Disperati senza Gloria
Forever
and always;
Lies for the Oni
Genere: Slice of life; Storico; Romantico
Note:
Missing moments;
Raiting:
Verde
Pairing:
Het; Accenni OCxCanon
Universe:
Hakuouki Shinsengumi Kitan - II stagione
Personaggi:
Yukimura Kodou, Hijikata Toshizou; Okoto [OC]
Note storiografiche:
"Before
leaving for Kyoto, he was engaged to be married to a woman named Okoto.
The arrangement had been made by his oldest brother, Tamejiro, who
played the shamisen. Okoto’s parents owned the shamisen shop
that
he often visited. Tamejiro introduced his brother to Okoto and their
families urged them to marry at once. For his part, Hijikata seems to
have been agreeable to the marriage. However he was already planning to
join the Roshitai with Kondo and the others at that point and was
reluctant to give up his dream now that he was so close. So he said to
them, “After
winning a promotion, I want to carry out my marriage.”
Once in Kyoto, he continued to appear to be sincere in his intentions to marry Okoto. He sent her a present and later visited her when he returned to Edo for a brief visit. But the social situation in Kyoto proved to be far more unstable than they had anticipated and when he finally did receive the “promotion” that he sought, he found that the Shinsengumi had put him in a position that would be dangerous for anyone involved with him. Hijikata felt that he had no choice but to cancel the engagement." @Shinsengumi no Makoto
[ You're
free to leave me
but just
don't deceive me
and
please, believe me when I say
“I
love you” ]
Yukimura
Chizuru aveva labbra rosa,
troppo sottili per essere sensuali, e i capelli d'uno slavato castano
scuro che le cadevano disordinatamente sulle spalle ossute.
Aveva gli occhi grandi, lucidi.
Aveva visto cose che avrebbero
sconvolto qualsiasi altra donna -ma quello era un tratto che, in
fondo, non le apparteneva.
Ma era coraggiosa.
“Hijikata-san?”
Il vice comandante abbassò il pennello
e guardò la tazza fumane che la giovane Oni gli stava
porgendo.
Sencha, a giudicare dal colore
verdognolo; già poteva sentire il sapore aspro sulle labbra.
Le sorrise senza dire nulla e Chizuru
ricambiò. Con le guance arrossate, Hijikata non era certo se
fosse
per l'aria fredda di Ezo o se per la contentezza, posò il
vassoio
sullo scrittoio.
Sapeva interpretare il silenzio, lei.
Anche se all'inizio non era stato
facile, dopo anni era riuscita a comprendere che quelle parole non
dette, quegli sguardi gentili, valevano più delle false
promesse.
Promesse.
Guardando
il pezzo
di carta, e i Kanji che si susseguivano ordinati come tanti petali
nei giorni della sfioritura, non poteva negare che quella parola lo
ferisse.
Perché erano
false tutte le sue rassicurazioni. Le illusioni mancavano di
significato.
La lettera che aveva davanti glielo ricordava ad ogni occhiata.
Lanciò
uno sguardo a Chizuru, senza
che lei se ne accorgesse: mangiava poco o nulla, ultimamente, ma
quella sua strana bellezza infantile non ne aveva sofferto. Al
contrario, pareva più languida, più adulta,
più Oni.
Quando la guardava dormire, con il kimono che le lasciava scoperto il
collo, Hijikata non poteva non domandarsi quanto sarebbe diventata
bella, col tempo. A quanto sarebbe cresciuta in forza, in
dignità, in consapevolezza.
Perchè era un demone, lo sapevano entrambi, e gli avevano
insegnato che è pericoloso mentire ai demoni.
Ma quei Kanji.
Quella Promessa.
La
prima volta che
aveva baciato Chizuru -e lei piangeva, dei, quanto piangeva!- aveva
pensato che era la cosa giusta.
La seconda, solo
pochi istanti dopo, pensò che la voleva.
La terza, che
sarebbe stato per sempre.
La quarta, che un
per sempre non esisteva.
E la
quinta...la quinta si era fermato.
Perchè il peso del senso di colpa gli si era scaricato addosso come un macigno.
“Hijikata-san,
non credete che sia un male affrettare le cose?”
Okoto aveva le
labbra rosse come le foglie dell'acero in autunno, il bel viso dai
tratti delicati
incorniciato da una cascata corvina che profumava di camelia.
Era l'unica figlia di una
famiglia di costruttori di Shamisen, presso la quale suo fratello
usava rifornirsi.
Toshizou non si era mai
chiesto perchè le famiglie
volessero un matrimonio: lei era bella, aveva portamento, lo
assecondava.
Tanto
bastava.
“No.”
replicò lui, annoiato. Allungò una mano per
sfiorare le corde dello
shamisen che la giovane teneva
sulle ginocchia. “In fondo, non ho molto tempo.”
Lei sfarfallò le ciglia, perplessa.
Per un
istante temette di averla offesa, ma si rilassò quando lei
gli
rivolse un sorriso.
“Intendete
sempre arruolarvi nella Roshitai?”
Lui
annuì.
“Se
è quello il mio destino, sono pronto ad
affrontarlo.” commentò.
Okoto
non era sciocca, questo gli era stato chiaro fin dalla prima volta
che l'aveva vista.
Tuttavia,
un po' gli dispiaceva per quegli occhi scuri carichi di fiducia: in
fondo, aveva sempre saputo di non meritarla.
Prima
che lei potesse risponderle, si tese per prenderle le mani fra le
proprie; quelle della ragazza erano bianche, con le nocche rosse e i
polpastrelli segnati dalle corde, ma calde.
E quel
calore, per un attimo, lo avvolse.
E non era più il bravo
fratello minore né il più caro amico di
Kondou-san, ma solo un
ragazzo cresciuto un po' troppo in fretta, sbattuto davanti ad una
coetanea che già sapeva che avrebbe fatto soffrire.
“Ma
non ti preoccupare.” le disse, nel suo tono più
autorevole. “Non
lascerò questo matrimonio incompleto. Proteggerò
il Giappone come
Samurai e, una volta portato a termine il mio dovere,
tornerò a
Tama. Nel frattempo, dal momento che dovremmo sposarci, sarò
fedele.”
Due
volte bugiardo.
Non solo
non l'aveva sposata, ma non riusciva nemmeno a contare i tradimenti.
Chizuru,
che l'aveva seguito da Kyoto esattamente come quella lettera.
Okoto,
che ancora aspettava.
C'erano
quelle due donne, nella sua vita.
Non le
uniche, né forse le più importanti. Tuttavia
erano le ultime che
gli erano rimaste.
Desideri.
Prese il pennello, ignorando la tazza fumante, e lo intinse
nell'inchiostro.
Li aveva
scordati, procrastinando crudelmente, lasciandola sola ad attendere
un giorno che lui si era preoccupato di tenere ben lontano.
Con che
occhi avrebbe potuto guardarla?
D'altra
parte, lo stesso valeva per Chizuru: per quale motivo l'aveva strappata
ad un matrimonio, quando lui stesso scappava da uno?
Due
volte crudele.
Due
volte egoista.
Due
volte avrebbe fatto soffrire Kondou-san, se l'avesse saputo.
La morte forse poteva essere una giusta punizione, ma la
verità
era che una volta chiusa la lettera avrebbe smesso di interessarsi ai
sentimenti di Okoto e si sarebbe dimenticato di Chizuru.
Non erano importanti quanto quella guerra, nessuna delle due.
Alzò il pennello, lasciò che la punta gocciolasse
sul tavolo mentre prendeva un foglio pulito con la mano libera.
“Hijikata-san,
a chi state scrivendo?” domandò Chizuru, alzando
gli occhi su di
lui.
Non era
da lei farsi gli affari altrui, ma il vice comandante capiva quanto
dovesse essere noioso vivere con lui: non aveva ragazze con cui
scambiare qualche parola e in quei giorni nessuno era in vena di
chiacchiere.
Le
sorrise.
“A
mio fratello.” mentì.
Ma quel
nome non detto gli rimase conficcato in gola, come una spina.
Hijikata,
no, semplicemente Otoko.
“ Non ho mai inteso
farvi soffrire.”