista. Non si
aspettava che gli saltasse addosso dalla felicità ma nemmeno
un’accoglienza
così gelida. Fece un passo verso di lei, dando la strana
impressione di essere
impacciato ma Bonnie indietreggiò e alzò le mani
“Non ti avvicinare”.
“Streghetta
…”.
“Non
cominciare con i soprannomi. Cosa sei venuto a fare?”.
“Volevo
… vederti” non voleva sembrare troppo sicuro o
deciso. Era pienamente consapevole di essere in torto marcio.
“Volevi
vedermi?” ripeté allibita la ragazza
“Adesso? Cosa
c’è, Damon? Sei vicino alla morte e vuoi espiare i
tuoi peccati?”.
“Voglio
sistemare le cose”. Era una frase stupida, banale e
dal suono fastidioso ma non c’era altro modo per dirlo.
Bonnie
rise incredula e scosse la testa. Con Damon andava
sempre a ripetizione il solito disco rotto: voglio, faccio, ottengo.
“C’è
una cosa che devi sapere …” incominciò
lui.
“Non
parlare, vattene e basta” gli ordinò.
“Sissi,
mi devi ascoltare” asserì; il tono a
metà tra un
ordine e una supplica.
“Non
sono obbligata a fare proprio niente. Hai avuto la tua
occasione per parlare e io ti avrei ascoltato all’infinito;
l’hai sprecata”.
“Beh
…” sospirò Damon “Mi fa
piacere appurare che la tua
testardaggine non si è scalfita minimamente”.
“Certo,
continua pure con l’ironia. Tanto per te è tutto
un
gioco!” sibilò Bonnie trattenendosi
dall’urlare.
“Non
era ironia; constatavo solo un fatto” replicò.
“Ti
do due secondi per uscire. Poi ti darò fuoco” lo
avvertì
con una calma letale.
“Sono
stato uno stronzo, va bene?” sbottò infine
“Hai tutte
le ragioni per essere incazzata con me. Mi prenderei a calci da solo se
potessi
ma cerca di capire …”.
“Non
c’è niente da capire, Damon! Te ne sei andato per
un
anno. Un anno! E adesso torni qui e pretendi di trovare tutto come
prima? Sai
cosa vuol dire aspettare una persona per così tanto tempo?
Appostarsi alla
finestra sperando di vederla anche se sai che non tornerà
mai? Io sì! L’ho
fatto per ben due volte e non ho intenzione di riviverlo”.
“Mi
dispiace” ammise sinceramente il vampiro “Ferirti
era
l’ultima delle mie intenzioni”.
“Sarà
anche l’ultima delle tue intenzioni, ma è quello
che
fai sempre” osservò Bonnie “Non ha
neanche avuto il coraggio per dirmelo in
faccia; se non fossi venuta io ad affrontarti forse saresti
…”.
“No”
la contraddisse con forza “Ho aspettato l’ultimo
giorno
apposta. Se te lo avessi detto prima, mi avresti convinto in qualche
modo a
rimanere e io avrei ceduto perché volevo restare,
volevo …”.
“Allora
perché te ne sei andato?” chiese con una nota
particolarmente nervosa.
“Stai
scherzando? Da quando sono entrato nella tua vita, ho
combinato solo dei gran casini! Ti ho portato ad un passo dalla morte!
Non i
lupi mannari, non i vampiri di Greensboro, non Klaus; sono stato io!
Pensavi
davvero che me ne stessi fermo senza fare niente per impedire che
accadesse di
nuovo?”.
“Te
ne sei andato per un anno!” ribadì Bonnie con
enfasi “Mi
hai abbandonata per un anno!”.
“Non
ti ho abbandonata” rivelò Damon “Sono
stato via per
qualche tempo, poi non ho resistito. È da almeno sei mesi
che ti tengo d’occhio
da lontano; volevo assicurarmi che non ti accadesse niente di
male”.
Bonnie
alzò le sopracciglia e spalancò la bocca. Dovette
ricorrere a tutta la sua pazienza per non esplodere “Cosa ti
aspetti, un
ringraziamento? Mi serviva un ragazzo, non una babysitter. Immagino che
avessi
ragione: non potevi darmi quello che ti chiedevo” gli fece
notare ricordandosi
le ultime parole che si erano scambiati.
“Ho
sbagliato!” le concesse “Non è una
novità: io sbaglio
sempre! Credevo che fosse la cosa migliore, credevo di poter tenere le
distanze
e lasciarti vivere una vita normale ma non ne sono capace. Ho sbagliato
tutto”.
“Sì,
Damon, hai davvero sbagliato tutto; hai incasinato
tutto” concordò Bonnie “L’hai
fatta veramente grossa”.
“Non
sono l’unico” le rinfacciò
“Anche tu te ne sei andata,
quando mi avevi promesso di rimanere in casa. Ma a te è
permesso correre da
Klaus per farti ammazzare!”.
“Ti
stavo proteggendo” si difese Bonnie sempre più
arrabbiata.
“E
cosa credi che io stessi facendo?” le domandò
Damon di
rimando “Sei quasi morta, tra le mie braccia, per colpa mia.
E in quel momento
non me ne sono nemmeno preoccupato, perché avevi il sangue
di vampiro nelle
vene e sapevo che in qualche modo saresti tornata!”.
“Quindi
ha pensato di scappare” concluse lei “Acquisti
sempre più punti”.
“Mi
dispiace così tanto, Sissi” si scusò
Damon “Mi dispiace,
mi dispiace; sei la cosa migliore che mi sia capitata, la persona
più
importante”.
“No,
non è vero” obiettò la rossa, per nulla
scalfita dal
suo tono pentito “Se fossi così importante, non mi
avresti lasciata. Forse non
te ne è mai fregato niente di me, non mi hai mai voluto bene
…”.
“Ti
amo” confessò il vampiro, spiazzandola totalmente.
Nonostante
si fosse immaginato in modo diverso la scena, fu soddisfatto della
reazione che
scatenò. L’intento era stupirla, toccarla nel
profondo e ci riuscì.
“C-cosa?”.
“Mi
hai stregato anima e corpo, Bonnie Salvatore, e ti amo,
ti amo, ti amo” all’ultimo quasi gli
mancò la voce dal trasporto “D’ora in
poi
non voglio più separarmi da te**”.
Bonnie
pensò che il destino dovesse essere molto crudele:
sembrava che il loro tempismo nelle dichiarazioni rovinasse sempre
tutto.
“Arrivi
tardi, Damon” lo stroncò “Mi hai chiesto
di
dimenticarti e l’ho fatto. Lasciami in pace” si
diresse velocemente verso le
scale.
“Non
mentire” l’’avvertì
“Il tuo cuore batte come un matto. Lo
sento ”.
La
giovane si fermò “Non ho detto di non essere
più
innamorata di te” chiarì senza vergogna o
tentennamenti “Ho detto che ormai è
tardi” e riprese a salire i gradini.
“Bonnie”
la richiamò Damon. Lei si girò.
“Sognami”
le augurò rivolgendole uno dei suoi sorrisi
ammalianti.
La
strega non rispose e proseguì senza guardarsi indietro.
Era sicura di aver bloccato ogni memoria che la legasse a lui; poteva
resistere. Ma la vicinanza aveva brutalmente riportato tutto
ciò che la
lontananza le aveva permesso d’ignorare.
Ti
amo, Bonnie Salvatore.
Si
addormentò con un fremito.
“I finished crying
in the instant that you left
And I can't remember where or when or how
And I banished every memory you and I had ever made
But when you touch
me like this
and you hold me
like that
I just have to admit
That it's all coming back to me
When I touch you like this
And I hold you like that
It's so hard to believe but
It's all coming back to me”.
Nei
due giorni successivi Damon non le tese altri agguati. Forse
aveva colto il messaggio, forse aveva desistito. A Bonnie poco
importava il
motivo; le bastava stare in pace.
Voleva
evitare che Caroline si mettesse a setacciare il
campus in cerca del vampiro per prenderlo a mazzate in testa,
perciò non le
disse niente. Si sarebbe portata quel segreto nella tomba piuttosto che
allarmare tutti per niente.
Per
impedire che qualunque pensiero su di lui le si
installasse nella mente come un’erbaccia da estirpare, si
offrì di dare una
mano per la festa di fine anno organizzata dalle confraternite. Il suo
obiettivo fu raggiunto: tra gli esami finali e i preparativi
riuscì a superare
indenne le prime quarantotto ore.
All’alba
del terzo giorno qualcosa in lei scattò: si
scoprì
tremendamente arrabbiata e indignata.
Che
cosa aveva dato il diritto a Damon di tornare, di
cercarla e di confessarle il suo amore? Bonnie ci aveva provato
innumerevoli
volte ma lui l’aveva sempre bloccata perché non
era il momento giusto.
Quello
gli sembrava il momento giusto? Forse si aspettava
anche un premio per aver trovato il coraggio di parlare di sentimenti.
Si
pentì amaramente di non averlo cacciato fuori di casa a
suon di aneurismi o ancora meglio fuori dai confini della Virginia.
E
Alaric lo aveva pure aiutato, quel traditore! Un bel
discorso sarebbe toccato anche a lui.
Bonnie
fece quasi a pezzi una delle lanterne di carta che
stava sistemando. L’idea era quella di ricreare la Parigi
degli anni venti e
tutte le sue luci; ma se la rossa avesse continuato a rompere per il
nervoso
ogni cosa che le passava tra le mani, sarebbero rimaste ben poche
decorazioni.
Decise
di prendersi una pausa. La scena dall’esterno doveva
risultare parecchio comica: vedere una ragazza accanirsi su delle
lanterne di
carta senza un motivo apparente, quasi immaginasse sbattere con
violenza la
testa di qualcuno sul tavolo.
Qualcuno
sghignazzò divertito, altri non vi fecero caso;
l’unica a preoccuparsi davvero fu Gabby Lawrence, studentessa
di legge
dell’ultimo anno, direttrice della confraternita cui
apparteneva anche Bonnie.
Gabby
era una ragazza molto impegnata non solo nella
gestione della sua confraternita e dei bilanci, ma anche nel sociale.
Normalmente, gli eventi che organizzava avevano il doppio scopo di
raccogliere
fondi sia per le associazioni studentesche, sia per enti benefici.
Si
mostrava sempre molto puntigliosa e severa nelle sue
faccende, spesso rasentava un controllo maniacale (quasi ai livelli di
Caroline). Decise quindi di avvicinarsi e sondare il terreno,
più per accertarsi
che la sua serata non finisse in fumo, che per un reale interesse per
lo stato
emotivo della sua compagna di casa.
“Bonnie,
va tutto bene?” le chiese un po’ titubante.
La
rossa alzò gli occhi su di lei, colta di sorpresa
“Oh sì,
certo!” assicurò.
“Qual
è il tuo problema con le lanterne?” dritta al sodo.
Bonnie
intuì di essere in prossimità di una sgridata e
si
affrettò a rimediare “Niente! È solo
che ne ho rotte un paio mentre cercavo
d’infilarci il lumino”.
“Cerca
di salvarne qualcuna, va bene? Le ho ordinate in un
negozio ad Atlanta e sarebbe un casino farne arrivare altre”.
“Starò
più attenta” asserì la strega con un
sorriso
intimidito. Non l’avrebbe mai detto ad alta voce ma Gabby
Lawrence incuteva
decisamente più timore di tante creature sovrannaturali.
“Volevo
parlarti anche di un’altra cosa”
incominciò la
ragazza.
Santo
Cielo, cosa ho
fatto adesso?!
“In
realtà è un favore” precisò
Gabby “So che verrai alla
festa con Zander”.
“Sì”
confermò Bonnie domandandosi come potesse saperlo
“Mi
ha invitata l’altro giorno”.
“Ti
dispiacerebbe prestarmelo per l’asta degli
scapoli?” fu
la sua richiesta “So che non è educato
perché è il tuo accompagnatore ma è
davvero un gran figo e potrebbe tirare su un bel mucchio di
soldi”.
“Non
preoccuparti” la tranquillizzò Bonnie
“Andiamo alla
festa solo come amici, non c’è niente tra di noi.
Non mi dà fastidio, se a lui
va bene”.
“Glielo
chiederò appena lo vedo” esultò Gabby
“Grazie mille,
Bon” e si dileguò, pronta a comandare a bacchetta
qualcun altro.
“Non
c’è di che” rispose e posò
nuovamente lo sguardo sulle
lanterne tutte accartocciate. Sbuffò annoiata: doveva
trovare un modo per
sistemarle.
Controllò
velocemente che nessuno le stesse prestando
attenzione e mosse le dita della mano destra sussurrando un incantesimo
riparatore.
Sorrise soddisfatta non appena le lanterne ripresero la loro forma
originaria.
“Quello
è barare”.
Bonnie
per poco non saltò dall’altra parte del tavolo. Si
girò furente, incrociando gli occhi palesemente divertiti di
Damon e si ritrovò
per la seconda volta in pochi giorni a porre quella fastidiosissima
domanda “Tu
che ci fai qui?”.
“Un
giro. Mi fingo un giovane universitario in cerca della
sua strada”.
“Ci
sono centomila college in questo paese; va’ a fare lo
studente bello e impossibile in uno di quelli!”.
“Hai
detto che sono bello?”.
Bonnie
avrebbe potuto ucciderlo, sul serio.
“Senti,
Damon, non ho tempo per i tuoi giochetti. Devo
occuparmi di questa festa e ho gli esami tra due giorni. Qualunque cosa
tu stia
cercando, non la troverai qui; perché non puoi semplicemente
lasciar perdere?”.
“Mi
sembra di aver già lasciato
abbastanza” mormorò il vampiro piegando il capo di
lato.
“E’
stata una tua scelta” gli rinfacciò lei sostenendo
fiera
il suo sguardo.
Damon
era pronto a replicare ed insistere quando Gabby
piombò all’improvviso su loro due come un falco.
“Ehi,
Bonnie, chi è il tuo amico? Non credo di averlo mai
visto in giro” s’intromise; era entrata in
modalità flirt.
“Gabby
Lawrence” si presentò porgendo la mano.
“Damon
Salvatore” gliela strinse.
Gabby
allargò gli occhi “Siete parenti?” il
tono appariva
pacato ma in realtà nascondeva un certo compiacimento:
sentiva già di avere il
via libera per esibirsi nelle sue doti da civetta.
“Alla
lontana” specificò Damon.
“Bonnie,
perché non lo porti alla festa?” propose Gabby
“Sono sicura che le ragazze sborserebbero una fortuna per un
appuntamento con
lui” disse senza pudore.
“Appuntamento?”
ripeté lui sconcertato.
“Non
credo sia il caso …” iniziò la rossa.
“Di
che si tratta?” s’incuriosì Damon
spiazzando perfino se
stesso.
“Guarda”
Gabby gli mostrò il volantino che pubblicizzava la
serata “E’ la festa di fine anno. Tema: Parigi,
negli anni venti. Abbiamo
deciso di organizzare un’asta degli scapoli: chi fa
l’offerta più alta, vince
un appuntamento con il ragazzo che ha scelto. Di solito tutti il
ricavato lo
teniamo per la gestione delle attività e gestioni
scolastiche, ma quest’anno
abbiamo già messo da parte un bel po’ di denaro
grazie alle feste precedenti,
perciò lo devolveremo totalmente in beneficienza. Daremo una
mano
all’orfanotrofio della città”
spiegò con una precisione sorprendente
“Gabby,
sono sicura che Damon abbia altro da fare” provò a
dissuaderla Bonnie.
“Ci
sto!” accettò lui “In fondo è
per una giusta causa”.
La
strega alzò le mani in segno di rassegnazione.
“Fantastico!”
esclamò Gabby “Sembra che la riuscita della
serata dipenderà dai tuoi uomini, Bon”
azzardò e le fece un occhiolino prima di
andarsene.
“Chi
era quella?” ridacchiò Damon “Caroline
2.0?” ma quando
riportò l’attenzione sulla sua streghetta, il
sorriso gli morì sulle labbra.
“Tu
non puoi venire” disse lei.
“Non
è che abbia molto altro da fare”.
“Forse
non mi sono spiegata bene” sentenziò Bonnie
“Io non
ti voglio. È la mia
festa, del mio college, per la fine
del mio anno! Stanne fuori! Anzi,
intanto
che ci sei, sta’ fuori dalla mia vita”
mollò sul tavolo le sue amate lanterne e
marciò fuori dalla stanza decisa a mettere più
distanza possibile tra lei e
quello sbruffone.
Ovviamente
non fece molta strada; riuscì giusto a girare
l’angolo prima che Damon le si parasse davanti con la sua
super velocità.
“Non
puoi usare i tuoi Poteri qui! E se qualcuno ti
vedesse?” lo rimproverò digrignando i denti.
“Parla
la ragazza che aggiusta magicamente
le lanterne” replicò lui seccato “Lascia
che ti chieda
una cosa: non mi vuoi alla festa per quello che ha detto quella
ragazza?”.
“Cos’ha
detto?” chiese stancamente Bonnie.
“Che
la riuscita della serata dipenderà dai tuoi
uomini” le
riportò “Significa che ci vai con qualcun altro.
Chi è? Ancora quel tipo … Zander?”.
Il
volto della giovane si dipinse di un’espressione
indignata “Mi hai seguita anche negli
appuntamenti?”.
“Non
ti ho pedinata nei tuoi incontri romantici, no”
negò
“Ma è da parecchio che ti osservo da lontano e ho
imparato qualche cosa sui
tuoi spasimanti”.
“Questa
conversazione finisce qui” affermò Bonnie e lo
superò.
Damon
la trattenne per un polso “Hai paura che succeda come
alla festa di fine del liceo?” indovinò
“Credi che m’ingelosirò come con Tyler
e che farò un casino, vero?”.
“Finiscila
qui, ti prego” gli consigliò “Questo tuo
atto di
finto altruismo non ti farà guadagnare punti”.
“Non
voglio guadagnare punti” la corresse “Anche se mi
piacerebbe che tu apprezzassi lo sforzo” aggiunse.
“Allora
perché?”.
“Perché
è importante per te” ammise indicando sul
volantino
una scritta che riportava il nome dell’orfanotrofio.
Quella
non era solamente una giusta causa, era una
giusta causa che stava
particolarmente a cuore a Bonnie perché anche lei,
dopotutto, era una
bambina adottata.
“Sono
stata io a proporlo” gli rivelò “Volevo
che fosse
l’orfanotrofio a ricevere quei soldi”.
Damon
annuì “Lascia che ti dia una mano, almeno questa
volta”.
Bonnie
si morse il labbro, indecisa. Aveva l’impressione che
il suo consenso o il suo rifiuto avrebbero determinato ben
più di un evento di
beneficienza.
“If I kiss you
like this
And if you whisper like that
It was lost long ago
But it's all coming back to me
If you want me like this
And if you need me like that
It was dead long ago
But it's all coming back to me
It's so hard to resist
And it's all coming back to me
I can barely recall
But it's all coming back to me now
But it's all coming back”.
Bonnie
doveva ammettere di non amare alla follia Parigi. La
considerava una bella città ma senz’anima. Ci era
stata più di una volta ma non
le aveva mai trasmesso niente, non un brivido, non
un’emozione.
Durante
la sua ultima visita, un paio di anni prima,
qualcosa era cambiato: sola, seguita dalle luci di quella grande
città,
accompagnata dal silenzio, senza essere soffocata né dalla
folla né dal
traffico, aveva camminato a lungo per le strade di Parigi e aveva
scoperto una
città diversa, nuova, viva. La sua fantasia aveva cominciato
a lavorare e si
era lasciata guidare in un percorso alla ricerca del vero spirito di
Parigi,
dello spirito che poteva leggere nelle pagine dei grandi intellettuali
francesi
ma che non era mai riuscita a percepire prima di quella passeggiata.
Era
arrivata anche al punto di credere che Woody Allen le
avesse rubato l’idea girando Midnight in Paris. Non era mai
stata una grande
fan di quel regista ma aveva quel film nel cuore.
La
sala della festa non era minimamente paragonabile
all’originale, anche se tutto sommato, Bonnie dovette
riconoscere a Gabby un
certo talento nell’allestimento. Le pareti erano state
coperte da pannelli di
polistirolo raffiguranti scorci della Parigi notturna, al soffitto
avevano
invece assicurato per l’occasione dei lampadari che emanavano
una bella luce
soffusa e che donavamo atmosfera. E ai tavoli c’erano le
lanterne illuminate di
cui la rossa andava molto orgogliosa.
Zander
le strinse la mano e lei gli sorrise. Insieme fecero
il loro ingresso nella sala. Salutarono i loro compagni di scuola, si
congratularono per la fine degli esami che si erano svolti proprio
quella
mattina. Bonnie poteva dirsi abbastanza soddisfatta, sebbene non ne
conoscesse
ancora l’esito. Era certa di aver ottenuto almeno la
sufficienza e quella
sicurezza bastava per passare una serata tranquilla. Avrebbe pensato
più tardi
al voto effettivo e alla sua media.
Mentre
Zander continuava a conversare alcuni suoi compagni
di corsi, Bonnie fece scorrere lo sguardo per la sala: vide Caroline
sventolare
la mano con forza invitandola
a
raggiungerla. La ragazza si scusò con il suo accompagnatore
e si diresse verso
l’amica. A metà strada, però, si
fermò. Aveva una strana sensazione addosso,
una specie di brivido, un richiamo. E l’inquietudine non si
calmò finché non ne
individuò la causa: due occhi, neri
come
la notte, che la stavano seguendo da quando era entrata.
Alla
fine aveva accettato la presenza di Damon. Non ne era
del tutto convinta né contenta, ma ci teneva che la raccolta
fondi andasse bene
e il vampiro avrebbe sicuramente fatto la differenza. Già
s’immaginava orde di
ragazze buttare letteralmente in aria le loro banconote e strisciare
sul palco.
Damon
si staccò dal muro su cui era appoggiato (stile bello
e dannato, non si smentiva mai) e mosse qualche passo verso di lei.
Bonnie
riaccese all’improvviso la macchina della fantasia,
così come aveva fatto a Parigi anni prima. Lo
osservò avvicinarsi sempre più,
con un angolo della bocca piegato all’insù in una
smorfia irresistibile; rimase
immobile mentre le prendeva una mano, portandola alle labbra per
baciarla. Un
attimo dopo si ritrovò ad ondeggiare tra le sue braccia,
seguendo la musica in
sottofondo.
Tutto
le riportò alla mente il ballo di fine anno, quando
senza giochetti né maschere o ripensamenti, si erano
confessati di appartenersi
a vicenda. Da che ricordava, quella era stata la prima vera volta in
cui aveva
visto Damon completamente sincero e indifeso, nudo di fronte alla
verità.
Peccato
che accadde solo nella sua testa: Bonnie si
ricompose in fretta e sorrise debolmente al vampiro che nel frattempo
l’aveva
raggiunta.
“Non
accetterai mai un no come risposta vero?” lo
punzecchiò
pur non essendo veramente infastidita.
“In
realtà questa volta mi hai detto sì” le
fece notare lui.
“E’
solo per questa sera” puntualizzò Bonnie.
“Speravi
che non venissi?” chiese Damon.
“Credevo
che non saresti venuto” ammise la giovane “Questo
non è il tuo genere di evento. Lo consideri
noioso”.
“Ti
ho detto che ti avrei aiutata ed è quello che sto
facendo” dichiarò Damon piuttosto deciso
“E poi … ho una scusa per guardarti
tutta sera con questo vestitino, come potrebbe essere
noioso?”.
Bonnie
s’impose di non arrossire. Buttò una veloce
occhiata
al suo abito: era chiaramente anni venti, color ghiaccio ornato da
perline
argentate e si fermava appena prima del ginocchio. Le stava bene, lo
aveva
scelto apposta. Da come la fissava Damon, però, le sembrava
di essere coperta
solo da biancheria intima e improvvisamente sentì un
po’ d’imbarazzo.
Le
sovvenne una frase che le aveva detto proprio il vampiro
durante la loro gita a Greensboro. “Se
vuoi far vedere le scintille, non devi sentirti a tuo agio”.
Non
aveva mai riflettuto su quanto fosse vero.
“Sai
sempre come essere romantico” commentò con
sarcasmo.
“Faccio
del mio meglio”.
Bonnie
avrebbe voluto arrabbiarsi o almeno irritarsi,
avrebbe voluto davvero ma le risultò impossibile.
“Ho
incontrato Caroline poco fa” la informò lui
“Ci è
mancato poco che non mi cavasse gli occhi”.
“Beh,
Damon, dato che hai deciso di ronzare qui attorno, ho
dovuto dirglielo”.
“Scommetto
che tra poco piomberà qui anche il mio fratellino
pronto a prendermi a pugni”.
“Stefan
non sa ancora niente” puntualizzò Bonnie.
Damon
allargò gli occhi stupito “E come mai?”.
“Non
so se c’è qualcosa di dire”.
Il
vampiro annuì e incassò con classe. Quella della
sua
streghetta era stato un avvertimento nemmeno troppo velato; della serie
‘spreca
questa possibilità e ti ammazzo’.
“Forse
dovrei cercare la mia dama” ipotizzò.
“Sei
qui con qualcuno?” esclamò Bonnie tradendo un
certo
fastidio.
“Non
potevo presentarmi da solo” si giustificò
“Mi ha
invitato quella tua amica … Gabby qualcosa … ha
insistito talmente tanto che ho
ceduto”.
La
giovane soffiò incredula. Damon era nel campus da una
sola settimana e aveva già conquistato una delle ragazze
più in vista.
“E’
decisamente il tuo tipo” osservò
“Bionda, occhi azzurri
…”.
“In
realtà avrei preferito una rossa dai bellissimi occhi
marroni ma al momento non sembra disponibile” le
confidò.
“La
rossa è stata fin
troppo disponibile” replicò lei
“E adesso deve tornare dal suo
cavaliere”.
“La
serata è lunga e tante cose possono cambiare”
suppose
Damon “Se non ricordo male anche al tuo ultimo ballo sei
arrivata con un
ragazzo e te ne sei andata con un altro”.
“Sto
per prenderti a schiaffi”.
“Va
bene, ho esagerato, errore mio” le concesse
“Comunque
conserva un ballo per me” le chiese.
“Neanche
per sogno” si rifiutò Bonnie allontanandosi.
“E
ricordati che il mio numero è il 10! Punta su di
me” le
urlò dietro sghignazzando.
Bonnie
scosse il capo senza riuscire a trattenere una risata
che le si strozzò in gola non appena incrociò gli
occhi indignati di Caroline.
“Che
stai facendo?” chiese la vampira con tono di
rimprovero.
“Non
qui” le rispose l’altra. Insieme si diressero in
una
delle stanze adiacenti alla sala principale per evitare che la loro
conversazione arrivasse ad orecchie indiscrete.
“Care
… non è come sembra” si
giustificò Bonnie quando fu
certa che nessuno le avrebbe sentite.
“Sei
grande, maggiorenne e vaccinata. Non voglio interferire
nella tua vita sentimentale però … non ti pare un
po’ affrettato?”.
“Di
che parli? Damon mi serve solo per la raccolta fondi;
tirerà su un bel po’ di soldi ed è
quello che conta. Non è cambiato niente”.
“Appunto.
Vi ho visto insieme e sembrava che non fosse
successo niente! Bonnie ti brillano ancora
gli occhi” trillò indicando il suo viso
“Damon è sparito per un anno. Forse ora
le sue intenzioni sono buone, forse ha capito davvero di aver
sbagliato, ma se
così non fosse?”.
“Non
significa niente” cercò di tranquillarla la rossa.
“Sei
stata male, va bene? Tanto. Io c’ero, lo so. Hai
provato a non pensarci, a dimenticartene e all’inizio hai
finto anche bene, ma
eri triste, era spenta. Poi un
giorno
ti sei fatta forza e l’hai superata alla grande. Adesso hai
una nuova vita e
sei riuscita a costruire tutto senza l’aiuto di Damon. Non ti
sto dicendo di
tagliarlo per sempre fuori dalla tua vita; ti sto dicendo di stare
attenta
perché non voglio che tutti i tuoi sforzi vadano in
fumo”.
“Hai
ragione, Care. Non posso far sparire i sentimenti che
ho per lui e forse non lo voglio nemmeno; però non ho
dimenticato quello che ha
fatto e non lo sto prendendo alla leggera. Il suo ritorno mi ha colta
alla
sprovvista e devo ancora capire come gestirlo”.
La
vampira parve soddisfatta della risposta ottenuta e
decise non insistere ulteriormente. Da amica sentiva il dovere
d’intromettersi
fino a un certo punto. Poteva solo consigliare Bonnie nella sue scelte,
ma non
poteva certo obbligarla a pensare come lei.
“Credi
che abbia fatto male ad accettare l’invito di
Zander?” le domandò la strega “Lo sto
illudendo?”.
“Sei
stata molto chiara sul vostro rapporto e lui lo sa” la
rassicurò “Sta cercando di esserti amico, anche se
spera che tu possa cambiare
idea. Però, anche tu potevi metterti un po’ meno
carina stasera!” la ammonì
bonariamente “Zander non ti mollerà
più! Anche se credo che questo vestito non
sia per lui” alluse.
“Caroline!”.
“Okay,
la smetto” si arrese “Dai, torniamo di
là. I tuoi
cavalieri ti aspettano” scherzò. Era
più forte di lei, non riusciva a
trattenersi.
Rientrarono
nella grande sala. Si divisero nella ricerca dei
propri accompagnatori.
Bonnie
girò parecchio senza riuscire ad individuare Zander.
Credette perfino che, non vedendola più, se ne fosse andato.
Finalmente,
in un angolo un po’ in disparte, distinse due
figure: il ragazzo se ne stava a terra e su di lui torneggiava Damon in
quella
che sembrava una posizione di attacco.
La
rossa ne rimase sbalordita. Comò la distanza che la
separava da loro e spinse via Damon, chinandosi su Zander per aiutarlo
ad
alzarsi.
“Non
sai quanto mi dispiace” si scusò sinceramente
imbarazzata.
“Non
ti devi preoccupare, stavamo solo …”
iniziò a spiegare
lui.
“Lo
so; ci penso io adesso” cercava di controllare la rabbia
nella voce “Puoi darci solo un minuto? Sarò subito
da te” gli promise.
Zander
annuì e li lasciò soli, confondendosi tra la
folla.
“Che
c’è, Streghetta? Sei venuta a riscuotere quel
ballo?”
la prese in giro Damon come se non avesse fatto niente di male.
Bonnie
si voltò furente “Come ti sei
permesso?!”.
Damon
la guardò confuso.
“Io
veramente non ti capisco! Sei sparito per un anno, mi
hai abbandonata per un anno intero e adesso ti presenti qui e
aggredisci i miei
amici?”.
“Sissi,
io…”.
“Non
hai il diritto di scombussolare la mia vita ogni volta!
Mi hai ferita, mi hai lasciata, te ne sei fregato e adesso torni qui e
pensi
che con qualche battuta e un bel sorriso tutto vada automaticamente a
posto?”
la sua voce stava toccando i livelli più alti di sdegno.
Il
vampiro rimase in silenzio.
“Sono
stata male, Damon, ma alla fine sono guarita; non
grazie a te! Anzi, forse ti dovrei proprio ringraziare
perché sono diventata
più forte. Ho scoperto di potercela fare da sola, ho
scoperto di non aver
bisogno di te, di poter vivere senza di
te” svelò con brutale onestà.
Damon
ancora non fiatava. Sentiva una piccola parte del suo
cuore disintegrarsi per sempre ad ogni parola.
“Tornatene
da dove sei venuto. Non c’è più niente
per te
qui” gli suggerì Bonnie prima di allontanarsi.
Lui
non si mosse. Si limitò a mettere le mani in tasca per
nascondere il tremore. Rimase indietro ed escluso. Ancora.
“There were those
empty threats and hollow lies
And whenever you tried to hurt me
I just hurt you even worse
And so much deeper
There were hours that just went on for days
When alone at last we'd count up all the chances
That were lost to us forever
But you were history with the slamming of the door
And I made myself so strong again somehow
And I never wasted any of my time on you since then”.
Il
mio spazio:
Ecco
a voi la prima parte dell’epilogo.
È
passato un anno, un bel salto temporale e un po’ di cose
sono cambiate.
Non
ho molto da dire su questo capitolo: è incentrato in
particolare sulle posizioni dei due protagonisti.
Bonnie
è andata avanti e Damon è rimasto indietro.
Secondo voi
riusciranno a ritrovarsi a metà strada?
Ci
sono ancora un paio di cosette da scoprire, compreso un
altro giretto nella mente del vampiro, in cui lo vedremo ribadire
ancora la sua
volontà di rimettere le cose a posto. È molto
deciso ma anche Bonnie sembra determinata
a non cambiare idea. Vedremo tutto nel prossimo capitolo.
Alla
fine la dichiarazione è arrivata! Nel momento sbagliato
( o forse proprio nel momento giusto) ma c’è una
piena coscienza dei sentimenti
e questa volta non si possono spegnere.
Bene
ragazze, ci vediamo tra un paio di settimane o poco più
per l’ultima volta con Ashes&wine. Sto già
preparando il discorso ahahah!
Qualche
spoiler? Il capitolo si aprirà ancora con la festa
in corso. C’è un’asta degli scapoli cui
partecipare; secondo voi Bonnie farà un’offerta
su Damon?
Volevo
fare una piccola richiesta: dato che siamo davvero
alla fine, mi piacerebbe sentire magari anche l’opinione di
qualche lettore
silenzioso; giusto per sapere cosa è piaciuto e cosa no, in
cosa posso migliorare
=)
Ovviamente
vi ringrazio anche per il solo fatto di
continuare a leggere! È davvero importante!
E
i ringrazio anche chi commenta normalmente! Mi date sempre
dei bellissimi consigli e mi sollevate l’umore! Grazie di
cuore!
Il
banner è di Bumbuni.
La
canzone è “It’s all coming back to me
now” di Celine
Dion.
*Maial
College, è un film abbastanza demenziale sulla vita
universitaria.
**Questa
è la dichiarazione che Mr Darcy fa a Lizzie Bennett
nel film “Orgoglio e pregiudizio”. L’ho
sempre adorata e ho pensato che fosse
carino usarla per Damon.