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Autore: Oblivion1039    08/02/2013    0 recensioni
«Lui. I suoi occhi eran perfetti. Vivi, profondi, luminosi. Per non parlar del suo sorriso, pure lui perfetto. Vivevo di quel sorriso. Quel suo sorriso così magnetico, radioso, contagioso, sincero. Così perfetto, che avrei voluto tanto appropriarmene.
Si può morire di sorrisi?»
Genere: Fluff, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Capitolo
 
V

 
 
 
 
 
 
 
 

Venerdì 8 Agosto.
 
La sera prima avevo chiamato Ade e Matt ed erano stati entusiasti della notizia. Dato che mancava solo la mia conferma, avevamo iniziato ad organizzare la vacanza.
Saremmo partiti col treno il 2 Settembre e saremmo ritornati il 7. La casa era già stata affittata da Riley, avremmo dovuto poi dare la nostra parte a lui.
Nel pomeriggio sarei andata da And per provare. Lui aveva un seminterrato dove potevamo suonare tranquillamente. Facevamo parte di una band. Io suonavo la chitarra, lui cantava e suonava il basso, e poi c’era Oliver alla batteria. Li avevo conosciuti entrambi alla scuola musicale, anche se prima And.
Era venuta in mente a lui l’idea di formare un gruppo, e così conoscemmo anche Oliver. And aveva capelli biondi, corti anche se non troppo, ma sempre con un ciuffo. Era di un più alto di Oliver. Lui invece aveva capelli neri, tenuti più lunghi di quelli di And e tendenti al riccio. Portava sempre una maglietta con maniche corte anche nei mesi più freddi, solo all’esterno quando faceva proprio freddo si copriva con una felpa o una giacca.
Arrivai a piedi fino a casa di And. Percorsi il vialetto che portava alla porta d’ingresso in legno scuro. Era abbordato da alcune piante fiorite che lasciavano sul vialetto alcuni petali colorati. Sulla sinistra vi era un albero, sulla destra invece la porta del garage e un canestro con cui d’estate And si allenava a giocare a basket, invitando anche gli altri ragazzi per qualche partita amichevole. Ad aprirmi fu sua madre che dopo avermi salutato mi disse di raggiungerli nel seminterrato perché stavano già provando.
Scesi le scale in legno vecchio, che ad ogni gradino di solito facevano un fastidioso rumore stridulo che adesso non riuscivo a sentire perché sovrastato dalla batteria di Oliver. Li salutai entrambi al volo e prontamente tirai fuori la chitarra per iniziare a provare assieme a loro.
 
Dopo due orette decidemmo di fare una pausa e andare a mangiare qualcosa di sopra. Ci facemmo cadere sul divano.
«Chi va a preparare i panini?»
«Io no» fecero And e Oliver all’unisono. Ed io arrivai troppo tardi col mio “io no”, come al solito.
«Uffa. Sempre a me tocca.» borbottai alzandomi e dirigendomi verso la cucina.
«Eh! Non è mica colpa nostra se sei lenta!!» Sentii dire Oliver, ma non gli diedi bado e preparai i panini.
Mentre ero in cucina mi squilla il cellulare.
«Pronto?»
«Ciao Eli, sono Harry.»
«Oh, Ciao.»
«Mi faresti un favore?»
«Sì.. Ma dipende da cosa!»
«Volevo uscire con alcuni miei amici domani sera ma i miei non vogliono che esca con loro.. Così ho detto che andavo a studiare da un’amica. Non potevo dire Ade perché i nostri genitori si conoscono e lo avrebbero saputo.. poi mi sei venuta in mente tu e ho detto che venivo da te. Ma loro non sanno chi sei quindi..»
«Quindi che dovrei fare?»
«Oh nulla in realtà. Soltanto confermare in caso venisse qualcuno a chiedertelo ma non credo lo faranno. Ti prego, ricambio.»
«Oh bè non c’è problema. Potresti in cambio però accompagnarmi al negozio di musica e aiutarmi a portare gli strumenti al locale?»
«Ok. Quando?»
«Dopo domani. Puoi?»
«Sì.»
«Perfetto, alle sei a casa mia allora. Ciao!»
«Ciao Eli.»
Dopo aver chiuso la chiamata tornai in sala con i panini pronti e fui anche rimproverata da And e Oliver per averci messo tanto.
Dopo aver fatto la finta imbronciata, scherzammo assieme e dopo aver fatto un’altra ora di prove li salutai per tornare a casa per la cena.
 
Domenica 10 Agosto.
 

«Sono qui sotto. Scendi?»
«Arrivo.»

 
Aprii la porta e lo trovai appoggiato al muretto.
Lo salutai e ci avviammo al negozio. Camminavamo chiacchierando, e poi scherzando mi spinse. Alla stessa velocità con cui m’aveva spinto però mi riprese dal braccio, portandomi vicino a lui. Lo guardai sorpresa, e lui mi guardava con uno splendido sorriso, che quasi mi fece scordare della spinta e che avrei dovuto rimproverarlo. Arrivammo al negozio, e il suo braccio aveva circondato il mio per tutto il tragitto.
Il negozio non era molto grande, ma era a due piani. Il piano superiore era tutto dedicato alle chitarre e ai bassi. Chitarre di ogni tipo, marca, colore e forma rivestivano le pareti su cui erano appese ordinatamente. Poi c’era la sezione dedicata alle batterie, quella dedicata ai pianoforti e alle pianole, oppure quella dedicata al canto. E poi, affianco, c’era il negozio di cd, che comunicava col negozio di strumenti attraverso una porta che rimaneva sempre aperta.
Salutai il proprietario , Jason. Era un uomo sulla cinquantina, con i capelli brizzolati. Ormai con gli anni l’avevo conosciuto bene per tutte le volte che passavo dal negozio.
Con Harry che mi seguiva silenzioso, andai con Jason sul retro, dove aveva posto gli strumenti e gli accessori da darmi.
«Ehi ragazzo.» Fece Jason, rivolto ad Harry. «Ce l’hai la patente?»
«No.. non ancora.»
«Oh. Bè. Mi dispiace per voi allora perché dovrete portarvi le cose a piedi fino al locale. Siete fortunati però, non è lontano.»
«Eh, lo so. Pazienza. La prossima volta però dico ad Oliver di portarle lui dato che ha la macchina.»
Passai un amplificatore ad Harry che anche se era un po’ pesante riuscì a tenere usando entrambe le braccia e appoggiandolo al petto.
Gli appoggiai sopra anche alcuni cavi e gli dissi di aspettarmi fuori mentre prendevo il resto.
Quando tornai al negozio però, lo vidi appoggiare l’amplificatore per terra ed abbracciare amichevolmente un altro ragazzo dai capelli neri.
Quando mi avvicinai, Harry subito mi presentò all’amico e mi sentii terribilmente in imbarazzo sotto il suo sguardo curioso.
«Kyle, lei è Elisa.»
«Piacere, sono Kyle.» disse guardandomi con due occhi verdi penetranti e portando la sua mano verso di me.
Subito mi sentii spiazzata dal suo sguardo, ma mi ripresi immediatamente per non fare figuracce e gliela strinsi anche io.
«Piacere.»
«Dove state andando con tutta questa roba?»
«Dobbiamo portarla al Mad.»
«Volete che vi aiuti?»
Io stavo per dire che non sarebbe servito ma Harry mi precedette. «Grazie! Ci farebbe utile!»
Così gli diedi altro materiale ed uscimmo tutti e tre insieme.
«Cosa ci facevi lì al negozio?» chiese Harry a Kyle.
«Ci lavoro.»
«Ci lavori?? E da quando?»
«Oh.. da pochissimo. Due settimane.»
«Bello. Dov’eri sparito in questi ultimi anni? Non ci vediamo da.. da.. da quando avevamo 14 anni!»
«E’ vero! Com’è passato il tempo.. In questi anni non è cambiato granché.. sono ancora lo stesso, solo più alto.»
«Hei, è per di qua.» dovetti interromperli io, dato che a forza di chiacchierare stavano sbagliando strada.
Dopo 10 minuti arrivammo e dopo avergli mostrato dove appoggiare le cose li ringraziai entrambi.
«Eli, adesso devo andare.. ma se vuoi che ti accompagno a casa resto.»
«No no, è lo stesso, torno da sola.» Non mi sarebbe piaciuto tornare a casa a quell’ora da sola, ma mi sarei sentita egoista.
«L’accompagnerò io.» S’intromise Kyle. A quelle parole sobbalzai, sperando di averlo fatto solo internamente e che non se ne fossero accorti.
«Oh.. no.. non c’è bisogno..»
Cercai di controbattere, non lo conoscevo e il viaggio sarebbe stato imbarazzante, ma insisteva e si era deciso a farlo.. così cedetti.
Salutai Harry, e assieme a Kyle mi avviai verso casa mia.
Come avevo previsto. Intorno a noi regnava l’imbarazzo.
Camminavamo silenziosi uno accanto all’altro, ma non troppo vicini. L’unico rumore era quello provocato da qualche sassolino che involontariamente scontravano le nostre scarpe.
Pian piano decisi di concentrarmi sui miei pensieri, così non mi sarei accorta della situazione in cui mi ero cacciata.
Quando ci stavo per riuscire però, lui iniziò a parlare.
«Vieni spesso al negozio?»
«Sì. Ecco perché conosco Jason da molti anni ormai. A volte vengo lì anche solo per fare un giro e parlar di musica con lui.»
«Allora ci rivedremo.» stavolta mi guardò negli occhi. Fu allora che notai quanto fosse bello. I suoi occhi erano d’un verde leggero ma allo stesso tempo brillante, e ad ogni sguardo sembravano penetrarti sempre di più, rendendoti troppo vulnerabile.
Distolsi lo sguardo dai suoi occhi disarmanti, e continuammo a chiacchierare. Ad ogni parola che usciva dalle nostre bocche l’imbarazzo svaniva sempre di più. Avevo scoperto un po’ di cose su di lui. Aveva 18 anni da poco, era appassionato di musica, sapeva suonare un po’ la chitarra, giocava a football, anche se non molto spesso.
Pian piano le parole mi uscivano spontanee, e non mi accorsi nemmeno che eravamo arrivati a casa mia. Sorprendentemente, ne fui dispiaciuta.
«Siamo arrivati, io abito qui.»
«Bella casa.»
«Mi ha fatto piacere parlare con te, grazie per avermi accompagnata, sei stato gentile.»
«Figurati. Mi sembrava scortese non accompagnarti, avevo finito il turno e non avevo nulla da fare. Quindi.. ci rivediamo al negozio?»
«Certo.»
Lui si girò e iniziò a camminare.
Lo guardai andare via, fino a quando non svoltò per una via, e poi entrai in casa.




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Ciao c:
Ecco il Quinto Capitolo. Spero come sempre che vi sia piaciuto!
Fatemi sapere cosa ne pensate c: (anche commenti negativi!)
Appena finisco di scrivere il Sesto, lo pubblico.
Spero di riuscirci nel giro di pochi giorni se la scuola me lo permette! Sono piena di verifiche e interrogazioni T.T
Anyway, a presto!

  
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