~Capitolo 12~
APRIL. PIANTALA. CHE CAZZO STAI FACENDO.
Sobbalzando,
scostai il volto da quello di Zayn, per poi allontanarmi da lui. Avevo
ancora il suo sapore di zucchero e tabacco sulle labbra.
Ci
fissammo per mezzo minuto, cercando di intuire la prossima mossa
l’uno dell’altra, per poi scoppiare a ridere in
contemporanea, fragorosamente.
Perché
quella situazione, quello che era appena successo era
semplicemente… assurdo. Lui era diventato, a tutti gli effetti,
il mio migliore amico, e su questo non c’era ombra di dubbio.
Certo, la nostra “relazione” era partita con il piede
sbagliato (ed io ancora non sapevo per quale motivo lui inizialmente mi
odiasse tanto) ma, abbassata l’ascia di guerra, avevamo scoperto
che in fondo non eravamo poi così male. Io volevo bene a Zayn,
davvero. Ma era troppo capriccioso, vanitoso ed incostante. Eravamo
perfetti come amici, ma la cosa, lo sapevamo entrambi, si fermava
lì. E doveva fermarsi lì anche perché lui aveva
Fiona, ed io avevo Harry. E, per me, Harry era diventato davvero una
presenza importante, per quanto non lo lasciassi trapelare abbastanza,
forse.
Quindi,
quel bacio dato nel bel mezzo della notte di Natale, era stato stupido,
e frettoloso, e precipitoso. E quella risata era il nostro modo per
convincerci che non era stato nulla, era stato un semplice bacio tra due amici. Esatto, amici. Eravamo amici, e basta.
“E’ stato un errore, mi sa” disse sommessamente lui, tra le risa.
“Tipica
battuta da film di serie B, Malik” risposi io, dandogli una pacca
sulla spalla, cercando di alleggerire ulteriormente quella sottile
tensione che si era venuta a creare tra noi.
“Ora,
visto che sei qua, sei pregato di aiutarmi a finire di pulire di
là, visto che domani devo pure partire per Glasgow.”
“Giusto! A che ore hai il treno?” mi chiese lui, seguendomi nel soggiorno ancora tutto a soqquadro.
“Domani
pomeriggio alle quattro, quindi non ho fretta, in realtà. Ma
devo ancora sistemare casa, fare la valigia, ricordarmi i regali per i
miei… e magari dormire” sospirai, prendendo in mano la
scopa per spazzare via la moltitudine di carta da regalo che tappezzava
il pavimento della stanza, mentre lui sistemava la poltrona ed il
divano nelle loro originali posizioni.
Finalmente,
era tornato tutto al suo posto, e non mi riferisco solo
all’arredamento del mio appartamento. Perché nonostante
quello che era appena successo, mi sentivo stranamente calma. Avevo la
stessa identica sensazione di quando mi sveglio da un sogno: sono
cosciente che quello che ho appena vissuto era solo immaginazione,
eppure sembra comunque talmente realistico che per qualche minuto
realtà e finzione si sovrappongono nella mia mente. Ed in quel
momento era proprio così, non riuscivo a capire se quel fugace
incontro di labbra fosse stato reale o solo una fantasticheria. Ma la
certezza che Zayn era là con me, a chiacchierare tranquillo come
un normale e semplice miglior amico, mi fece capire che non avevo nulla
da temere.
Dopo
aver tirato a lucido il salotto, mi gettai a peso morto sul divano,
distrutta, lanciando un’occhiata all’orologio sulla parete.
“Le tre meno dieci. Dai, devo dire che abbiamo pulito in tempi record, potremmo aprire un’agenzia di colf!”
“L’ho
fatto solo perché è Natale e a Natale si è tutti
più buoni, sia chiaro. Non muoverò mai più un dito
per tutto l’anno” esordì lui, accasciandosi accanto
a me, allungandosi poi per prendere il telecomando sul tavolino.
“Beh,
allora la pacchia durerà poco, considerato che tra otto giorni
siamo già nel 2013” risposi ridendo io, accucciandomi
nella coperta di lana irlandese, regalo di Niall. Ero stanca morta, e
il giorno dopo mi attendevano cinque ore di treno. Nel frattempo un
programma comico di scherzi idioti passava alla tv, che a Zayn doveva
piacere particolarmente, considerato quanto stava ridendo “Sai,
questa cosa è successa veramente ad uno che conosco e…blablabla”
Appoggiai
la testa sulla spalla di Zayn e mi lasciai cullare dalla sua voce e dal
suono della sua risata in un sonno profondo e tranquillo. Ero rilassata
ed ero felice. Cos’altro si può chiedere, per Natale?
“Po…potere del cristallo di Luna! Vieni a…meee”
DRIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIN.
“Potere…del…citofono! Vieni a meee!”
Potere del citofono?
Mi svegliai di scatto dal mio sogno sailor moon-oso.
Sbarrai gli occhi, per poi stropicciarli, rendendomi conto che non ero
nel mio letto, bensì sul divano del salotto. E il citofono
continuava insistente a suonare. Un foglietto ripiegato con cura era
stato lasciato sotto il cuscino sul quale mi ero addormentata.
“Ti
stavo raccontando una storia divertentissima e sei morta di sonno.
Questa me la lego al dito, sappilo :/ ps. Buon viaggio! Ci sentiamo nei
prossimi giorni! (e buon Natale, di nuovo) Z.”
Mi
alzai in piedi, rigirandomi il bigliettino nella mano per poi posarlo
distrattamente sul tavolino del salotto, sorridendo tra me e me, e mi
diressi a passo di zombie verso la porta.
“Sì, chi è?” domandai, con la voce ancora impastata dal sonno.
“Chi
vuoi che sia, Babbo Natale? Dai fammi salire, che tra poco dobbiamo
andare in stazione!” rispose l’inconfondibile voce
squillante di Harry dall’altro capo della cornetta.
Mi voltai di scatto verso l’orologio.
Le due e un quarto. E dovevo ancora fare la valigia.
Aprii
velocemente ad Harry, per poi precipitarmi in camera a impacchettare
più roba nel minor tempo possibile. Ero una cretina totale. Una
cretina totale con un orologio biologico tarocco, possibile che
riuscissi a dormire per undici ore filate, su uno scomodo divano, senza
mai svegliarmi? Neanche la forte luce del sole, che splendeva alto in
quel primo pomeriggio natalizio, era riuscita a destarmi.
Sentii
il rumore della porta di casa che veniva sbattuta, chiaro segno che
Harry era entrato, con la sua solita grazia. Dopo qualche secondo mi
ritrovai i suoi occhi color giada scrutarmi divertiti
all’ingresso della camera.
“Stavi ancora dormendo, eh? Hai fatto le ore piccole in compagnia degli elfi di Babbo Natale?”
Zac. Senso di colpa. Se solo avesse saputo che gli elfi di Babbo Natale erano in realtà uno dei suoi migliori amici…
“Voi
ve ne siete andati senza nemmeno aiutarmi a rimettere a posto, è
ovvio che sono andata a letto tardi!” borbottai, sfilandomi il
maglione di Zayn, per riporlo in valigia. Avevo ancora indosso gli
abiti della sera prima.
“Eri
così stanca che non ti sei nemmeno cambiata? Così mi fai
sentire in colpa…” disse Harry, avvicinandosi a me di
spalle, per poi cingermi la vita e stamparmi un tenero bacio alla base
del collo. Mi voltai per ricambiare il gesto di affetto, andando a far
incontrare le nostre labbra dolcemente. “Buon Natale”
sussurrai, mentre lui cercava nuovamente un contatto con la mia bocca.
Mi ritrassi, un po’ per gioco, un po’ perché dovevo
sbrigarmi a finire o avrei perso il treno.
“Comunque
DEVI sentirti in colpa. Hai lasciato una povera donzella indifesa a
fare i conti con un castello in rovina, che sarebbe il mio favoloso
appartamento se non fosse chiaro…” risposi scherzando,
buttando altra roba alla rinfusa nel bagaglio “Piuttosto, aiutami
adesso. Di là in salotto, sotto l’albero, vicino al
tavolino, ci sono i regali per i miei e mio fratello: me li porti di
qua, così cerco di comprimerli in questa sottospecie di
valigia?”
Harry
annuì dirigendosi fischiettando verso il salotto, lasciandomi
sola in camera, alle prese con il delirio pre-partenza.
Per tutto il viaggio verso la stazione Harry restò in silenzio.
Presa
totalmente alla sprovvista da questo repentino cambio di umore, evitai
di fare domande, mentre mille pensieri iniziarono a soffocarmi: cosa
ho fatto? Ha scoperto di Zayn? No, non è possibile, e poi
avrebbe detto qualcosa. Allora perché è muto come un
pesce. Forse è solo…triste? Perché parto? Ma ci
rivediamo tra sei giorni, non ha senso. Dio, che ansia.
Non
sembrava arrabbiato, né triste. Fissava tacitamente la strada
davanti a lui, con un’espressione apatica in volto.
Arrivati
in stazione, mi aiutò a scaricare la grossa valigia nera
dall’auto, e mi accompagnò al binario, sempre in rigoroso
silenzio. Oppressa dall’angoscia di non sapere perché
si stesse comportando in questo modo, allungai la mano per andare ad
intrecciarla con la sua. Volevo fargli capire con un gesto, senza tante
parole, che per me lui era importante.
Si
voltò di scatto non appena si rese conto del mio tocco
inaspettato, dopotutto era sempre lui il primo a rivolgermi
affettuosità, che fossero baci, carezze o abbracci, quindi il
suo volto si sciolse in un sorriso, e tutta quell’ansia che avevo
accumulato in quei pochi minuti di suo silenzio si dissolse. Non volevo
che fosse triste o rabbuiato o nervoso. Io volevo il mio Harry solare,
il mio Harry divertente e buono.
Non volevo un lunatico. Come ho già detto, i lunatici non facevano per me.
“Eccoci,
binario 7! Speriamo che non sia in ritardo o mi sparo” sospirai,
mentre arrivavamo nei pressi del mio binario, rompendo il silenzio che
si era creato.
“Ma
poi perché Jess non viaggia con te? Louis mi ha detto che torna
anche lei a Glasgow” chiese lui, quasi sovrappensiero.
“Perché
la principessa prende l’aereo e io odio volare. Quindi se posso
evitare di farmi rinchiudere in una lattina con delle ali ed essere
sparata a migliaia di metri dal suolo ecco sì, lo preferisco. E
poi amo viaggiare in treno, è rilassante” risposi
sospirando, mettendomi a sedere su una panchina.
Harry
sogghignò, e le sue tipiche fossette fecero capolino sul suo
viso. Ecco, era questo l’Harry che volevo, l’Harry con le
fossette. Non l’Harry con lo sguardo perso nel vuoto.
Udimmo
in lontananza l’inconfondibile ed assordante rumore del treno che
stava entrando in stazione, subito annunciato dalla classica voce
all’altoparlante, e ci avviammo verso la mia carrozza, indicata
dai monitor lungo la banchina.
Harry
mi aiutò a caricare il bagaglio pesante sul treno, quindi scesi
velocemente per salutarlo. Mentre cercavo di trovare le parole adatte,
che non risultassero troppo fredde ma nemmeno troppo sdolcinate, mi
ritrovai stretta in un suo abbraccio soffocante, che mi prese un
po’ alla sprovvista. Mi stava stringendo davvero forte, come se
stessi per andare in guerra, o qualcosa di simile.
“April, mi mancherai. Lo so, sono solo sei stupidi giorni e poi
vengo su anche io, ma sì, mi mancherai” mi sussurrò
all’orecchio, con un tono di voce fin troppo serio, per poi
staccarsi leggermente, per potermi guardare negli occhi. Cercai di
rispondergli, ma mi interruppe prima che potessi aprire bocca.
“Ti voglio bene. Cioè, ti voglio davvero bene”
continuò, per poi bloccasi di nuovo, forse per cercare di
trovare le giuste parole - o il coraggio “Oh, al diavolo April,
sono innamorato di te. Ti amo ed oggi è Natale e…”
con un lungo e profondo bacio impedii che continuasse a parlare.
La
realtà era che non volevo sapere altro. Perché nessuno mi
aveva mai detto di amarmi, nessuno era mai stato innamorato di me.
Non volevo sapere altro, perché io nemmeno sapevo cosa provavo per lui.
Certo,
gli volevo bene. Certo, mi piaceva stare in sua compagnia. Ma poteva
definirsi Amore? Forse mi sono bevuta troppo il cervello tra romanzi di
Jane Austen e Emily Bronte, nei quali l’amore è un
sentimento che sconvolge e travolge totalmente le protagoniste, un
sentimento che non lascia spazio a ripensamenti o a domande. Invece i
miei sentimenti nei confronti di Harry erano costellati da punti
interrogativi, ai quali non sapevo dare risposta.
Il
fischio insistente del capotreno mi costrinse a staccarmi da quel
bacio. Sorrisi velocemente ad Harry, lasciandolo con un fugace bacio
sulla guancia e un “ci vediamo il 30” sussurrato, e mi
catapultai sul treno, senza voltarmi indietro.
Perché
nel frattempo cresceva incessantemente il mio senso di colpa, e un
magone pesante si fissò dritto in mezzo al petto, rendendomi
difficile persino respirare.
Il tempo di trovare il mio posto sul treno, ed ero già scoppiata in un pianto incontrollabile, tanto da destare l'interesse e la preoccupazione della signora anziana seduta al mio fianco, che mi offrì un fazzoletto per asciugare le lacrime.
"Va tutto bene cara?" mi chiese dolcemente, accarezzandomi la spalla con la mano ossuta e grinzosa. Quanto avrei voluto che quella mano fosse quella di mia nonna: avrebbe avuto risposte a tutte quelle domande che mi assillavano. Annuii alla signora, tirando su col naso, cercando di ricompormi, mentre il treno era ormai partito e il paesaggio bigio fuori dal finestrino sfrecciava veloce.
Le parole di Harry continuavano a rimbombarmi in testa e nel cuore, come un tamburo troppo forte per essere sopportato.
Nulla.
Proprio un bel nulla.
Buooonasera, dolci donzelle! Puntuale come un orologio svizzero, eccomi a postare in questo martedì di pioggia u.u (ah, sì dimenticavo: mi sa che posterò ogni martedì, così da avere una "dead line" entro la quale scrivere e per "agevolarvi", così sapete quando posto c: ) Dunque, dunque: come potete vedere i due non accettano il bacio con facilità ANZI ahahahah meglio far finta di niente xD E che dire del piccolo Styles innammmmurato? Vi preannuncio che i prossimi tre capitoli saranno più densi di avvenimenti di questo che invece, come avrete notato leggendo, è un po' di passaggio... spero comunque che non vi abbia deluse çwç
Tagliando corto, voglio per l'ennesima volta RINGRAZIARVI TUTTE, ad una ad una, da quelle che recensiscono, a quelle che mi scrivono per pm o su twitter, a quelle silenziose: siete tutte lettrici importantissime e sono davvero troppo felice che la mia storia vi stia piacendo ;_; E se avete consigli, o qualsiasi tipo di critica, vi prego, fatemelo sapere: anche una sola piccola recensione mi migliora e sprona sempre :)
Adesso scappo, devo prepararmi per l'ennesimo rewatch del Titanic c: (o meglio, per la fine del film, visto che Canale 5 fa schifo D: ) ~ see ya soon ♥
PS: per chi seguisse anche Awake My Soul: posterò in settimana, spero! Sto cercando di scrivere tutti i capitoli finali assieme per non perdere il filo della storia e non dilungarmi troppo, quindi abbiate pazienza ewe e perdonatemi sobs ;^;
xx Gin~
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