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Autore: demolitionlover    26/08/2007    11 recensioni
Immaginate di dover stare per un mese in una casa con il vostro nemico del liceo. Immaginate che questo nemico sia Frank Iero. Allora, vi va di leggere sta demenza? Sono xMurderScenex e bho non sapevo che fare, così invece di stare buona, ho scritto sta ff, recensite?
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Frank Iero, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Eccomi! Sono stata assente per un bel po' perchè ero in vacanza. Mh Mh. non è che abbia tanto da dire. Grazie mille per le persone che leggono questa storia, non pensavo che potesse piacere, davvero. Quindi grazie mille e ricambierò le recensioni al più presto ;)

Capitolo Nono

Spensi il motore della macchina e apoggiai la fronte sul volante.
Avevo bisogno solo di due minuti.
Due minuti di assoluta tranquillità e di silenzio.
Il temporale era diventato più violento, così potei dire addio alla tranquillità, poichè chicchi di grandine battevano sul vetro.
Tick Tick.
Chiusi gli occhi, cercando di riordinare la mia mente. Il bacio, Alex, l'anello.
Tick, Tick.
"Al diavolo.." dissi scendendo dalla macchina, arrendendomi. Non riuscivo a ragionare con tutto quel rumore.
Chiusi la macchina e attraversai la strada di corsa, tentando di non essere ucciso dalla grandine.
Poi mi fermai davanti alla porta dello Starbucks. Non sapevo esattamente il motivo per cui mi fossi fermato, dopotutto andavo a parlare con il mio migliore amico, non con uno sconosciuto.
Ma perchè allora mi sentivo così ansioso? Avevo forse paura del suo giudizio?
"Paranoico" mi dissi da solo e tirai la maniglia della porta. I chicchi di grandine rimbalzavano sulla mia testa, dandomi leggermente fastidio. Nonostante avessi tirato, la porta non si aprì.
Sbuffai e tirai di nuovo, ma niente.
Poi capii. Sotto il logo dello Starbucks, era inciso a caratteri cubitali. SPINGERE.
Ho sempre avuto difficoltà a capire quale fosse lo spingere e il tirare, così ci pensai cinque minuti e alla fine spinsi la porta, sbarazzandomi di quei chicchi di grandine fastidiosi che mi erano entrati nella schiena. Mi stavano scivolando dentro le mutande, così mi agitai come in preda ad un attacco epilettico, ma il chicco si era ormai sciolto.
Quando alzai lo sguardo, tutti mi stavano guardando come un fenomeno da baraccone.
Feci un sorriso imbarazzato e mi guardai intorno, cercando di individuare Gerard.
Finalmente lo vidi.
Era seduto nell'angolo più buio del locale, con un paio di occhiali da sole e una felpa nera.
Sospirai e mi diressi verso il suo tavolo. Quando mi stavo per sedere, sbattei il ginocchio contro l'angolo e feci sobbalzare il tavolo di un po', così il caffè di Gerard si rovesciò giusto un pochino.
"Ma che cazzo hai? Sembra che ti abbiano messo quattro supposte al peperoncino messicano nel culo, datti una calmata!" rispose Gerard, pulendo con un fazzoletto il caffè rovesciato.
"Mi sono fatto male! Mica l'ho fatto apposta!" risposi massaggiandomi il ginocchio.
Una cameriera arrivò con il block-notes tra le mani e ci guardò annoiata. "Che cosa desidera?" mi chiese con voce atona.
"Un caffè, grazie"
"No, guardi, porti una the" disse Gerard.
"Perchè? Un caffè, grazie"
"Il caffè ti fa agitare, Frankie" Guardò la cameriera "Un the, grazie"
"Anche il thè fa agitare, caro saputello, un caffè"
"No, the"
"Caffè"
"The"
"Caffè"
"Caffè"
"The"
"Tiè! Te l'ho fatta! Un the, grazie!"
Sbuffai e guardai la cameriera, che ci fissava con intenzioni omicida. Scrisse qualcosa e poi sorrise con amarezza.
"Facciamo una cosa, due belle camomille per tutte e due, ok?" "Ma.." obiettò Gerard
"Due camomille" e se ne andò, borbottando bestemmie contro di noi. "Furba, la tipa eh?" disse Gerard, giocherellando con la zuccheriera.
"Mh.."
"Bello sto posto, vero?"
"Sì, ma non capisco perchè tu abbia scelto questo tavolo. Poi perchè porti il cappuccio e gli occhiali da sole in un posto coperto?"
"Perchè esistono i paparazzi, caro mio e poi mi sento a mio agio nel buio"
"Dio, Gee non fare il solito depresso e malinconico. Nessun paparazzo sarebbe così folle di fotografarti vestito da sosia di Bela Lugosi!"
Gerard mi guardò negli occhi e scoppiò a ridere. Io feci un sorriso sforzato, senza nessuna intenzione di ridere. Proprio mi mancava la forza di ridere e di lasciarmi andare.
La cameriera portò le due tazze di camomilla e se ne andò con aria sempre più incazzata.
Gerard annusò la tazza e storse il naso.
"Ha un odore strano.."
"Meglio non berla, potrebbe averci sputato o, peggio ancora, pisciato dentro!" dissi storcendo anche io il naso.
Allontanammo le tazze e guardammo la strada attraverso le grandi vetrate. Gente che correva per non bagnarsi, gente che rideva, gente che urlava dentro le loro piccole macchine in mezzo al traffico e poi una coppia. Una che si baciava, nonostante la pioggia cadesse a torrenti.
Dovevano avere diciasette anni al massimo, giovanissimi.
Gerard li guardava, seguendo ogni loro movimento. Poi il ragazzo prese la mano della ragazza e scomparvero nel parco lì vicino.
"Mi ha chiamato, mi ha spiegato tutto" disse Gerard, guardando fuori.
"Perchè mi hai fatto venire qui, allora?" dissi spazientito. "Ti da così tanto fastidio stare qui?"
"No, però.."
"Frank, sei veramente strano. Non capisco i tuoi sbalzi di umore, prima non li avevi, non hai mai avuto questo comportamento.. Che diavolo hai, si può sapere oppure vuoi tenere come sempre tutto dentro? A che gioco stai giocando con lei? Al "Prima ti tratto bene e poi ti prendo in giro"? Frank, le persone non sono giocattoli, lo devi capire questo" disse amaramente.
Non so se mi fece più incazzare quello che mi aveva appena detto, oppure il fatto che avesse ragione.
Mi alzai dal tavolo e misi una banconota da cinque dollari sopra il conto.
"Frank, non fare il bambino, cresci dannazione!" disse con tono spazientito Gerard. Lo guardai negli occhi scocciato.
"Tu non hai problemi, dopotutto vedi di nuovo il tuo carissimo Bert"
"Che diav.."
"No, lasciami finire. Non hai problemi, perchè tanto hai fatto sempre finta di non averlo perdonato. Sai che tanto ti farai scopare, dopotutto è Bert. Tu aspetti quel momento da anni. E' facile criticare i problemi degli altri, quando non ci si trova nei loro panni"
Una lacrima percosse lo zigomo di Gerard, ma l'asciugò prima che potesse cadere sul tavolo.
"Vaffanculo, Frank, vaffanculo" disse andandosene via dal locale. Mi appoggiai alla vetrata per vedere dove stesse andando, ma era sparito.
Pagai il conto e uscii dal locale, fionandomi dentro la macchina.
Una volta lì dentro, scoppiai a piangere.
Piangere per me, significava singhiozzare per due minuti contati e qualche lacrimuccia.
Ma quel giorno piansi per almeno una mezz'ora, finchè avevo gli occhi rossi e gonfi, simili a quelli di un rettile. Accesi la macchina e mi soffiai il naso. Non sapevo dove andare, così imboccai una strada a caso e guidai per due ore.
*

Alex si era fermato davanti a casa.
Non l'avevo più baciato dopo che Frank mi aveva visto, non l'avevo nemmeno sfiorato.
Stavo per uscire dalla macchina, quando mi fermò.
"Perchè mi hai baciato?" Speravo che non me lo chiedesse, dopotutto non l'aveva fatto per tutto il giorno.
"Io.." mi morsi il labbro, cercando di trovare le parole giuste.
"Io..Alex, senti tu sei veramente carino, credimi. Ma.."
"Ti piace quel ragazzo là" concluse sorridedomi.
"Io, non lo so"
"Certo che ti piace, sennò non mi avresti baciato. Non mi voglio intromettere, però ti vorrei dare un consiglio"
Annuii, esortandolo ad andare avanti.
"Smettetela di fare gli amici, ci soffrirete e ci soffrite entrambi"
"E come fai a saperlo?"
"Sono bravo a capire le persone e le situazioni in cui si trovano.."
"Beato te.." sussurrai guardando la pioggia dal finestrino.
"Hey, chiunque può riuscirci. Devi solo farci attenzione. Ora vai a casa e dimentica tutto, verdai che andrà meglio"
"Speriamo.." Qualcosa attirò la mia attenzione. Una figura era davanti al nostro portone di casa, gli occhiali da sole sugli occhi, nonostante il sole fosse scappato per una bella vacanza alle Hawaii.
"Gerard.." sussurrai piano.
"Cosa?" Forse non tanto piano.
"Niente, scusa Alex, ma devo scappare. Grazie di tutto, ti chiamo per martedì!" gli diedi un bacio veloce sulla guancia e uscii dalla macchina alla svelta.
Corsi verso Gerard, che aveva la testa fra le mani.
"Gerard?" sussurrai, quasi con paura che succedesse qualcosa.
"Speravo che tornassi, posso salire?"
"E' casa tua" risposi ridendo. Lui fece un sorriso tirato ed entrò in casa.
Durante il viaggio in ascensore, non disse una parola. Si limitava a guardare dritto davanti a sè, magari non guardava nemmeno.
Dopotutto portava ancora quei buffi occhiali da sole.
Entrammo in casa e lo feci sedere sul divano, mettendo su l'acqua per un the.
"Mi vado a cambiare, tu resta qui"
Gerard annuì e io mi chiusi nella camera da letto. Mi cambiai infilandomi un pantalone della tuta e la felpa del college. Presi un asciugamano ed entrai nel salone, asciugandomi i capelli.
"Hai bisogno di cambiarti?"
Ma lui non mi rispondeva, si limitava a fissare fuori dalla finestra.
"Gerard, hai bisogno di cambiarti?"
Nessuna risposta.
Mi avvicinai e lo feci voltare. Aveva il viso rigato dalle lacrime. Scoppiò a piangere, abbracciandomi forte. Singhiozzava, senza nemmeno respirare.
"Gee, calmati, che è successo?"
"F-Fran-nk"
"Cos'ha fatto quel coglione?"
"Lui.. lui mi ha detto che io non posso capirlo, che tanto è facile per me, vedo Bert e tanto sa che.. mi farò.. portare a letto da lui.. perchè io non sono capace di non perdonarlo.. e che non ho problemi"

Scoppiò di nuovo a piangere e lo abbracciai più forte.
"E' veramente un deficiente, un deficiente frustrato, lascialo stare"
"Il fatto che mi fa ancora più soffrire è che magari abbia ragione. Dopotutto io non sono capace di essere così incazzato con Bert"
Gli asciugai le lacrime e sorrisi.
"Nessuno è capace di essere incazzato con la persona che ama"
Lui sorrise e poi si soffiò il naso, estraendo un fazzoletto nero dalla tasca.
Mi diressi in cucina ed aprii il frigo. C'era ancora tutta quella marea di carne, che mi aveva fatto comprare Iero.
"Ho un po' di carne, Iero me l'ha fatta comprare, ti va di restare qui a cena? Magari chiamiamo anche gli altri"
Lui annuì e sfoglio senza attenzione un giornale di moda che giaceva sul bancone della cucina.
"Chiamali, ma non invitare Frank"
"Non lo farei mai, sai come si è comportato con me" dissi prendendo due bustine di the dalla credenza.
"Vuoi della camomilla, per caso?"
Lui mi guardò negli occhi e scoppiò a ridere. Lo guardai senza capire.
"Che ho detto?"
"No, è che.. io e Frank stavamo litigando per una camomilla.." abbassò lo sguardo con tristezza "...ma ormai non ha più importanza"
MI sedetti e gli porsi la sua tazza di the.
"Dai Gee, non ci stare a pensare. A proposito, ho visto che c'è un manuale per il Nintendo Wii, come mai?"
"Ah, me l'hanno dato in regalo quando abbiamo fatto un concerto mi pare, ho un paio di videogiochi" disse girando lo zucchero con il cucchiaino.
"Strafico! Allora chiama gli altri, così ci facciamo una partita. Hai anche Guitar Hero, per caso?"
"Sì, deve essere da qualche parte nello sgabuzzino.. Ma la lavatrice l'avete aggiustata?"
"Ehm, no.. Domani dovremmo andare in lavanderia, ma da come stanno le cose penso che andrò io"
"Già" disse sospirando tristemente. Avrei voluto fare qualcosa per tirarlo su di morale, ma cosa? Perché Iero doveva sconvoglere la vita di tutto il mondo con le sue cattiverie?
Decisi di non parlargli per un bel po', finchè lui non mi avesse implorato in ginocchio di rivolgergli la parola.
*


Erano ormai le nove di sera.
Avevo percorso mezza New York, pensando alle persone che avevo ferito quel giorno.
Era stato uno dei giorni più brutti di tutta la mia vita, non avevo pianto così fin ai tempi del divorzio dei miei genitori.
Decisi che fosse tempo di tornare a casa, così tornai indietro e arrivai nel vialetto pieno di case aristocratiche.
NOn grandinava più, era rimasta solo una pioggerellina leggera, che ti accarezzava la pelle, come i primi fiocchi di neve.
Aprii il portone e feci le scale.
Erano dodici piani, però arrivai davanti all'appartamento, fresco come una rosa. La mia mente era molto più stanca, del mio fisico.
Sentii dei rumori di chitarra elettrica e delle risate che provenivano dall'appartamento.
Aprii la porta e guardai la scena.
C'erano Bob, Mikey e Alicia, la sua ragazza, seduti sul divano, ridendo e guardando lo schermo.
Virginia e Ray erano in piedi e giocavano con qualcosa, che sembrava Guitar Hero. Gerard era seduto su una poltrona e parlava con Brian, con aria felice e divertita.
Quando chiusi la porta, tutti si girarono.
Tutti a parte lei, che continuava a fissare lo schermo.
"Ciao Frank" dissero Mikey e Ray con aria scocciata. Bob guardava la tv, cercando di non distogliere lo sguardo. A lui imbarazzavano quelle scene.
Gerard faceva finta di niente. Brian mi salutò sorridendo e lei.
Lei si voltò e storse il naso.
"E' entrato qualcuno per caso? No, perchè ho sentito la porta aprirsi e chiudersi, però non vedo nessuno" disse facendo finta di non vedermi.
"Non vi preoccupate, me ne vado subito" dissi aprendo la porta "No! Aspetta, ti devo parlare di.." Tutti aspettavano che Bob finisse di parlare ".. del ritmo della canzone che stavamo suonando, l'altro mese, ti ricordi?" fece un occhiolino in un nanosecondo.
"Quale canzone?" Ovviamente ero troppo stanco per capire il significato di quella frase.
"La canzone Frank, la canzone" disse quasi ringhiando.
"Aaaaah, la canzone! Certo!" risposi insicuro, seguendolo fuori sul balcone della camera da letto.
Chiuse la porta dietro di sé e mi guardò con un sorriso insicuro.
"Di che mi devi parlare, Bob?"
"Semmai sei tu quello che deve spiegare.."
"Ti va?" dissi porgendogli una sigaretta. Lui annuì e restammo in silenzio, a fumare.
"E' una brava ragazza, perchè le fai questo?" disse all'improvviso, guardandomi con quegli occhi azzurri e profondi.
"Io.. brava ragazza? E tu come lo sai?"
"Ci ho parlato. Mi ha parlato un po' di lei. Ha carattere, proprio come te"
"A volte avere le stesse qualità non porta a niente di buono" dissi sospirando.
"Ma perchè non ci provi?"
"A fare che cosa Bob?"
"A lasciarti andare. Che problema hai? Perchè hai cercato di baciarla e perchè hai trattato così male Gerard?"
"Gerard ti ha detto tutto, non è vero?!"
Non so cosa mi fosse preso, ma all'improvviso ero furioso. Ero furioso perchè Gerard aveva fatto la spia, mostrandomi come un mostro davanti ai miei amici.
"Frank, per Dio, datti una calmata. Non ti sopporto quando fai così" buttò la sigaretta e fece per andarsene, ma io gli afferrai il braccio. Bob era la mia ultima speranza, l'ultimo che mi aveva parlato.
"Aspetta, Bob. Scusami.."
Si voltò e mi guardò intensamente negli occhi. Poi sorrise con affetto. Bob era così. Era un gigante buono.
"Io veramente non ce la faccio più.. Una parte di me vorrebbe non so, lasciarmi andare con lei, perchè lo ammetto, mi piace. L'altra parte è angosciata dall'altra, rovina ogni piccolo momento" feci una pausa e guardai il cielo privo di stelle "Ho buttato l'anello"
"Se l'hai fatto c'è un motivo. Chiedile scusa"
"L'ho fatto già troppe volte, non penso che le accetterà"
"Falle un regalo, comincia a farle capire che a te interessa"
"E con Gerard, un regalo non potrà rincollare i cocci della nostra amicizia" "Parlagli, ora"
Lo guardai negli occhi e lo abbracciai forte.
"Grazie Bobbolo, sei un grande amico" Lui rise forte e sorrise dandomi una pacca sulla schiena.
"Non mi devi nemmeno ringraziare. Ora vai"
Rientrammo in casa e ci dirigemmo verso il salone. Sentivo battermi il cuore forte nel petto. Era ora di cambiare, di togliere quella pesante maschera sul mio viso.
Una volta entrato nel salone, incrociai il suo sguardo. Mi guardava rabbiosa, come se mi volesse prendere a calci, ma io feci scorrere il mio sguardo su tutti, fino ad arrivare a Gerard.
"Gerard, ti devo parlare"
"Non me ne frega niente" disse con tono freddo, guardando fisso il televisore.
"E' una cosa importante"
"Bene, ti ascolto" disse guardandomi con la stessa espressione di Virginia. "Da soli"
*


La mezzanotte era ormai arrivata.
Mi stiracchiai sul divano e mi scappò uno sbadiglio.
Frank e Gerard erano scomparsi da tempo. Salutai gli altri con la mano e poi il rumore della porta che si chiuse, fu l'ultimo suono che udii nella casa.
All'improvviso il mio telefono squillo. Mike.
"Mike?"
"Scusami, volevo solo dirti se da domani potessi lavorare"
"Certo.."
"Ok"
"Ok"
"Ora scusa ma devo scappare. Ciao" chiuse il telefono, senza neanche darmi il tempo di ricambiare il saluto.
Il telefono squillò un'altra volta.
Un messaggio. Guardai il mittente. Merda, Matt.
Non sapevo se leggerlo o no, dopotutto non avevo pensato a Matt da settimane. L'avevo praticamente abbandonato.
Mi feci coraggio e aprii il messaggio.
Sei una persona schifosa. So dove sei. Aspettati la mia visita un giorno o l'altro. Mi fai schifo.
Lasciai cadere il cellulare dalle mani.
Com'era riuscito a scoprire dove fossi? Chi glielo aveva detto? Sentii le gambe tremarmi. Non sapevo cosa mi stesse succedendo, ma avevo paura.
Avevo paura di lui e del fatto che potesse avvicinarsi a me.
Sapevo che mi avrebbe picchiata, o magari avrebbe fatto di peggio, chi lo poteva sapere.
Rimasi a guardare il cuscino per terra.
Frank e Gerard tornarono in casa, ridendo e scherzando.
All'improvviso si fermarono. Le risate risuonarono nel gigantesco appartamento. Sapevo che mi stessero fissando. Sapevo che lui lo stesse facendo.
"Tutto ok?" mi chiese con voce preoccupata Frank.
Lo guardai negli occhi e poi mi alzai.
"Secondo te?" dissi in tono sprezzante. Poi mi chiusi in camera da letto.
Non riuscivo a perdonarglielo. Non riuscivo a far finta di essere gentile con lui, o forse nemmeno ci avevo provato.
Mi buttai sul letto e in cinque secondi mi addormentai, forse per la stanchezza di tutto quello che era successo in un solo giorno, forse per dimenticare le minacce di Matt.
Ho sempre avuto un dono.
Riesco a seguire tutto ciò che succede mentre dormo. Anche se magari sono cinque ore che sto dormendo, sento tutti i rumori e ciò che succede.
Questo non mi disturba, anzi a volte è persino divertente.
Sentii la porta aprirsi e delle voci bisbigliare.
Qualcuno si sedette sul posto di fianco al mio e qualcun'altro sulla poltrona di fianco alla mia parte del letto.
"Sta dormendo.." sussurrò Gerard.
Poi qualcuno mi sollevò un po' e mi infilò sotto le coperte. Era Iero sicuramente, perchè sentivo Gerard sussurrargli cose incomprensibili.
Una volta avermi tirato le coperte fino a metà spalla, delle labbra soffici e un profumo di menta si avvicinarono.
Mi aveva dato un bacio sulla guancia. Iero mi aveva appena dato un bacio sulla guancia.
Sentii il cuore battermi veramente forte.
Dopo due minuti, aprii gli occhi e tutto era buio.
Non c'era nessuno.
Magari dovevo aver sognato quella scena. Sbuffai e mi girai dall'altra parte. Due occhi verdi assonnati mi guardavano sorridenti.
"Ciao Bunny" disse con tono gentile.
Perchè diavolo faceva così?
"Cosa vuoi? Sarà l'una di notte, dormi" risposi seccata.
"Ok, buonanotte" si sporse per darmi un'altro bacio sulla guancia, solo che io spostai il viso e le sue labbra finirono per due secondi contro le mie.
Lo scostai violentemente e mi alzai dal letto.
"Vattene!"
"Ma Bun.."
"No! Vattene, dormi sul divano, ora!" Mi guardò con sguardo fustrato e poi prese il cuscino e andò in salone.
Lasciai la porta aperta e mi infilai dentro il letto.
Non so come mai, però non riuscii ad addormentarmi.
Faceva un freddo cane. Mi tirai su le coperte e chiusi gli occhi, ma il sonno non arrivava.
Forse ero stata troppo dura con lui, dopotutto non lo aveva fatto apposta. Poi pensai a quello che mi aveva fatto allo zoo. A quella frase.
Dopo quello, mi addormentai con un'espressione di rabbia, che mi fece venire il mal di testa.
*


La sveglia suonò.
Erano le sette. Dovevo prepararmi per andare a lavorare, si ricominciava. Optai per la solita camicetta della Ralph Lauren turchese e un paio di jeans, dopotutto dovevo andare in ufficio.
Infilai il portatile nella borsa apposita e uscii dalla stanza, per andarmi a preparare un caffè.
Mi guardai intorno. Iero era sdraiato sul divano, con le gambe sul petto, respirava molto piano e ogni tanto russava.
Gli passai vicino e vidi che tremava.
Gli toccai le mani. Erano ghiaccioli. Me lo aspettavo, dopotutto aveva fatto abbastanza freddo quella notte.
Presi una coperta dalla camera da letto e gliela misi sopra.
A poco a poco, i tremolii cessarono e lui tornò a ronfare. Sorrisi e poi andai a preparare il caffè.
Ne feci due tazze, dopotutto se lo meritava.
Aveva dormito per una notte senza coperta in un divano.
Però mi aveva anche detto quella frase allo zoo. Sospirai e lo guardai dormire.
Perchè la gente sembra così senza peccati, sofferenze e cattiveria quando dorme?
Bevvi un sorso di caffè e scappai al lavoro, però prima gli lasciai una tazza vicino al divano.
Dopotutto se lo meritava.

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