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Autore: Albicocca    05/02/2013    5 recensioni
«C-cosa?»
«Hai capito bene. Sono innamorato di te. E ora non dirmi una di quelle stronzate come “L’amore tra persone dello stesso sesso è contro natura” o roba del genere. L’amore è l’amore. Non conta di che sesso sei.»

Kishibe Taiga/Yukimura Hyouga; accenni ad alcuni spoiler del secondo film di GO.
Genere: Angst, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Kishibe Taiga, Yukimura Hyuuga
Note: Missing Moments, OOC | Avvertimenti: Tematiche delicate
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unhealthy.



Yukimura sbatté più volte la testa contro il muro, cercando di cacciare dalla mente l’immagine di Kishibe Taiga che sorrideva. A lui. Un sorriso che gli aveva fatto contorcere lo stomaco e fatto perdere almeno tredici anni di vita. Con quel sorriso felice, Yukimura aveva creduto di star per morire. Non aveva sentito più battere il suo cuore e le gambe erano diventate molli. Probabilmente era anche arrossito. Per un sorriso. Per il sorriso di Kishibe.
Non gli era mai capitato. Non gli era mai capitato di provare tutte quelle emozioni per qualcuno, soprattutto per un ragazzo. Una persona del suo stesso sesso. Sentiva di farsi schifo. Era cresciuto in una famiglia con dei valori. Una famiglia omofoba. Gli era stato insegnato che l’amore tra persone dello stesso sesso era sbagliato, che fosse un errore. E lui che faceva? Si prendeva una cotta – perché solo quello che poteva essere, una maledettissima cotta – per un ragazzo.
Rimase immobile al centro della stanza. Quanto avrebbe voluto trovarsi a casa, in quel momento, solo Dio poteva saperlo. Voleva andare via dal quel posto, voleva allontanarsi, voleva scappare. Voleva dimenticare tutto, voleva dimenticare Kishibe. Si sentiva un codardo, a fare quei pensieri. Davvero avrebbe mollato tutto – e con tutto, intendeva il posto in nazionale – per un banale, stupidissimo e malsano sentimento per qualcuno? Quello era il suo sogno. E no, non se ne sarebbe andato. Sarebbe rimasto a far la lotta con le sue emozioni.
Strinse le mani a mo’ di pugno, fino a conficcarsi le unghie nella carne. Si morse il labbro per non urlare con tutta la frustrazione e la rabbia che aveva dentro. La sua mente continuava a ripetergli “E’ sbagliato, sbagliato, sbagliato, sbagliato..”, come una cantilena. Sentiva persino una vicina che assomigliava spaventosamente a quella di suo padre. Però, nel frattempo, non riusciva a non pensare a Taiga (lo aveva davvero chiamato per nome? La cosa stava seriamente peggiorando) e a come si sentiva bene con lui.
Da quando era arrivato in città, aveva passato un sacco di tempo con Kishibe. Un giorno gli si era prestato così, senza un ma né un perché, e avevano iniziato a passare del tempo insieme. A conoscersi. E, Yukimura poteva giurarlo, a volersi bene. Sembrava che lo strano sentimento che provava verso Kishibe fosse ricambiato, però con molta più sicurezza e meno paura. Meno schifo verso se stesso. Si chiese come facesse. Come facesse a guardarsi allo specchio e a non volersi massacrare di botte. Forse, Taiga era quel tipo di persona aperto a tutto, anche all’omosessualità. Invece lui no. Si schifò anche per quello. Era davvero così.. razzista? Persino verso se stesso? Hyouga non si riconosceva più.
Si guardò allo specchio. Chi era quello riflesso? Aveva delle occhiaie che facevano paura. Non dormiva da due notti e non mangiava da altrettanto tempo. Era chiuso in quella camera e non voleva uscire. Vani erano stati i tentativi di Tenma o di Taiyou. Niente. Lui voleva rimanere lì.
Codardo, era solo un codardo.
Sospirò e fece un passo verso la porta. Girò la chiave nella toppa e poi posò la mano sulla maniglia, l’abbassò e lentamente l’aprì. Sentì l’odore dei cornetti caldi appena sfornati di Aki, le urla di Tenma che chiamava tutti per fare colazione. Lo vide fermarsi nel corridoio che conduceva alla sua stanza, poi iniziò a correre verso di lui con un sorriso enorme.
«Yukimura, finalmente!» urlò. Il ragazzo tentò un sorriso ma probabilmente gli uscì solo una smorfia raccapricciante. «Non hai una bella cera.. Vieni, Aki-nee-san ha preparato i cornetti alla nutella! Ultimamente non hai toccato cibo, quindi – lo prese per mano e lo tirò verso le scale che conducevano al piano di sotto – ora vieni e fai colazione con noi.» Tenma sorrise. «E non accetto un no come risposta.» aggiunse.
Hyouga si fece tirare fino alla sala da pranzo, poi si sedette al suo posto. Quello che era rimasto vuoto per un paio di giorni.
Quando gli altri lo videro, emisero un sospiro di sollievo. A vederlo vivo – già, perché alcuni ragazzi della squadra avevano ipotizzato che fosse morto sotto le coperte – ogni preoccupazione si sciolse. Va bene che aveva un aspetto al dir poco orribile, ma almeno respirava. Seguirono ogni suo movimento e sorrisero quando lo videro addentare un cornetto come una pantera che attacca la propria preda.
Taiyou l’osservò per bene e si decise a fare la domanda che vagava nella mente di tutti: «Yukimura.. cos’è successo?»
Il ragazzo, dal canto suo, si strozzò e Hakuryuu di fianco a lui dovette battergli la mano sulla schiena più volte. Tossicchiò un po’ «Mi mancava.. casa mia.» mentì in un sussurro.
«Certo, perché tu provi tanta nostalgia per casa tua che ti chiudi in camera e non mangi per tre giorni.. Certo. E io sono Kirino-senpai.» sbottò Masaki, con il suo solito tono di scherno. Ranmaru lo colpì alla nuca con un schiaffetto che stava a significare che avrebbe dovuto tacere.
«Io penso che non siano affari che ci riguardano, basta che stia qui con noi e che stia bene.» disse Kyousuke, mentre sorseggiava il suo caffè amaro tranquillamente. E Hyouga gli fu grato.
La colazione continuò senza altre domande scomode per Yukimura.
I ragazzi, notando le occhiaie scavate del ragazzo, decisero di rimandarlo in camera sua, per farlo riposare. Hyouga ringraziò i suoi amici con un sorriso (che giurò, fu vero) e si mise sotto le coperte. Chiuse gli occhi e, dopo tre notti, si addormentò.
Sfortunatamente la sua ossessione non lo lasciò in pace nemmeno nei sogni. Continuava a vedere davanti a lui Kishibe che gli sorrideva. Era una tortura. Una dolce, ma dolorosa tortura.
Quando si svegliò, qualcuno l’osservava. Non riuscì a mettere a fuoco chi fosse seduto al di fianco del suo letto per cinque minuti buoni. Poi saltò. Davanti a lui c’era la persona che non avrebbe mai voluto vedere in quel momento, l’oggetto dei suoi pensieri, sogni, desideri e anche il motivo della sua depressione: Kishibe Taiga in tutto il suo splendore.
«Ben svegliato, Yukimura» e sorrise. Il suo cuore tremò.
«Ciao» riuscì a dire «Cosa ci fai qui?» aggiunse frettolosamente. Sembrava una di quelle ragazzine timide ed impacciate al primo appuntamento. Gli venne voglia di strangolarsi.
«I ragazzi mi hanno detto che eri uscito dalla tua camera – Yukimura li maledì tutti, dal primo all’ultimo – e allora ti sono venuto a trovare. Come ti senti?»
«Mai stato meglio.» rispose ma Kishibe non ci cascò. Probabilmente nemmeno un cieco o un sordo ci sarebbe cascato. Sbuffò.
«Perché stai così?»
«Così come?»
«Come se volessi mollare tutto e ritornartene da dove sei venuto.» rispose.
Yukimura abbassò lo sguardo. Perché Taiga riusciva a capire sempre quello che provava?
Pensò e ripensò più volte a dirgli la verità. Un chiaro e tondo “Credo di aver preso una cotta per te”. Insomma, cosa ci voleva? Era come levarsi un dente. Un pizzico per via dell’anestesia e poi nessun dolore. Poi pensò anche all’eventualità che Kishibe non lo ricambiasse e che gli avrebbe riso sicuramente in faccia.
«Non mi piace vederti così» incominciò il capitano della Kidokawa «Mi piace vederti sorridente e allegro. Mi sono innamorato di te per il tuo sorriso.» rivelò Taiga come se niente fosse.
Hyouga si strozzò con la sua stessa saliva.
«C-cosa?»
«Hai capito bene. Sono innamorato di te. E ora non dirmi una di quelle stronzate come “L’amore tra persone dello stesso sesso è contro natura” o roba del genere. L’amore è l’amore. Non conta di che sesso sei.» incrociò le braccia al petto «E se tu non ricambi o non vuoi vedermi più, va bene. Io dovevo comunque dirtelo. Sei anche il mio migliore amico e i migliori amici si dicono tutto.»
Appunto. Yukimura lo sapeva.
All’improvviso si ritrovò a piangere. Le lacrime gli scendevano senza che lui potesse fare qualcosa per fermarle. Kishibe lo guardò confuso «Perché..?» poi sorrise. E lo abbracciò. Yukimura si strinse a lui, come a non volerlo lasciare mai più – ed infatti bramava di vivere per sempre in quella posizione, con l’odore di Taiga che gli invadeva le narici.
«Se ti dicessi che.. io ti ricambio?» riuscì a dire con le labbra premute sulla spalla dell’altro.
Kishibe non disse niente, lo abbracciò ancora più forte. Poi lo allontanò da sé e lo baciò. Labbra e labbra, lingua e lingua, saliva e saliva. Hyouga non poteva immaginare che baciare quel ragazzo potesse farlo sentire così bene.
Si staccarono.
Ora la parte difficile stava nell’ammettere che fosse gay, ma quella ancora più complicata sarebbe stata dirlo ai suoi genitori.




Note: Due giorni ci ho messo a scriverla e .. ne sono un po' fiera. Cioè, poteva venire meglio (soprattutto la parte finale) però dai. Io AMOAMOAMO la KishiYuki. E cioè. E cioè. OTP shonen forevah and evah. Comunque. Avevo quest'idea da un po' di tempo, cioè, prima era più una cosa comica di Hyouga che doveva dire ai genitori che fosse gay ed era fidanzato con Kishibe. Però. L'headcanon sulla famiglia omofoba però c'è sempre. E c'è lo spoiler del film perché sì. Perché Yukimura e gli altri fanno parte della New Inazuma Japan. E roba così. Ma è un accenno lieve. Nenene. Okay la smetto. Io volevo far suicidare Yukimura alla fine e così facevamo la coppia dei suicidi  [cit.] però ha vinto lui che piangeva sulla spalla di Kishibe. Cioè lovlov. Okay la smetto seriamente. Oh beh, spero che vi piaccia. Io ci ho provato. AHIME'  non si vince sempre (nel mio caso non vinco mai quindi) e se non vi è piaciuta mi dispiace. Ora vado. 
Adiòs, Miam. 

   
 
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