Ciao a tutti, e grazie per aver voluto leggere questa
mia stranissima fanfiction:non so come nella mia mente
malata si sia accesa la proverbiale lampadina, ma sta di fatto che all’alba
dell’una di sera, in un
accesso di pazzia, mi sono messa a scrivere questo piccolissimo pensiero sul
mio quaderno di Trilli (accidenti, questo non dovevo dirlo affatto,eh?) In ogni
caso, per chi non se lo ricordasse Euridice e Orfeo erano la solita coppia
assolutamente-perfetta-ma -segnata-da-un destino-infausto tipica dei miti
greci,ma la particolarità di questa storia sta nel fatto che per una
volta il nostro caro maschione non piange lacrime inutili sulla tomba della sua
bella per poi rifarsi con la prima che capita ,ma scende addirittura nell’Ade
per salvarla, e ottiene il permesso di riportarla a casa a condizione che non
si volti a guardarla per tutto il viaggio…Happy End? Ma certo che no! Infatti disgraziatamente Orfeo ha la brillante idea di
girarsi prima del tempo, rispedendo così la povera Euridice nell’Oltretomba…ok,nella
fic. l’ho messa giù molto più
dura, ma il succo della storia è questo…ma ora bando alle ciance
(Ahia…con queste uscite la mia credibilità sta scendendo a dei livelli
allarmanti),vi lascio alla mia fic.!
Recensite in tanti,e come
sempre Ciaociao da Ceci!
Euridice’s
prayer
Fa freddo. Il gelo, innaturale, denso e
soffocante come un olio orientale mi entra nelle ossa, mi penetra nella bocca, negli
occhi, nei polmoni, offuscando le mie percezioni, ovattando i miei sensi, rendendo
opachi i colori. È il freddo dei morti, dell’Oltretomba, del fiume
nel quale sto sprofondando.
E mentre l’acqua gelida mi avvolge nel
suo abbraccio mortale, con il calore se ne va anche la mia memoria, la mia
paura, il mio dolore, tutto ciò che mi rendeva un essere umano.
Presto sarò solo un corpo morto, una
creatura con qualcosa di avvizzito dentro. Non sarò più la tua
dolce Euridice, Orfeo , baciata dal sole e dal
sorriso, dai capelli vivi e lucenti, gli occhi vivaci e vibranti di
vita…ricordo quei giorni, i prati immobili nella tremula aria del
pomeriggio, le lunghe ombre degli alberi frondosi sotto cui ci rifugiavamo, il
sapore di rosmarino delle tue labbra…
Ma ora sono stanca, stanca di lottare, stanca
di cercare di mantenere in me l’ombra di ciò che ero, stanca di
osservare i miei capelli, ora diafani e opachi, volteggiare nelle correnti
grigie, alla ricerca di un segno che mi dica che sono ancora una persona e non
solo più l’eco
di una mente perduta.
È questo quello di cui ho davvero
paura:di perdermi, di dimenticare, di scivolare
nell’oblio, ombra per sempre, riflesso nell’acqua scura, voce
soffocata dalla morte.
Ed è il dolore per ciò che non
rivedrò mai più, per il passo che mi ha negato per sempre la
libertà, che mi permette di non perdermi in queste correnti.
È stato un attimo,un
gesto banale a rimandarmi in questo gelo. Sempre ricorderò
quando il freddo, che credevo di avere abbandonato per sempre, mi scese
di nuovo dentro, facendo tornare le mie mani pallide e irreali, troppo fragili
come le ali di una falena, troppo gelide per il sole come brina. E ricordo i
tuoi occhi, scuri, caldi, vivi, che mi davano finalmente pace e segnavano la
mia condanna.
Chiudo gli occhi, e sento le lacrime premere
contro le palpebre:ma i morti non piangono, perché
non hanno più nulla per cui farlo. Tranne io, Euridice,
colei che fu salvata e uccisa dall’amore e che non ha voluto lasciare la
sofferenza.
Ti prego, Orfeo, tu che sei laggiù, nella
verde vallata di cui io vedo solo le viscere e nella quale il mio corpo giace
inerte, vivi anche la mia vita, e con la tua musica rendimi immortale, mentre
io rimarrò qui ,a combattere contro
l’oblio armata solo del dolore per ciò che mi hai dato e poi
strappato con la dolcezza dei tuoi occhi.
Perché il serpente mi uccise, richiudendo
il breve cerchio della mia vita, ma fu il tuo amore, Orfeo, a condannarmi.
E questo fa male.