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Autore: Robin7    03/02/2013    4 recensioni
"Quelli che hanno perso la vita, ora sono stelle nel cielo", così aveva detto il professor Clover. Eppure, le stelle rispondevano al suo sguardo impietose e indolenti.
Non c'è nessuno lassù. Sono sola.
Con quel pensiero, il gelo riempì le iridi cerulee della bambina, ghiacciando il mare che le componeva; non si accorse nemmeno del freddo che pian piano le stava corrodendo il cuore.
La speranza, sentimento che a molti può sembrare meraviglioso, non fece altro che torturarla, riempendola di illusioni che mai si sarebbero avverate.
Genere: Romantico, Sentimentale, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Franky, Mugiwara, Nico Robin | Coppie: Franky/Nico Robin
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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.4.

Aprì gli occhi di colpo, svegliato da un tonfo forte e improvviso. Si guardò attorno agitato e si lasciò sfuggire un sospiro di sollievo constatando che era solo Rufy caduto a terra dopo una delle sue lotte notturne con il materasso, grande alleato del cuscino.
Stava steso vicino al proprio letto in una posizione alquanto scomoda; non che il suo corpo di gomma ne risentisse... In ogni caso, gli aveva fatto prendere un grosso spavento.
Il giorno che imparerà a dormire sopra al letto, riuscirò sicuramente a passare notti più lunghe...
Il cyborg richiuse gli occhi, confortato dall'innocenza di quella scoperta, e per un attimo si illuse di riuscire a riprendere sonno. Attese, ma la sua pazienza si mostrò vana quando, dopo essere ricorso a ogni espediente per conciliare il riposo, si alzò borbottando qualche insulto sulla “incapacità di essere un normale dormitore” del suo capitano e uscì sbattendo la porta della camera, consapevole che nessuno dei suoi compagni di stanza aveva il sonno leggero come il suo.
Si diresse verso la cucina, cercando di non fare rumore.
Fu proprio mentre poggiava lo sguardo sulla porta che vide il circolare fascio di luce che attraversava il vetro dell'oblò, accompagnato dalla sottile linea che, da sotto la porta, illuminava il pavimento. Chi è che è sveglio a quest'ora?, si chiese mentre afferrava la maniglia e spingeva piano la porta. Prima la Marina, poi quella maledetta tempesta: chiunque avrebbe ceduto al richiamo del sonno dopo giornate così pesanti.
Ma non Robin, che stava composta e perfetta come sempre su una delle sedie della cucina; come se non avesse rischiato di morire qualche ora prima.
Le gambe accavallate una sopra l'altra, teneva una tazza di caffè fumante nella mano sinistra, mentre con l'altra girava placidamente le pagine di un grosso tomo; i lunghi capelli neri ricadevano lucidi come inchiostro sulla spalla destra. Il semplice vestitino che indossava era nascosto dalla coperta viola che teneva poggiata sulle spalle.
La donna sembrava non essersi accorta del suo arrivo, ma l'uomo la conosceva abbastanza da capire che quello era solo il suo modo di fare: era ormai consapevole che il sorprenderla andava ben oltre le sue capacità; ben oltre le capacità di chiunque. Decise comunque di annunciarsi con un leggero colpo di tosse.
Alla luce soffusa della cucina, vide i suoi occhi cerulei fare fatica a staccarsi da quella stessa lettura che l'aveva sicuramente portata alla cucina a quella riprovevole ora, quasi non volessero smettere di conoscere, di imparare, di assimilare informazioni su chissà quali studi. Mentre alzava lo sguardo verso di lui, le lenti della leggera montatura che portava, si offuscarono del bianco riflesso mandato dalla lampada, impedendo così a Franky di leggere quello che provava l'archeologa. Aveva scoperto di essere l'unico a riuscire a farlo, che con lei gli bastava guardarla negli occhi per capire, seppur solo in minima parte, quello che le passava per la testa. Perciò, il non poter affondare i propri occhi in quelli della compagna mentre la distraeva dalla sua lettura, diede vita a una spiacevole sensazione che il cyborg non riuscì ad arginare.
E se non volesse essere disturbata? Probabilmente è venuta qui proprio per cercare una tranquillità che in camera con Nami aveva paura di non trovare.. da quel che so, la sorella mugugna mentre dorme. Non dev'essere proprio una pacchia leggere mentre fa versi strani.
Come può il semplice luccichio di un paio di lenti mandare in tilt un uomo grande e grosso come Franky? Ah, questo è un'abilità innata ed esclusivamente di Robin; o almeno dei suoi occhiali...
«Franky?»
Il suono di quelle sei semplici lettere lo riportò alla realtà. Robin lo stava fissando, con un sorriso appena accennato. «Qualcosa non va?» chiese, piegando la testa da un lato.
Sì. In quel preciso istante, Cutty Flam, noto ormai come Franky, si sentì un perfetto idiota. Adesso che poteva guardarla negli occhi, si rese conto di quanto stupido fosse stato a passare a conclusioni così affrettare... insomma, da un dito ne aveva tirato fuori tre o quattro persone.
«Emh, nono... Ecco, credevo...» balbettò, cercando invano di recuperare un po' della propria dignità. Tutti quegli sforzi sembrarono divertire la donna, che soffocò una leggera risata dietro la mano libera. Ciò non fece che aumentare l'imbarazzo dell'uomo, che decise di mettere fine a quell'assurda scenetta di cui si era ritrovato a essere lo sfortunato protagonista, prendendo posto nel tavolo.
Una volta recuperato il proprio contegno e una volta essersi seduto davanti a lei, cercò di recuperare anche le redini della situazione. «Cosa leggi?»
Riuscì a farla sorridere ancora una volta, e stavolta non per la sua goffaggine. Era un sorriso carico di soddisfazione, carico del grande piacere provocato dal suo interessamento per un bene così grande come per lei era la lettura. La risposta infatti non tardò arrivare ma, come si poteva immaginare, Robin non lasciò trasparire nulla di tutto quello che quella semplice domanda le aveva causato. «Per oggi ho deciso di lasciare perdere la storia e divertirmi un po' con qualche libro più leggero.» spiegò, chiudendo il volume e accarezzando con un dito il profilo delle lettere che componevano il titolo.
Franky sgranò gli occhi. Non gli era sfuggito né il “per oggi”, che implicava che quel libro sarebbe durato solo un giorno e che, visto l'ora, doveva essere giunto alla sua fine; né gli sfuggì il “libro più leggero”; chissà come mai l'enorme scritta “FILOSOFIA” che troneggiava sul profilo del tomo non gli permetteva di classificarlo fra i “libri leggeri”. Mah, dopotutto stiamo parlando di Robin...
«E scommetto che è un libro a dir poco SUPER!» commentò infatti, lasciando perdere ciò che lo stupore gli suggeriva.
La mora sorrise e si tolse gli occhiali, poggiandoli delicatamente sopra il libro. «Vuoi un po' di caffè?» gli chiese, indicando la propria tazza. «È appena fatto e dovrebbe essere ancora caldo...»
Immaginando la risposta, si alzò e portò a tavola la caffettiera ancora fumante e una tazza pulita, riempendola fino all'orlo. Franky la prese fra le sue seconde mani, che aveva puntualmente fatto uscire dai palmi enormi. Ringraziò con un cenno del capo e ne prese un sorso, attento a non scottarsi. «SUPER.» sussurrò soffiandoci sopra, ringraziandola con lo sguardo.
Robin sorrise nuovamente, riprendendo la lettura. Calò il silenzio per un po', i minuti intervallati dal ritmico sfogliare delle pagine ricche del pensiero di tanti uomini venuti prima.
Quante mani avevano toccato quel libro? Chi l'aveva scritto? Chi erano quelle persone che avevano riposto lì il loro sapere, il loro pensiero? Solo in quel libro c'erano così tanti modi di vedere il mondo, ed era solo un volume. Ripensò a Ohara, dove c'era stata la più grande biblioteca del mondo!, e capì fino a fondo lo scempio che era stato compiuto quel giorno lontano di cui Robin non parlava mai. L'immenso contenuto di quel gigantesco albero non era stato risparmiato... quante testimonianze erano andate perse nel nulla?
Franky capì cosa spingeva Robin a immergersi dentro a quel mondo, un mondo fatto di milioni di storie, di emozioni, di persone, di luoghi diversi, di eventi e particolari; un mondo di cui lui non avrebbe mai fatto parte, neanche ora che l'aveva compreso.
Quella sera proprio non riusciva a tenere a freno il proprio cervello. Da quando rimuginava così tanto su un qualsiasi pensiero? Forse ho bevuto troppa cola... e il caffè non ha che peggiorato la situazione... poveri i miei circuiti!
«Grazie.»
Franky sussultò, ormai abituato al silenzio. Si accorse dopo un momento di sgomento che era stata Robin a parlare. Con assoluta nonchalance, fece passare il movimento come un tentativo di sistemarsi sulla sedia. «Per cosa?» chiese.
«Per avermi salvata dalla tempesta. Hai rischiato la vita tuffandoti per cercarmi, quindi... grazie.» ripeté, senza imbarazzo.
L'uomo si grattò la testa, sperando che lei non ricordasse chi avesse compiuto la manovra per farla respirare. «Figurati, non è stato un problema per me...» si schermì. Non avevano ancora parlato di quanto successo, e Franky era ancora un po' confuso per ciò che aveva sentito agitarsi nel proprio cuore mentre cercava di salvarla.
«Magari la prossima volta che verrò attaccata da uno paio di Marines e ti pregherò di andartene... segui il mio consiglio, così non sarò costretta a ricambiare il favore.» lo punzecchiò.
Mmh, se ogni salvataggio finisse come quello di ieri, mi farei salvare più spesso da te.. Franky si stupì dei propri pensieri.
«A quindi quello che è successo sarebbe tutta colpa mia?» ghignò. Entrambi sapevano benissimo che nessuno dei due si era sentito in obbligo a rimanere con l'altro. Era stata una scelta autonoma, presa perché non volevano succedesse niente di male alla persona a cui tenevano.
Ma per tutta risposta Robin annuì. «Tutta colpa tua.» confermò, senza smettere di sorridere.
«Beh, allora le porgo le mie scuse!» accennò un inchino con la testa. «Ammetto le mie colpe. Non sarei dovuto rimanere... avrei dovuto lasciarla in pericolo, come da lei richiesto. Invece ho insistito, e lei si è trovata nuovamente in pericolo cercando di restituire il favore.» concluse, con tono professionale.
Il sorriso dell'archeologa si incrinò lievemente, una sfumatura che non scappò agli occhi del cyborg. «Peccato che quella volta nessuno dei due fosse in pericolo... né io ti ho messo in condizione di rischiare la vita, come invece è successo prima.» replicò, tornando a scrutare il libro con un cipiglio amaro.
«Beh, c'è da dire che ci trovavamo nel bel mezzo di una tempesta, non in una cittadina tranquilla... e l'acqua ti ha messo in posizione di svantaggio sin dall'inizio.»
Le sue parole fecero il proprio dovere, riuscendo a calmare i sensi di colpa della donna. «Grazie, Franky. Sei sempre... premuroso nei miei confronti. Una cosa che non credo di meritare più di tanto.»
«Ehi.. siamo Nakama, no? E come tale, è mio compito prendermi cura di te, e tu di me.»
«Giusto.» assentì lei. La conversazione languì per un po', interrotta solo dal regolare ritmo delle pagine sfogliate.
Sentendosi in colpa per non esser ancora riuscito a tirar fuori l'argomento, l'uomo si impose un po' più di coraggio e decise di dirgli chi aveva compiuto una certa
respirazione artificiale... «Cosa ricordi dell'incidente?»
«Pensavo...»
Tacquero entrambi. Cercarono lo sguardo dell'altro, divertiti dal fatto di aver iniziato la frase assieme. Franky abbassò il capo, in un chiaro invito a lasciarla parlare per prima.
«Mi mancava...» fu poco più di un sussurro, ma nella cucina vuota risuonò come un urlo.
«Mi mancava tutto questo.» continuò la donna. «La Sunny, tutti voi, la mia camera, il nostro prato morbido e persino i miei fiori.» spiegò, staccando lo sguardo dalle scure lettere della pagina. La bocca si era mossa in un sorriso nostalgico, e per un momento gli occhi di lei gli sembrarono più lucidi del solito. Ma fu un attimo veloce, una cosa che Franky attribuì alla stanchezza.
«Sono stati due anni difficili... credevo di riuscire a superarli indenne, ma non è andata esattamente così.» la voce della donna si tinse di una malinconia profonda, e questo dettaglio non passò inosservato agli occhi di Franky, che si allarmò. Allungò le sue grandi mani, prendendo una delle sue fra le proprie; cercò di trasmetterle l'affetto che provava per lei, spingendola a dirle cosa si teneva dentro, cosa la turbava. Evidentemente la mora apprezzò il gesto, perché un poco della malinconia del suo sorriso sembrò volatizzarsi davanti ai sentimenti contenuti fra i palmi delle loro mani.
«Cosa è successo?» chiese Franky, senza abbandonare la presa sulla sua mano. Nonostante le sue buone intenzioni, la donna parve esitare: era sempre stata restia a parlare dei propri problemi e forse si stava già pentendo dell'attimo di debolezza di poco prima. Si, glielo leggeva negli occhi.
Alla fine, l'affetto che provava per lui ebbe la meglio, e il groppo che aveva in gola sembrò sciogliersi in un sospiro. «Non è successo niente di che, non devi preoccuparti. È solo che mi siete mancati, ecco. Ma penso che sia successo a tutti noi, no?»
«Beh... suppongo di si.»
Robin annuì decisa alle sue parole. «Vedi? Ti sto facendo preoccupare per niente, Franky. Non voglio certo fare la figura della martire. Lasciamo perdere... ok?» ritirò la mano con delicatezza, per non sembrare scortese, e si sistemò con noncuranza una ciocca dietro all'orecchio, abbassando lo sguardo sul libro.
Il celato imbarazzo della mora non fece altro che accrescere l'apprensione di Franky che però, rispettando la sua decisione, lasciò cadere l'argomento. Ma questo non gli avrebbe impedito di cercare un modo per farla sorridere ancora. Amava il suo sorriso più di qualsiasi altra cosa al mondo ed era ormai giunto alla conclusione che quel battito che perdeva ogni volta, quel respiro mancato, era dovuto a quello che provava per lei. Il più bel sentimento che Robin potesse mai fargli provare.
E purtroppo se ne era reso conto solo da poco; quante occasioni buttate all'aria, perse nel tempo! Forse l'aveva sempre saputo... o forse il suo cuore si stava arrugginendo. Al solo pensiero di non poter più provare quell'amore smisurato per la donna meravigliosa che era Robin, gli mancò il fiato. No! Non voglio diventare un inutile rottame senza sentimenti..
Forse lo tradì il piccolo sospiro che gli era scappato per recuperare l'aria perduta; forse lo tradì il pallore del proprio viso.. o forse fu semplicemente il grande intuito di Robin che lo smascherò, ma la donna si accorse del suo cruccio e lo guardò preoccupata. «Prima ti ho interrotto.. dovevi chiedermi qualcosa d'importante?»
«Oh.. n-no. Niente di che...» balbettò, ma la mora non sembrò credergli. «Qualcosa non va, Franky?»
Era la seconda volta che glielo chiedeva quella sera ma, Dio!, quanto amava sentire il proprio nome pronunciato dalla sua voce! Sarebbe rimasto lì ad ascoltarla per sempre. «Mmh? Nono... tranquilla!» riuscì a rispondere, riacquistando un poco di lucidità.
«Allora dovrei chiederti un favore.» fece lei, enigmatica e inquieta allo stesso tempo.
Lo sguardo stupito del cyborg non la trattenne dal continuare, anzi. Stavolta fu lei a sporgersi verso di lui, prendendolo per mano. Lo tirò un poco verso di sé, spingendolo ad avvicinarsi; quando fu abbastanza vicino, accostò le labbra al suo orecchio. «Non lasciarmi sola, stanotte.» supplicò con un bisbiglio, la voce tremante.
Una lacrima leggera, ribelle, scivolò dalle lunghe ciglia.


Angolo dell'autrice.
Non ho avuto modo di rileggere questo capitolo, perciò è probabile che troverete qualche errore :) Ah, vi avviso che il prossimo capitolo sarà molto più corto degli altri, perciò non spaventatevi...
Alla prossima!


  
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