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Autore: Nunki    04/02/2013    0 recensioni
Roberto è un piccolo naturalista che nel corso di questo breve racconto, tra piccole avventure e grandi scoperte, si renderà conto di quanto profondamente ami la natura e la sua magia.
Tre capitoli scritti in uno stile semplice, pensati per essere letti da un bambino (in età o anche solo nel cuore) appassionato di avventure nella natura.
Genere: Avventura | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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2.

 

 

 

Due giorni dopo, la casa accanto venne occupata come ogni anno da quando riuscisse a ricordare, dalla famiglia di Stefano, il suo migliore amico e vicino di casa anche in città.

L’avventura poteva dichiararsi iniziata.

Prese sotto braccio la boccia di Oscar con uno scatto veloce e ricevette un gracidio di fastidio in risposta per l’improvviso spostamento inatteso.

“Charlie, vado in giro. Vuoi venire con me?” chiese con un sorriso.

Il cane diede un grosso sbadiglio, posò la testa sulle zampe incrociate sul grande cuscino e lo fissò dal basso con uno sguardo derisorio che pareva tanto dire ma ti pare?.

“L’avevo immaginato” rise e andò ad avvertire anche la madre della sua uscita.

“Mi raccomando…” iniziò lei ma Roberto la interruppe subito.

“Sì, mamma… niente serpenti, niente ragni e niente animali più grandi della mia mano in generale”

“E niente lucertole o gechi” aggiunse lei.

“Ok, mamma… a dopo!” urlò mentre usciva, agitando una mano in aria come segno di saluto.

“E niente pesci né polpi! A meno che non me li lasci arrostire per cena!”

Rise a quest’ultimo avvertimento che gli ricordò di aver lasciato la maschera subacquea nella sacca del mare. Ritornò indietro, la recuperò e si avviò ancora una volta verso la casa accanto, sentendo la madre riassumere nuovamente l’elenco degli animali off-limits.

Bussò al campanello e il rumore di passi veloci sul pavimento anticipò l’apertura della porta.

“Stefano, c’è Roberto!” urlò Emma, la sorellina del suo amico, subito dopo aver salutato lui e Oscar con un gesto veloce della mano.

“Grazie” rispose con un sorriso a quell’accoglienza.

Sentì la signora Francesca elencare qualche avvertimento al figlio e un attimo dopo Stefano gli sfrecciò accanto.

“Andiamo!”

Si avviarono allo stagno che avevano scoperto l’anno precedente con passo quanto più svelto potesse consentire Oscar che ad ogni sbalzo un po’ più violento si lamentava con un nervoso craa.

Entrarono nel giardino pubblico del piccolo paese, si addentrarono tra le felci piantate nella zona più distante dall’entrata e raggiunsero il posto maggiormente ombroso e umido di quella zona. Contro una roccia ampia e bassa scorreva una lenta cascata artificiale che si riversava in una vasca d’acqua colma di alghe e alquanto limacciosa. Il loro arrivo improvviso fece increspare la superficie in piccole onde causate dai tuffi delle altre rane che saltavano all’interno, spaventate.

“Merita un discorso di addio, che dici?” domandò Stefano e lui fu d’accordo.

“È stato bello conoscerti. Prova ad essere meno brontolone con gli altri. E fai qualche amicizia. Ciao!”

“Ciao!” gli fece eco Stefano e con un sonoro ploff Oscar si tuffò nello stagno.

Rimasero in attesa per qualche minuto, senza produrre alcun rumore e quando credettero che non ci fosse più nessuno, diverse rane affiorarono in superficie, restando con i soli occhi al di fuori del pelo d’acqua. Furono seguite dopo poco da altre che saltarono al di fuori dello stagno e si posizionarono su di una lastra di pietra sulla quale batteva qualche raggio di Sole. Fu solo quando una rana (che erano sicurissimi fosse Oscar) con un balzo sicuro salì sul dorso di un’altra, che decisero di togliere il disturbo tra varie risatine.

La spiaggia non distava molti metri e con una breve corsa la raggiunsero in pochi minuti. Era ancora poco affollata a quell’ora e sulla sabbia fine poterono lasciare senza problemi una scia di vestiti mentre se ne disfacevano per raggiungere l’acqua fredda del mattino. Immersero completamente piedi e caviglie, calarono entrambi le proprie maschere subacquee sugli occhi e dopo aver contato fino a tre si tuffarono in avanti, schizzando grandi quantità d’acqua.

Lungo la costa il mare era limpidissimo e il fondale rimaneva basso per lunghe distanze. Non c’era molto da guardare a parte i piccoli pesciolini che nuotavano sempre sotto riva alla ricerca di piedi ricchi di pellicine da mangiucchiare. Si spostarono un po’ più lontano ma il fondale non cambiò di molto a parte la presenza sempre maggiore di sassi insabbiati. Cacciò la testa da sotto la superficie e si sfilò la maschera per poter respirare meglio dal naso. Per un momento fissò perplesso il suo amico che sembrava affascinato dai gorgoglii che si creavano in acqua quando immergeva velocemente la mano e poi gli toccò la spalla con un dito.

“Andiamo più verso la scogliera?”

“Ok” disse Stefano la cui voce era modificata dal boccaglio stretto tra i denti. Alzò poi un pollice in segno di approvazione per rendere più chiara la sua decisione.

Si avviarono verso la fine della spiaggia sabbiosa un po’ a nuoto e un po’ camminando, schizzandosi a vicenda ad ogni buona occasione. Arrivati sotto la scogliera riabbassarono le maschere sul volto e cominciarono la perlustrazione degli anfratti rocciosi.

Lì dove l’acqua oscillava sulla superficie ruvida della roccia, uno strato di patelle sostava immobile, imperturbate dalla loro presenza. Tutto intorno un tappeto di alghe verdi e limacciose rendevano scivolosa la superficie dello scoglio. Più giù, ben saldati alla roccia, c’era un gruppo di cirripedi con i loro ventagli in movimento, protesi per afferrare il nutrimento necessario dall’acqua: trovava il loro moto piuttosto inquietante, come se tante mani affusolate lo invitassero ad avvicinarsi. Diede un colpo nell’acqua con la mano e quelli si ritirarono nei loro vulcanetti calcarei.

Qualcosa si mosse in una cavità della roccia poco più in profondità rispetto a dove si trovavano loro. Roberto lo notò con la coda dell’occhio e con un dito indicò all’amico il punto in cui aveva avvistato il movimento. Rimasero in attesa, respirando nei loro boccagli ma per un paio di minuti non accadde nulla. Solo quando un tranquillo pesciolino grigio andò a nuotare sotto la scogliera videro cosa era stato ad attirare la loro attenzione: con uno scatto veloce, una serie di tentacoli scuri erano sbucati dalla cavità, afferrando la vittima solitaria e strattonandola all’interno.

“Wow!” esclamò Roberto nel boccaglio.

Si avvicinarono alla scena del delitto e osservarono una massa molliccia muoversi tra le rocce. Era certamente un polpo ed avevano appena assistito alla sua caccia. Nuotarono nei pressi di quell’anfratto roccioso ancora un po’, sperando in qualche nuovo attacco o almeno di rivederlo in movimento ma nulla accadde e decisero di ritornare alla spiaggia.

Arrivati al luogo nel quale avevano distrattamente gettato i loro vestiti, trovarono che questi erano stati raccolti, piegati e sistemati agli agganci di due ombrelloni che riparavano le loro madri dai cocenti raggi solari. Grondanti di acqua salata, corsero ad avvolgersi nei teli da mare per ripararsi dalla fresca brezza marina. Roberto gettò la maschera ai piedi dell’ombrellone, proprio accanto a dove Lorenzo giocava tutto contento con un rastrello da spiaggia e non perse tempo a raccontare nei minimi dettagli e con profondo entusiasmo la mattinata che aveva appena trascorso con il suo amico.

“Sarebbe stato ottimo alla griglia” commentò la signora Francesca dopo aver ascoltato dell’avventura del polpo.

“O all’insalata” aggiunse sua madre sorridendo.

Roberto scambiò con l’amico un’occhiata di disappunto e silenziosamente concordarono che non c’era altro da fare lì. Appena finito di asciugarsi, fecero sapere che sarebbero andati a perlustrare la spiaggia alla ricerca di conchiglie da collezionare ma dovettero conquistare quella libertà a duro prezzo: una fredda striscia di crema solare gli ricoprì le spalle e rabbrividendo alla viscida sensazione che questa gli procurava, dovette spalmarla fino a quando non si assorbì del tutto.

La spiaggia ormai era affollata di bagnanti che giocosamente urlavano, rincorrendosi in acqua o tuffandosi in lontananza. Roberto e Stefano camminavano a testa bassa, attenti a non lasciarsi sfuggire nemmeno il più piccolo frammento calcareo, ma presto divenne arduo proseguire in linea retta. Tra signore a mollo nelle acque basse della riva e bambini desiderosi di raggiungere il mare scavando profonde buche nella sabbia, dovevano deviare dalla loro rotta sempre più di frequente. Avevano comunque racimolato un bel bottino nelle tasche dei costumi quando raggiunsero una sezione di spiaggia lunga e totalmente deserta se non per poche singole persone in lontananza. Su di un paletto inserito a fondo nella sabbia, un’insegna di ferro in diverse lingue invitava i vacanzieri a limitare la sosta in quel tratto e, soprattutto, a non usare ombrelloni. Incuriositi da questo divieto, si inoltrarono per scoprire a cosa fosse dovuto visto che solo l’anno scorso quella zona era affollatissima.

“Guarda lì giù. Cos’è?” urlò Stefano, indicando diverse piccole strutture in lontananza e iniziando a correre in quella direzione.

Poco prima del limitare della spiaggia, dove la sabbia fine e bianca diradava in fitti cespugli spinosi, diverse strutture di legno simili a capanne indiane senza tende erano state poggiate a protezione di qualcosa. Ognuna portava un cartellino con su scritti dei numeri che sembravano indicare un mese ed un giorno: quello che stavano guardando ora, riportava la data del giorno precedente.

“Ehi, voi! Cosa state facendo?”

Un giovane ragazzo veniva loro incontro con un’espressione del tutto contrariata. Portava una maglietta verde e sul petto aveva appuntata una spilla con un disegno che Roberto non ebbe difficoltà a riconoscere come il logo del WWF.

“Volevamo capire cosa fossero queste strutture. L’anno scorso non c’erano. Sei del WWF?” chiese Roberto.

Notando l’entusiasmo e le buone intenzioni di Roberto, il ragazzo si tranquillizzò e divenne subito più amichevole.

“Questa spiaggia è diventata zona protetta del WWF. Quest’anno son tornate a nidificare molte tartarughe marine.”

“E questa è arrivata ieri?”

“Precisamente. E a largo ne abbiamo avvistate altre che dovrebbero deporre nei prossimi giorni.”

“E quando si schiuderanno le prime?” chiese sempre più interessato.

“Dovrebbero iniziare tra una decina di giorni” rispose il ragazzo con un sorriso. “Comunque io sono Sal” disse porgendo la mano.

Si presentarono educatamente anche loro e subito Roberto continuò con le sue domande, impaziente di scoprire altro.

“Possiamo esserci anche noi quando si schiuderanno?”

Sal sembrò dubbioso a riguardo. “Veramente non lo so. La schiusa avviene di notte e dopo una certa ora chiudiamo la spiaggia ai visitatori. Inoltre non ci sono orari precisi, potrebbe avvenire in qualsiasi momento della notte.”

“Per favore! Siamo tranquilli, possiamo aiutare. Non diamo fastidio.”

Stefano annuiva deciso con la testa. Il ragazzo sorrise ad entrambi e sospirò.

“Vedrò cosa posso fare. Non spetta a me prendere certe decisioni. Però dovete chiedere il permesso ai vostri genitori altrimenti non se ne parla proprio!”

I due amici si guardarono trionfanti, sapendo che non sarebbe stato troppo difficile convincere le madri.

   
 
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