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Autore: MissNothing    03/02/2013    6 recensioni
«..Ti salvo io.» Esordì timidamente il più piccolo, e se non fosse più o meno sicuro di non averlo mai granché fatto in vita sua, avrebbe potuto giurare di essere arrossito. Era difficile fare considerazioni quando Gerard era così, perché le situazioni di sbocco erano tre: o finivi per sentirti un completo idiota, o finivi per sentirti un completo genio, o, come era accaduto poco prima in via straordinaria, finivi a letto con lui. Frank sperava in un misto fra le ultime due, ma d'altronde non c'era da biasimarlo. «Quanto potrà mai essere difficile?» Domandò, chiedendo mentalmente a sé stesso se mai la sua voce fosse suonata così stridula in vita sua, se mai le sue gambe fossero state così intorpidite, se mai si fosse sentito così lontano dalla realtà e dalla concretezza che lo circondavano.
[Dall'inizio, una storia il più realistica possibile.]
Genere: Angst, Romantico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Frank Iero, Gerard Way, Mikey Way, Nuovo personaggio, Ray Toro | Coppie: Frank/Gerard
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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13. I'm officially off the rails

 

 

 

Ma quello che Frank non sapeva, era che Gerard, effettivamente, sapeva.

Quando aveva sentito quelle parole, era rimasto semplicemente zitto: non perché non sapesse come rispondere, ma perché voleva che gli rimanessero impresse. Voleva ricordarsele, e soprattutto voleva crederci. Tremava ancora, e di sicuro non se la sentiva di formulare una frase adatta a sintetizzare tutte le cose che voleva dire, ma per il suo comportamento non c'era scusa che tenesse.

Sapeva che quel giorno sarebbe arrivato, in un certo senso; non che fosse sicuro che Frank si sarebbe innamorato di lui, certo, ma più che altro era sicuro del fatto che sarebbe arrivato il momento in cui sarebbe stato convinto di esserlo, e l'avrebbe detto nel momento meno opportuno. Perché cazzo, quale se non quella era la specialità di Frank?

Gerard continuava a girarsi e rigirarsi nel suo scompartimento del bus (non che non avesse sonno, ma semplicemente perché cazzo, ora poteva farlo), le palpebre pesanti ed ogni centimetro della sua pelle così teso contro i suoi “muscoli” che gli sembrava che da un momento all'altro sarebbe semplicemente esploso. Continuava a chiedersi cosa, esattamente, avrebbe dovuto fare in quel momento. Continuava a valutare quanto patetica fosse la sua condizione.

Sapeva di averlo pressato. L'intero discorso del salvarsi, dell'amarsi anche per finta: Gerard era consapevole che forse aveva fatto sì che ci credesse un po' troppo. E questo perché se non per il suo semplice egoismo? Per il semplice bisogno di avere qualcuno su cui contare? Si sentiva come se gli avesse fatto qualche tipo di lavaggio del cervello, perché di sicuro Frank non era innamorato di lui- affatto. Era difficile che qualcuno si innamorasse di un egoista come Gerard, e Gerard stesso sapeva quanto fosse difficile innamorarsi a sua volta di qualcuno per un egoista come lui. Doveva solo mostrargli quello che lui già sapeva, e subito Frank sarebbe partito in quarta per tornare in ritirata. Forse sarebbe stato anche contento del fatto che “non l'avesse sentito”. E anche se aveva effettivamente considerato l'opzione di farsi avanti allo stesso modo in cui era stato capace di fare l'altro, tante, tante, tante volte in quei due giorni, c'era una vocetta stridula del cazzo che ogni cinque secondi gli ricordava di tutto il male gli aveva probabilmente fatto, anche senza volerlo. Sapeva di non essere pronto per condividersi con qualcuno, per il semplice fatto che non aveva nulla di buono da dare. Non in quel momento, almeno. In quel momento non poteva essere altro che un peso per chiunque si prendesse la briga di caricarsi addosso uno come lui, e non era di certo l'impatto che voleva avere sulla vita di qualcuno. Specialmente se quel qualcuno era qualcuno di importante, a cui teneva, a cui non voleva far del male per nessuna ragione al mondo- e cazzo, ora come ora, era sicuro che l'avrebbe fatto. Magari non volontariamente, di sicuro non l'avrebbe mai e poi mai fatto con l'intenzione di farlo, ma non avrebbe perso l'occasione di vivere al meglio ciò che più desiderava con chi più desiderava viverlo solo perché in quel momento non riusciva a considerare le conseguenze delle sue azioni e, soprattutto, non era libero. Non era libero perché era schiavo della società, schiavo di sé stesso, schiavo di tutte quelle cose, sostanze, semplici liquidi e polveri compattate. Tutte cose delle quali cercava di convincersi di non aver bisogno ma che ogni giorno dimostravano di essere più forti di lui. Gli dimostravano che non era abbastanza, che non era padrone di sé stesso. Schiavo.

Ed era dura innamorarsi ed accettare di essere amato per chi, come lui, non riusciva ad amare sé stesso in primis.

Poi gli saltò in mente che di mezzo non c'erano solo loro due; di sicuro, se avessero avuto una lite, non sarebbe stata da persone civili. Si sarebbero urlati addosso per ore, si sarebbero mandati a 'fanculo, si sarebbero detti quanto si “odiavano” e non si sarebbero parlati per giorni, settimane, mesi.. anni. Perché di “ciao” ne avevano avuti tanti, come tutte quelle volte che si erano attaccati il telefono in faccia o se n'erano andati sbattendosi la porta alle spalle, ma gli addii erano un'altra cosa, e loro di addii non ne avevano mai avuti. Gli addii erano qualcosa che non si poteva semplicemente aggiustare con un po' di scotch come tendevano a fare di solito con i loro problemi, ed erano quel tipo di cosa che, probabilmente, avrebbe segnato la fine del gruppo. Perché poteva andarsene uno di loro e di sicuro, pian piano, come con un puzzle difettoso, sarebbero venuti via tutti i pezzi. Mikey senza di lui non ci sarebbe mai riuscito.. e in generale, ad essere onesto, l'idea di trovarsi troppo lontani era impossibile da sopportare per entrambi. Era quasi come se i ruoli si stessero pareggiando, a quel punto della loro vita non: era Mikey, il fratello minore che dipendeva da Gerard. Era Mikey che aveva bisogno di Gerard, e Gerard, che forse anche un po' di più, aveva bisogno di Mikey. Il problema era che il più grande era praticamente sicuro che non ce l'avrebbe fatta nemmeno senza Frank -sotto tanti punti di vista-, e quindi, in sintesi, sarebbero stati più fottuti di una spogliarellista. Perché non c'era quintetto che tenesse con tre membri in meno.

Allora, dopo un'attenta riflessione del cazzo, era giunto a conclusione che l'unico modo per prevenire di far del male a Frank, era fare del male a Frank.

Non direttamente: non come coppia, certo, ma giocando sporco sul vantaggio che aveva. Conosceva il suo punto debole e Gerard sapeva -Dio se lo sapeva- che sarebbe bastato che lo vedesse con qualcun altro per scatenare l'inferno. Eppure se avesse continuato a rifiutarsi di ripetere nuovamente la dichiarazione, Gerard sarebbe “ovviamente” rimasto “all'oscuro di tutto”, e quindi, in sintesi, la colpa di chi sarebbe stata? Di Frank. E Frank che avrebbe fatto? Nulla. Non avrebbe fatto nient altro se non capire finalmente che non era modo e tempo che stessero insieme; non perché Gerard non lo volesse, ma perché sapeva, nel profondo, che non poteva. C'era qualcosa che lo legava troppo a lui, qualcosa che odiava così tanto che certe volte avrebbe soltanto voluto strapparla via dal suo stesso petto, come quando sentiva il groppo in gola se lo vedeva sorridere e sapeva che era merito suo o le farfalle nello stomaco se si guardavano a lungo senza proferire parola.

Ad ogni modo, però, gli serviva un'occasione. E cercare una scopata facile al Warped Tour era come cercare della paglia in un pagliaio. O un ago in una sartoria, per così dire. Dunque aspettò che si presentasse a tiro, e fu qui che entrò in gioco Bert. Frank, come era stata consuetudine in quei due giorni, era con Gerard, il quale aveva ideato una tattica che si era rivelata più efficace del previsto per evitare discorsi che andassero oltre il “mhh..” e il “non qui, Gerard, oh mio Dio”, ed era, semplicemente, sbatterlo contro la superficie piana più vicina e baciarlo. Non che ci volesse un genio a capirlo, ma di certo ci voleva un pizzico di stupidità per far funzionare una stronzata del genere. E Gerard di stupidità ne aveva a quantità industriali, stava pian piano capendo.

Frank cominciava a lamentarsi per il dolore, perché “la lamiera del bus era bollente contro la schiena”, e in più “si sentiva continuamente di cadere se aveva le gambe strette intorno a lui in quel modo”, eppure nessuno dei due stava facendo molto per cambiare la situazione, e sembrava andare benissimo così. Avevano appena finito di suonare, ed essendo il sole ancora alto e battente, entrambi erano sudati e -Frank se ne accorse, Gerard ormai ci faceva meno caso-, più fetidi di due barattoli di maionese lasciati al sole per l'intero mese di giugno. Nonostante, alla fine, nessuno dei due sembrasse lamentarsi così tanto nemmeno di quello, abituati ad odori ben peggiori dopo aver passato una settimana tutti stretti nel van e senza doccia. Erano in un angolo semi-sperduto del parcheggio, ovviamente, e stavano approfittando del fatto che ci fossero ancora molte band nella setlist per prendersi un momento di privacy- perché ovviamente, lo stavano capendo pian piano, al Warped Tour non c'era un minimo di privacy. Al Warped Tour, a dire il vero, non c'era un minimo e basta: dopo qualche giorno, si erano cominciati a stupire anche del fatto che avessero dell'acqua potabile e l'elettricità. Per questi motivi, quando sentirono delle voci avvicinarsi, entrambi furono colti di sorpresa. Frank cominciò a fare degli strani versi contro le labbra dell'altro, che giunsero però come delle semplici vibrazioni, e Dio, se prima un Gerard non era sicuro di riuscire a fermarsi, adesso ne era a dir poco convinto. Sentirono dei passi, e poi delle risate, e quelle erano definitivamente più di tre persone. Frank continuava a dimenarsi fra le sue braccia, implorando, eppure per farli smettere, ci volle qualcosa di più concreto.

«Ehi, ve la riuscite a trovare una stanza, froci?» Una voce un po' squillante e troppo sicura di sé interruppe il bacio. Frank si arrampicò di nuovo fino a tornare con i piedi per terra, imbarazzato e con lo sguardo paralizzato verso il basso, e Gerard, in quel momento, era convinto dell'esistenza della fortuna. O della sfortuna.

Bert McCracken non era esattamente il prototipo di quello che la dea bendata ti porterebbe: era decisamente un tipo strano, viscido in tutti i sensi (e ora che lo guardava, Gerard, pur non essendo proprio in buoni rapporti con il sapone, non invidiò per nulla le condizioni dei capelli di quel tipo), ed era fottutamente perfetto per lo scopo del ragazzo. Si erano sentite tante, tante, tante storie sul conto di quel ragazzo; molte delle quali, a dire il vero, erano a dir poco da far accapponare la pelle. Non c'era dubbio che fosse esattamente quello di cui in quel momento aveva bisogno, e nonostante il suo prender parte a quel teatrino che stava diventando la sua vita si potesse più considerare una sfortuna che una fortuna, andava bene così. Gerard era convinto che in qualche modo la vicenda sarebbe rimasta bloccata in quel modo senza di lui, e fece il primo passo.

«Vorremmo, ma purtroppo tutte impregnate dal tuo fetido odore..» Gerard si morse il labbro inferiore, fingendo sconforto, e Bert, invece di sembrare incazzato, innervosito, scosso, sembrò quasi felice. Felice di aver trovato un degno avversario, forse. Felice di qualcosa che il ragazzo non colse bene, ma che di sicuro andava a suo vantaggio. Sorrise, ma dietro la semplice ilarità, il suo volto celava ben altro. Persino i ragazzi dietro di lui risero (Quinn, Jepha, e.. Dan?), ed un coro di “ti ha fottuto”, “ritirati” e svariati simili si diffuse nell'aria. Frank sorrideva, ma d'altronde Gerard non ne era stupito: il peggio doveva ancora iniziare. «Gerard.» Porse la mano, presentandosi formalmente come se ci fosse qualcosa di effettivamente formale in quell'incontro.

«Bert.» Il ragazzo la strinse, con un po' (molta) più di forza del necessario. Si guardarono, da capo a piedi, entrambi un po' insicuri sul da farsi. Il ragazzo fece un cenno col capo ai suoi compagni di band, che, non appena ricevuto il messaggio, si allontanarono frettolosamente da loro.

«Gerard, andiam-» Cercò di inserirsi quello che fino a quel momento era stato il terzo incomodo, balbettando sempre più di sconforto mentre si faceva di secondo in secondo più chiaro che forse il ragazzo aveva intenzioni completamente diverse.

«No, Frank, vai tu.» Immediatamente si sentì male: sapere cosa provava per lui e dovergli dire quelle cose per il suo bene (che poi, era seriamente sicuro che fosse esattamente per il suo bene e non per la sua codardaggine? C'era un'altra voce nella sua mente che gli ripeteva, oltre a quella stridula del cazzo, che forse poteva sbagliarsi.. che forse sarebbero stati felici se solo avessero avuto l'un l'altro) gli faceva venire un inspiegabile voglia di buttarsi a volo d'angelo dall'Empire State Building in quel preciso momento. «Lasciami un po', mh?» Continuò, voltandosi verso di lui per guardarlo con l'occhiata più acida che fu capace a sferrare e riuscendo giusto in tempo a decifrare la risatina di Bert prima che il ragazzo andasse via, scoraggiato. Gerard prese un respiro profondo e si fece coraggio: non aveva idea di come sarebbe andato avanti con quella scenata. Fortunatamente, invece, il ragazzo sembrò meno indeciso di lui e anche decisamente meno inibito: non perse nemmeno un secondo prima di prendere a palpargli il fondoschiena come se fosse sicuro che non avrebbe mai ricevuto un “no” come risposta. E nonostante la sua eccessiva spavalderia, forse, aveva solo capito che con Gerard andava sul sicuro. Prese un respiro profondo e cercò di tirare a somme, più o meno, una cifra approssimata per sintetizzare lo schifo che si faceva in quel momento. Chiuse gli occhi -più per tentare di immaginare che niente di tutto quello stesse succedendo che per altro- mentre lo sconosciuto davanti a lui gli si avvicinava disgustosamente. Si rese conto che per l'ennesima volta aveva fatto centro. Aveva questo tipo di intuito sempre e solo per cose negative: diciamo che aveva tutte le buone intenzioni di commettere le peggiori azioni di sempre.

«Giù le mani.» Disse quando un paio di dita completamente sconosciute si avvicinarono pericolosamente al lembo della sua t-shirt, sorridendo mentre nella sua testa cercava di formulare una scusa che non suonasse troppo come un “ti prego, stammi almeno a sei metri di distanza”. «Il resto sta sera.» Disse, e a giudicare dalla risata dell'altro se l'era cavata anche abbastanza bene. Cercò di ridere di rimando con scarsi risultati, impedito dalla realizzazione del fatto che quella era veramente una terribile, terribile idea. Sospirò, allontanandosi con fare quasi scherzoso quando sentì il suo fiato sul collo. Okay. Finché poteva rimandare, era meglio farlo.

«A sta sera.» Disse Bert, forse un po' troppo convinto che il bacio al primo “appuntamento” non fosse una semplice leggenda metropolitana.

«A sta sera.» Si allontanò l'altro, il sorriso più finto di sempre incollato al volto come una fotografia. In quel momento voleva solo che una certa “vecchia signora” gli preparasse thè e biscotti e gli dicesse che sarebbe andato tutto bene, alla fine.

 

**

 

Frank sapeva che qualsiasi cosa ci fosse tra loro non sarebbe durata per sempre. Non si era illuso nemmeno per un secondo che tutto sarebbe andato così a vita, né aveva mai sperato che fosse possibile, perché infondo non era altro che un continuo correre dietro a qualcuno che stava chiaramente scappando da lui. Quello che non avrebbe mai immaginato, però, era che Gerard si allontanasse ancor di più per un perfetto sconosciuto. Che facesse in maniera così drastica quell'ultimo, fatidico, passo via dal terreno sicuro che si era impegnato a circoscrivere. E quello che faceva più male di tutto, era pensare che non era possibile che non avesse capito che a chiunque-fosse-quel-tipo non importava minimamente di lui. Gerard doveva averlo capito: era lui quello perspicace, eppure magari non glie ne importava e basta, e questo era ancora peggio. Magari non gli importava di sé stesso, ed era qualcosa che Frank non poteva proprio accettare dopo quel che aveva fatto perché stesse bene.

E allora per la prima volta decise di fare la cosa sbagliata.

Ormai aveva passato così tanto tempo ad essere quello che sapeva sempre cosa fare e perché andasse fatto, così tanto tempo a caricarsi miliardi di responsabilità sulle spalle, aveva passato così tanto tempo a combattere l'istinto che gli diceva che doveva smetterla di essere come una cazzo di assicurazione sulla vita per Gerard che non si ricordava più nemmeno dove avesse messo la voglia di fare cazzate e distruggere qualcosa che tanto lo contraddistingueva verso i diciotto/diciannove. Almeno prima aveva una ragione per impegnasi a farla, tutta questa cosa dell'essere responsabile: aveva Gerard e sapeva che quest'ultimo aveva bisogno di lui. E gli bastava questo, davvero, per lui era stato fottutamente sufficiente, okay, manco fosse un cazzo di matrimonio. Ma adesso Gerard stesso gli aveva dimostrato che forse non era così, a quel punto.

Forse non era più di tanto così e forse Frank non era più di tanto obbligato ad essere lì per sorreggerlo durante tutte le sue cadute. Perché adesso aveva Bert -Bert era il nome di quel figlio di puttana, aveva scoperto-, e nonostante a Bert non fregasse un emerito cazzo delle sue cadute, era lui che aveva deciso di far andare così le cose. A Bert non fregava un emerito cazzo delle poesie di autori francesi che Gerard tanto amava recitare a memoria e non era stato assolutamente lui e sorbirsele ogni santissimo giorno, anche in lingua originale. A Bert non fregava un emerito cazzo dei disegni Gerard né del bilanciamento dei colori e né delle linee troppo confuse perché semplicemente non era stato lui che li aveva visti tutti, uno per uno, quei maledetti pezzi di carta. A Bert non fregava un emerito cazzo perché non era stato lui che aveva amato singolarmente, pezzo per pezzo, ogni cosa che Gerard avesse mai rappresentato. Ogni cosa o persona che avesse mai avuto la fortuna di avere anche solo un minimo di lui. Ed era giusto che fosse così perché quello era un po' il ruolo di Frank, e un po' lo era sempre stato. Era giusto anche che Gerard scegliesse consapevolmente che preferiva lui -lui che non avrebbe mai fatto nemmeno finta di capire un verso di Baudelaire, lui che non avrebbe mai cercato per mezzo bus un semplice pennarello nero, lui che non lo avrebbe mai e poi mai amato nemmeno metà di quanto Frank amasse anche solo un suo semplice capello, maledizione-, e questo semplicemente perché perché il suo, di ruolo, era sempre un po' quello. Era lui quello enigmatico. Era lui quello che era un'impresa capire.

Ma quello che non era lui, Frank ne era sicuro, era il Gerard che davanti ai suoi occhi si divideva nei peggiori modi fra Bert McCracken e Adam Lazzara. Era il Gerard che fissava con le iridi un po' lucide dall'altro lato del locale e che faceva finta di ignorare, di non vedere, che provava addirittura a cancellare dalla sua vi(s)ta voltandosi verso le luci appannate e colorate dell'angusto spazietto nero. Quel tipo di luci gli faceva comodo perché erano abbastanza brillanti per vedere ma anche abbastanza mediocri da permettergli di non esser visto o, in caso qualcuno si fosse proprio accorto di lui, da dargli comunque la possibilità di dire che non stava piangendo: era colpa delle luci.

Frank strinse i pugni il più forte possibile e si costrinse ad entrare nella mischia, che gli piacesse o meno. Si ripromise che ne sarebbe uscito tumefatto o con qualcosa di sbagliato quasi quanto un corpo pieno di lividi, se non di più, e dopo aver assestato per bene cinque o sei gomitate, dopo essersi beccato il doppio di esse proprio sulle costole, dopo un numero indefinito di calci, schiaffi, piedi pestati.. dopo tutto quello la vide sorridergli, e quel semplice gesto fu la cosa più sbagliata ma al contempo giusta della quale avesse fatto parte in quegli ultimi giorni. Quindi le sorrise anche lui. E le tese la mano senza pensarci due volte perché non voleva fare altro che andarsene da lì, ed aveva la sensazione che insieme ce l'avrebbero fatta. Voleva andarsene da lì con lei, anche se nemmeno la conosceva, anche se tutta quella situazione era ridicola: perché al contempo, oltre a tutto ciò che stava provando, sentiva chiaramente che non era nulla che potesse anche solo scalfire o affievolire il fatto che lui amasse lo stesso ragazzo che durante una serata piuttosto simile aveva conosciuto. Quella ragazza, chiunque fosse, insieme al suo sorriso non aveva fatto altro che risvegliare qualcosa in lui. Forse nient'altro che un minimo di speranza, ma fatto stava che in quel momento la voleva da matti, e sì, quello era esattamente il tipo di errore che voleva fare. Esattamente a metà dall'essere la cosa migliore di sempre e qualcosa di cui si sarebbe presto pentito.

E mentre trafficavano per chiudere la tendina dello scompartimento di Frank, quest'ultimo si rese conto che Gerard non sarebbe più stato la sua prima e ultima volta. Era una cosa che aveva sempre data per scontata perché dopo tutte le volte che erano stati insieme, tutte le volte che si erano appartenuti nel più primordiale dei modi, aveva capito che non avrebbe voluto nessun altro. Mai e poi mai. Eppure il modo in cui voleva quella.. quella ragazza era- era completamente diverso. Non era altro che la sua ultima speranza, in quel momento, e voleva aggrapparsi a lei in tutti i modi.

 

**

 

Era notte fonda o magari erano le prime luci del mattino. Frank ancora cercava di capire perché avesse fatto ciò che aveva appena fatto, processando nella sua mente la consapevolezza che adesso non era più nemmeno vergine all'infuori di Gerard. Si poteva dire che a quel punto non fosse proprio più niente, in relazione con lui: non un amante perché entrambi avevano qualcun altro, non un'eccezione e nemmeno un amico, a dirla tutta, perché sarebbe stato stupido far finta che non fosse successo nulla, che andasse tutto bene, che fossero ancora pappa e ciccia come i primi tempi.

Si rivestì: quando l'aveva vista fare lo stesso e andarsene prima ancora di poterle chiedere come si chiamasse, si era sentito disgustato. Si era chiesto se quella fosse davvero la vita che desiderava, piena di sveltine, di volti senza nomi, tette ovunque. Tette. Frank prima di quella sera non aveva mai visto un paio di tette dal vivo, figuriamoci l'intero corpo femminile. E adesso che era successo si sentiva strano. Ma nonostante gli fosse sembrato tutto troppo meccanico, troppo naturale, lei lo aveva aiutato a fargli dire con certezza e per esperienza (non più per semplice supposizione) che c'era solo una persona che voleva e che nessun altro sarebbe entrato in competizione con essa. Che se c'era qualcuno con cui voleva passare il resto dei suoi giorni, allora poteva smettere di cercare. E nonostante si stesse pentendo di aver spezzato così quell'ultimo legame che lo teneva ancora vicino a quella persona, era esattamente una cazzata quella che era partito con l'intenzione di fare, e ci era riuscito. Era riuscito a fare qualcosa che nessuno si aspettava da lui, ed era una bella sensazione.

E, quasi a dire che quando parli del diavolo spuntano le corna, sentì i passi quasi zoppicanti di qualcuno che rientrava dalla nottata e non ebbe troppi problemi a capire che era Gerard. Sbuffò silenziosamente; non poteva dire di odiarlo ma sicuramente aveva tutto il diritto di avercelo un po' sul cazzo dopo quel che gli aveva fatto. Okay, forse era vero, non aveva idea di come si sentiva Frank nei suoi confronti e nelle sue condizioni forse non era nemmeno granché capace di rendersene conto, ma fatto stava che se si fosse sforzato di capirlo anche solo un minimo in più sarebbero stati tutti bene, e questo sì, era decisamente colpa sua. Frank quindi non gli rivolse parola, nemmeno per salutarlo e avvisarlo che era effettivamente sveglio. Perché poi avrebbero passato la nottata insieme e si sarebbero perdonati l'ennesima volta, ed era esattamente ciò che tutti si aspettavano succedesse. E Frank stava sviluppando un nuovo gusto per l'imprevedibile.

Gerard ad ogni modo gli dimostrò di essere ancor più fuori dagli schemi di lui: senza il minimo riguardo aprì la tendina dello scompartimento del ragazzo, e lo guardò dritto negli occhi. In quel momento il più piccolo sobbalzò, per poi prendere a fissarlo in un silenzio tombale che nessuno dei due era, apparentemente, deciso a spezzare. Se c'era qualcosa che lo distruggeva sempre allo stesso modo, qualcosa alla quale non si sarebbe mai abituato, allora era vedere Gerard in quel modo. Vedere il suo volto un po' troppo magro rispetto a qualche anno prima marchiato da due occhiaie profonde, i capelli più sporchi che mai andare in ogni direzione, un taglio sulla guancia al quale preferiva non pensare e le labbra un tempo morbide completamente ruvide e spaccate. Ogni volta che lo vedeva così gli passavano per la testa centinaia di pensieri e si ribaltavano in essa un miliardo di domande, ma fra queste, quella più importante era sempre una: come. Non sapeva come fossero arrivati al punto di farsi tutto quel male se lui voleva solo aiutarlo, però evidentemente ci erano riusciti, e adesso eccoli lì, ad un punto che sembrava il culmine, l'arrivo, ma che il più piccolo sperava fosse solo una nuova partenza. Sperava fosse un modo di cominciare tutto da capo.

«Com'era lei?» Gli chiese Gerard con gli occhi pieni di lacrime, e Frank, nelle stesse condizioni, preferì non domandarsi come facesse a saperlo. Preferì piuttosto concentrarsi sul fatto che non poteva e non doveva dargli il potere di farlo sentire in colpa, perché era esattamente ciò che aveva fatto lui, e per quanto ripagarlo con la stessa moneta fosse stata la cosa meno adatta in quel momento, era stata anche l'unica cosa che aveva permesso a Frank di ritrovare la determinazione necessaria per fargli del bene e smetterla di ferirlo ulteriormente. Se lei non fosse mai arrivata, forse coverebbe ancora tanto di quel rancore represso nei suoi confronti che in quel momento non lo starebbe nemmeno guardando in faccia; ma lei per fortuna era arrivata, e lo aveva fatto innamorare di nuovo. Non di sé stessa quanto dell'idea dell'amore. Gli aveva fatto rivalutare quel sentimento che per tanto tempo aveva semplicemente etichettato come una cosa stupida, che non gli aveva portato altro che sofferenze, e con quel sorriso gli aveva dato una nuova speranza: quella che si sarebbe impegnato per far sì che un giorno anche la persona che amava potesse sorridergli in quel modo. Che anche Gerard potesse sorridergli in quel modo.

«Com'era lui, invece?» Chiese, consapevole che non era l'unico che quella sera aveva avuto un incontro un po' “particolare”. Era giusto che entrambi elaborassero la cazzata che avevano fatto, e per una volta era giusto che fossero sullo stesso piano, che nessuno dei due stesse colpevolizzando l'altro senza ammettere i suoi errori. Era giusto che si stessero finalmente sfogando insieme ed era fottutamente giusto che per una volta non stessero mettendo da parte i loro problemi. Gerard pianse, quella sera. E anche quello era giusto, ad essere sinceri, anche se Frank avrebbe potuto giurare che il dolore che sentiva al petto nel vederlo così non fosse solo morale ma in gran parte si fosse tramutato anche in effettivo dolore fisico, perché quella era una situazione assurda. E un modo per far sì che facesse meno male c'era, così, messo da parte l'orgoglio, si decise a farlo stendere accanto a lui: prevedibile o no, in tutta sincerità, quella era una prevedibilità della quale non si sarebbe mai stancato. Gli accarezzò i capelli mentre l'altro continuava a versare lacrime sulla sua spalla, e solo dopo un po' Frank si rese conto che non era l'unico. Si rese conto che stavano piangendo insieme. E non era vero che “non era più nulla in relazione con lui”, perché se quello non era qualcosa, allora non aveva davvero idea di cosa lo fosse. Se quello -nonostante tutto il dolore- non era uno dei modi più belli di condividersi, allora Frank non ne aveva davvero idea.

«Mi- mi..» Provò Gerard, ma fra un singhiozzo e l'altro era difficile parlare. «Mi sento..» E se per un attimo il ragazzo era stato quasi convinto che stesse per scusarsi, immediatamente abbandonò l'idea mentre l'altro continuava con i suoi isterismi. «..mi sento una stupida puttana.» E dopo l'improvviso sprazzo di lucidità, continuò a blaterarlo all'infinito: “sonno una puttana”, “una troia”, “nient'altro”. E a Frank si bloccò il cuore nel petto pensando che qualcuno lo avesse fatto sentire in quel modo anche se, nonostante tutto, non se lo meritava.

«Ti ha fatto male?» Chiese, e nonostante Gerard scuotesse freneticamente il capo per dirgli di no, Frank sapeva che quello era un chiaro sì. Ed era terrorizzato al'idea che avesse potuto fare anche di peggio per ridurlo in quello stato, così trattenne il fiato e si preparò a qualsiasi cosa avesse da dirgli. Perché per la notte -o quel che restava di essa- loro erano semplicemente l'uno dell'altro, ed era perfetto così, nonostante l'alba facesse paura più di ogni altra cosa e il giorno avrebbe probabilmente cancellato tutto.

 

**

 

CIAAAAAAAAAAAAAAAAAAOOOOOO!

Ho fatto di nuovo un po' primaaah! Pochissimo, però sì.. cioè credo (?)

Allora, ho tante tante cose da dire, e una di queste non riguarda nemmeno il capitolo ma ci tengo a metterla in chiaro <3<3<33<<33<<<3<

Allora, punto uno: il titolo è preso da una frase di Effy in Skins. Mi pare si tratti della terza stagione, ma non ricordo l'episodio preciso, soreehhy -w-

Punto due: Bert McCracken ed Adam Lazzara sono ingiustamente sfruttati e mi dispiace tantotanto perché poi magari sono due coccoloni, capite che intendo?

Punto tre: quando Frank parla di “ricominciare da capo” è un riferimento al titolo del primo capitolo. MINCHIA SFOCIAMO NEL POETICO coro di vaffanculi registrati...........

Ikkeyy, adesso. Umh. Lo famo? FAMOLO.

Non so perché ma ho visto molta gente andare in paranoia per questa storia di Mikey e Sarah, la tipa ventenne con la quale sembra essersi fidanzato (????)

Ovviamente non stiamo parlando solo di rumors perché ci sono le foto, e ovviamente avete ragione a dire che non sono cazzi nostri perché non c'è nulla di più vero, non lo sono per nulla.. però dovete pur sempre capire che è logico rimanerci un po' di culo, non tanto per la sua vita quanto per il fatto che una persona che magari hai tanto stimato va contro i suoi stessi ideali....... Cioè, per intenderci: questa ragazza verso il 2007/2008 non era altro che una fan come tante. Non erano proprio loro i primi a dire che non vanno con le groupie? Cioè, se non rispettano i loro principi su cose del genere, che dobbiamo aspettarci? Boh, è come non poter avere fiducia in nessuno. (????)

Ci sono stati momenti dell'anno scorso in cui non avevo le parole di nessun altro se non le loro a confortarmi, e questo vale per tante altre ragazze, immagino, e quindi, nonostante abbia provato sempre a sostenere le loro scelte, questa volta lo dico ad alta voce che NO, non sono d'accordo. Perché, lasciando stare la scorrettezza morale di far scoprire a tua moglie tramite una ricerca fatta da fan che le metti le corna in maniera spaventosa e del fatto che questa Sarah è una fan ventennte (in America non è nemmeno maggiorenne, just sayin'), sei pur sempre un personaggio pubblico e le tue scelte influiscono comunque sulla gente. Se anche avesse voluto mettere le corna a sua moglie, fin qui non sono cazzi nostri: ma permettere ad una ragazzina di mettere foto di voi su instagram, dove sono visibili a tutti, allora qui lo rendi affare pubblico e dimostri di non essere tanto più maturo di quelle ragazze quattordicenni che hanno un centinaio di album su facebook di loro che si slinguazzano col fidanzato. Questo non cambia niente per me: resta comunque una grande ispirazione, ma in un certo senso questa storia me l'ha fatto umanizzare e boh, okay, volevo solo sfogarmi, questa cosa non ha né capo né coda :c

Ho chiuso con questa storia. <3333333

Spero che il capitolo vi piaccia, come sempre battete un colpo e ci sentiamo al prossimo, gentagliaah <3

   
 
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