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Autore: Princess_Klebitz    07/02/2013    2 recensioni
Amici fino alla morte ed oltre; nemici controvoglia. Musica, amore e morte nella metà sbagliata degli anni '90, scaraventati avanti volontariamente per non poter più tornare indietro.*
La tregua tra la Ragione ed il Caos durava da troppo tempo; quando si accorsero dell'errore, corsero ai ripari, e l'Immemore e l'Innocente si trovarono faccia a faccia, dopo anni di ricerche, per riportare la situazione in parità.
Un errore troppo grosso, la persona sbagliata, un imprevisto che non doveva assolutamente accadere.
Storia scritta nel 1997, e l'epico tentativo di riscriverla senza snaturarla.
Spero qualcuno apprezzi.
Genere: Drammatico, Mistero, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lemon | Avvertimenti: Tematiche delicate, Violenza
Capitoli:
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3. Attrazioni
 
Shane Haynes - Shaney per gli amici (pochi ma buoni) e per i nemici (pochi e buoni anche quelli)- occupò la porta del salotto con le ampie spalle da rugbista, sventolando, come previsto, un giornale di musica per farsi aria. Salutò e poi seguì l’esempio di Dorian, correndo a tuffarsi con la testa sotto il lavandino.
Quando rientrò nella piccola comunità, dove regnava una vibrante aria di attesa attorno ad un soddisfatto Eddie che si scolava la terza Guinness, Justin borbottò qualcosa come ‘Grazzzzzzie per aver chiesto, tanto è casa tua!’, cosa che Mister Wenders School si affrettò a zittire con una cuscinata.
 
Shaney aveva la sensazione che stesse per accadere qualcosa.
Qualcosa che riguardava Eddie, qualcosa di indefinito, di carico, di emozionante…
Eddie, finita la lattina nera, levò lo sguardo su di loro, fissandoli uno per uno, in un silenzio reverente e ad occhi lucidi, poi li abbassò e si levarono le incitazioni.
 “VAIVAIVAIVAIII!!” esclamò Dorian. “Eccolooo!!” si entusiasmò Just. “MACHECCA…!!” fece Shaney confuso.
 “B I I I I A A U U U U R R R R H H P P P P ! ! ! “
Una salva di applausi a sei mani chiuse trionfalmente il finalino in calando del suo rutto di 7 secondi da quattro lattine di Guinness in duplice tonalità perfettamente modulata, un pezzo forte della sua scuderia: “Un rutto per ogni occasione”, suo vanto e gloria. 
La scala partiva dagli educati ruttini trattenuti dietro una mano, e terminava al grado medio di coma etilico generale, che corrispondeva a circa venti birre in una scala normale, ossia trenta in quella Edwardjoyciana. 
Più passava il tempo e più si perfezionava, aggiungendo ad ogni festa qualche pezzo al suo repertorio.
Eddie raggiugeva nuove vette solitamente a feste di compleanno di qualche loro amico, compagno di classe o di squadra di rugby. La situazione era simpaticamente precipitata ad un party quando lui era ormai arrivato al quarantesimo rutto in modulazione imperfetta e persino Shaney, il più moderato della compagnia,  era arrivato a confondere il pavimento con le montagne russe di Disneyland, e la madre tristemente magra del festeggiato con Carmen Electra, e specialmente quando Dorian aveva abbracciato Justin, più per facilitarne la caduta che per trattenerlo, decidendo che doveva parlargli
E ovviamente, trattandosi di Dorian, non certo ad un volume basso.
“Oh, Just, pre…premetto. N’n pensare che io sia ‘briaco, eh?!”
“N-no, noooooo, non lo penso. Io, i-io…ecco, sì, lo dico! Sei sbronzo! Maaaaa-aaarcio!”
“E…e tu no, eh!?”
“No, io n…no! Cioè, traaa-traballo, ecco, un pochetto, ma ragiono! Ehi, cazzo, RAGIONO! Vedo solo… con-fusho! Però non s’no mica ubriaco, logic… logico! Per un po’…di vodka…e …”
“L’hai scritta tu quella roba in bagno? Cioè… quella…la scritt..scritta! No, dicevo…la scrittura…no…la scri…scritta!”
“Che…s…scritta?!”
“Jusssssstin am-ama Doriannnn!”
“Ma…shei proprio ubr’aco, burp! Sei schemo!?”
“Ah n-no.. perché ti volevo rin…ringraziare, sì! Anche io ti voglio bene, davvero! Ma amare, NO!”
“Se…se me la metti giù in questi modi…s-strani? Anche io!”
 
Dorian reggeva pochissimo l’alcool ed era un’esibizionista per natura, tendenzialmente buffone ma disposto a far di tutto pur di essere al centro dell’attenzione.
Riprova ne era la festa di qualche mese prima, l’8 gennaio,  per il diciottesimo compleanno di Eddie, a Linayr. Erano ancora in vacanza, avrebbero tutti dormito in garage, e perciò ci avevano dato dentro PEGGIO del solito, mettendo a soqquadro la casa grazie all’assenza dei suoi genitori (sua madre Aislinn aveva sentenziato che preferiva NON VEDERE!!) e l’aiuto di suo fratello Edmond.
Dorian, ad un certo punto, sotto il riff infernale di Jumpin’ Jack Flash, aveva chiesto a Justin, il suo bersaglio preferito, il permesso di baciarlo.
Quando questi, sospirando per farlo stare buono, aveva porto la guancia, si era ritrovato quasi dieci centimetri di lingua ad accarezzargli le otturazioni principali. Dopo che Eddie, con i capelli dritti, gliel’ aveva staccato di dosso, ridente come una scimmiotta dispettosa, Justin era corso…no, volato  in bagno in preda a dei conati di vomito, ed aveva rigettato tutto l’alcool della serata.
La mattina dopo, rinfrescando la memoria etilica usa e getta di Dorian, era stato ancora colto da nausea stile gravidanza, soprattutto dopo che questi, non ricordando, aveva scrollato le spalle dicendo: “Io c’avrò anche provato, ma tu, da troia che sei, evidentemente ci sei stato”, aggiungendo anche, mentre Justin correva ancora in bagno, con aria seccata da lord :”Io non molesto i ragazzini, ricordalo!”
*
Edele Angela Swanson, la madre di Justin, riemerse dagli oscuri recessi della camera da letto padronale, dov’era sempre stata se non per dare un salutino fugace all’arrivo dei ragazzi, recando con sé due borse da viaggio simili a quella di Dorian, si diresse verso il salotto, da dove provenivano le risate del quartetto.
Non appena apparve sulla porta della stanza, calò un leggero silenzio velato da occhiate maliziose, probabilmente riguardanti l’argomento che li faceva tanto ridere.
Represse uno sbuffo mascherandolo con un sorrisetto.
Maschi. Adolescenti. 
Pensavano che non sapesse come girasse il loro mondo, per carità di Dio!
A trentasette anni, Edele faceva girare per un’ occhiata supplementare parecchi uomini per la strada, e non solo lì, visto come si imbambolava ed arrossiva anche Eddie, specialmente quando chiedeva a lui e a Justin di farle un favore, e spesso gli affidava compiti ingrati e spassosi come stendere qualche panno intimo, solo per vederne la faccia.
Adesso, mentre osservava pensosamente i ragazzi che al suo arrivo erano scattati in posizione militare, era più bella che mai, con il visto truccato in modo che i suoi occhi azzurri, dello stesso colore trasparente di quelli del figlio, ma dal taglio più orientaleggiante, risaltassero sulla sua abbronzatura estiva, cosa che a lei riusciva e a Justin no, sebbene le sue origine scandinave si riflettessero molto nell’aspetto del figlio. Le sue occhiate vagabonde si posarono poi sulla sigaretta che fumava nel posacenere, e sospirando mormorò, con una voce arrocchita dallo stesso vizio.
“Justin.”
“Presente, signora!” rispose fulmineo, irrigidendosi ancora di più.
“È tua quella?”
“Ehm…”
“Oh, Justin!”, sospirò ancora, rassegnata al ruolo di madre: ripetere cose che quell’esplosione di ormoni di suo figlio avrebbe ricordato solo a trentacinque anni. Forse.
“Mi avevi detto che avevi smesso… Te la vuoi proprio rovinare la voce? Tutte queste prove per un cavolo?”
“Per una, mamma!!” sbuffò irritato Justin.
“Diciott’anni li hai passati da un pezzo, caro… Affaracci tuoi”
Ma non gli lasciò il tempo di respirare che lo riprese, a bruciapelo.
“QUANTE ne hai fumate, oggi?”
Per tutta risposta, e con aria sdegnata, Justin fece spallucce e prese un pacchetto di Camel light dal tavolo, mostrandole diciannove perfezioni circolari bianche.
Edele sembrò soddisfatta e gli raccomandò, con rinnovata allegria, di non fumare o bere troppo durante la sua assenza, al che Justin rispose, con aria umile e mogia, che lui non lo faceva mai, il tutto mentre Dorian reprimeva una risata, al pensiero anche che le cicche in questione erano le sue;  Just ne aveva già fatto fuori un pacchetto ed era a metà di un altro, dalla mattina.
Edele, aiutata da Shane, raccolse le sue borse e si girò a salutarli dalla porta, dove, squadrandoli un’altra volta come un generale, sparò la sua definitiva raccomandazione.
“Se vengo a sapere che hai combinato qualcosa di cui mi intendo io o che sei tornato dopo l’ una, Justin Andreas Swanson… TORNO INDIETRO! Lo sai questo, vero?!”
“E come cazzo faccio a scordarmelo…” borbottò irritato il figlio.
Durante i suoi weekend d’amore col partner di turno, lo sorvegliava marcatamente e non solo a casa: dava il suo numero di cellulare alla loro vicina di casa settantatreenne, la quale provava un piacere quasi perverso a segnalarle ogni mancanza del figlio durante le sue assenze.
Le sue ovaie rinsecchite non potevano fornirle più piacere che telefonare ad Edele Swanson per avvisarla degli orari di rientro di quel disgraziato o di chi si portava in casa, o di quanto casino facesse…
Maire “Puttaderl” Gadderl, una volta, l’aveva fatta tornare con un volo notturno da Londra, e Justin se l’era trovata, appena un anno prima, sfatta, con le borse,mascara  e trucco colati, che lo tirava giù dal letto per i capelli. E tutto per un cazzo, visto che non aveva fatto più casino di quando c’era anche lei a casa!
Era molto permissiva, ma temeva in modo morboso qualche stronzata stile quella dell’ex marito, come mettere incinta una povera ragazza irlandese di famiglia ultra cattolica, con la sua espressione da bel tenebroso, la sua chitarra ed il suo chiodo di pelle, per poi doversela sposare e picchiarla fino al giorno in cui era schiattato a 24 anni, liberandoli entrambi. 
Quella sua maledetta moto, con la quale ancora andava a rimorchiare ragazzine, aveva trovato il tempismo giusto contro l’albero giusto, niente da dire!
Non voleva guastare al suo unico figlio gli anni più belli e divertenti della sua giovinezza, ma non voleva neppure che si rovinasse la vita o la rovinasse a qualcun’ altro diventando uno dei tanti buzziconi al pub dell’angolo, con un lavoro in fabbrica o al comune, con una moglie sedicenne a carico sposata in sontuose nozze riparatrici.
Lottava per il suo futuro, e doveva averlo capito persino lui con quella testa di bronzo che si ritrovava.
Edele si volse ancora una volta verso i ragazzi, riemergendo alla luce.
“Bene… ragazzi, fate i bravi, fate pure casino entro un certo limite, ma ricordate che…”
“Ci terremo i pantaloni addosso, Edele” promise solennemente Dorian, facendo portare ad Eddie e Shane  la mano al viso in un gesto di frustrazione ed imbarazzo, e beccandosi un’occhiata di fuoco da parte di Justin.
 “Dorian Kierdiing. Sei sulla mia lista nera e con te anche tutti voi. Ringraziatelo!”
“Stronzo!”, inveì Justin.
“Boccaccia di merda!”, aggiunse Shane, ancora rosso.
“Testa di cazzo!”, riassunse Eddie, con uno sguardo che prometteva vendetta.
 “Bene, bene, calma, soldati… direi che così può bastare! Adesso devo proprio andare… Comunque, divertitevi. So che aspettavate solo che me ne andassi fuori dai piedi, state complottando da due settimane!”
“Graaaaaazieeeeeeeeeeee!!” risposero ghignando, in coro, quattro voci tardo adolescenziali.
-Cretini…-, pensò, sorridendo, Edele.
David, il suo attuale partner, era salito a prendere lei e le borse, salutò i ragazzi, sentendo le ultime dichiarazioni, ed una volta scesi in macchina, rise, ripensando alla scena.
“Cosa ridi, Dave?”
“Niente… è che non si noterebbe quasi, la differenza tra te ed i ragazzi!”
“Ti sbagli…” e con una punta di affetto e la solita apprensione, si girò a guardare il casermone di Elke street in lontananza.
“Venti anni… non sono niente, anche se possono sembrarlo”
*
*
(…UN ALTRO LUOGO\UN ALTRO TEMPO…)
 
Rumori di fondo. 
In principio vi era il Tutto, in tutte le cose.
 
Questo scomparve quando nacquero, da lui, la Ragione ed il Buio; il Buio si contrappose al Tutto, e nutrendosi del buio all’interno di tutte le cose, ne creò altre, segnando la fine del Tutto.
Dopo il Buio venne suo figlio per patogenesi, il Caos.
All’inizio lo scambio era reciproco: il Buio si alimentava del Caos, che a sua volta si cibava delle emozioni primitive degli uomini, così forti e vere. Gli uomini non erano altro che assurdi giocattolini, statuette che credevano superbamente di sapere e imparare, ed erano indispensabili per sopravvivere.
Il Caos nutrì gli uomini con l’Inganno e succhiò quelle emozioni posticce che si creavano in loro, avvelenando con esse il Buio, che attingeva da lui.
Così il Buio scomparve.
Il Caos regnò sovrano, e continuò a regnare alimentando gli uomini con dolce Inganno e Apparente succoso Sapere Umano, dando loro sempre l’impressione di progredire grazie a false scoperte.
Ma non riusciva ad eliminare la Ragione, quel potere niente affatto freddo come credeva nelle sue false illusioni, e che a volte rovinava tutto il suo divertimento per capriccio o per rispettare l’antica volontà di suo padre, il Tutto.
Il Caos, terribile ma purtroppo fragile, decise di impadronirsi degli uomini.
Mandò degli emissari figli del Dolore e dell’ Ira, plasmati appositamente seguendo suoi ordini precisi.
La Ragione, creatrice dell’Intelligenza e del Sentimento, resisteva, ma non poteva contrastarlo apertamente.
 Aveva ordinato ai suoi figli di creare anch’essi degli emissari che avessero potuto contrastarlo,in modo nascosto.
La lotta si era protratta per secoli, e mano a mano si erano scontrati i più terribili e nobili emissari, sotto spoglie di santi, assassini, generali, politici, camerieri, sacerdoti, re…
Tutto ciò non c’entrava niente con le religioni, sia il Caos che la Ragione sapevano dell’esistenza di Qualcos’Altro, probabilmente potente milioni di volte più di essi, e che probabilmente influenzava anche loro, ma mai era intervenuto.
Era immobile.
Immobile, intanto che gli emissari continuavano a combattersi senza saperlo, poiché nemmeno il loro subconscio conosceva l’ordine primordiale dei loro creatori, e gli emissari del Caos, troppo riconoscibili e combattuti non solo dagli inviati della Ragione ma anche dagli uomini, furono rapidamente sconfitti,una volta trovati.
Con la differenza che i loro nemici sovrannaturali cercavano di distruggere solo la loro infinitesima anima immortale, mentre gli uomini, crudelmente, distruggevano anche le loro spoglie umane, proprio come gli Emissari del Caos; un modo infinitamente crudele di agire.
Gli inviati della Ragione, dopo aver sconfitto il loro avversario, perdevano il loro istinto e tornavano ad essere comuni mortali;  gli inviati del Caos migravano in un altro corpo e ricominciavano la lotta. 
Ne era rimasto solo uno, che aveva già sconfitto il proprio avversario ma del quale la Ragione ed il Caos si erano ormai dimenticati,avendo combattuto troppo a lungo, ed essendo loro in una parziale tregua.
Questo inviato era quanto ci fosse di più vicino a quello che la gente comune avrebbe definito “angelo”, ma non lo sapeva e non l’avrebbe mai saputo.
Forse.
Era troppo umanizzato, troppo integrato per avvertire anche solo nel suo animo un qualcosa riguardo la sua missione. Per poter vivere, la sua particella immortale si era trasferita da mente a mente per secoli, dormiente ma viva. 
Tutti ne avevano cancellato il ricordo, persino lui stesso.
Il Caos si concesse una pausa nella sua millenaria vita, rimanendo attivo durante il sonno, ma non cosciente.
Così come la Ragione, aveva scordato che Alael, l’Immemore, era ancora vivo.
*


Bene, questa è la prima, infinitesimale particella. Sviscereremo la cosa con calma. Se vi và
   
 
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