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Autore: NoaLillyORiordan    06/02/2013    2 recensioni
Come possono cambiare due vite con un solo incontro? Ed è davvero possibile? Due sconosciute, piene dei loro silenzi si incontreranno prima sul campo sportivo, compagne di squadra, amiche e poi? Questa è la storia di due anime che prese dalla difficoltà della vita, finiranno per incontrarsi e scontrarsi...come potrebbe capitare a tutti noi, del resto.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shoujo-ai
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Michela rientrò nella camera con lo stecchino del caffè in bocca. “Chiara tutto ok?” chiese preoccupandosi subito. La ragazza annuì. “Sei proprio pallida! Chiamo subito la dottoressa” disse agitata. “No, non ce n’è bisogno. È tutto a posto. Vieni qui vicino a me” disse Chiara tendendo una mano verso la ragazza. “E’ stato un calo di glicemia, mi dimetteranno tra poco”. Michela si sedette e prese la mano della ragazza e la strinse. Non sapeva che dire, cosi tacque.
Chiara sospirò. Incinta. Non poteva crederci. Come? Le poche brutali volte che era stata con Giovanni, non voleva altro che tutto finisse in fretta. Non aveva mai pensato a nient’altro. E ora, aveva un piccolo feto nel grembo. Sospirò ancora, mentre Michela la osservava incantata. “Sei bellissima” le scappò. Chiara la fissò intensamente. “Lo sai che meriti di meglio?” continuò Michela. “Di meglio tipo, mmm te?” disse cercando di scherzare. “Perché no?” rispose Michela con occhi fermi. Stringeva forte le mani di Chiara e non staccava il suo sguardo. “È perché sono una ragazza?” chiese. Chiara cercò di ribattere quando Michela lasciò la mano della ragazza. “Sai cosa? Scusa ho detto una cosa stupida. Meriti di meglio non perché ci sono io. Lo meriti a prescindere. Meriti di meglio perché sei una persona troppo buona per tutto quello che subisce, tutti i giorni”. Il flusso dei pensieri era tale che poteva quasi essere percepito. Chiara guardava la ragazza di fronte a se che si coprì gli occhi con i palmi per asciugare le lacrime. La ragazza il cui volto era segnato da lacrime, non di dispiacere perché la donna di cui si stava innamorando stava con un’altra persona, bensì perché quella persona la rendeva infelice e triste. Michela stava per alzarsi quando decise di parlarle. “Michela aspetta devo dirti una cosa”. Le prese la mano e fece un sospiro. “Chiara! Ci hai fatto prendere uno spavento incredibile!” disse Fabiana entrando, seguita da tutta la squadra. L’imbarazzo era tangibile, tanto che Michela ritirò la mano. Chiara arrossì. “Abbiamo interrotto qualcosa?” chiese l’allenatore. “No, no tutto ok” si affrettò a dire Michela stemperando l’imbarazzo. “I dottori dicono che è tutto ok, è stato solo un calo di glicemia. La dimetteranno tra poche ore, il tempo di ricevere le ultime analisi” disse la ragazza alzandosi. Attraversò il gruppo sulla porta ed uscì, dirigendosi al bagno. Aprì il rubinetto dell'acqua e la guardò scorrere. Si sciacquò la faccia e si fissò allo specchio. Si accorse di essere rossa in volto e di avere delle lacrime che le rigavano il volto. Fabiana aprì la porta e rimasta sull'uscio la osservava. “Vattene Fa, non è cosa oggi” disse brusca Michela, girandosi di spalle, fingendo di asciugarsi le mani per non fare vedere le lacrime. “guarda che lo so che stai piangendo” disse Fabiana avvicinandosi. Michela colpi di scatto il phon per le mani, tentando di far cadere il discorso. “So che significa vedere la persona di cui ti sei innamorata, che va dietro ad un'altra. E magari vederla anche soffrire” continuò Fabiana avvicinandosi e affiancando la ragazza. “Mi dispiace” disse Michela con gli occhi arrossati. “Adesso torna dentro e aiutala: ha bisogno di te sai?”. Michela si avvicinò alla porta, ma prima di aprirla chiese “Da quando?”. Non si voltò, sapeva che avrebbe fatto solo più male. “Troppo tempo ormai” rispose Fabiana. Michela abbassò la maniglia, spinse la porta e si diresse in camera di Chiara.
“Allora, pronta ad uscire?” disse quasi sospirando Michela. La stanza era ritornata vuota. Probabilmente l'infermiera aveva cacciato via quel gregge di pecore schiamazzanti dalla camera della ragazza. “Hai chiamato qualcuno per farti venire a prendere?” chiese ancora. La ragazza di fronte a se fece un cenno negativo. “Ho detto che mi avresti riaccompagnato tu, mi spiace”. Michela comprese che non poteva essere chiamato nessuno. Figurarsi il fidanzato. Cosi senza dire una parola, cominciò ad organizzare le cose della ragazza. Prese i suoi vestiti e glieli porse. “Ce la fai da sola?” chiese imbarazzata. Chiara afferrò i suoi vestiti e si diresse al bagno in camera. Uscendo vestita nuovamente, con la tuta da gioco, porse un mazzo di chiavi a Michela. “Le hanno portate le ragazza. Fabiana ha detto di averti parcheggiato la moto nel piazzale”. Michela annuì, prese le sue borse portate dalle ragazze, prese la roba di Chiara e si mise alla porta aspettando che la ragazza fosse pronta. Firmate le carte di dimissione e ritirate le analisi si avviarono verso l'uscita. “ce la fai a reggerti in moto? Non ho altro mezzo per accompagnarti”. Chiara fissò la ragazza che aveva già montato in sella. “Ho solo detto che eri tu la mia accompagnatrice, non devi per forza accompagnarmi. Me ne posso andare da sola” dichiarò Chiara. Michela scoppiò in una sonora risata. “avanti che fastidio mi dai. Ormai sono tua cugina, non ti lascio certo a piedi” le due ragazze si guardarono. “A meno che qualche condizione di cui io sono all'oscuro ti vieta di salire in moto” concluse Michela. Quella frase colpì Chiara che arrossì all'istante. Pensò al piccolo fardello che ora aveva dentro di se e non poté fare a meno di sfiorare la pancia. Si risvegliò dal rombo degli scarichi della moto di Michela. “Questo rumore non mi piace. Cambia gli scarichi” disse Chiara salendo sul mezzo. “Fa la passeggera e non scocciare” disse ridendo Michela.
Affrontato un po' di traffico, il viaggio non fu particolarmente lungo. Chiara alla fine si decise a confessare deve abitava. La centaura rimase colpita da quanto fosse vicino al bar dove era stata. Chiara smontò dalla moto e passò il casco a Michela. La ragazza la guardò, abbassò lo sguardo per poi riguardarla. Chiara faceva lo stesso: avevano entrambe qualcosa da dirsi e cominciarono a parlare entrambe per poi fermarsi subito. “Inizia tu” disse Chiara. Ma Michela. Dopo qualche secondo di silenzio, tirò la leva della frizione, ingranò la prima e se ne andò, senza fissare il casco sotto il mento. La ragazza, rimasta sola sul ciglio della strada era basita. Andarsene cosi. Ma, forse, era meglio per tutti. Era meglio per lei.
Michela rientrò, confusa, in casa. Era pomeriggio inoltrato, una bella aria calda rendeva l'aria piacevole e Laura stava preparando una macedonia di frutta. “Come è andata la partita?” chiese, mentre sbucciava le banane. “Non lo so” rispose Michela, stravaccandosi sul divano. Accese la tv e cercò qualcosa di interessante facendo pigramente zapping. Cagnone si distese sotto le sue gambe. “Come non lo sai? Avete vinto o perso?” chiese ancora e insistentemente Laura, mentre affettava la frutta. “Una ragazza si è sentita male e ho passato la giornata al pronto soccorso. Non so nulla” spense la tv e lanciando stizzita il telecomando sul divano chiese “E comunque che ti importa?”. Il silenzio piombò nella stanza. “Fatti gli affari tuoi allora”. Laura ne rimase colpita. Era proprio nervosa Michela. Le cose si erano un po' acquietate nei giorni precedenti e si stupì di una cosi violenta reazione. Concluse le sue considerazioni, con un'alzata di spalle, Michela era già sotto un forte getto d'acqua tiepida, per lavare via tutte le frustrazioni della giornata. Quel giorno avrebbe solo dormito, sino a dimenticare il passato.
Chiara era sola in casa. Giovanni era uscito, o forse mai rientrato dal giorno prima. Ogni tanto cosi, prendeva e spariva. Una birra di troppo, uno schiaffo di troppo, una donna di troppo. A volte, quella di troppo si sentiva lei. Si era fatta una doccia, si era messa un pigiama pulito e senza cenare, si era infilata sotto le coperte. Se Giovanni fosse tornato... no, quella sera non sarebbe tornato. “Sono una vera stupida” disse mentre sentiva il suo cuore galoppare in gola. Aveva mille pensieri per la testa. Fin quando avrebbe potuto tenere nascosta la storia del bambino? E Michela? Ormai traspariva dai suoi occhi, dalla sua anima. Stava per addormentarsi quando vide il suo telefono sul comodino. Lo prese, e lo rigirò per un po' tra le mani.
 
“Dimostrami che tu, sei il meglio che posso meritare. C.” Michela ricevette questo messaggio a notte inoltrata. Chissà quanto ci aveva riflettuto prima di schiacciare quel tasto. Il tasto “INVIO”. Solo allora Michela si addormentò con il cellulare in mano, sul cuscino.

  
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