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Autore: Alexiel_Slicer    04/02/2013    2 recensioni
"Aprì gli occhi e la prima cosa che vide fu un soffitto bianco, al cui centro troneggiava una lampada al neon circolare che emetteva una luce talmente bianca da accecare i suoi occhi appena svegli da quel sonno che sembrava fosse durato un'eternità.
Nell'aria si sentiva l'inconfondibile odore di medicina, mista ad alcol tipica degli ospedali.
Si guardò attorno vedendo le pareti ricoperte a metà da piastrelle di una azzurro-verde pallido. Si, era in un ospedale, ma che ci faceva lì? L'unica cosa che ricordava era quel super evento in una delle discoteche più in voga di Los Angeles.
Cercò di sollevare il busto dal meterasso per osservare meglio l'ambiente che lo circondava. A quel gesto avvertì la sensazione che il suo corpo fosse diventato stranamente pesante e leggero al contempo. Sentiva come se gli mancasse qualcosa, qualcosa che gli rendeva difficoltoso quel movimento." [...]
Genere: Introspettivo, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Bill Kaulitz, Nuovo personaggio, Tom Kaulitz
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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CAPITOLO VIII


Vivienne tamburellava con le dita sulla scrivania, mentre sulle labbra picchiettava la sua penna.
"Allora facciamo così" annunciò infine, dopo un lungo momento di indecisione "Dei nostri tre incontri due si svolgeranno nella sala, facendo gli esercizi, invece, faremo solo un incontro qui, dedicato ai massaggi".
"Solo uno? Così io non mi accontento però..." rispose Bill con una vena di malizia nella voce.
"Bè, te lo farai bastare".

                                                              ***

Da due incontri ormai Bill si recava nella sala per la riabilitazione.
Lavorava incessantemente a volte supportato da persone nelle sue stesse condizioni che gli regalavano parole di incoraggiamento. Vivienne era sempre al suo fianco, nonostante corresse da una parte all'altra per aiutare un pò tutti. A lui andava bene così, gli bastava anche solo una sua occhiata fugace per sentirsi meglio e più motivato.
Quel giorno Bill concluse gli esercizi stranamente presto e all'arrivo di Tom ci sarebbe voluto ancora un bel pò. La sua Vivienne, invece, era indaffarata. Un nuovo paziente, un bambino, gli stava dando dei grattacapi e lui non voleva stare lì rischiando di disturbarla o distrarla, così decise di fare un giro fuori.
"Io vado, ci vediamo venerdì allora".
"Sei sicuro di voler andare? Perchè non rimani e aspetti tuo fratello qui?".
"Grazie, ma meglio di no. Non voglio disturbarti, sei carica di lavoro".
"Dottore, dottore!" piagnucolò il bambino.
"Si, arrivo subito!", poi si rivolse al ragazzo "Va bene, come vuoi. Io adesso devo scappare" lo baciò su una  guancia e scappò via dal suo piccolo paziente.
Fuori il cielo cupo e nuvolo aveva tutta l'intenzione di invadere le strade della città con la pioggia che presto sarebbe caduta giù da esso. Anche l'aria iniziava a farsi fredda.
I passanti con i loro ombrelli sottobraccio non sembravano molto sorpresi, ma erano pronti a mettere in azione gli aggeggi per ripararsi in caso di acquazzone.
Bill decise di rifugiarsi all'interno di un piccolo cafè, dall'aria calda e accogliente. Non si sbagliò, infatti quando vi entrò fu invaso da una tiepida carezza che profumava di caffè appena sgorgato dalla macchinetta e di fragranti pan cake.
Il ragazzo si sistemò ad un tavolino rotondo all'angolo della stanza e presto una cameriera andò a servirlo.
"Buongiorno, cosa vuole ordinare?" gli chiese la ragazza, per poi alzare la testa dal suo taccuino rivelando la grande cicatrice al centro della guancia.
Questa quando lo vide sgranò gli occhi, così come lui.
Dei frammenti di ricordi assopiti riaffiorarono alla sua mente. Quella era una delle ragazze che era in macchina con lui, quando accadde l'incidente. Sapeva solo che due del gruppo erano sopravvissuti e credeva che la sorte peggiore fosse toccata a lui, ma doveva in parte ricredersi.
L'incidente aveva lasciato un segno indelebile anche a lei e per giunta sul viso. In quanto ragazza doveva essere stata dura accettare una cosa del genere. Risvegliarsi dall'incubo con il volto sfigurato.
"Tu..." mormorò lui incredulo.
"Bill...il ragazzo della discoteca...".
"Quindi è questa la tua punizione per essere stata incosciente?".
La ragazza si portò una mano sulla guancia a disagio "Si...tu, invece...".
"Sono bloccato da più di un mese su questa maledetta sedia...".
"M-mi dispiace, deve essere stata dura...".
"Ammetto che lo è tutt'ora, ma fortunatamente sono circondato da persone che mi aiutano...sto migliorando però, prima non riuscivo neanche a sentire se mi toccavano, adesso percepisco e muovo qualche passo...".
"Ne sono contenta".
"Anche per te deve essere stata dura...".
"Si, e continua  a esserlo. Il mio ragazzo mi ha lasciata...diceva che non riusciva più a guardarmi in faccia con questa cicatrice..." disse amaramente.
"Amanda!". Una voce maschile la chiamò facendola mettere sugli attenti. Doveva essere il suo superiore.
"Si?".
"Sbrigati ci sono altri clienti che aspettano!".
"Arrivo subito!" rispose "Allora, cosa vuoi ordinare?" chiese a Bill con un sorriso cortese.
"Un caffè macchiato andrà più che bene".
"Perfetto, arriva immediatamente!". Detto quello corse al bancone per riferire l'ordine.
Il ragazzo si voltò verso la vetrina accorgendosi che stava cominciando a piovere. Piccole e discontinue goccioline stavano precipitando dal cielo bagnando le auto parcheggiate lungo il margine dei marciapiedi e creando piccole pozzanghere sull'asfalto.
Se il locale fosse stato immerso nel silenzio si sarebbe potuto avversite persino il leggero ticchettio delle gocce.
Amanda arrivò posandogli davanti la tazzina contenente il suo caffè macchiato e lui con un sorriso la ringraziò e poi prese a sorseggiare lentamente il liquido che scottava.
Lui nella sua sfortuna era stato forse il più fortunato. Aveva suo fratello che non lo lasciava mai e Vivienne che l'aiutava costantemente. Aveva persone che gli volevano bene al suo fianco, persone che non l'avrebbero mai lasciato. Aveva persone che non gli avevano fatto gettare la spugna. 

  
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