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Autore: mairileni    05/02/2013    11 recensioni
«Io odio arrabbiarmi con te, lo sai questo?»
«Sì.»
«E... ti sarai accorto che non è un grande periodo per me e la mamma, sì?»
Faccio sì con la testa.
Genere: Angst, Introspettivo, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri, Dominic Howard, Matthew Bellamy
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Buonasera! *v*
 
Dunque:
 
1) Sono ORRIBILE, il ritardo nel rispondere alle vostre recensioni è inqualificabile. Siete davvero tantissime e non sapete quanto questo mi faccia piacere, non me lo sarei mai aspettata! Un grande grazie a tutte voi.
2) Il ritardo è in pandàn pendant con quello nell'aggiornare, ma sono stata molto impegnata con delle altre fic (work in progress :3) e con una cosina in collaborazione con Endlessly (ciao, E., amica mia).
3) Mi dispiace tanto che il capitolo sia corto ç_ç
4) Ciao ad Alessia, che so che c'è! ;) Noi ci sentiamo su twitter, vero? 
 
Questo capitolo è per Endlessly.
Grazie di tutto <3
 
Buona lettura e grazie di essere su questa pagina! :3
 
pwo_
 
 
*** *** ***
 
Matthew, dieci parole
 
 
 
Giovedì, 11 giugno 1992
 
 
«Ci sono delle-- tipo-- formine?»
«Sì, prendile, sono in quell'armadietto.» 
Seguo il dito di Dom e apro l'anta che indica, poco distante da me, per estrarne un cestino contenente decine di attrezzi in acciaio - quello che stavo cercando.
«E così sei un cuoco.» esordisco, lanciandogli un'occhiata in tralice «Che cosa da froci.»
«Fottiti, Bells. E poi mi sembra che sia stato tu a pregarmi di insegnarti qualcosa, no?»
«Sei tu che mi hai costretto!»
«Ma non è vero!» grida scandalizzato.
«Sì, che è vero!»
«Ma Bells, non puoi negare l'evidenza!»
«È la tua parola contro la mia!»
«Sì, vabé...» conclude, scuotendo la testa «ora aggiungi un po' di farina, se no la pasta si attacca all'acciaio delle formine.»
«Agli ordini capo!»
 
Ieri ho passato ancora tutta la giornata con Dom, quindi si è gentilmente offerto di ospitarmi ancora per oggi. Stasera, invece, mia mamma ha detto che devo assolutamente essere a casa.
 
Presso il cerchio d'acciaio contro la pasta e ne ricavo - con grande stupore mio e di Dom - un biscotto di forma credibile.
«Ha! Visto?» grido.
«Bells, non ci vuole grande abilità a fare una cosa del genere! Anche se, viste le tue doti artistiche...» insinua, con un sorrisetto beffardo sulle labbra.
«'Fanculo.»
«A che ora devi andartene?»
«Alle sei -- cioè, devo essere là per cena.»
«Mi spiace.»
«Anche a me.» annuisco io.
 
Pulito il ripiano mettiamo i biscotti in forno e mi siedo al tavolo, il mento appoggiato sulle braccia incrociate - vedo solo le mani di Dom, da qui.
 
«Bells?»
«Mh?»
«Tuo-- tuo padre vi ha già--»
«--Parlato? No. Immagino sia il motivo per cui oggi c'è tutta questa urgenza di farmi tornare.»
Non risponde, Dom, però mi posa una mano sulla spalla.
«Matt.»
«Mh?»
«È ok?»
«Sì. È ok.»
Un attimo di silenzio ed è ancora Dom, a parlare.
«Se i biscotti vengono bene ti preparo un pacchetto, così li porti a casa.»
«Sì, magari.»
 
Ancora chini sul tavolo, tutto ciò che vedo sono le tue mani che tamburellano sulla superficie - lo fai quando c'è qualcosa che ti preoccupa -, si staccano, ora non ci sono più, e i tuoi jeans grigi, ora non ci sono più neanche quelli, e ora sei dietro di me, mi costringi ad alzarmi tirandomi per il cappuccio, mi volti e mi abbracci forte.
 
«Hey, Howard, è tutto a posto, sai?»
Farfugli qualcosa con uno sbuffo caldo sulla stoffa dei miei vestiti e quando provo a staccarmi da te mi stringi ancora di più.
«Dom, davvero, sto bene, adesso.»
«Sì, lo so.»
 
 
*
 
 
«Eccomi!» strillo a nessuno in particolare, togliendomi la giacca.
«Hey, Matt.» fa Paul, scendendo dalle scale «Cos'è quella borsa? Il telescopio? Figo! Fa' vedere!»
«Hey, hey, hey, piano, te lo faccio vedere quando lo sistemo sul balcone!»
«Ti sei divertito?» chiede, scompigliandomi distrattamente i capelli.
«Sì. Abbiamo fatto i biscotti!» gli porgo il sacchetto «E non fare quella faccia, sono buoni, giuro!»
Mio fratello allarga uno dei suoi rarissimi sorrisi e mi fa cenno di seguirlo, in sala.
 
Paul non è mai stato il tipo da grandi abbracci o sdolcinatezze. Non che non sia affettuoso - lo è, a suo modo - ma diciamo che non è proprio quello che il mattino ti dice “buona giornata”, o la sera ti dice “fai bei sogni”.
A me piacciono, le persone come lui, perché sai che non fanno finta.
 
Appoggio con religiosa cura la borsa del telescopio sul tavolo e mi stravacco sul divano senza grazia.
«Matt.»
«Sì?»
Paul sospira e sta un po' in silenzio: i suoi sono di quei silenzi che non ti fanno venire l'ansia di parlare, al massimo ti rilassano e tranquillizzano.
«So che non sei stupido.»
«Woah, thanks, bro'!» ritorco, sarcastico.
«E fammi finire.» s'illumina per un secondo per poi incupirsi «Sai di che parlo.»
Io faccio sì con la testa, lui accende la tv, senza volume - che poi a che serve? - apre la bocca, la richiude, per due o tre volte.
«Paul-- pensi che oggi...ci sarà...“il discorso”?» chiedo con un sorriso dissacrante, mimando le virgolette con le dita.
«Sì, Matt.»
«Mh.» 
«Senti, Matt, se-- beh, se tu dovessi-- insomma...»
«--Sì, lo so che ci sei.»
 
Paul annuisce energicamente, e restiamo in silenzio a guardare le immagini mute della tv finché i nostri genitori non rientrano.
 
 
*
 
 
A quanto pare il momento prestabilito è dopo cena.
Normalmente Paul starebbe in camera sua ad ascoltare la musica e io nella mia a leggere, ma stasera ci siamo inchiodati davanti alla tv a guardare un documentario sulle scimmie bonobo.
Dovrebbe agevolare la cosa, stare qui insieme, no?
Mamma e papà si accostano al divano e chiedono se possiamo togliere l'audio al programma, perché devono parlarci di “qualcosa”. Sputerei loro contro un “Chissà di cosa si tratta!” sarcastico, ma meglio evitare.
 
Mi stringo un po' a mio fratello, anche se impercettibilmente.
 
Mia madre è seduta sul bracciolo della poltrona dove sta mio padre.
«Ragazzi--» esordisce lui, gomiti sulle ginocchia e testa penzoloni, seduto in poltrona. 
 
Beh? “Ragazzi” cosa?
 
«Vi sarete accorti che non è un grande periodo per me e la mamma, sì?»
Per poco non scoppio a ridere.
Ancora? Ma che cazzo ha quest'uomo? Un copione?
Caccia un pesante sospiro e prosegue, senza mai guardarci negli occhi, tutto d'un fiato.
«Io e la mamma abbiamo deciso di prenderci una pausa.»
 
Dieci parole.
 
Dieci parole e poi smetto di ascoltare.
Una “pausa”. E sentiamo, quanto, esattamente, dovrebbe durare questa “pausa”?
Il brusio causato dalla voce di mio padre in sottofondo, osservo un po' il viso di mia madre, rilasso la schiena sul divano, mi volto verso Paul, che annuisce meccanicamente, e penso che abbia smesso di ascoltare anche lui l'enumerazione dei diversi motivi per cui questa dovrebbe essere considerata una “pausa” e non una “rottura”.
 
Intanto in tv le scimmie bonobo stanno costruendo un giaciglio per la notte, credo.
 
È un lungo discorso, a quanto pare, un lungo discorso di cui colgo qualche parola qua e là: starete bene, ci sarò, domenica, cambierà, nulla, niente, domenica, per prepararci.
Per prepararci a cosa? Le valigie, male che vada, le prepari in due ore.
Mia madre ha un braccio pietrificato sulla spalla di mio padre, ormai le formicolerà, in quella posizione, ma non accenna a spostarsi. Neanche lei ci sta guardando.
 
Nel frattempo le scimmie bonobo si sono appese ad un albero, per i piedi. Che buffe.
 
Passa un po', prima che mio padre smetta di sproloquiare. Credo che abbia finito gli argomenti, e che sperasse che noi lo bloccassimo prima che ciò accadesse, con una frase come “ma no, è a posto”.
 
Paul avrà male al collo, non ha mai smesso di annuire.
«Va bene. Noi staremo bene.» sussurra.
 
È vero. Starò bene.
 
«Tu cosa ne pensi, Matt?» chiede mia mamma, il braccio ancora immobile su mio padre.
Io? Sta parlando con me?
«Come Paul. Cioè-- è meglio così.»
 
Credo di aver ascoltato la risposta, ma non me la ricordo più. Mi sembra di essere in una bolla, come quel tizio che pubblicizza quella pillola per il mal di testa.
E un attimo dopo ho detto buonanotte, e sono già nella mia camera, a mangiare i biscotti che abbiamo preparato insieme.
Sono buoni, Dom.
 
Qualcuno bussa alla porta; è Paul.
«Hey. Posso entrare?»
«Sì.»
«Come va?»
«Bene» replico distrattamente «vuoi un biscotto?»
«Mh...magari.»
Ed è vero che sto bene, anche se probabilmente Paul non mi ha creduto. Non so se è una di quelle cazzate alla “devo ancora realizzare”, ma la verità è che questa cosa della “pausa” mi lascia completamente indifferente - forse perché la sapevo già -, e probabilmente dovrei spaventarmi, di questo.
Mi sento perfino un po' in colpa, qui seduto a pensare “mmh, buoni questi biscotti, sì” mentre la mia famiglia si spezza.
 
Paul dice che staremo bene, sì Paul, lo so, gli dico io, e poi nessuno di noi dice più nulla, nessuno di noi si sente in dovere di dire qualcosa.
 
Non credo di aver mai dormito con lui, tranne forse quando ero davvero molto piccolo e facevo i capricci. Ma non mi sembra.
 
Ma stanotte farlo è come se fosse un'abitudine.
 
 
*** *** ***
 
 
 
 
 
Ciao!
Lo so, è corto! ç_ç *si dà delle botte in testa*
Perdono!
 
Io spero vi sia piaciuto e spero di vedervi ancora al capitolo 7! Per ora un grande, grande bacio! :3
 
Grazie! <3
 
pwo_
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
   
 
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