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Autore: NoaLillyORiordan    04/02/2013    1 recensioni
Come possono cambiare due vite con un solo incontro? Ed è davvero possibile? Due sconosciute, piene dei loro silenzi si incontreranno prima sul campo sportivo, compagne di squadra, amiche e poi? Questa è la storia di due anime che prese dalla difficoltà della vita, finiranno per incontrarsi e scontrarsi...come potrebbe capitare a tutti noi, del resto.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shoujo-ai
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Michela girò l’intero paese, e le zone strettamente limitrofe. All’ora di pranzo il sole picchiava tanto che decise di fermarsi a riposare all’ombra. Parcheggiò la moto fuori un bar, ed entrò. Non erano accesi i condizionatori, ma subito l’investì l’aria fresca del locale. Si avvicinò al bancone, mentre tutto il sudore sulla schiena le si asciugava addosso. Un uomo sulla cinquantina, con brillanti occhi azzurri le si avvicinò. “Dimmi” disse sorridendo. “Vorrei una coca fredda con ghiaccio e limone” chiese Michela al barista. La ragazza attesa al bancone l’ordinazione; dopo aver dato una rapida occhiata al locale, prese a sfogliare distrattamente un quotidiano. Il bar non era pieno, solo qualche tavolo occupato da vecchietti intenti a giocare a carte o a leggere il giornale e commentare notizie. L’uomo posò gentilmente il bicchiere pieno di coca a ghiaccio davanti alla ragazza. Michela cosi, d’impulso chiese “Conoscete Chiara?”. In quell’istante i giochi si fermarono, fruscio di carta calata sui tavoli, occhi puntati sulla ragazza. “Non sei di queste parti” disse il barista. I suoi occhi da un brillante e allegro azzurro, divennero di ghiaccio. “No” confermò la ragazza. Michela era decisa a non farsi intimorire. “Signorina, fossi in lei, farei bene a finire la coca e andarmene. Sa questo è un piccolo paese, tutti sanno tutto di tutti” l’uomo lanciò un veloce sguardo agli altri che ripresero subito le proprie attività. “Sa, non vorrei che lei, o chiunque altro, si possa trovare nei guai, ficcanasando troppo” continuò il barista. “Potrebbe accadere che la voce delle sue ricerche arrivino all’orecchio sbagliato. Mi capisce vero? Seppure avessi qualcosa da dire non potrei proprio dirgliela. Capisce vero?” Michela capiva perfettamente. Era meglio se se la filava di li. “Comunque non conosco nessuna Chiara” concluse il barista con modi affabili e i suoi occhi tornarono allegri. Michela scese dallo sgabello, gettò delle monete sul bancone e senza dire una parola uscì dal locale senza aver ancora toccato la consumazione. Salì sulla moto, l’accese e partì senza guardarsi indietro. 
Era lei. Si era proprio lei. Dannazione! Cuore fermati, pensò Chiara, la ragazza in silenzio era al posto passeggero nella macchina del ragazzo. Quest’ultimo uscito dal giornalaio, entrò in macchina. “Che hai?” chiese brusco a Chiara. La ragazza fece un lieve gesto con la testa, per dire “nulla”. “Bene” disse il ragazzo ingranando la marcia e partendo a tutto gas. Erano giorni strani quelli. Giovanni non le rivolgeva la parola. Come sempre d’altro canto. Lei era sempre stanca. Fiacca, si sentiva gonfia e sempre sull’orlo di piangere. Ma resisteva. Arrivati a casa, il ragazzo si abbandonò sul divano a guardare televisione e la ragazza si rintanò in cucina. Mise una pentola sul fuoco, e aspettò leggendo un libro, che l’acqua arrivasse a bollore. “voglio mangiare!” ordinò bruscamente Giovanni, facendo trasalire la fidanzata. Poco dopo, alla tavola apparecchiata i due ragazzi mangiavano in religioso silenzio. Gli unici rumori erano dati dalle posate che toccavano i piatti, l’acqua o il vino che scorrevano giù per i bicchieri. Il silenzio era tale, per ogni piccolo rumore faceva trasalire la ragazza. Dopo aver mangiato, Giovanni ruttò sonoramente e si alzò per bivaccare nuovamente davanti al televisore. Chiara si alzò per sparecchiare, quando una fitta le prese lo stomaco. Un malessere che si arrampicava veloce, centimetro dopo centimetro attaccava le pareti dello stomaco. Pochi attimi per rendersene conto e chiara si ritrovò in bagno, con la testa nel water a vomitare. Non si aspettava che Giovanni si alzasse, ma in quel momento rimpiangeva una figura che l’aiutasse. Le sue gambe tremavano nonostante fosse inginocchiata. Le sue mani a stento tenevano lontani i capelli dalla faccia. Si rialzò lentamente, arrivò al lavandino, si sciacquò la faccia e la bocca. Strofinò piano un asciugamani in faccia e si diresse in cucina, per terminare le pulizie. 
Finito in cucina, Chiara di diresse in camera, si stese su di un fianco cercando di riposare. Dopo poco sentì la porta di casa cigolare, per poi richiudersi con violenza. Solo allora prese sonno, sapendo con non vi era più nessuno in casa. 

Michela rientrò in casa. Lanciò il mazzo di chiavi nella scatola di latta, oramai quasi distrutta. Cagnone le corse incontro. “Cagnone sta giù!” disse brusca la ragazza. Laura seduta al tavolo, osservò la scena senza fiatare. Michela percorse a grandi passi la casa e si chiuse in camera sbattendo la porta. Si abbandonò sul letto, cercando di riflettere, ma si addormentò, stremata dalla notte in bianco. Si svegliò in tardo pomeriggio. Il sole stava sulla via del tramonto e non sentiva rumori in casa. Era giorno di allenamento, ma non aveva proprio voglia. Ai alzò dal letto, uscì dalla stanza per entrare in bagno. Entrò nella doccia, girò i rubinetti dell’acqua e lasciò che le lavasse via la stanchezza e quel senso di frustrazione. Lasciò che l’acqua le scorresse addosso per un po’. Cercò di pensare, riflettere, ma l’unico pensiero era quello di lasciar stare. Era un caso, solo un caso, che quella sera aveva visto Chiara con il livido in faccia. Avrebbe fatto bene a far finta di nulla. “No!” esclamò d’improvviso tra se e se, picchiando il muro con un pugno. Uscita dalla doccia si asciugò con Cagnone che le ronzava  intorno, incurante della scortesia della padrona di qualche ora prima. Indossò una tuta comoda e si avviò verso la porta per andare in pizzeria. “Vado al lavoro. Da da mangiare al cane” disse con tono piatto rivolgendosi a Laura. Laura non rispose, assorta com’era dal film che stava vedendo. Ma fece un cenno d’assenso. Michela prese le chiavi e uscì all’aria fresca. 
 “Sei in anticipo” disse il proprietario del locale, con espressione sorpresa. La ragazza non rispose e si diresse direttamente nello stanzino a mettersi il grembiule. Tornò al bancone e si sedette fissando il vuoto. “A guardarti sembra che stai svolgendo complicati algoritmi a mente” scherzò il proprietario. L’uomo si sedette di fianco alla ragazza. “Senti” cominciò poggiando una mano sulla spalla della ragazza “quando un problema ti sembra insormontabile, il modo migliore per uscirne è staccare la spina per qualche tempo, poi ritornare e analizzare la situazione da terza parte. Poi affrontarla”. “A cosa ti riferisci?” chiese Michela. “Oh, bè a niente di particolare. E a tutto, tutto sommato” rispose enigmatico l’uomo. “Grazie Mario” disse la ragazza alzandosi per ricevere i primi clienti. 
Era sera, quando Chiara riaprì gli occhi. Un odore molto forte investì le sue narici, penetrandole il cervello. Subito la nausea la invase. Tentò di alzarsi e già tutto le girava intorno. Arrivò in cucina tenendosi le mani sulla testa. “Ma stai sempre male tu?” disse sprezzante Giovanni. “Ho portato la cena”. Sul tavolo c’erano una vaschetta con un pollo arrostito con patate, patatine fritte, varie verdure sott’olio come carciofini, melenzane e pomodori. Tutti quegli odori si mescolavano nello stomaco di Chiara e facevano pesantemente a cazzotti. Si portò subito una mano alla bocca in vista di un conato. “Ti vuoi sedere e mangiare?” disse il ragazzo duro. Chiara gli sorrise. Si diceva sempre che se quella era la vita che doveva vivere, valeva la pena di cercare di renderla  più dolce possibile. Cosi portò qualche patatina alla bocca. “Che hai da ridere?” scattò Giovanni. “Ti sistemo io! Sei troppo strana ultimamente” urlò battendo un pugno sul tavolo. Ma la ragazza non lo finì di ascoltare che corse in bagno. Di nuovo inginocchiata vicino al water, buttava fuori quel poco che aveva mangiato. Sentiva la trachea bruciare, lo stomaco vuoto continuare e contrarsi. La testa pulsava. Si sciacquò e tornò in cucina, dove trovò Giovanni paonazzo in volto. D’improvviso, le diede un ceffone. “Non solo ti porto la cena!” urlò adirato. “Ma, sto male” cercò di difendersi la ragazza, con lo stupore negli occhi e le lacrime che le rigavano le guance. “Tu disprezzi e denigri ciò che faccio per te” continuò il ragazzo battendo più forte il pugno sul tavolo, facendo saltare qualche patatina fuori dalla vaschetta. Giovanni si guardò intorno. Prese le chiavi della macchina, di casa e se ne andò sbattendo la porta. Un rivolo di sangue sgorgò dal labbro gonfio e pulsante di Chiara. La ragazza si portò le mani al volto, scoppiando a piangere e lasciandosi cadere a terra. Una goccia di sangue si staccò da mento cadendo su una mattonella candida. Poggiò la testa al muro e continuò a piangere, finché sfinita non si addormentò li, senza avere neppure più la forza di alzarsi.

  
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