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Autore: AllTheRightMoves    08/02/2013    1 recensioni
Cosa sarebbe successo se Sirius Black avesse avuto una sorella? E cosa sarebbe successo se questa sorella avesse avuto una figlia inseparabile da Harry, Ron e Hermione?
Cosa sarebbe successo se Harry non avesse sconfitto Voldermort?
Ambientata nella cupa Gran Bretagna dominata da Voldemort e il suo regime di terrore, "Un'altra possibilità" racconta dell'ennesima avventura di Harry, Ron, Hermione e Kathleen per tentare di sconfiggere il male e cambiare la storia.
Genere: Avventura | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Harry Potter, Hermione Granger, Nuovo personaggio, Ron Weasley, Sirius Black
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun contesto
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Capitolo 6: Il Diario



31 Ottobre, 1981

Ron odiava Kathleen. Odiare, forse, era un sentimento riduttivo, tutte le volte riusciva sempre ad incastrarlo. Questa volta era molto peggio di quando lei e Harry lo avevano spinto a seguire i ragni nella Foresta Proibita, era forse addirittura peggio di quella volta in cui erano scappati dalla Gringott su un drago. Questa volta sarebbe stato solo in un covo di Mangiamorte.
Ron prese un profondo respiro e iniziò ad attraversare a passi lenti il cortile di Villa Malfoy. Una volta giunto alla porta della villa prese coraggio e si strinse nel mantello da Mangiamorte. L’ultimo vero colpo che l’Ordine era riuscito a mettere in atto era stato quando George riuscì a rubare un mantello ai Mangiamorte, da allora, grazie anche al tatuaggio a forma di teschio che Hermione e Dean Thomas erano riusciti a perfezionare, per i membri dell’Ordine era possibile uscire anche senza il mantello dell’invisibilità. Ron bussò alla porta.
La porta fu aperta da Dobby e il cuore di Ron fu stretto in una morsa.
“Salve, sono qui per vedere la signora Malfoy.”
L’elfo annuì e lo condusse in una sala che Ron conosceva fin troppo bene. Gli sembrava quasi di rivedere la scena della fuga: il lampadario che si infrangeva, il pugnale che volava dritto verso di loro, Kathleen che tentava di raggiungerli e scappare, ma non ci riusciva. 
“Mia padrona” disse Dobby rivolto a una donna bionda che cullava in braccio un bambino altrettanto biondo “C’è un uomo qui per lei”
Narcissa Malfoy alzò lo sguardo e incrociò quello di Ron
“Buon giorno, signora Malfoy” disse Ron con il tono più calmo e ossequioso che possedeva “Mi manda il Signore Oscuro. Devo informarla di un avvenimento. Se per favore ha un attimo per scambiare due parole in tranquillità…”
“Certo” disse con aria interrogativa, porgendo il bambino all’elfo. “Si accomodi. Non credo di aver capito il suo nome.”
“Mi scusi, non mi sono presentato. Mi chiamo Wilbur Weasley” si presentò Ron.
Kathleen aveva deciso che non valeva la pena sprecare con Narcissa l’ultima pozione polisucco e Hermione riteneva che non presentarsi come un Weasley potesse solo sollevare delle perplessità in Narcissa, che in fin dei conti non era poi così idiota aveva aggiunto Kathleen. Ron sperava solo che Narcissa non fosse particolarmente sorpresa di trovarsi davanti un Weasley di cui non aveva mai sentito nominare.
“Come ho già detto il mio Signore mi ha chiesto personalmente di venire a parlarle” continuò, mostrando il tatuaggio pulsante che Hermione gli aveva disegnato sull’avambraccio. Trattenne il fiato sperando che Narcissa  non capisse che fosse falso.
“Deve essere la pecora nera della famiglia. Non avevo mai visto in quella famiglia di smidollati e falliti nessuno unirsi al Signore Oscuro.”
“Io non avevo mai visto neanche una Black sposarsi con un SangueSporco”
Narcissa impallidì e per un attimo Ron temette che l’avrebbe cacciato di casa
“Tutte la famiglie hanno degli scheletri nell’armadio” disse Narcissa dopo un momento di silenzio “Di cosa voleva parlarmi? Non ho molto tempo”
Ron prese un ampio respiro, pronto a recitare quelle parole che a lungo si era ripetuto nella mente.
“Sono qui per informarla di una grave perdita. Questa mattina si sarebbe dovuta compiere un’imboscata ai danni di due dei membri più importanti dei ribelli. Black e Greenwood”
Narcissa annuì, aveva visto sta mattina uscire di casa Lucius, Bella e i fratelli Lestrange. Sapeva che avrebbero teso una trappola a Black e Greenwood, perché uno dei ribelli li aveva traditi. Bella era eccitatissima. Narcissa era in ansia. Greenwood era uno dei membri dei ribelli più temuti, sapeva il fatto suo e le parole di quel Weasley non facevano che confermare i suoi dubbi. Fece cenno di continuare, mentre si preparava al peggio.
“E’ mio immenso dispiacere informarla che suo marito è deceduto oggi. Prima che gli altri riuscissero ad annientare Black e Greenwood. Era un mago brillante, uno dei servi più leali, il Signore Oscuro è estremamente dispiaciuto.”
Ron tacque e osservò la reazione di Narcissa, non sembrava particolarmente scossa. Immaginava che avrebbe pianto e chiesto ulteriori spiegazioni. Invece rimase impassibile. Calò un silenzio carico di tensione, Ron iniziò a temere che non avesse funzionato, che avesse capito tutto. Poi il pianto del bambino ruppe il silenzio.
“Se vuole scusarmi” disse Narcissa alzandosi dal divano e dirigendosi verso la stanza del figlio. Si sentiva quasi sollevata. Certo, la notizia della morte di Lucius le aveva portato parecchio dolore, ma era un sollievo che non fosse morta la sorella. Sarebbe stato troppo doloroso, un dolore che non riusciva neanche a quantificare.
Ron era rimasto solo nella stanza e iniziò a guardarsi intorno in cerca del diario.
“Cerca qualcosa, Wilbur Weasley, signore?”
Ron ebbe un sussultò. La voce di Dobby lo aveva bruscamente colto alla sprovvista. Poi ebbe un’idea.
“Sì, in effetti” rispose “Il Signore Oscuro vorrebbe un oggetto che era appartenuto al tuo padrone. Si tratta di un diario nero, antico e molto consumato, è un oggetto molto importante”
“Dobby sa di cosa sta parlando, Wilbur Weasley, signore” squittì, felice di poter ancora aiutare il suo padrone “Dobby porta subito”
“Aspetta!” lo chiamò Ron “Il Signore Oscuro ha bisogno anche di mantello della signora Lastrange”
Ron osservò l’elfo lasciare la stanza per recuperare gli oggetti richiesti. Si sentiva orgoglioso per il colpo di genio che aveva avuto. Hermione sarebbe stata molto fiera.
Guardò l’orologio sul camino. Non mancava molto prima dell’ora dell’appuntamento. Sperava che anche gli altri se la fossero cavata altrettanto brillantemente e velocemente.
Dobby rientro nella stanza porgendogli un mantello nero e il diario di Riddle. Ron trasse un grande sospiro di sollievo e mise tutto sotto il suo mantello.
“Grazie, Dobby”
“Credo che sia venuto il momento di congedarsi” disse Narcissa rientrando nella stanza, le mani le tremavano mentre stringeva quelle di Ron.
Ron salutò e  si avviò più velocemente possibile verso la porta, che in quel momento fu spalancata dall’ingresso improvviso di Yaxley e in un altro energumeno Mangiamorte.
“Hanno scoperto che stavamo progettando un’imboscata!” urlò Yaxley entrando in casa “Lucius ci ha chiesto di andare a chiamare più aiuto possibile”
Ron sentì mancarsi il fiato, le ginocchia sembravano non poter reggerlo più. Tentò di uscire dalla porta ma questa era bloccata dall’energumeno.
“Lucius?” chiese Narcissa sempre più confusa e sconvolta rivolgendosi a Ron “Ma non era morto?”
Ron si sentiva svenire, iniziò a sudare freddo mentre il cuore pompava all’impazzata.
Yaxley e l’energumeno gli puntarono la bacchetta addosso. Ron voleva piangere.
“Chi è questo!?” chiese Yaxley a Narcissa.
Ron sentiva l’aria mancarsi, la mano destra era talmente serrata alla bacchetta che gli faceva male. Decise di agire il più velocemente possibile.
In un attimo disarmò Yaxley, mentre l’energumeno gli scagliava un incantesimo che riuscì a parare facilmente.
Ore ed ore di esercitazioni a duello con Kathleen per combattere la noia della reclusione alla Tana avevano dato i suoi frutti.
In quel momento lanciò un fazzoletto usato nelle mani di Narcissa che con disgusto lo mollò immediatamente lasciandolo cadere fra le braccia di Dobby.
Ron si fiondò fuori dalla porta, non prima di aver schiantato anche l’energumeno e si smaterializzò, in sottofondo una vocina gridava allegra: “Dobby è un elfo libero! Dobby non ha più padroni”.
Narcissa rimase per un attimo immobile con la bocca spalancata, ancora incapace di intendere ciò che era appena successo. I due Mangiamorte erano già in piedi furiosi, Dobby trotterellava felice al suo fianco.
 
 
Ron si materializzò a Diagon Alley, raggiante per la certezza di aver salvato un’altra vita innocente. Hermione sarebbe stata così felice e ancora più orgogliosa. Poi si guardò in torno in cerca di Harry, Hermione e Kathleen. Diagon Alley era un pallido ricordo di ciò che era stata, molti negozi erano chiusi e non c’era nessuno per la strada.
Da dietro l’angolo apparve Hermione, decisamente molto agitata.
 
 

Giugno, 1996

 
 
Da quando era tornata a casa da Hogwarts quel pomeriggio Kathleen era rimasta nella camera degli ospiti, non era scesa nemmeno per cenare. Andromeda iniziava a preoccuparsi. Ovviamente non poteva neanche immaginare quale dolore potesse provare Kathleen, cresciuta dalla sola madre e rimasta orfana improvvisamente. Kathleen era comunque una ragazza estremamente coraggiosa e Andromeda si era sorpresa dalla forza d’animo con cui l’aveva vista decidere di continuare la scuola fino al termini delle lezioni.
Bussò piano alla porta della camera degli ospiti e, sebbene non avesse ottenuto nessuna risposta, decide di entrare lo stesso.
 La trovò distesa a letto, nel buio della stanza e con la testa nascosta fra i cuscini, il petto le si alzava irregolarmente.
Andromeda si avvicinò e iniziò ad accarezzarle le braccia. Si sentiva impacciata come quando si era trovata quindici anni prima a consolare Olivia; una morsa allo stomaco la strinse, ancora non riusciva a credere che Olivia, la sua piccola cuginetta Olivia, fosse morta e  la sola idea che la causa della prematura dipartita fosse sua sorella le faceva salire dei conati di vomito.
Piano, piano Kathleen cominciò ad accostarsi e Andromeda le pulì il viso dalle lacrime, mentre le scostava dolcemente i capelli dal viso. Passarono molto tempo in questa posizione, finché Kathleen non alzò la testa.
“Ho fame.” sussurrò Kathleen
“Chiedo a Ninfadora di portarci qualcosa, ti va?”
“Andromeda, io ho veramente fame” rispose Kathleen, cercando di abbozzare un sorriso “Chiedere a Ninfadora di salire le scale con un vassoio è troppo pericoloso.”
“Hai ragione” asserì Andromeda sforzandosi di sorridere anche lei, ricacciando indietro le lacrime. Era sempre stata troppo orgogliosa per farsi vedere mentre piangeva “Vado io.”
Andromeda si alzò e lasciò la stanza. Quel pomeriggio, appena messo piede in casa, Kathleen era crollata. Arrivata a Londra aveva trovato Tonks ad aspettarla al posto di sua madre ed era stata portata in una casa che non era la sua. Per la prima volta dal Battaglia al Ministero Kathleen aveva realmente compreso la perdita della madre ed era crollata.
Quando erano tornati ad Hogwarts tutti li guardavano e bisbigliavano al suo passaggio, tutti avevano paura ora perché sapevano che Voldemort era realmente tornato. Quando era entrata per la prima volta nella Sala Grande aveva sentito addosso  tutti gli occhi delle persone in sala, meno uno. Harry guardava dritto nel suo piatto, Kathleen gli si sedette a fianco. Harry continuò a non guardarla, non ne aveva il coraggio. Era divorato dai sensi di colpa.
Kathleen gli prese una mano e gliela strinse. Continuarono a mangiare nel silenzio generale.
 
  
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