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Autore: mairileni    01/02/2013    12 recensioni
«Io odio arrabbiarmi con te, lo sai questo?»
«Sì.»
«E... ti sarai accorto che non è un grande periodo per me e la mamma, sì?»
Faccio sì con la testa.
Genere: Angst, Introspettivo, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri, Dominic Howard, Matthew Bellamy
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Bonsuà! •υ• *pwo_, smettila di cercare di parlare il francese*
 
Come state?
 
Avviso importante ~ so bene che Dom e Matt non si conoscevano affatto, da piccoli piccoli, ma qui mi serviva, quindi voi chiuderete un occhio, vero? :3 *no*
 
Sono affezionata a questo capitolo, quindi spero tanto vi piaccia!
 
Un grazie ad Alessia, che in privato è stata molto carina! <3
 
Un bacio anche a E, che mi sostiene sempre, a tutte coloro che recensiscono e a tutte coloro che seguono in silenzio!
 
Buona lettura!
 
pwo_
 
 
*** *** ***
 
 
Matthew, artista
 
 
 
Mercoledì, 10 giugno 1992
 
 
Siamo seduti per terra uno di fronte all'altro, e tu strappi la carta, felice come un bambino, in questo momento in cui ci siamo solo io, te e il tuo regalo, che ti meriti.
«Cos'è cos'è cos'è cos'è cos'è-- Oddio, Dom! Non ci-- oddio! È un telescopio! Oddio
 
Matt finisce di liberare il pacco dai lunghi nastri in cui esso è avvolto, e le mani gli tremano dall'euforia, e prende a saltare come un ossesso, da seduto.
«Oddio, Dom! Oddio
Guarda ancora un po' il disegno che ritrae il telescopio, sul cartone, prima di poggiare la scatola di lato e di lanciarmisi addosso, facendomi sbilanciare e cadere all'indietro.
«Grazie, Dom!» grida, la voce attuita dalla mia maglietta - contro cui sta premendo la faccia.
«Hey, prego!»
 
La morsa del suo abbraccio mortalmente coccoloso non accenna ad allentarsi.
«Grazie grazie grazie grazie mi piace tanto! Davvero -- oddio!»
Lo stringo a me ancora un po' prima di costringerlo a staccarsi.
«Non c'è di che, Bells-- no, è inutile che lo apri, è vuoto.»
«C-Come è vuoto?» chiede terrorizzato.
«L'ho già montato, sul mio terrazzo.» rido io «La scatola era solo per farti il pacchetto, il telescopio è già montato - l'ho montato stamattina. Vieni a provarlo?»
«Com--?»
 
È troppo in tilt per fare qualsiasi cosa, quindi lo prendo per un polso, apro la porta-finestra e lo conduco sul balcone con me.
«M-ma--» 
«Non preoccuparti, ti ho preso anche questa borsa - è fatta apposta -, così quando torni a casa la metti qui dentro senza doverlo smontare di nuovo.»
Alla vista del suo nuovo regalo si blocca, la testa che scatta tra me e il telescopio, l'indecisione sul da farsi.
«Oddio, è-- è--»
«Ti piace?» chiedo felice.
Lui annuisce forte, veloce: «Tanto! Ma-- p-perché--?» balbetta, avvicinandosi al telescopio con circospezione.
«Perché a mezzanotte?»
«Sì, intendevo quello -- perché?»
 
Lo scosto gentilmente dall'apparecchio, appoggiandomi contro la lente e ignorando i suoi “Hey! Hey, fammelo provare, è mio, ora!” dietro di me.
 
Non mi ero sbagliato, grazie al cielo.
 
Mi allontano dalla lente e poggio una mano sulla schiena di Matt per permettergli di guardare.
 
«Guarda lì, non muovere l'obiettivo.»
«Ma dov-- Oh, cazzo.»
 
 
***
 
 
Appoggio l'occhio alla lente del telescopio, e non ci posso credere.
«Oh, porca p--» le parole mi muoiono in gola.
«Hai visto?»
 
E sono un cazzo di sfigato in un paesino in culo al mondo, ma ora sto assistendo allo spettacolo più bello del mondo, perché decine di comete stanno cadendo davanti ai miei occhi, e io le sto guardando.
«D-- oh, mio-- Dom, dev-devi vederlo!» grido, senza staccarmi dall'apparecchio.
«No, Bells, guarda tu. È il tuo compleanno!»
«M-ma come facevi a saperlo?»
«Lo dicevano al notiziario. Una pioggia di meteore a mezzanotte circa del dieci giugno, non visibile ad occhio nudo, ma visibile con un telescopio, anche amatoriale. Durerà qualche ora.»
«Oddio, Dom, io--»
«Non è una gran cosa, a quanto dicevano succedono continuamente, cose così. Solo che non non ce ne accorgiamo. Figo, eh?» chiede retorico.
 
Mi stacco di malavoglia dalla lente e mi fermo un attimo a guardare il mio amico, appoggiato a braccia conserte allo stipite della porta-finestra.
E lo abbraccio, anche se magari sono noioso, a continuare a farlo.
 
«Hey, Bells. Sono solo stelle.»
No, è importante per me.
«Non devi ringraziarmi, non serve.»
 
D'accordo.
Grazie, Dom.
 
Chissà quanto ci hai pensato.
 
 
*
 
 
Non so quanto restiamo lì, in terrazza, ma è abbastanza da abituarmi alla visione di queste meravigliose comete, che ora stanno scemando.
E Dom se ne sta lì, appoggiato a quello stipite maledetto, ad aspettare che io dica basta.
 
E lo abbraccio - sì, ancora - prima di chiedergli di rientrare.
«Grazie davvero, Dom. Non so neanche cosa dire. Sul serio.» dico sincero, senza mollare la presa.
Il suo fiato, quando mi risponde, mi solletica la nuca.
«Sono contento che ti abbia tirato su, sai?»
 
Annuisco, non so davvero come ringraziarlo. 
«Ma...non si rovina, se lo lasciamo qui fuori, stanotte?»
«No, Bells, tranquillo, non piove.»
 
 
***
 
 
«Dom.»
«Sì?»
«Stai dormendo?»
«No.»
«Mh.»
 
Dio, che caldo sotto queste coperte.
 
«Che c'è, Bells?»
«Ho fame.»
«Sono le due del mattino!»
«Mangiamo?» chiede lui, ignorando bellamente ciò che ho detto.
«Matt, domani c'è scuola.»
«Per stare a fissare il soffitto morendo di fame, meglio stare a fissare il soffitto con la pancia piena, no?»
 
Sorrido nel buio. Perché no? A cena non ha toccato cibo.
 
«Aspettami qui» sussurro.
 
 
***
 
 
Aspetto in camera di Dom, aspettando che lui si ripresenti. 
Due minuti, quattro minuti, otto. 
La sveglia digitale a sottolinearli, luminosa nel buio della stanza.
 
Si apre la porta e compare lui.
«Eccomi. Accendi la luce.»
Obbedisco, sporgendomi dal letto - imprecando a causa del freddo - e tirando la cordicella dell'abat-jour.
«Cosa hai preso?» chiedo raggiante, mettendomi a sedere sul letto e rimbalzandovi sopra in modo sciocco.
 
Dom ha un grosso sacchetto in mano, di quelli di plastica un po' rigida che mia mamma e la sua usano per andare a fare la spesa e non dover comprare ogni volta le buste di Tesco.
«Beh...»
Estrae dal sacchetto una grossa tovaglia a quadretti rossi e bianchi.
«...Pensavo...dato che non hai avuto il tuo picnic...»
 
Non è possibile che tu sia così meraviglioso, Dom.
 
E mi alzo, mi accosto a lui e lo aiuto a stendere la tovaglia per terra, ad apparecchiare con i piatti di carta e a tirare fuori troppe bottiglie di bibite perché io possa anche solo pensare di riuscire ad assaggiare tutte.
E sorrido, pensando che ho sorriso più oggi, in una giornata, che in tutto il resto della settimana.
 
Sistemo anche le forchette e i coltelli - di plastica anche quelli - e rido quando scopro che in realtà in nostro spuntino consisterà in patatine, popcorn, nutella e schifezze varie.
 
Sono felice, sai, Dom? 
 
 
*
 
 
«Ma» annaspo un po', la bocca piena di patatine «questa tovaglia a quadretti molto campagnola dove l'hai presa?» chiedo divertito.
«Sei invidioso perché è molto bella, vero?» replica ironico lui.
Gli reggo il gioco.
«Sì, mi piacerebbe farmici dei pantaloni. Mi ci vedi?»
Dom ride istericamente e io mi butto addosso a lui, travolgendo tutte le bottiglie - fortunatamente ben chiuse - e facendo non meno casino di lui.
«E sta' zitto, coglione!» sibilo «Vuoi farci sentire?»
«Pfffahaha-- scusa, no, è che-- pfffahaha--»
Lo scuoto per le spalle - piano, per non fargli male.
«Maledetto! Parla! Che c'è?»
«Scusa, è che tutto questo mi ha fatto ricordare una cosa!»
«Howard. Parla. Adesso.»
Mi guarda con un sorriso sornione, compiaciuto: «E va bene. Aspetta un attimo.» dice, alzandosi da terra per prendere qualcosa da un cassetto della scrivania.
 
È voltato di spalle, ma vedo chiaramente che si sta rigirando tra le mani una grossa cartella di plastica, contenente decine e decine di fogli.
Ne estrae uno, separandolo dagli altri, ripone il resto nuovamente nel cassetto, e torna da me.
 
Mi porge ciò che ha tra le mani, senza dire nulla, e si siede di fronte a me.
 
Mi ritrovo davanti ad un disegno orripilante, che rappresenta - o meglio dovrebbe rappresentare - due ragazzi - o uomini, o bambini - completamente identici tra loro tranne per il colore dei capelli.
Sono situati su un prato fiorito, accanto a una tovaglia a quadretti imbandita di-- oh, che orrore, questa roba è una torta?
Alla destra del foglio un albero (alto come i bambini), a sinistra dei fiori (nettamente più alti dei bambini). Sopra al tutto uno strato azzurro che dovrebbe essere il cielo (solo sopra).
 
Sto per parlare ma mi blocco, ghiacciato dall'ultimo, beffardo particolare.
Sette lettere.
Una M che apre bene la sfilata di lettere successive, una A molto più in basso della M, una T che se n'è accorta, di quell'abbassamento inopportuno della scritta, e si risolleva, un'altra T svogliata, una H stranamente ben fatta, se vista a sé, e una W che ha perso decisamente il controllo, storpiata all'inverosimile.
 
M A T T H E W
 
Matthew. 
 
«Oh, no.» bisbiglio.
«Oh, sì, invece. Non te lo ricordavi?»
«Dove l'hai trovato?»
«Me l'avevi regalato tu alla fine dell'anno, Matt!»
Dom si mette al mio fianco, un sorrisetto dipinto in volto e il mento appoggiato alla mia spalla per vedere meglio il disegno.
«No. No.» sussurro, agghiacciato.
Lui ride, facendomi muovere un po' per reazione, perché mi sta addosso.
«Scuola statale di Teignmouth, classe prima elementare, anno scolastico 1983/1984--»
«--Disegno di Matthew Bellamy.» completo io, sorridendo.
«Esattamente. Tema: “You and your best friend”
 
Rimaniamo un po' in silenzio a fissare quel foglio, pochi secondi - giusto il tempo di cercare di indovinare in che modo brutale verrò preso in giro.
 
«Cazzo, Bells, facevi proprio cagare, in disegno.» 
Ecco, appunto.
«Vaffanculo!» replico, falsamente indignato.
«Dai, guarda qua!» esclama, togliendomi quell'offesa all'arte dalle mani e mettendosi a ridere «Allora, intanto la vegetazione in generale non è mai più bassa di me e te. Poi, questo palo--»
«--È un fiore, quello!» grido scandalizzato.
«Sssh, e non fare casino! Dov'eravamo rimasti? Ah, sì -- questo fiore è orrendo. Poi abbiamo: la tovaglia, che non poggia sul prato ma sta in piedi tipo tenda, opponendosi ad ogni legge della prospettiva...»
«Sei proprio uno stronzo, Howard! Ti ho pure messo nel mio disegno!»
«Ora arrivo anche a quello, voglio analizzare proprio tutto!» ride «Dunque, cosa abbiamo qui? -- la torta! Aaah, bella, complimenti!»
«Fottiti.» gli ritorco, sorridendo.
«Poi poi poi...una posata, anche se siamo in due...»
«Vedi? Vedi? Questo è profondamente significativo!» dico io «La Posata dell'Amicizia, chiaro richiamo alla condivisione con chi si ama.»
«Sì, Bells, d'accordo.»
«E non mi dire “sì” come ai matti!»
«Sì, Bells, ok.»
 
Sbuffo, ma in realtà mi sto divertendo da morire.
 
 
*
 
 
«Che ore sono?» chiede Dom.
«Le-- oh, cazzo! -- le tre e dieci.»
«Oh, merda! Aspetta, passami le cose, che le porto giù -- sì, così,  che non devo fare due viaggi -- perfetto.»
«Hai bisogno?»
«No, no, no. Arrivo.»
«Ti aspetto, sì?»
«Sì.» 
 
Mi sistemo sotto le coperte - che freddo, che fa, mamma mia - e caccio in un sospiro tutti i ricordi della giornata, immaginando di vederli fluttuare davanti a me, su uno schermo, come al cinema.
 
Sembrano passati mesi da quando ho pranzato al Mac Donald's.
Cosa mi ha regalato papà? -- Ah, già, la telecamera. 
E poi -- Oddio, il telescopio, e le comete, e il picnic in camera.
Avrei la tentazione di uscire di nuovo e attaccarmi al regalo che mi ha fatto Dom, ma so che poi non riuscirei più a staccarmi - che freddo, e ho anche sonno.
 
Mi spavento quando si apre la porta, scatto metallico, da quanto ero soprappensiero.
 
«Hey.» 
 
Dom. Amico mio.
 
Tu sali sul letto e io salgo su di te, abbracciandoti più forte che posso, finché non mi fanno male le braccia.
«Grazie, Dom.»
«E di cosa?» sorridi, anche se non ti posso vedere lo so.
«Di tutto. È stato il compleanno più bello della mia vita. Il telescopio è bellissimo. Davvero. E non avevo mai visto uno spettacolo più bello di quello.»
 
Mi stringi un po' più forte anche tu, finché non ci stacchiamo.
 
 
***
 
 
Abbraccio finito. 
Restiamo qualche secondo uno di fronte all'altro.
 
Sono così felice, di farti contento, Bells. Non sai quanto. Non lo sai.
 
Mi prendi la testa con le mani, e fai una delle tue cose tipiche, bizzarre, tenere: mi baci la fronte, le labbra asciutte e profumate di dentifricio.
 
Quanto amo questa tua mania.
 
 
***
 
 
Spegni l'abat-jour e la luce, il cui interruttore fa quel rumore che adoro. 
Clic.
 
Qualche secondo in silenzio, ognuno con i propri pensieri, sorridendo nel buio come cretini - io, almeno, sì.
 
«Dom.»
«Mh?»
«Domani dobbiamo per forza andare a scuola?»
«Sì, temo.»
«Mh.»
 
«Dom.»
«Mh?»
«Mettiti sotto alle coperte.»
«Te lo scordi! Morirò, se starò un'altra notte là sotto!»
«Niente storie, Howard.» replico deciso, alzando la stoffa per facilitargli l'ingresso.
«Bells--»
«Ho detto
 
Sbuffi, ma come al solito mi assecondi.
 
«Ecco. Contento?»
«Sì.»
 
Passano quattro minuti, la sveglia fastidiosamente puntigliosa a ricordare l'orario.
 
«E comunque quel fiore sembrava un palo.» dici, di punto in bianco, e ti do una piccola sberla, ridacchiando, prima di addormentarmi.
 
 
 
***
 
 
 
 
 
Ciao! •υ•
 
Che dire? Spero tanto che vi sia piaciuto! Grazie a tutte voi che state leggendo, sul serio! <3
Ci vediamo con il capitolo 6!
 
Pace!
 
pwo_
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
   
 
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