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Autore: angelad    04/02/2013    5 recensioni
"Il Natale sta per giungere anche in casa Castle e tutto sembra procedere per il meglio. Rick e Kate sono una bella famiglia allietata dalla presenza della loro piccola Joy. Qualcosa però annebbia un poco la loro felicità.... Qualcosa che forse nessuno si sarebbe aspettato.... "
Questa storia è, in parte, il seguito dell' "Araba Fenice". In quella storia nasce il personaggio di Joy e vi suggerirei di darle un'occhiata (se ne avete voglia, s'intende) per comprendere meglio alcune citazioni di questa.
Genere: Fluff, Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Alexis Castle, Altro personaggio, Kate Beckett, Rick Castle | Coppie: Kate Beckett/Richard Castel
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nel futuro, Contesto generale/vago
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Capitolo nuovo

Abbandonato il suo corpo contro la vasca da bagno, Alexis cercò di metabolizzare la fantastica notizia che le aveva appena dato suo padre. Era davvero una brutta gatta da pelare, ma Kate era riuscita a infonderle un po’ di speranza. In quel momento notò la porta del bagno aprirsi e la piccola testolina di Joy fare capolino all’interno: “Tai bene? Non cei più tolnata”.

La giovane ragazza la aprì del tutto per permettere alla sorellina d’entrare. La piccola stringeva ancora al petto la sua bambola e in quel preciso momento le fece una tenerezza infinita. Era davvero molto piccola, così innocente. Non si aspettava di certo di non veder ritornare a casa i suoi genitori per quella sera. Chissà come l’avrebbe presa.

Joy, intanto, si era avvicinata a lei e le stava tirando la maglia nel tentativo d’attirare la sua attenzione: “Lexie.. mi fai paula, pecchè non palli?”.

Alexis si scosse dal suo torpore e si affrettò a prenderla in braccio: “E’ tutto ok piccola, non preoccuparti. Ero solamente sopra pensiero. Poi c’è da preoccuparsi se tu non parli, sai io a volte sono un po’ musona”.

Joy si sbrigò a passarle le braccia intorno al collo, la strinse e poi sorrise: “Hai lagione, tu non palli mai. Cei peggio di mammina”.

“Ah sì? Sono onorata di tale record! Beh, io ho fame e se non ricordo male, anche tu, quindi che ne dici di ordinare quella famosa pizza?”.

In pochi secondi giunse nel salotto, prese il cordless appoggiato sul muretto accanto alla cucina e fece la loro ordinazione. Joy non si era staccata un attimo da lei e aveva incominciato a giocare con una ciocca dei suoi capelli ramati senza però tirarli. Non ci voleva un genio per comprendere che era sul punto di crollare e quel gesto meccanico le permetteva di tranquillizzarsi o più semplicemente di sentirsi al sicuro.

L’aveva vista farlo con i capelli di Kate più di una volta e si rese conto quando la donna avesse avuto ragione poco prima al telefono: Joy non aveva usato il linguaggio per comunicare con lei, lo aveva fatto con un semplice e spontaneo gesto.

La staccò per un attimo dal suo corpo per poterla guardare negli occhi: “Dai Joy ancora un ultimo sforzo, dopo che avremo mangiato ce ne andremo a letto tranquille. Ad entrambe serve un po’ di riposo”.

Lo sguardo della piccola mutò all’improvviso: “E la mia mammina? Quando alliva?”.

Eccola, la tanto tenuta domanda. Si era abbattuta su di lei come una tempesta tropicale contro le spiagge di un’isola dei Caraibi. I danni sarebbero stati ingenti.

“Ascolta piccola. Kate e papà sono molto in ritardo. Quella famosa consegna si è rivelata più lunga del previsto e non so dirti l’ora in cui rientreranno. Noi però dobbiamo fare le brave bambine e, quando viene l’ora, dobbiamo andarcene a nanna. Altrimenti domani non potremo giocare con loro come si deve, saremo troppo stanche..”.

Santo Iddio, era davvero pessima come attrice, sua nonna si sarebbe sicuramente vergognata. Non credeva neanche lei a quello che stava dicendo, figuriamoci una creatura sveglia ed intelligente come era sua sorella. Quella era la figlia di Kate Beckett, non si sarebbe mai bevuta una simile cavolata. Chi voleva prendere in giro?

Joy, però, non batté ciglio, ma una piccola lacrima le attraversò la guancia: “Io dolmo solo se alliva la mia mammina. Vollio la favola di papino e la canciocina della mia mammina…”.

Come volevasi dimostrare.

Le sue paure non erano del tutto infondate.

“Ok Joy, ora non piangere. Magari arrivano mentre noi ci stiamo preparando”.

La piccola annuì poco convinta: “Ooookk” ed la sorella le asciugò la lacrima che colava sulla guancia.

Alexis la posò in terra e la piccola corse a rifugiarsi sul divano stringendo ancor di più la sua adorata bambolina, senza più proferir parola.

Il cartone era finito e lo schermo era nero come la pece, ma la piccola Joy non scollò nemmeno per un attimo gli occhietti da lì.

Chissà quali sentimenti le stavano passando per l’animo. Alexis ne conosceva uno molto bene, la mancanza. Nonostante Castle fosse stato un padre adorabile che non le aveva mai fatto mancare nulla, alla stessa età della piccola Joy, aspettava sempre con impazienza il ritorno di sua madre e aveva subito moltissime delusioni quando le sue speranze venivano costantemente deluse. Poi a poco a poco aveva imparato a conviverci crescendo, ma si ricordava benissimo la sensazione di solitudine che si sentiva nel cuore.

In quel preciso momento il campanello della porta suonò. Joy si precipitò ad aprire e Alexis non riuscì a fermarla. Restò molto delusa, quando vide davanti a sé il fattorino della pizza e non i suoi genitori, come sicuramente aveva sperato.

Si sbrigò a pagare le pizze, mentre la piccola Joy, col visino sempre più triste, le aveva avvolto le gambe con le braccia, nascondendosi dietro di lei.

Alexis le accarezzò di nuovo la testa: “Vieni piccola, adesso si mangia. Dobbiamo sbrigarci o si raffredderà e non sarà più buona. Te la taglio a pezzetti?”.

“Io non mangio.. non ho pù famina..”.

Alexis si accucciò per poterla guardare negli occhi dopo aver posato la pizza sul tavolo: “Ascolta piccolina non devi fare così. Non è digiunando che velocizzerai il ritorno dei tuoi genitori. Loro vorrebbero che tu riempissi il tuo bel pancino e ti sbaffassi tutta questa succulenta pizza ai wurstel. Non vorrai che mi sgridino perché non sono riuscita a farti mangiare? Io voglio prendere 10 come babysitter!”. Le strizzò l’occhio nel tentativo di farla sorridere di nuovo e  miracolosamente riuscì nel suo intento.

“No Lexie non ti falò sglidale, non pocciamo collele un licchio simile. Sennò ti limandano a cuola e io non vollio!”.

Alexis decretò che sarebbe diventata una tragedia ritornare all’università ed affrontare il nuovo semestre. Chi lo avrebbe spiegato a quella dolce nanerottola? Lei la voleva a casa con tutte le sue forze, bella piccina. Avrebbe affrontato un problema alla volta, con calma, non era quello il momento adatto.

Sedette la sorellina sul suo seggiolino, le tagliò la pizza e mangiarono insieme. Alexis sorrideva alle faccette buffe fatte da Joy quando tentava di prendere i wurstel e mettersele in bocca.

La piccola nonostante avesse manifestato poco appetito fino a qualche minuto prima, terminò la sua cena in un batter d’occhio e tornò a giocare con i suoi giochi sul tappeto della sala. Per un attimo la tristezza sembrava passata.

Alexis, invece, sparecchiò i pochi piatti rimasti sulla tavola e li posò nel tinello, aprendo l’acqua per lavarli. Sapeva che il padre possedeva una lavastoviglie, ma la campus aveva imparato a fare qualche piccolo lavoretto domestico e ne avrebbe approfittato per riordinare le idee.  

 Guardò alcune volte nella direzione della sorellina, ma la piccola sembrava tranquilla.

Dopo essersi asciugata le mani si andò a sedere accanto a lei: “Tesoro, ascolta, è decisamente tardi ed è arrivato il momento di andare a nanna..”.

A quelle parole il faccino della Joy si tinse di preoccupazione ed incominciò a scuotere vigorosamente la testa: “No, no! Io appetto la mia mammina e non dolmo senza di lei!”.

Alexis si sentì la persona più insensibile della galassia.

Come poteva spezzarle il cuore?

Aveva tutte le ragioni del mondo per comportarsi così, ma Kate non sarebbe rientrata quella notte e Joy doveva riposare.

La giovane ragazza cercò di raccogliere tutta la pazienza che possedeva e le sorrise: “Su piccolina te la racconto io una bella storia. Però dobbiamo andare a letto. Sai al calduccio sotto le coperte tutte le favole diventano molto più emozionanti. Non trovi?”.

Quando incrociò gli occhi della piccola, però, vide che da essi erano incominciate a sgorgare molte lacrime silenziose: “Mammina e papino non tolnano velo? Non voi dimmelo..”.

Alexis rimase basita all’affermazione della bambina, non se l’aspettava proprio una risposta del genere. Che doveva fare?

Dirle la verità oppure no?

Respirò per un attimo, poi pensò che le bugie non portano mai a qualcosa di buono.

Si accucciò davanti a lei, le posò le mani sulle spalle, dopo averle regalato una carezza asciugandole una lacrima: “Non ti si riesce a nascondere niente, vero? Hai ragione, i tuoi genitori non possono tornare a casa stasera. Hanno avuto un problema con la macchina e rientreranno domani. Almeno lo spero.. Mi dispiace Joy, ma stanotte dovrai accontentarti di me, anche se so di non essere il massimo..”.

La piccola di rimando le si gettò nelle braccia continuando a piangere ed Alexis l’abbracciò forte.

“Su piccolina, non fare così. Vedrai, andrà tutto bene..”.

Oddio, quanto odiava quella frase, non poteva credere d’averla detta. Non lei.. non sarebbe andato bene un demenemerito nulla! Se Joy la odiava non poteva biasimarla, si odiava da sola. Non sapeva più cosa fare se non stringerla e cercare di comunicarle un po’ d’amore.

“Vedrai domani mattina faremo colazione tutti insieme e questa brutta tristezza sarà passata..”.

Joy non rispose, ma si strinse ancor di più al suo collo. Alexis la alzò da terra e, mentre la bimba appoggiava la testa contro la sua spalla, si diresse verso la  sua camera da letto.

La piccola, però, parve contrariata e quando la sorella la posò sul materasso morbido, per riuscire finalmente a cambiarla, la guardò dritta negli occhi e, sfoderando un terribile mix dello sguardo da cucciolo del padre e da cerbiattina adorante di Kate, le chiese: “Lexie? Posso dolmile con te? Mi faccio piccola piccola..”.

Ecco, ci mancava pure la versione Theodore..

“Da ciola ho paula.. Di ciolito io dolmo nel lettone con mammina..”. aveva abbassato lo sguardo e le sue piccole guanciotte si erano tinte di un tenue rossore. Probabilmente si vergognava un pochino di quella situazione, ma come poteva non comprenderla? Anche lei avrebbe dormito volentieri tra le braccia di sua madre, se solo Meredith glielo avesse mai permesso..

Le diede un piccolo bacio sulla guancia e le rispose: “Ma certo Joy. Puoi dormire con me. Anzi ne sarò onorata. Però questo lettino mi sembra un po’ troppo piccolo per far in modo che io riesca a coricarmici dentro. Mi sa che dovrai trasferirti in camera mia.. Almeno il letto è da una piazza e mezza…”.

La piccola però sfoderò un sorriso furbetto e sentenziò: “No Lexie. Lì ciamo tloppo stlette e io non vollio cadele dal letto. Potlemo fale la nanna nel lettone di mammina e papino, tanto lolo non ci ciono. Lì stalemo comode..”.

Però, questa nanerottola sapeva davvero il fatto suo, era un’idea geniale: “Ok tesoro vada per il lettone!”.

La piccola raccolse dal mare di pupazzi riversi sul suo letto un cagnolino bianco e nero e lo porse alla sorella: “Teni, lui è Mussulì. È mio amico se io dolmo con la bambolina tu devi avele quacuno che potta bia i butti sogni. Te lo implesto pecchè ho vitto che nella tua cameletta non ci ciono amici di pezza..”.

Se fosse ancora possibile ad Alexis si strinse ancor di più il cuore, quella nanerottola era veramente molto dolce. Prese il cagnolino che Joy continuava a porgerle e sorrise. Riuscì solo a dirle: “Grazie mille piccola”, un groppo le chiuse la gola. Quella bimba la stupiva ogni minuto di più.

La prese di nuovo in braccio e si diresse verso la camera di suo padre.

Joy si piazzò nel mezzo del letto sistemandosi per bene sotto le coperte, mentre Alexis, dopo essersi assicurata che le porte e le finestre del loro loft fossero ben chiuse, si infilò il suo pigiama.

Sciolse i capelli e si sistemò dalla parte del letto dove dormiva suo padre e si girò per ammirare la sorellina: Joy aveva chiuso gli occhietti, probabilmente la stanchezza aveva già avuto il sopravvento, ma non appena Alexis si fu sistemata, andò di riflesso a rintanarsi contro il suo corpo posando la testolina contro il suo petto. Alla giovane ragazza non restò altro che stringerla in un dolce abbraccio dopo averle donato un bacio sulla testolina.

Joy si scosse leggermente a quel tocco così Alexis si sbrigò ad accarezzarla in modo che non si svegliasse. Andava tutto bene, era al sicuro. Non c’era il caso di allarmarsi, poteva restare beatamente nel mondo dei sogni. C’era lei a vegliarla..

“Buonanotte Joy, dormi bene piccola mia” le sussurrò convinta che la bambina non potesse più sentirla. Si irrigidì di colpo quando udì la vocetta dolce di Joy risponderle: “Ti vollio tanto bene Lexie”.

Di certo si trattò di un riflesso incondizionato dovuto alla tensione accumulata in quella giornata così lunga e in parte complicata, ma i suoi occhi si riempirono in breve tempo di lacrime e lei non fece nulla per trattenerle. Si ritrovò distesa nel letto di suo padre con una crisi di pianto da antologia in atto.

Si odiò con tutta se stessa: come aveva potuto essere tanto stupida? Come aveva potuto solo pensare che quella piccola creatura potesse costituire un “pericolo” per lei? Come poteva portarle via suo padre?

Era solo una bambina, un piccolo cucciolo d’uomo bisognoso di cure ed amore.

Alexis si ritrovò a scuotere la testa. No, non era solo quello, era molto di più.

Joy era un grande dono fatto anche a lei. Qualcuno con cui condividere attimi di pura felicità, di complicità, di gioco e di divertimento. Qualcuno con cui, nonostante la differenza di età, si sarebbe potuta confrontare e aiutare durante la sua vita.

Una sorella, un regalo prezioso ed inaspettato che lei non aveva saputo accettare fino in fondo, ma che con quel semplice “ti voglio bene” le aveva insegnato molto di più di mille libri di storia o di filosofia.

Aveva dimenticato quali fossero le emozioni importanti della vita, ma ripromise a se stessa di non compiere mai più un errore del genere.

Kate aveva ragione, aveva fatto bene a provocarla in quel modo.

Le aveva fatto capire qualcosa di veramente importante: non importa se nella vita si può sbagliare, chi ti vuole bene ti darà sempre un’altra possibilità, perché crede in te.

Lei lo aveva fatto, quasi più di suo padre. Avrebbe potuto difendere con le unghie e con i denti sua figlia, ma aveva preferito tenderle una mano.

Aveva preferito farle capire che loro quattro, se si escludeva per un attimo i magnifici nonni babysitter, erano una famiglia ora e lo sarebbero stati per sempre. Lei non ne era mai stata esclusa.

Joy era il suo miracolo terreno. Con suo padre le avevano trasmesso quell’amore così profondo e sincero che impedisce ai bambini di trasformarsi in creature capricciose ed antipatiche. Erano davvero due genitori molto in gamba.

Alexis sapeva molto bene quanto suo padre fosse speciale, ma scoprire quanto Kate lo fosse la fece sentire a casa, al sicuro.

Non aveva più timore, la paura era scomparsa. Si sarebbe goduta la sua famiglia allargata.

Ora doveva solo aprire il suo cuore e lasciare che tutto quell’amore la travolgesse una volta per tutte.

Così strinse ancor di più a sé la piccola Joy e ben presto la raggiunse, finalmente serena, nel mondo dei sogni.

Angolo mio!

Mi scuso per il ritardo abissale, tra un po' è Pasqua... 

Spero vi piaccia lo stesso! :)

  
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