Piece IX ~ Fastidio
Il sovrintendente Yagami posò su una scrivania le carte che reggeva in mano e lanciò un'occhiata stupefatta in giro: ancora non credeva di trovarsi
in quel posto.
Una stanza gigantesca dalle pareti metalliche, ben illuminata da potenti luci
artificiali e con un intero lato occupato solo da decine e decine di schermi a
cristalli liquidi, su cui giravano ogni secondo miliardi di informazioni
dettagliate e riservatissime. Al centro della parete, troneggiava uno schermo
alto più di due metri. Sembrava la torre di controllo di uno space shuttle,
invece era 'semplicemente' una stanza al piano terra dell'ipertecnologico grattacielo che L aveva fatto
appositamente costruire per
investigare su Kira.
Si erano trasferiti lì da poco meno di una settimana: per
esattezza, la sera stessa dell'incidente all'università.
Yagami fissò la sua attenzione sul ragazzo che stava seduto in modo strano su una delle
sedie di metallo, davanti ad un portatile: com'era possibile che una sola
persona potesse tutto questo?
Mentre Mogi, seduto al suo fianco, continuava a lavorare, lui si alzò e si
direzionò verso la postazione di L, accanto a cui era seduto Light. Inaspettatamente, L gli aveva chiesto di partecipare alle indagini su Kira,
e lui aveva accettato di buon grado. Il sovrintendente era però tutt'altro che
soddisfatto della decisione di suo figlio: non riusciva ancora a passare sopra al fatto che, per aiutare L, fosse rimasto
ferito durante una sparatoria.
Yagami era a due metri dalle spalle dei ragazzi, che discutevano fra loro su chissà che
cosa, quando sentì L esclamare:
"Hai ragione Light, è davvero incredibile!".
Il ragazzo, forse in risposta, sbuffò. "In realtà, la cosa più incredibile è che
tu sia uscito da tutta questa storia del sequestro senza neanche un graffio."
Si guardò la grossa fasciatura che aveva sul braccio sinistro.
L lo studiò con sguardo penetrante:
"Sai Light, da come lo dici, sembra che la cosa ti dia un grande dolore".
Prima che lui potesse ribattere, Yagami gli poggiò una mano sulla spalla:
"Ryuzaki... mio figlio stava scherzando," disse corrucciato al
detective.
Light assunse un'aria abbattuta: "Lascia stare, papà. Lui... è convinto che io sia Kira".
"Ancora convinto?" Yagami si alterò. "Ma Ryuzaki, mio figlio, pur di aiutarti, è stato ferito
gravemente!"
L, per tutta risposta, si infilò in bocca un dolcetto al cioccolato.
"Signor Yagami, sa meglio di me che un buco nel braccio non può essere chiamato
ferita grave," ribatté. "E poi ti toglieranno le fasciature domani, giusto,
Light?"
"Hai persino voluto vedere il video registrato dalla telecamera di
sorveglianza del laboratorio, dato che dubitavi delle parole di Light. Non ti
sei ancora convinto?" insistette Yagami.
"No," ammise piatto L, ingoiando il boccone. Raccolse dal vassoio che aveva accanto a lui un altro dolce e lo
guardò intensamente.
Light sapeva che, in quel momento, L stava rievocando
nella sua mente ciò che aveva visto nel video registrato nel laboratorio: Light entrava
nella stanza e si guardava intorno, quando all'improvviso veniva
raggiunto da uno dei complici del sequestratore, lo stesso uomo calvo che aveva
tentato più volte di ucciderli. L'uomo estraeva un pistola e sparava a più riprese
contro di lui.
Al secondo sparo, Light veniva colpito al braccio sinistro, e cadeva a terra,
perdendo i sensi. Al terzo sparo uno dei proiettili, forse rimbalzato contro un macchinario,
tornava indietro e colpiva l'uomo, che
si accasciava a sua volta a terra, agonizzante.
Questa sequenza breve ma elettrizzante scagionava Light da ogni possibile
accusa di essere Kira, un complice, o addirittura l'organizzatore del sequestro. Light, come
il copione di un film, l'aveva scritta sul frammento del Death Note che aveva
nel portafogli, per usarla come alibi nel caso in cui L fosse sopravvissuto:
"Keiichi Hime, raggiunge un ostaggio fuggito nel laboratorio di elettrofisica al 4^ piano. Spara e lo ferisce al braccio sinistro, ma uno dei proiettili torna indietro, ferendolo a morte".
L'unica cosa non prevista era stata che uno dei
proiettili sparati aveva urtato contro la centralina elettrica del laboratorio,
causando un grave corto circuito che in poco tempo aveva fatto saltare tutte le
luci dell'università. Ma per quanto lui non avesse mosso un dito per aiutarlo, L era riuscito
comunque a cavarsela.
"Quest'uomo è davvero baciato dalla fortuna," pensò Light.
Un altro buco nel suo piano era stato che, nonostante tutto, L continuava a
sospettare che lui fosse Kira.
Ma neanche L poteva sospettare per sempre, soprattutto di fronte a prove così
evidenti della sua innocenza: Light era un semplice studente coinvolto nel sequestro, che aveva
tentato in ogni modo di aiutare il detective in difficoltà ed era stato ferito
nel tentativo. Light Yagami era un eroe, credevano tutti gli agenti di polizia.
E presto se ne sarebbe convinto anche L.
"Ryuzaki," sbottò il sovrintendente, "questa situazione è per me insostenibile. Voglio sapere quanto
sospetti di mio figlio".
"Le probabilità che Light Yagami sia Kira, dopo gli ultimi avvenimenti,
sono scese al 2%. Ma capirà che, in assenza di altri sospetti, mi concentro su
di lui," replicò L.
Balle, pensò però il detective. Le percentuali che sparava di tanto in tanto a chi gliele
chiedeva erano
casuali: lui non diceva mai ad alta voce una percentuale dell'1% se prima lui stesso non ne
era convinto al 101%. Nè Light né suo padre potevano immaginare che la visione di quel video non
aveva fatto altro che confermare i suoi dubbi sul fatto che Light fosse Kira: ogni qualvolta Light
Yagami ostentava le prove della sua innocenza, L si limitava a ripensare che Kira può
manipolare la morte delle persone.
Con questo, Light si era con tutta probabilità liberato dell'agente Penbar, che
lo stava pedinando, e di Naomi Misora, che probabilmente lo aveva scoperto.
E se a questo univa il fatto che Kira, per uccidere, ha bisogno di un nome e di
un volto...
E che solo lui e Light avevano sentito l'amico di quel tale Hime chiamarlo per
nome...
L era sempre più convinto che il serial killer da lui tanto disperatamente
cercato gli era seduto proprio accanto.
Chiedergli di partecipare alle indagini per tenerlo sotto controllo era stata una mossa astuta, ma molto
azzardata.
Sarebbe riuscito a giocare con il fuoco senza bruciarsi?
Il signor Yagami, alla risposta di L, parve sollevarsi da un grosso peso, peso che si attenuò ulteriormente quando vide che
il detective stava
offrendo uno dei suoi ipercalorici dolci a suo figlio: un gesto amichevole ed ammirevole, dato
che, solitamente, ne era gelosissimo.
Light, nonostante odiasse tutto ciò che esiste di dolce a questo mondo, lo accettò per educazione.
Quando il giovane ebbe dato un paio di morsi, L gli sventolò a tradimento
davanti agli occhi una foto appena raccolta dalla stampante:
"Ehi Light-kun, cosa ne pensi di questa?" gli chiese, reggendo fra le
labbra un altro dolcetto.
Light prese in mano la foto: il tempo di visualizzare cosa ritraeva, ed i
bocconi che a fatica aveva appena mandato giù gli risalirono in gola: non era
mai stato debole di stomaco, ma stavolta riuscì a trattenersi dal vomitare tutto
sulla scrivania giusto il tempo di afferrare un fazzoletto e portarselo contro
la bocca.
L lo guardò incuriosito, quindi, reggendola fra il pollice e l'indice, girò la foto verso di
lui.
"Light-kun, non ti facevo così impressionabile," commentò, mentre ingoiava con
indifferenza il suo dolce.
Il castano, asciugandosi le labbra con un un altro fazzoletto dopo aver gettato
via il primo, si chiese furente se L l'avesse fatto apposta.
"Allora, che ne pensi di questa foto?" insistette lui.
Light sospirò, strappandogliela di mano e fissandola con attenzione, reprimendo
un altro istintivo conato di vomito: "Che cosa vuoi che debba pensare? Sembra che
quest'uomo sia stato investito da un camion".
L annuì, incerto. "...si, ma solo dopo che il suo cadavere fatto a pezzi sia stato calpestato da
un branco di bisonti," soggiunse.
Yagami, ancora in piedi alle spalle dei due giovani, era anch'egli nauseato da
quella foto: il corpo senza vita che ritraeva era così irriconoscibile e martoriato da fare senso
al più freddo medico legale del mondo. Il poliziotto non sapeva se fosse più disgustosa
la vista degli organi interni sparsi a terra, quella della faccia completamente
spaccata e coperta di materia cerebrale, o quella degli arti dell'uomo,
piegati in modo da formare
impressionanti angoli innaturali.
"E' un'altra vittima di Kira?" chiese a L.
"Forse," rispose lui enigmatico. Si infilò in
bocca un ennesimo dolce, continuando a fissare la foto:
"Mi chiedo con che arma possano essere state inferte queste ferite," pensò ad alta
voce.
"Ed io come tu possa mangiare in un momento del genere," sbottò
Light.
"E' davvero terribile," ammise Yagami. "Chi può aver fatto una cosa del genere?"
"Qualcuno che mi è stato a due passi, dato che questo è il corpo di John
Brook, l'americano che ha organizzato il sequestro all'università," disse
L con un'indifferenza da cui però traspariva preoccupazione.
Light e suo padre lo guardarono sconvolti: che cosa significava?
L non si curò della reazione dei due ma chiuse gli occhi, ripensando a ciò
che era accaduto quel giorno di una settimana fa: l'ultima cosa che ricordava
era che Ichigo era scoppiata in lacrime davanti a lui, senza motivo apparente, e
che lui aveva
cercato di riportarla alla ragione. Lei ne aveva approfittato per baciarlo, e
poi...
Poi, ricordava di aver sentito le forze abbandonarlo, come se qualcosa le avesse
risucchiate di colpo ed avesse spento la luce.
Gli agenti di polizia che li avevano raggiunti gli avevano successivamente
riferito di aver ritrovato lui e la ragazza svenuti a terra a pochi metri l'uno
dall'altro e, accanto a loro, i resti inquietanti di quel cadavere, che la
scientifica gli aveva appena comunicato essere del sequestratore.
L, sinceramente, aveva creduto che quel tipo fosse scappato, invece pareva
che li avesse seguiti. Ma lui non ricordava di aver visto nessuno, prima di svenire.
Da lì sorgeva il dubbio: perchè aveva perso conoscenza così all'improvviso?
Qualcuno lo aveva colpito a tradimento, poi aveva colpito Ichigo, ed infine
aveva ucciso Brook? O forse era stato lo stesso Brook a colpirli entrambi, prima
di essere ucciso? Ma, in ogni caso, chi diavolo era stato ad ucciderlo? Ichigo
lo aveva visto in faccia? E - chiunque fosse stato - perchè non aveva riservato
a loro due lo stesso trattamento?
L non riusciva a darsi una risposta a queste domande.
Era ancora fermo con la foto sotto gli occhi, quando il telefono dalla parte di Light
iniziò a trillare. Quest'ultimo allungò la mano per prendere la cornetta, ma
L fu più veloce.
"Ehi!" esclamò Light, tirandosi velocemente indietro con la sua sedia per evitare che il detective lo
travolgesse con il suo slancio.
L afferrò il telefono, agitato come se da quella telefonata dipendesse la
sua vita: "Matsuda-san, che succede?" domandò.
"Ryuzaki, si è ripresa!" strillò il giovane dall'altro capo del telefono.
L trattenne il fiato:
"Arrivo subito!" disse, e lanciò la cornetta a Light, che lo guardò malissimo.
"Pare che fra poco i nostri dubbi saranno chiariti," spiegò il
detective, infilandosi
velocemente le sue scarpe da ginnastica. "Ichigo si è svegliata, vado a
parlarle".
"Quanta fretta, ci tieni così tanto a quella ragazza?" osservò con
pacata irritazione Light, rimettendo a posto ciò che restava del telefono.
"No, ma è l' l'unica che può darci delle spiegazioni," fu la risposta
pronta di L prima di allontanarsi su per le scale.
In effetti era così: da come si erano messe le cose, quella ragazza era l'unica
che poteva aiutarlo a dare una svolta alle indagini. Anche se L non poteva
nascondere di provare un certo sollievo già solo per il fatto che si fosse
ripresa: mentre lui, sei giorni prima, si era risvegliato non appena il
poliziotto che li aveva trovati lo aveva scosso per le spalle, lei non aveva più
riacquistato conoscenza. Era come se lo shock l'avesse fatta cadere in una sorta
di trance: era in perfetta salute, però
non era più in sé. L'avevano portata al quartier generale, in una stanza dell'infermeria,
in cui ogni giorno un medico diverso, fra i migliori che L conoscesse, era
venuto a visitarla, ma nessuno era riuscito a fare
nulla.
La ragazza stava lì, con gli occhi fissi verso il muro che aveva davanti, ma tentare di
comunicare con lei era come parlare ad un vegetale.
Si trovava in un altro mondo. I medici dicevano che non esisteva un modo per
farla tornare normale: dipendeva solo dalla sua volontà. A quella risposta, L aveva creduto che non ci
fossero speranze, dato che l'aveva vista così fragile. Però, su loro consiglio, a costo di tralasciare le indagini su Kira, aveva passato ogni giorno
molte ore in quella stanza con lei per parlarle e convincerla a tornare. Ma, nonostante avesse tentato a più riprese,
ogni volta con argomenti e toni diversi, alla fine di ogni giornata non
aveva ottenuto altro che una deprimente sensazione di rabbia ed impotenza.
Quella mattina, quei sentimenti gli erano diventati così forti insopportabili che aveva deciso di non tornare
mai più da lei, ed aveva chiesto a Matsuda e Aizawa di starle vicino e di
avvertirlo immediatamente in caso fosse successo qualcosa.
Non pensava che lo
avrebbero chiamato così presto. Si sentì quasi in colpa per averla abbandonata
proprio ad un passo dal suo risveglio.
Raggiunse velocemente l'entrata dell'infermeria: nella piccola sala d'attesa
all'ingresso trovò due agitati Matsuda e Aizawa che parlavano fra loro,
sconvolti.
Gli si fermò davanti, le mani nelle tasche. "Che succede? Perchè siete qui
fuori?" gli chiese.
Matsuda si strofinò una mano dietro la testa per nascondere l'imbarazzo:
"Si, ecco...noi...noi non volevamo..." iniziò balbettando.
L parve innervosirsi:
"L'avete spaventata?"
"No, no, no," si affrettò a rispondere Aizawa. "E' solo che..."
"L'hanno spaventata," si disse L, aggrottando la fronte. "Allora aspettatemi qui,"
ordinò ai due, avanzando verso la porta della stanza dove era
ricoverata la ragazza.
"Un momento, Ryuzaki!" lo fermò Aizawa.
Il moro lo guardò interrogativo.
"Io e Matsuda crediamo che...abbia perso la memoria," concluse
il poliziotto.
L strinse la maniglia, incredulo:
"Cosa?"
Maledizione, non ci voleva.
Entrò nella stanza, richiudendosi la porta alle spalle. Nonostante tutto, non
poté trattenersi dal provare una certa tenerezza quando vide la ragazza seduta sul letto che si
abbracciava le ginocchia, guardando fuori dalla finestra: stava bene.
Quando si accorse della sua presenza, lei si voltò nella sua direzione: incrociarono gli occhi per qualche secondo.
"Ehi, come va?" le chiese lui in tono cauto, rompendo infine il silenzio.
Lei inclinò la testa da un lato, guardandolo come si potrebbe guardare un ladro
che si è introdotto nel proprio appartamento. "Potrebbe andare meglio. Dove sono?"
"In un'infermeria," rispose lui vago, avanzando nella stanza.
"Ichigo, ti devo chiedere delle cose," cominciò poi.
La ragazza inarcò le sopracciglia. "Ichigo?" ripeté.
L si accovacciò su una sedia, al suo solito modo.
"Non...ricordi come ti chiami?" le chiese, guardandola fisso.
"Ma certo che si!" fu la risposta orgogliosa dell'altra. "Io sono...sono...".
"A me risulta che ti chiami Furude Ichigo, hai vent'anni e vivi in un
appartamento qui a Tokyo, sola," spiegò il detective.
Lei sorrise ironica:
"Ah, si? E tu come lo sai? Sei un mio parente? O un mio...'amico'?"
L si irrigidì: quella non era più la ragazza che conosceva. Ma forse era solo
sconvolta: era comprensibile, dopo l'esperienza che aveva vissuto. In situazioni del
genere, gli consigliò il suo buonsenso, bisognava solo avere pazienza.
"Non ti ricordi di me?" le chiese, con curiosità mista a delusione.
"No".
"Sicura?"
Lei lo guardò, e dovette ammettere che, in fondo, quello strano ragazzo le era
familiare: "No".
"Che cosa sai di me?"
"Che ti chiami L".
L si portò il dito sul labbro inferiore, alzando lo sguardo verso il soffitto
bianco:
"Perfetto. In pratica ricordi l'unica cosa che avresti dovuto dimenticare,"
osservò a bassa voce. Riportò la sua attenzione su di lei: "Guarda che ti
sbagli, io non sono L".
La ragazza strinse i pugni sulle lenzuola:
"Tu sei L Lawliet," disse imperterrita.
Ma come...
"Ti sbagli, io..."
"BUGIARDO!" gridò d'istinto Sayo.
Perchè quel tipo le mentiva così, se lei poteva leggere distintamente il suo nome? Forse lui non
sapeva che lei poteva
farlo?
L, gli occhi sbarrati, poggiò le mani sulle ginocchia. Poiché non riusciva a
sostenere lo sguardo furente della ragazza, si girò verso la finestra, ma senza
guardare in realtà il bel panorama esterno, illuminato dal sole del mattino.
"Si, hai ragione, io sono L. Ma tu chiamami Ryuzaki, per favore,"
mormorò.
Fu sorpreso nel sentire la ragazza scoppiare in una risata. Si voltò verso di
lei che, una mano davanti alla bocca, continuava a ridere di cuore.
"Scusa, ma più che un drago, seduto a quel modo mi sembri un bradipo" (*)
ammise.
"E' un'offesa?". L decise di ignorare quell'osservazione.
A lui piaceva quel soprannome. "Chiamami come vuoi, ti chiedo solo di non dire a nessuno il mio vero nome. Posso fidarmi?"
La ragazza annuì, asciugandosi una lacrima per il troppo ridere.
L sospirò: poteva fidarsi sul serio?
"Ehi, Ryuzaki!" gli chiese lei dopo un po', con ancora un lampo divertito
sul volto: "Scusa la domanda, ma vedi qualcosa sopra la mia testa?"
L la guardò come se fosse un pazzo fuggito dal manicomio: "Cosa dovrei vedere?"
La ragazza si alzò dal letto per andarsi a specchiare, per quanto possibile, nei vetri
della finestra: l'aura rossa sul suo capo recitava a grosse lettere scarlatte il
nome 'Sayo'.
"Ichigo, cosa dovrei vedere?" ripeté L, quasi con preoccupazione.
Sayo realizzò in quel momento che lui non poteva vedere le aure. Neanche le due
persone che c'erano prima, a quanto pareva, ne erano in grado, dato che non
sapevano come chiamarla. Perdipiù, L le aveva chiesto di non dire a nessuno il
suo vero nome. Pareva proprio che questo dono fosse solo suo.
Esaminò quella di L: il colore predominante era una luce blu intenso. Qualcosa le
diceva che quel ragazzo era un illuminato: onesto, sensibile, creativo,
spirituale, intelligente. Ma, interpretando i numeri scritti sotto il suo nome
capì,
non sapeva perché, che sarebbe morto di lì a poco.
Provò una certa tristezza.
"Nulla, non era nulla," disse, tornando a sedersi sul letto.
"Ichigo..."
"Non chiamarmi così! Questo nome strano mi dà fastidio. Io sono Sayo".
"E questo da dove esce fuori?" pensò L. Quella ragazza aveva la
capacità unica di farlo andare in confusione. Lui, che aveva un quoziente
intellettivo pari a 197. Prese un
breve respiro per calmarsi. "Scusami, Sayo. Ricordi perchè sei finita qui?"
Lei scosse la testa.
"Sforzati, per favore," insistette lui.
Sayo ci rifletté su per qualche secondo.
"Un quaderno..." mormorò alla fine. "Io sono qui perchè...ho perso un quaderno...".
Una lucina si accese nella mente di L:
"Un quaderno? Che significa?"
"Uhm..."
"Ich...Sayo, non ricordi altro?"
"No..."
L si alzò in piedi:
"Non ricordi proprio nulla? Neanche del sequestro..."
"Basta, smettila!" gridò Sayo, le mani alle tempie.
"Non lo faccio perché mi diverte," rispose secco L . "E' importante!"
Sayo stava davvero perdendo la pazienza.
"Senti, se ricordassi qualcosa, te lo direi, davvero!" esclamò.
Incrociò le braccia e si girò dall'altra parte, dandogli le spalle.
"Ora scusami ma vorrei riposare, quindi per favore vattene".
"Non voglio insistere, ma ti ripeto, è importante che tu ricordi! Io..."
Sayo si girò di scatto verso di lui:
"Tu mi dai fastidio!" scandì, seccata.
L si sentì come se qualcuno gli avesse appena sparato in pieno petto.
Con un gesto istintivo,
spinse via la sedia su cui teneva poggiata la mano: "Perfetto,"
concluse.
"Perfetto. Buon riposo allora,"
disse, prima di uscire dalla stanza. Richiuse dietro di sé la porta.
Si rimise le mani in tasca, chinando un poco la schiena.
"'Tu mi dai fastidio!' Ma sentitela! Dopo tutto quello che ho fatto per lei!".
Fuori dall'infermeria, Matsuda ed Aizawa gli vennero incontro:
"Ryuzaki, come..".
Lui non smise di camminare verso l'uscita: "Vuole riposare," rispose
brevemente agli
agenti.
"Eh?" Matsuda lo seguì trotterellando. "Ma Ryuzaki..."
"Non la disturbate".
"Ryuzaki!"
"Torno di sotto".
Aizawa si fermò davanti alla soglia dell'infermeria, osservando il detective
scendere le scale con un diavolo per capello: "Io avevo cercato di
avvertirlo," pensò.
**********
Light smanettava con poca voglia davanti al suo portatile. Dopo che L si era
allontanato, suo padre era tornato al suo posto di lavoro alla
scrivania dall'altra parte della stanza, lasciandolo solo. Era normale: quel
povero vecchio non sospettava minimamente chi fosse in realtà. Guardò
l'orologio: erano già dieci minuti che L era via. Doveva preoccuparsi?
Da come gliene aveva parlato, pareva che la ragazza a cui teneva tanto avesse uno stretto legame con Kira,
o meglio, con il secondo Kira. Ed L era convinto che, se fossero riusciti a provare
la sua esistenza e a trovarlo, avrebbero potuto usarlo per arrivare anche al Kira originale. Lui.
Nonostante Light fosse convinto che quella ragazza non potesse essere di minimo
aiuto ad L, l'avrebbe uccisa volentieri per sicurezza, magari per una complicazione del coma; ma tutti i
dannati medici con cui L aveva parlato continuavano a ripetere che lei non era in pericolo di vita.
Morale della favola: se Light l'avesse uccisa, L si
sarebbe insospettito.
Non restava che aspettare il momento adatto.
Light aveva appena finito di digitare la password per disattivare il suo
screensaver, quando un frammento di carta gli si posò, svolazzando, sul braccio.
Incuriosito, lo prese fra le mani per guardarlo, ed un istante dopo sentì la
testa pulsargli per il terrore e la sorpresa: un orrendo Shinigami era comparso davanti
a lui. Light si tirò indietro e represse a stento un grido di paura; lanciò una rapida occhiata
agli agenti di polizia, troppo distanti per notare quel suo movimento
improvviso.
Fingendo di tornare a guardare lo schermo del computer, si rivolse a bassa voce allo shinigami,
un essere altissimo e pallido:
"Tu sei lo shinigami del secondo Kira?" gli chiese.
"Io sono Rem," fu la risposta irata di quello. "Il secondo Kira ti manda la pagina del
Death Note che ha scritto una settimana fa, come prova della sua fedeltà a te".
"Ma davvero?"
Light aprì il frammento di carta che aveva toccato: con una scrittura chiaramente femminile, tonda
e graziosa, recava la frase:
John Brook. 10/09/06, ore 13.00. Suicidio. Convince i suoi complici a prendere in ostaggio gli studenti dell'università Todai in cambio di L, affermando che li ucciderà tutti. Come prova, uccide il rettore dell'università. Minaccia di morte Amane Misa, portandola in una stanza isolata. Quando L si fa vivo, spara ai suoi complici e lo porta da lei. Infine, si spara alla testa.
Seguivano, sul retro del foglietto, i nomi dei complici e quindi quello del rettore, morti per ferita da
arma da fuoco sparata da Brook.
Quindi, era stata Amane Misa ad organizzare quel casino. Ingegnosa, ma troppo
ingenua ed
impulsiva per i suoi gusti.
"Perchè Misa mi cerca? Come puoi vedere, il secondo Kira mi ha portato solo guai. Non voglio avere
nulla a che fare con lui," sbottò.
"Per quanto io sia contraria, Misa vuole solo aiutarti nella tua missione," spiegò Rem. "So che vorresti conoscerla, e che hai bisogno di lei
per raggiungere i tuoi scopi. Non mentirmi".
Light strinse gli occhi: quello shinigami era molto perspicace.
"Hai ragione, ma ora sono tenuto sotto sorveglianza, e non posso fare nulla.
Vai
via, Rem, L potrebbe tornare da un momento all'altro. Dici al secondo Kira che
appena possibile lo contatterò io".
"Io non sono ai tuoi ordini, umano, e non me ne andrò finchè non mi avrai dato anche tu un pezzo del tuo Death
Note da portare a Misa, per permetterle di vedere lo shinigami Ryuk".
"Perché, non si fida di me?"
"Io non mi fido di te".
Light, seccato, porse a Rem l'ultimo frammento che aveva nel portafogli,
chiedendosi se avrebbe fatto meglio ad uccidere Misa.
"Ecco ciò che Misa mi ha detto di darti a questo punto". Rem gli porse un altro foglio.
"Aspetto una tua risposta".
Light aprì e lesse quel secondo foglio: era un normale pezzo di carta, anche
se vagamente profumato. Diceva:
Grazie per la tua fiducia,
Kira! Sappi che
Misa ha intenzione di aiutarti con tutta
sé stessa! Sono in debito con te, perchè hai vendicato la morte dei miei
genitori uccidendo il loro assassino. Te ne sarò grata per tutta la vita.
Per quanto riguarda il sequestro, come avrai capito avevo organizzato io tutto questo,
ma solo per te. Speravo che sarebbe servito
per avvicinarmi ad L. Misa ha fallito, ma tu sei riuscito ad entrare in contatto
con lui. Spero che tu stia bene. Sappi che anche io ho un Death Note, e come te lo uso per
uccidere solo le persone cattive. Ho ucciso il rettore perché mi aveva affidato quell'incarico
solo in cambio di non ti dico quali schifezze che gli avrei dovuto fare. E quei
criminali, ho usato loro perchè avevo notato al telegiornale di quella mattina che
tu non li avevi ancora uccisi. Però posso aiutarti ad uccidere L. Io ho gli
occhi, posso farlo per te.
Fai finta che io sia la tua ragazza. Accetta il mio aiuto. Misa farà di tutto per vederti.
Lette queste righe,
Light fece appena in tempo a nasconderle nella tasca prima che L comparisse alle sue spalle. Fortunatamente, il detective sembrava così preso dai suoi pensieri da non averlo notato.
"Allora...com'è andata?" gli chiese Light in tono vivace, cercando di
ignorare l'inquietante presenza dello shinigami che L, inconsapevolmente, aveva
appena attraversato.
"Male," buttò lì lui, mettendosi a sedere con aria nervosa e depressa. "Non ricorda nulla,"
precisò poi.
Gli occhi di Light, notò L, a quella risposta emisero un brillio divertito. Ma forse era una sua impressione:
in quel momento,
vedeva tutto nero.
"Proprio nulla?" chiese Light.
"Tabula rasa," recitò L.
Aveva deciso di non dire a nessuno che Ichig...cioé, Sayo, ricordava solo il suo
nome, perdipiù quello vero.
Come avesse fatto a scoprirlo, era e restava un mistero.
L prese dal vassoio gli ultimi due dolcetti con entrambe le mani, e fu a quel punto che Rem si pose davanti
a Light.
"Light Yagami, qual è la tua risposta a Misa?" domandò.
Lui parve esitare un momento.
"Va bene," rispose infine a mezza voce.
"Cosa hai detto?" chiese L, voltandosi verso di lui.
"Allora ci rivedremo presto," disse Rem con voce pesante. "Ma ti
avverto, se succederà qualcosa a Misa, io scriverò il tuo nome sul mio Death
Note, e ti ucciderò". Si allontanò verso la
parete più vicina, per poi passarvi attraverso come un fantasma e svanire.
"Ci mancava solo questa,"
pensò Light.
"Light-kun...?"
"Scusami, Ryuzaki, intendevo dire... va tutto bene, sarà una questione di tempo, ho letto che
in casi del genere di solito la memoria torna dopo
qualche giorno di riposo".
"Ah". L si leccò le dita, facendo una smorfia annoiata. "Lo spero". Premette
qualche tasto, facendo comparire una cartella con alcuni file. Ne aprì uno.
Light gli fu subito accanto.
"Cerchi ancora informazioni su di lei?"
"Magari c'è qualcuno che può aiutarla. A parte un manicomio, intendo".
L sfogliò rapidamente le informazioni che aveva già letto e riletto: Ichigo Furude,
all'età di 10 anni, era stata data in affidamento ai suoi zii di Tokyo dopo la
morte per incidente dei suoi genitori. Aveva frequentato le scuole medie ed il
liceo più vicini, conclusi entrambi con ottimi voti. Per più anni aveva prestato
volontariato e fatto parte di un'associazione umanitaria. Dopo il liceo, non
risultava iscritta a nessuna università. C'era però una sua denuncia archiviata
in commissariato: appena maggiorenne, aveva denunciato il suo
padre adottivo per violenze e maltrattamenti - a suo avviso protratti per
diversi anni - su sua moglie e su di lei, ma la polizia aveva presto archiviato
il caso. Un mese dopo la denuncia, lei aveva abbandonato la sua casa e preso in affitto un
piccolo appartamento in un altro quartiere. Lavorava come commessa in due negozi
e la sera era barista.
"Forse lavorava così tanto per risparmiare soldi per l'università," commentò
Light.
"Già." L chiuse la cartella. Non voleva far leggere a Light la parte più
interessante delle sue ricerche.
Dalle sue indagini, risultava che poco meno di due settimane prima il padre
adottivo di Ichigo era comparso al telegiornale come principale sospettato
dell'omicidio di sua moglie. Poco prima di essere giustiziato da Kira, aveva confessato di aver ucciso sia sua moglie che Ichigo.
Ed in effetti, sull'arma del delitto ritrovata c'era il sangue della ragazza, di
cui si erano trovate grosse tracce nelle vicinanze del suo appartamento. Ma
nessuno aveva mai ritrovato il corpo.
Che cosa significava? Che quella ragazza era in realtà un fantasma?
"Mi sembra una brava persona, direi un angelo. Non sembra legata a Kira o
al secondo Kira. Sospetti che lo sia?".
"Non lo so," disse L, frustrato.
Watari gli portò un vassoio con del té ed alcune paste alle mandorle. L ne prese
una, incerto.
Quello che stava pensando andava contro tutte le sue convinzioni razionali, ma
c'erano troppe cose che non quadravano in quella storia. Ichigo o Sayo, o
chiunque fosse, era una persona normalissima, ma conosceva la sua identità. Era
a conoscenza di cose importanti sul suo conto quando invece non avrebbe dovuto.
E poi, aveva convinto tutti di essere L. Aveva evitato la morte di chissà quante
persone, ed aveva salvato la vita a lui. Perdipiù, pareva essere tornata in vita
due volte, di cui una proprio davanti ai suoi occhi. Lo aveva protetto da Brook e dal
suo assassino. O forse, era stata lei stessa ad ucciderlo, utilizzando i suoi
poteri.
Perché L, nonostante non avesse mai creduto a cose del genere, si ritrovò a considerare la
possibilità che Ichigo fosse un esper, una persona dotata di poteri paranormali.
O forse, come diceva Light, era un davvero angelo, che lo stava proteggendo dalla morte che
lui stesso presagiva da quando aveva iniziato a lavorare sul caso Kira.
O, più semplicemente, lui era impazzito.
Kira, morti paranormali, manipolazioni pre-morte, resurrezioni, Shinigami, esper,
angeli... dannazione, lui era un detective, non
un investigatore dell'ECSO!
L aveva sperato che, quando lei si fosse svegliata, avrebbe potuto spiegargli
tutto, mantenendo la sua promessa. Quando si erano conosciuti, era sembrata
così bendisposta nei suoi confronti! Ora che però gli serviva,
lei aveva dimenticato tutto. Un tempismo perfetto.
"Ha detto che le dò fastidio," confessò a Light, mangiando il candito
sulla cima del dolce e posando il resto accanto alla tazza.
"Chi non lo direbbe?" commentò Kira. "L'avrai fatta arrabbiare,"
disse invece Light in tono consolante.
"Ma io non le ho detto nulla di male!" fu la risposta, quasi
piagnucolosa, del detective.
Light scrollò le spalle:
"A questo punto, lei potrebbe non dirti nulla per ripicca".
L si morse il dito: questa non sarebbe stata una buona cosa.
"Potresti presentarmela," continuò Light. "Magari potrei parlarle io. Le
racconto con calma ciò che è successo, la sua vita, la aiuto a riacquistare la
memoria e ad aiutarti con le investigazioni. Non voglio vantarmi, ma
ho un certo successo con le ragazze".
L lo guardò: "Meglio di no," fu la risposta nervosa.
"Perché?" domandò Light, stupito.
"Perché no".
"Ryuzaki, continua così e penserò che tu sia geloso".
L si innervosì: cercava di provocarlo? Sorrise internamente: non si può essere
gelosi di una persona che non si ama. "Light-kun, se ti trovassi di fronte ad un probabile Kira, che ti chiede di
farti conoscere l'unico testimone ad un suo delitto, tu cosa faresti?"
Light alzò una mano (l'altra era semi-immobilizzata per via della
fasciatura...) in segno di resa.
"Ho capito, non voglio alimentare i tuoi sospetti su di me insistendo. Ma io non sono Kira, e
prima o poi te lo proverò," disse in tono sincero e convincente .
"E quando avrò convinto te e chi ti sta intorno, ti
ucciderò," concluse nel pensiero, sogghignando.
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(*) Ryuzaki in giapponese significa "Drago nascente".
Se non lo sapevate veneratemi, perchè ho perso due ore per scoprirlo, visitando
ogni tipo di siti jap/eng . xD
To Anansy90:
Mia fedele commentatrice, auguri di tutto cuore per
il tuo compleanno!!^o^; Non sapevo che lo fosse. Dai, con qualche giorno di ritardo,
però ecco il nuovo capitolo! Forse ti ha deluso, perché la situazione è alquanto
peggiorata, però... beh, se ho scritto nel rating che questa fanfic è
"Romantica", il motivo c'è. ^.- Ichigo ricompare di tanto in
tanto, ma solo nei ricordi o nelle ricerche di L, come puoi vedere. é.è;;; Ma,
in fondo era lei un angelo, si è sacrificata per salvare la sua amica. >***<;
Questo è un capitolo
abbastanza lungo ed incasinato quasi quanto l'amv che sto montando in questi giorni (e di
cui poi naturalmente infilerò a tradimento un link anche qui xD). Mi spiace.
@.@'
Ho fatto un calcolo orientativo, e mi sono resa conto che questa fanfic sarà più
o meno di 15/20 capitoli. E' un bene? E' un male? Chissà. xD
Il prossimo capitolo, di cui per ora ho scritto solo mezza pagina, si intitola
"Amore".
Alla prossima!^O^;