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Autore: Hellionora    08/02/2013    1 recensioni
Tra tante matite nell'astuccio, ho scelto quella grigia, come il colore della mia sciarpa preferita, il cielo dei pomeriggi d'inverno quando esco tardi da scuola;
Tra tante matite nell'astuccio, ho scelto quella grigia, perchè tu riesci a colorare il mondo anche solo con quella.
Genere: Introspettivo, Sentimentale, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: FemSlash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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La seguii fino a quella che presumevo fosse casa sua con mille domande nella testa. Chi era lei? Perchè faceva tutto questo per me senza neanche conoscermi? Glielo avrei chiesto, perchè avevo davvero tanti dubbi.

Dentro quella casa era tutto molto colorato. Le pareti bianche erano ricoperte di cose colorate: adesivi, quadri, disegni, stencil. Al centro della stanza c'era un enorme divano bianco, con un tavolino di vetro al centro e sotto di esso un tappeto beige che sembrava morbido solo a vederlo copriva un bel parquet chiaro; c'era anche una tv, abbastanza grande, con due grandi casse stereo ai latin e una grande libreria tutto intorno, colmo fino a scoppiare di libri e cd, il tutto poggiato contro la parete. Varie piante addobbavano la stanza, e una grande portafinestra alla sinistra del divano rendeva ancora più luminosa la stanza: fuori da essa, un piccolo ma bellissimo giardino circondato da alte siepi, che davano un bellissimo senso di protezione, di casa, di tranquillità...  Il prato era verdissimo, fuori vi era un piccolo alberello con sotto una panchina, un tavolino di vimini con delle sedie, un barbecure e un coniglietto bianco, paffuto, morbido probabilmente tanto quanto il tappeto. Rimasi li a guardarmi intorno, quasi acceccata da tutta quella bellezza: non avevo mai visto così tanti colori insieme. E mischiati tutti così bene. Quasi mi sentivo a disagio, io, grigia, in mezzo a quell'apoteosi di colore. E proprio in mezzo a quella stanza, lei prendeva vita: i suoi occhi verdi brillavano, assorbivano tutta la luce ed esplodevano di bellezza; i suoi capelli rossi mostravano le loro sfumature arancioni, gialle, castane, che contrastavano col suo corpo bianco: lei stessa era l'essenza del colore. Il suo corpo snello, il suo viso e le sue guance rosse: mi erano davvero troppo, troppo familiari, ma anche scavando nella mia memoria non ricordavo di lei. Non ci riuscivo, non era presente in nessun angolo della mia mente, eppure ero sicura come la morte di averla già vista. Mi sentivo frustrata. Probabilmente lei se ne accorse.

«Il bagno è di la» mi disse sorridente.


«Perchè stai facendo tutto questo per me? Non mi conosci nemmeno, e io non conosco te»
Sembrò ferita dalle mie parole.
«Voglio solo aiutarti» disse, spegnendosi.
«Non è solo per aiutarmi, ne sono sicura» le dissi, cercando di capirci qualcosa.
«Un giorno lo scoprirai. Oggi non è quel giorno» disse seria. Poi abbozzò un sorriso: «il bagno è di la» ripetè.
Sbuffai. «Puoi almeno dirmi il tuo nome?»
Fece un attimo di silenzio.
«Chiamami come vuoi, ok?» disse, triste. Io non riuscivo a capire il suo comportamento, forse era solo un po' fuori di testa.
Nessuno ascolterebbe una tipa ritrovata accanto a sé dopo un tentato suicidio, ne tantomeno la seguirebbe fino a casa per farsi una doccia, ma lei.. Lei mi ispirava fiducia. Era strana, si.. Ma sentivo che potevo fidarmi di lei. Che volevo fidarmi di lei. Eppure era tutto così misterioso.

«Il bagno è l'ultima porta a destra!» sentii gridarmi quando mi incamminai verso la direzione da lei indicata. Perchè il bagno è sempre, sempre l'ultima porta a destra? Era una cosa davvero curiosa. Entrai in quel piccolo ma accogliente bagno, non azzurro o rosa come qualunque altro bagno in cui fossi entrata, ma color beige con le mattonelle marroncine all'altezza di due metri circa. Era la casa più particolare che avessi mai visto, era bella. Forse era quello che mi seriva, un po' di colore e un po' di compagnia, qualcuno con cui parlare, un coniglietto da accarezzare.
Ma mi sentivo sempre più confusa: non riuscivo nemmeno a capire quale diavolo fosse la sua età. Sicuramente doveva essere almeno maggiorenne per avere una casa tutta sua -ammesso che sia tutta sua, magari ci viveva con la madre o col padre, o con tutti e due-, però aveva l'aspetto di qualcuno della mia età, o forse un poco più grande. Fattostà che, anche se mi sentivo confusa, pian piano il vuoto dentro me spariva, cacciato da un grande senso di familiarità. Non capivo il perchè, non capivo più niente, ero talmente confusa e stanca che decisi di non pensarci.
Entrai in doccia e lasciai che i pensieri scivolassero via con l'acqua, lontani, nello scarico, nelle tubature, fino a liberarsi in mare.
Affogate, stupidi pensieri.

  
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