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Autore: BogartBacall    04/02/2013    2 recensioni
[Questa storia ha partecipato al contest "A Black's life" indetto da missmalfoy97 sul Forum di EFP, classificandosi SECONDA]
“Hai paura, Draco?”
L’uomo annuì, nervoso “Un po’…” rispose, la voce strozzata.
Narcissa scosse la testa, chiudendo gli occhi “Molto male, tesoro, molto male” lo ammonì, serena.
Suo figlio le restituì uno sguardo interrogativo.
“Non devi avere paura” continuò “Chi ha paura, muore ogni giorno.”
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Draco Malfoy, Narcissa Malfoy
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7
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- Questa storia fa parte della serie 'Non si vede bene che col cuore'
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la vita va
La vita va

Era l’estate del 1971, luglio, per la precisione. Da pochi giorni si era celebrato il matrimonio fra due membri delle più illustri casate magiche di tutti i tempi: Bellatrix Black, primogenita di Cygnus e Druella Rosier, si era unita in matrimonio all’erede della famiglia Lestrange, Rodulphus. Era stata, senza bisogno di dirlo, una cerimonia in grande stile, sfarzosa e solenne, e nessuno dei membri dell’alta società era voluto mancare.
Gli occhi di tutti erano puntati sulle tre ragazze Black, così diverse l’una dall’altra, ma assolutamente affascinanti. Bellatrix, la sposa, carattere forte e determinato, bella e fiera come la stella di cui portava il nome, non particolarmente femminile e aggraziata, Andromeda, la secondogenita, simile nell’aspetto alla sorella maggiore, ma dotata di due luminosi occhi dolci, di carattere riservato e umile e Narcissa, la piccola, straordinariamente bella e aggraziata, timida in modo quasi patologico, capace di arrossire per un’occhiata fugace, così incredibilmente diversa dalle sorelle.
Erano diverse anche nell’esternare le loro emozioni, le sorelle Black. Come quel giorno, ad esempio. Bellatrix, a regola colei che doveva essere più emozionata, era impassibile, fredda e distaccata, quasi come fosse un evento quotidiano, l’essere data in sposa ad un mago purosangue fra i più nobili. Narcissa sorrideva nervosa, gli occhi fissi sulla sorella e il suo sposo, nel timore di incrociare lo sguardo interessato di qualche uomo. Andromeda, invece, sembrava strana, triste, pensierosa.

Anche a distanza di giorni, quando tutto in casa Black pareva essersi quietato e la vita di tutti i giorni era ripresa senza intoppi, Narcissa notò che la sorella era assente, cupa.
Un pomeriggio l’aveva raggiunta in giardino, al gazebo vicino alla fontana, dove si era rifugiata.
“Che c’è?” le aveva chiesto, sedendosi di fianco a lei e notando che aveva gli occhi gonfi di pianto.
“Niente…” cercò di minimizzare, sfregandosi gli occhi con i palmi delle mani “Stavo solo… pensando…”
“A cosa?” la incalzò, passandole una mano attorno alle spalle.
Andromeda sospirò “Non trovi… frustrante che siano i nostri genitori a scegliere chi dobbiamo sposare?” le domandò, cercando di trattenere le lacrime.
Narcissa sentì il suo cuore accelerare di colpo “Vuoi dire che stanno già cercando un marito anche a te? Ti hanno detto qualcosa?” domandò, spaventata.
“No…” rispose l’altra, scuotendo la testa “Ancora no… Ma non tarderanno a farlo… Ormai mi sono diplomata, non hanno altre aspirazioni, per me. Presto o tardi decideranno con chi mi devo sposare e io mi dovrò accontentare, senza osare fiatare!” constatò, in un crescendo di rabbia.
“Beh, magari il marito che sceglieranno per te ti piacerà. Magari è qualcuno che conosci…” cercò di consolarla, attraverso l’ingenuità dei suoi sedici anni.
Andromeda sorrise, amara “No, ne dubito… Non credo potrei mai farmi piacere… o innamorarmi di nessuno… Di nessun altro!” e scoppiò in un pianto dirotto.
Narcissa rimase a bocca aperta “Perché tu… Sei già innamorata di qualcuno?” chiese, stupita “Dovresti dirlo ai nostri genitori!” esclamò, raggiante “Magari potrebbero decidere di fartelo sposare!”
“No!” urlò l’altra, facendola sobbalzare “No, ti prego, Cissy, non dirlo a nessuno! Giuramelo!”
“Sì, ma…” tentò di ribattere.
“No, Cissy, niente ma. Non è una persona che gradirebbero. Devi giurarmi che non dirai niente a nessuno, mai. Neanche se si venisse a sapere, tu devi giurare che non ne sapevi nulla. Promettimelo!”
La guardò negli occhi, scorgendo solo disperazione “Lo prometto…”
“E devi promettermi, anche, che, qualunque cosa succederà, qualunque decisione io prenda, tu non mi giudicherai mai. Io, per te, rimarrò sempre e comunque tua sorella, nel bene e nel male!” aggiunse, guardandola con occhi di supplica.
“Io… io te lo prometto, Andromeda, ma…” balbettò, confusa.
Non riuscì a terminare la frase, ritrovandosi stritolata fra le braccia della sorella, scossa dai singhiozzi. Una sensazione di morsa allo stomaco, così strana e assolutamente nuova, la colse all’improvviso. Qualcosa stava cambiando e, dentro di lei, sapeva che sarebbe stato per sempre.

La sensazione di oppressione al petto proseguì per le settimane seguenti, aumentando la sensazione che qualcosa di grosso stesse per accadere.
Andromeda non le aveva più fatto parola della loro discussione, ma, ogni giorno che passava, era sempre più silenziosa e inquieta.
Vedere sua sorella ridotta in quello stato non l’aiutava certo a non pensare: di lì a poco anche Andromeda se ne sarebbe andata e, nel giro di un paio d’anni, sarebbe toccata la medesima sorte anche a lei. Di nuovo, il suo stomaco si strinse, quasi provocandole dolore, e il battito del suo cuore accelerò, le sue mani si fecero fredde. Non conosceva quella sensazione, almeno, non l’aveva mai sperimentata così intensamente. Qualunque cosa cercasse di fare, qualunque pensiero la sua mente cercasse di elaborare per scacciare quella percezione, non erano minimamente sufficienti, non erano abbastanza felici.
Si alzò dal letto, rassegnata all’idea che non sarebbe riuscita a chiudere occhio, nemmeno quella notte. Uscì di soppiatto dalla sua stanza e sgattaiolò verso quella di sua sorella. Bussò, aprendo contemporaneamente la porta. Quel che vide entrando, però, la paralizzò.
“Cosa stai… Cosa stai facendo?” chiese, con un filo di voce.
Andromeda si voltò di scatto, una pila di abiti ancora fra le mani.
“Devo farlo, Narcissa…” si giustificò, ferma “Devo!”
“Io… io non capisco…” borbottò confusa la piccola.
La maggiore gettò i vestiti a terra e la prese per mano, facendola accomodare sul letto, accanto a lei.
“Ci sono cose molto più grandi noi, Cissy, cose a cui, anche se cerchiamo di opporci, non riusciamo a resistere” iniziò, stringendole forte la mano “Tu sei piccola, dolce, ancora convinta che quello che i nostri genitori decidono per noi corrisponda al meglio. Per me, purtroppo, non è così. Quello che desidero non corrisponde a quello che loro vogliono. E io non sono disposta a sacrificare la mia felicità per il loro tornaconto.”
“Cosa significa, Andromeda?” le chiese, timorosa.
“Me ne sto andando, Narcissa. Fuggo, come una codarda qualsiasi, perché non ho la forza per combattere, ma soprattutto, so che perderei.”
“Cosa???” domandò l’altra, sconvolta “Ma come, perché?” continuò, confusa.
Andromeda abbassò lo sguardo, affranta “Forse dovresti chiedermi con chi…”
La piccola Black le restituì uno sguardo interrogativo.
“Scappo con il ragazzo che amo, Cissy…” confessò, affranta.
Narcissa sgranò gli occhi, raggiante “Ma è magnifico!”
“Lo sarebbe” intervenne l’altra “Se l’oggetto del mio amore non fosse Ted Tonks…”
Il gelo calò nella stanza. Narcissa si ritrovò in piedi, di fronte alla sorella.
“Ted Tonks?” chiese, basita “Ted Tonks il Nato Babbano?” chiese conferma “Andromeda, come hai potuto?”
“Non ho deciso io, Cissy!” singhiozzò la più vecchia “È capitato! E non ho potuto farci nulla!”
Narcissa la guardò piangere, incapace di reagire, di capire.
Andromeda rialzò il capo, asciugandosi le lacrime con le mani.
“La tua promessa…” iniziò “Devi ricordarti la tua promessa, Cissy. Non giudicarmi. Un giorno anche tu ti innamorerai, te lo auguro dal profondo del mio cuore. E quel giorno capirai perché lo sto facendo. Nel frattempo, cerca di non essere troppo severa con me.”
Si alzò e raccolse le sue cose, facendole entrare con un incantesimo in una piccolissima pochette.
Si avvicinò alla sorella e le stampò un bacio in fronte “Addio, Cissy. So che, contrariamente al resto della famiglia, non ti dimenticherai di me.”
Narcissa chiuse gli occhi, sentendo i passi della sorella allontanarsi in direzione della finestra e, infine, il suono della sua smaterializzazione.
Scoppiò in lacrime, accasciandosi sul letto che era stato di sua sorella, la sensazione di morsa al petto sempre più opprimente.
Ora capiva di cosa si trattasse. Era paura. Paura di crescere.



   
 
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