Fanfic su artisti musicali > The Wanted
Segui la storia  |       
Autore: iam_theinsecure    01/02/2013    2 recensioni
" Ho passato questi ultimi 3 anni a fissare la mia vita non muoversi nemmeno di un millimetro, a vederla rimanere immobile e diventare noiosa. Sono come un giocattolo rotto dimenticato dal proprio bambino.
Sospesa.
Quella parola mi era passata per la testa per un'intera settimana.
La mia vita. Era. Sospesa.
Sospesa ad un filo che non si sarebbe mai spezzato, ad un filo che non è mosso dal vento, ad un filo immobile, che non si muove.
Non sono triste. Non sono nemmeno felice se è per questo.
Solo... sospesa. "
Genere: Drammatico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Jay McGuiness
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A




- I'm in pieces -



-  Violet!  -

 
-  Cosa?  -
 
 
Due piccole vocine andavano a sovrapporsi alle altre centinaia che scorrevano nella mia testa, mentre nel mio salotto vigilava il silenzio, interrotto ogni tanto dallo sgranocchiare di Jay.
 
 
-  Violet!  -
 
 
Ancora quell’amara ed insistente vocina che non la piantava di infastidire le altre, che puntualmente si fermavano qualche secondo dopo quel breve avviso, prestandole un’attenzione che durò poco più di cinque secondi.
 
Puntualmente le centinaia di piccolissime me ricominciarono ognuna a partire per una direzione diversa, senza però una meta precisa, confondendosi.
 
 
-  Violet! Piantala di fissarlo!  -
 
 
Questa volta, dopo essersi fermate, le piccole Violet nella mia testa si diressero ognuna, ordinatamente, verso delle piccole porte, dietro le quali si trovava una stanza dedicata ad ognuna: la Violet insicura e tremante sparì dietro una porta viola, quella arrabbiata dietro una rossa, quella sognante dietro una azzurra e quella da sempre rimasta bambina dietro una rosa confetto.
 
 
Una me sconosciuta restò immobile, in mezzo a quell’enorme atrio bianco che era la mia mente: il suo posto non era tra quelle porte.
 
 
Sperduta, non sapeva ancora quale posto le sarebbe spettato, non sapeva ancora che la propria stanza non era lì, nella mia testa.
 
 
Più in basso, in un posto dove veglia instancabile un ritmare profondo e continuo: laggiù, tra le pareti spesse che si muovono incessantemente per dare vita al corpo.
 
Lei spettava al mio cuore.
 
 
-  Ok. La smetto  - rispose coraggiosa, quest’ultima, scomparendo e tornando al suo posto.
 
 
Sbuffai, facendomi scappare una leggera risata.
 
Lo stavo fissando e lui non se ne era nemmeno accorto: oppure lo aveva fatto senza dire alcuna parola.
 
 
<< Perché ridi? >> mi chiese, sorridendo, per niente irritato.
 
<< Scusa… è che… fai delle strane smorfie mentre mangi, sai? >>
 
 
Risi. E lui lo fece con me.
 
 
<< Si. Lo so… una volta, ad un ristorante, cominciai a fissare la mia immagine riflessa nello specchio davanti al mio tavolo mentre masticavo: so benissimo della mia boccuccia da papera >>
 
 
Le labbra non si staccavano mai: si stendevano per poi stringersi in quella posizione, come se stessero baciando l’aria.
 
 
<< Che ragazzo pieno di sé… mamma mia >> dissi in tono snob, tentando di infastidirlo.
 
<< AUH! >> urlò, come se lo avessi ferito.
 
<< Okey… ora basta ingozzarsi di thé, signorino. O finisce che ingrassi >>
 
<< …in vena di complimenti oggi, insomma >>
 
<< Se comincio, probabilmente vedrebbero la tua coda da pavona anche dall’altra parte del mondo >>
 
 
Gli tolsi i biscotti e rovesciai tutto il thé, ormai freddo, nel lavandino.
 
 
<< Perché me li hai tolti? Non avevo finito? >>
 
<< Usciamo, su! >>
 
 
Battei le mani e gli feci segno di alzarsi ed una volta in piedi, dopo aver preso il mio giubbotto, lo spinsi fuori tenendogli le mani sui fianchi.
 
 
Io che prendevo l’iniziativa e spingevo gli altri ad uscire.
 
Sicuri che questo è ancora il pianeta terra?
 
Sicuri che non sono capitata in un universo parallelo dove questa non è la vera Violet?
 
 
Chiusi il portone di casa con due giri di chiave e, senza nemmeno sapere dove saremmo andati, guidai Jay fuori dal cortile.
 
 
-
 
 
Pessima idea portarlo a fare un giro in centro: qui conosce tutti e l’uscita è diventata un continuo “ uh, fermati, devo salutare coso, resta in imbarazzo a fare il palo per minuti interminabili, non ti presento nemmeno, finito, possiamo andare ”.
 
Jack, mi pare si chiamasse uno dei tanti conoscenti di Jay che lo avevano fermato mentre camminavamo.
 
Il quinto? No, forse il sesto.
 
Ormai avevo perso il conto.
 
 
<< È stato un piacere Jay… fatti sentire, mi raccomando >> e dopo essersi stretti la mano, quell’uomo dai capelli corti e scuri mi fece un cenno con la testa, in segno di saluto.
 
C’era imbarazzo in quel gesto: sicuramente prima si era sicuramente ripetutamente chiesto se era il caso di salutarmi a dovere o meno.
 
E aveva deciso di farlo nel peggiore dei modi: con un semplice e, a mio parere, maleducato cenno del capo.
 
Li ho sempre odiati, i cenni, si vede, no?
 
Non salutai per niente. Io non rispondo ai cenni.
 
 
Jay mi porse il suo braccio sinistro.
 
Leggermente inarcato e chiaramente rivolto a me, quel braccio stava aspettando che lo stringessi e il suo sguardo stava tentando di convincermi ad avvicinarmi e ad accontentarlo.
 
 
‘ Come si può dire di no ad uno sguardo del genere? ’
 
 
Avevo lasciato che quel pensiero mi sfuggisse e scivolasse nella mente, facendomi arrossire.
 
Non avevo mai pensato cose del genere in vita mia… per nessuno che non fosse stato frutto della mia immaginazione.
 
 
La mia mano che, sudata, passò dalla tasca del mio cappotto al freddo polare che faceva condensare il mio respiro caldo in nuvolette di minuscole particelle di vapore acqueo, per poi permettere al mio braccio di avvolgere il suo.
 
 
Ero scontenta.
 
Quel tocco era distante.
 
Era come abbracciare un cappotto senza sentire se chi c’è sotto è qualcuno fatto di carne ed ossa o semplicemente di plastica o di pietra.
 
Quanto avrei dato per riuscire a poter toccare il caldo braccio racchiuso sotto quegli strati di tessuto: erano come muri insormontabili che non avrei mai scavalcato e le mie dita, tremanti, si erano ormai rassegnate.
 
 
Toccarlo…
 
 
Questa parola mi balenò nella testa.
 
Sorrisi.
 
 
All’improvviso sentii le mani scivolare lungo la manica del cappotto di Jay, in caduta libera.
 
Aveva disteso il braccio e uscito la mano dalla tasca del cappotto.
 
 
La superficie fredda e liscia del giubbotto venne sostituita da una presa calda.
 
 
Le sue dita lunghissime intrecciate a quelle della mia mano, minuscola, sudata ed appiccicaticcia: gli sarà certamente sembrato di star tenendo per mano una bambina invece di una ragazza.
 
 
Toccarlo…
 
 
Possibile che fosse bastato pensare intensamente a quanto avrei voluto poterlo toccare per far realizzare tutto ciò?
 
Era stato un caso…
 
Ma che caso e caso, Violet.
 
Il caso non esiste, lo sai benissimo.
 
 
<< Era da tutta la sera, da quando mi hai praticamente spinto ad uscire, che ci penso… >>
 
Mentre parlava non faceva che sfregare il proprio pollice contro il mio.
 
 
È così dolce…
 
 
<< Se ti dicessi che io non ci ho pensato per niente mentirei… >>
 
 
All’improvviso una piccola me uscì correndo dalla propria porta di colore nero: affannata cercava di urlare qualcosa, al centro della mia mente, piena di nebbia.
 
 
-  Perché lo stai toccando? Come ci riesci? Non hai paura che possa farti del male? Lui è come tutti gli altri… chi ti dice che non ti farà lo stesso che ti ha fatto Michael?  -
 
 
Michael.
 
Non dovevo ricordare quel nome.
Non dovevo rovinare il momento più bello della mia vita.
 
Non potevo lasciare che rovinasse definitivamente il mio futuro: lo aveva fatto in parte, ma Jay ne era rimasto fuori per tutto il tempo, fino ad ora…
 
 
- Un giorno ti chiederà dei tagli. Ti chiederà come mai non vuoi farti toccare da lui. Un giorno ti chiederà spiegazioni… Tu che gli dirai? Stuprata una volta stuprata tutta la vita? Perché in fondo è questa la frase che ti sei ripetuta per un mese intero dopo l’incidente ed è ad essa che pensi ogni volta che ti fermi a pensare a qualche ragazzo attraente.  –
 
 
-  Ma non c’è stato nessuno prima di Jay… non c’è stato nessuno come lui. Mai.  – risposi, malinconica.
 
 
-  Cos’ha di tanto speciale rispetto a tutti gli altri? Non ha niente che Michael non avesse: stessa aria spensierata, stessa dolcezza… solo che poi lui si è rivelato uno stupratore. Cos’ha Jay di diverso? Potrebbe esserlo anche lui…  -
 
 
Farsi paranoie assurde su persone innocenti.
 
È questo il prezzo da pagare per quella che, a parer mio, è la mia malattia.
 
Vedo pericoli ovunque e poi quella che si produce del male fisico sono io stessa.
 
Ero arrivata ad un punto in cui non riuscivo più nemmeno a capire me stessa.
 
 
Sono in pezzi.
 
Nel momento più felice della mia vita, in cui mi sembra di riuscire a toccare il cielo con un dito, sono in pezzi.
 
Ed ognuno di quei pezzi cerca di prevalere sugli altri, prendendo il controllo di tutti gli altri, prendendo il controllo di tutto.
 
Sono in pezzi.
 
Nessuno è in grado di aggiustarmi.
 
I componenti del mio puzzle sono pezzi completamente uguali, nessuno combacia alla perfezione con l’altro: anche se qualcuno, prima o poi, fosse riuscito a tenerli insieme, anche se non combacianti, tutto, prima o poi, sarebbe crollato di nuovo.
 
Sono in pezzi.
 
Sembra come se la pace sia l’unica cosa che non conoscerò mai.



-



* spazio dell'autrice *

Ciao a tutti, splendori miei c:
Devo ammettere che mi sta dispiacendo un sacco vedere che sempre meno persone leggono ciò che scrivo: in parte è colpa mia. Se avessi mantenuto l'accordo e avessi continuato a pubblicare in maniera costante, nessuno si sarebbe annoiato ad aspettare, ma, davvero, ho avuto pochissimo tempo çwç ( sempre la solita scusa, penserete ).

Spero vi piaccia il capitolo.


- Annalisa.

  
Leggi le 2 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Fanfic su artisti musicali > The Wanted / Vai alla pagina dell'autore: iam_theinsecure