Abbandonato
il suo corpo contro la vasca da bagno, Alexis cercò di metabolizzare la
fantastica notizia che le aveva appena dato suo padre. Era davvero una brutta
gatta da pelare, ma Kate era riuscita a infonderle un po’ di speranza. In quel
momento notò la porta del bagno aprirsi e la piccola testolina di Joy fare
capolino all’interno: “Tai bene? Non cei più tolnata”.
La
giovane ragazza la aprì del tutto per permettere alla sorellina d’entrare. La
piccola stringeva ancora al petto la sua bambola e in quel preciso momento le
fece una tenerezza infinita. Era davvero molto piccola, così innocente. Non si
aspettava di certo di non veder ritornare a casa i suoi genitori per quella
sera. Chissà come l’avrebbe presa.
Joy,
intanto, si era avvicinata a lei e le stava tirando la maglia nel tentativo
d’attirare la sua attenzione: “Lexie.. mi fai paula, pecchè non palli?”.
Alexis
si scosse dal suo torpore e si affrettò a prenderla in braccio: “E’ tutto ok
piccola, non preoccuparti. Ero solamente sopra pensiero. Poi c’è da
preoccuparsi se tu non parli, sai io a volte sono un po’ musona”.
Joy
si sbrigò a passarle le braccia intorno al collo, la strinse e poi sorrise:
“Hai lagione, tu non palli mai. Cei peggio di mammina”.
“Ah
sì? Sono onorata di tale record! Beh, io ho fame e se non ricordo male, anche
tu, quindi che ne dici di ordinare quella famosa pizza?”.
In
pochi secondi giunse nel salotto, prese il cordless appoggiato sul muretto
accanto alla cucina e fece la loro ordinazione. Joy non si era staccata un
attimo da lei e aveva incominciato a giocare con una ciocca dei suoi capelli
ramati senza però tirarli. Non ci voleva un genio per comprendere che era sul
punto di crollare e quel gesto meccanico le permetteva di tranquillizzarsi o
più semplicemente di sentirsi al sicuro.
L’aveva
vista farlo con i capelli di Kate più di una volta e si rese conto quando la
donna avesse avuto ragione poco prima al telefono: Joy non aveva usato il
linguaggio per comunicare con lei, lo aveva fatto con un semplice e spontaneo
gesto.
La
staccò per un attimo dal suo corpo per poterla guardare negli occhi: “Dai Joy
ancora un ultimo sforzo, dopo che avremo mangiato ce ne andremo a letto
tranquille. Ad entrambe serve un po’ di riposo”.
Lo
sguardo della piccola mutò all’improvviso: “E la mia mammina? Quando alliva?”.
Eccola,
la tanto tenuta domanda. Si era abbattuta su di lei come una tempesta tropicale
contro le spiagge di un’isola dei Caraibi. I danni sarebbero stati ingenti.
“Ascolta
piccola. Kate e papà sono molto in ritardo. Quella famosa consegna si è
rivelata più lunga del previsto e non so dirti l’ora in cui rientreranno. Noi
però dobbiamo fare le brave bambine e, quando viene l’ora, dobbiamo andarcene a
nanna. Altrimenti domani non potremo giocare con loro come si deve, saremo
troppo stanche..”.
Santo
Iddio, era davvero pessima come attrice, sua nonna si sarebbe sicuramente
vergognata. Non credeva neanche lei a quello che stava dicendo, figuriamoci una
creatura sveglia ed intelligente come era sua sorella. Quella era la figlia di
Kate Beckett, non si sarebbe mai bevuta una simile cavolata. Chi voleva
prendere in giro?
Joy,
però, non batté ciglio, ma una piccola lacrima le attraversò la guancia: “Io
dolmo solo se alliva la mia mammina. Vollio la favola di papino e la canciocina
della mia mammina…”.
Come
volevasi dimostrare.
Le
sue paure non erano del tutto infondate.
“Ok
Joy, ora non piangere. Magari arrivano mentre noi ci stiamo preparando”.
La
piccola annuì poco convinta: “Ooookk” ed la sorella le asciugò la lacrima che
colava sulla guancia.
Alexis
la posò in terra e la piccola corse a rifugiarsi sul divano stringendo ancor di
più la sua adorata bambolina, senza più proferir parola.
Il
cartone era finito e lo schermo era nero come la pece, ma la piccola Joy non
scollò nemmeno per un attimo gli occhietti da lì.
Chissà
quali sentimenti le stavano passando per l’animo. Alexis ne conosceva uno molto
bene, la mancanza. Nonostante Castle fosse stato un padre adorabile che non le
aveva mai fatto mancare nulla, alla stessa età della piccola Joy, aspettava
sempre con impazienza il ritorno di sua madre e aveva subito moltissime
delusioni quando le sue speranze venivano costantemente deluse. Poi a poco a
poco aveva imparato a conviverci crescendo, ma si ricordava benissimo la
sensazione di solitudine che si sentiva nel cuore.
In
quel preciso momento il campanello della porta suonò. Joy si precipitò ad aprire
e Alexis non riuscì a fermarla. Restò molto delusa, quando vide davanti a sé il
fattorino della pizza e non i suoi genitori, come sicuramente aveva sperato.
Si
sbrigò a pagare le pizze, mentre la piccola Joy, col visino sempre più triste,
le aveva avvolto le gambe con le braccia, nascondendosi dietro di lei.
Alexis
le accarezzò di nuovo la testa: “Vieni piccola, adesso si mangia. Dobbiamo
sbrigarci o si raffredderà e non sarà più buona. Te la taglio a pezzetti?”.
“Io
non mangio.. non ho pù famina..”.
Alexis
si accucciò per poterla guardare negli occhi dopo aver posato la pizza sul
tavolo: “Ascolta piccolina non devi fare così. Non è digiunando che
velocizzerai il ritorno dei tuoi genitori. Loro vorrebbero che tu riempissi il
tuo bel pancino e ti sbaffassi tutta questa succulenta pizza ai wurstel. Non
vorrai che mi sgridino perché non sono riuscita a farti mangiare? Io voglio
prendere 10 come babysitter!”. Le strizzò l’occhio nel tentativo di farla
sorridere di nuovo e miracolosamente
riuscì nel suo intento.
“No
Lexie non ti falò sglidale, non pocciamo collele un licchio simile. Sennò ti
limandano a cuola e io non vollio!”.
Alexis
decretò che sarebbe diventata una tragedia ritornare all’università ed
affrontare il nuovo semestre. Chi lo avrebbe spiegato a quella dolce
nanerottola? Lei la voleva a casa con tutte le sue forze, bella piccina.
Avrebbe affrontato un problema alla volta, con calma, non era quello il momento
adatto.
Sedette
la sorellina sul suo seggiolino, le tagliò la pizza e mangiarono insieme.
Alexis sorrideva alle faccette buffe fatte da Joy quando tentava di prendere i
wurstel e mettersele in bocca.
La
piccola nonostante avesse manifestato poco appetito fino a qualche minuto
prima, terminò la sua cena in un batter d’occhio e tornò a giocare con i suoi
giochi sul tappeto della sala. Per un attimo la tristezza sembrava passata.
Alexis,
invece, sparecchiò i pochi piatti rimasti sulla tavola e li posò nel tinello,
aprendo l’acqua per lavarli. Sapeva che il padre possedeva una lavastoviglie,
ma la campus aveva imparato a fare qualche piccolo lavoretto domestico e ne
avrebbe approfittato per riordinare le idee.
Guardò alcune volte nella direzione della
sorellina, ma la piccola sembrava tranquilla.
Dopo
essersi asciugata le mani si andò a sedere accanto a lei: “Tesoro, ascolta, è
decisamente tardi ed è arrivato il momento di andare a nanna..”.
A
quelle parole il faccino della Joy si tinse di preoccupazione ed incominciò a
scuotere vigorosamente la testa: “No, no! Io appetto la mia mammina e non dolmo
senza di lei!”.
Alexis
si sentì la persona più insensibile della galassia.
Come
poteva spezzarle il cuore?
Aveva
tutte le ragioni del mondo per comportarsi così, ma Kate non sarebbe rientrata
quella notte e Joy doveva riposare.
La
giovane ragazza cercò di raccogliere tutta la pazienza che possedeva e le
sorrise: “Su piccolina te la racconto io una bella storia. Però dobbiamo andare
a letto. Sai al calduccio sotto le coperte tutte le favole diventano molto più
emozionanti. Non trovi?”.
Quando
incrociò gli occhi della piccola, però, vide che da essi erano incominciate a
sgorgare molte lacrime silenziose: “Mammina e papino non tolnano velo? Non voi
dimmelo..”.
Alexis
rimase basita all’affermazione della bambina, non se l’aspettava proprio una
risposta del genere. Che doveva fare?
Dirle
la verità oppure no?
Respirò
per un attimo, poi pensò che le bugie non portano mai a qualcosa di buono.
Si
accucciò davanti a lei, le posò le mani sulle spalle, dopo averle regalato una
carezza asciugandole una lacrima: “Non ti si riesce a nascondere niente, vero?
Hai ragione, i tuoi genitori non possono tornare a casa stasera. Hanno avuto un
problema con la macchina e rientreranno domani. Almeno lo spero.. Mi dispiace
Joy, ma stanotte dovrai accontentarti di me, anche se so di non essere il
massimo..”.
La
piccola di rimando le si gettò nelle braccia continuando a piangere ed Alexis
l’abbracciò forte.
“Su
piccolina, non fare così. Vedrai, andrà tutto bene..”.
Oddio,
quanto odiava quella frase, non poteva credere d’averla detta. Non lei.. non
sarebbe andato bene un demenemerito nulla! Se Joy la odiava non poteva
biasimarla, si odiava da sola. Non sapeva più cosa fare se non stringerla e
cercare di comunicarle un po’ d’amore.
“Vedrai
domani mattina faremo colazione tutti insieme e questa brutta tristezza sarà
passata..”.
Joy
non rispose, ma si strinse ancor di più al suo collo. Alexis la alzò da terra
e, mentre la bimba appoggiava la testa contro la sua spalla, si diresse verso
la sua camera da letto.
La
piccola, però, parve contrariata e quando la sorella la posò sul materasso
morbido, per riuscire finalmente a cambiarla, la guardò dritta negli occhi e,
sfoderando un terribile mix dello sguardo da cucciolo del padre e da
cerbiattina adorante di Kate, le chiese: “Lexie? Posso dolmile con te? Mi
faccio piccola piccola..”.
Ecco,
ci mancava pure la versione Theodore..
“Da
ciola ho paula.. Di ciolito io dolmo nel lettone con mammina..”. aveva
abbassato lo sguardo e le sue piccole guanciotte si erano tinte di un tenue
rossore. Probabilmente si vergognava un pochino di quella situazione, ma come
poteva non comprenderla? Anche lei avrebbe dormito volentieri tra le braccia di
sua madre, se solo Meredith glielo avesse mai permesso..
Le
diede un piccolo bacio sulla guancia e le rispose: “Ma certo Joy. Puoi dormire
con me. Anzi ne sarò onorata. Però questo lettino mi sembra un po’ troppo
piccolo per far in modo che io riesca a coricarmici dentro. Mi sa che dovrai
trasferirti in camera mia.. Almeno il letto è da una piazza e mezza…”.
La
piccola però sfoderò un sorriso furbetto e sentenziò: “No Lexie. Lì ciamo
tloppo stlette e io non vollio cadele dal letto. Potlemo fale la nanna nel
lettone di mammina e papino, tanto lolo non ci ciono. Lì stalemo comode..”.
Però,
questa nanerottola sapeva davvero il fatto suo, era un’idea geniale: “Ok tesoro
vada per il lettone!”.
La
piccola raccolse dal mare di pupazzi riversi sul suo letto un cagnolino bianco
e nero e lo porse alla sorella: “Teni, lui è Mussulì. È mio amico se io dolmo
con la bambolina tu devi avele quacuno che potta bia i butti sogni. Te lo
implesto pecchè ho vitto che nella tua cameletta non ci ciono amici di
pezza..”.
Se
fosse ancora possibile ad Alexis si strinse ancor di più il cuore, quella
nanerottola era veramente molto dolce. Prese il cagnolino che Joy continuava a
porgerle e sorrise. Riuscì solo a dirle: “Grazie mille piccola”, un groppo le chiuse
la gola. Quella bimba la stupiva ogni minuto di più.
La
prese di nuovo in braccio e si diresse verso la camera di suo padre.
Joy
si piazzò nel mezzo del letto sistemandosi per bene sotto le coperte, mentre
Alexis, dopo essersi assicurata che le porte e le finestre del loro loft
fossero ben chiuse, si infilò il suo pigiama.
Sciolse
i capelli e si sistemò dalla parte del letto dove dormiva suo padre e si girò
per ammirare la sorellina: Joy aveva chiuso gli occhietti, probabilmente la stanchezza
aveva già avuto il sopravvento, ma non appena Alexis si fu sistemata, andò di
riflesso a rintanarsi contro il suo corpo posando la testolina contro il suo
petto. Alla giovane ragazza non restò altro che stringerla in un dolce
abbraccio dopo averle donato un bacio sulla testolina.
Joy
si scosse leggermente a quel tocco così Alexis si sbrigò ad accarezzarla in
modo che non si svegliasse. Andava tutto bene, era al sicuro. Non c’era il caso
di allarmarsi, poteva restare beatamente nel mondo dei sogni. C’era lei a
vegliarla..
“Buonanotte
Joy, dormi bene piccola mia” le sussurrò convinta che la bambina non potesse
più sentirla. Si irrigidì di colpo quando udì la vocetta dolce di Joy
risponderle: “Ti vollio tanto bene Lexie”.
Di
certo si trattò di un riflesso incondizionato dovuto alla tensione accumulata
in quella giornata così lunga e in parte complicata, ma i suoi occhi si
riempirono in breve tempo di lacrime e lei non fece nulla per trattenerle. Si
ritrovò distesa nel letto di suo padre con una crisi di pianto da antologia in
atto.
Si
odiò con tutta se stessa: come aveva potuto essere tanto stupida? Come aveva
potuto solo pensare che quella piccola creatura potesse costituire un
“pericolo” per lei? Come poteva portarle via suo padre?
Era
solo una bambina, un piccolo cucciolo d’uomo bisognoso di cure ed amore.
Alexis
si ritrovò a scuotere la testa. No, non era solo quello, era molto di più.
Joy
era un grande dono fatto anche a lei. Qualcuno con cui condividere attimi di
pura felicità, di complicità, di gioco e di divertimento. Qualcuno con cui,
nonostante la differenza di età, si sarebbe potuta confrontare e aiutare
durante la sua vita.
Una
sorella, un regalo prezioso ed inaspettato che lei non aveva saputo accettare
fino in fondo, ma che con quel semplice “ti voglio bene” le aveva insegnato
molto di più di mille libri di storia o di filosofia.
Aveva
dimenticato quali fossero le emozioni importanti della vita, ma ripromise a se stessa
di non compiere mai più un errore del genere.
Kate
aveva ragione, aveva fatto bene a provocarla in quel modo.
Le
aveva fatto capire qualcosa di veramente importante: non importa se nella vita
si può sbagliare, chi ti vuole bene ti darà sempre un’altra possibilità, perché
crede in te.
Lei
lo aveva fatto, quasi più di suo padre. Avrebbe potuto difendere con le unghie
e con i denti sua figlia, ma aveva preferito tenderle una mano.
Aveva
preferito farle capire che loro quattro, se si escludeva per un attimo i
magnifici nonni babysitter, erano una famiglia ora e lo sarebbero stati per
sempre. Lei non ne era mai stata esclusa.
Joy
era il suo miracolo terreno. Con suo padre le avevano trasmesso quell’amore
così profondo e sincero che impedisce ai bambini di trasformarsi in creature
capricciose ed antipatiche. Erano davvero due genitori molto in gamba.
Alexis
sapeva molto bene quanto suo padre fosse speciale, ma scoprire quanto Kate lo
fosse la fece sentire a casa, al sicuro.
Non
aveva più timore, la paura era scomparsa. Si sarebbe goduta la sua famiglia allargata.
Ora
doveva solo aprire il suo cuore e lasciare che tutto quell’amore la travolgesse
una volta per tutte.
Così strinse ancor di più a sé la piccola Joy e ben presto la raggiunse, finalmente serena, nel mondo dei sogni.
Angolo mio!
Mi scuso per il ritardo abissale, tra un po' è Pasqua...
Spero vi piaccia lo stesso! :)