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Autore: H o p i e    08/02/2013    3 recensioni
Hyuri, una ragazza italo-coreana, perde i genitori all'età di tre anni e viene subito dopo portata in un orfanotrofio. Da qui nessuno l'adotta, a causa del suo carattere vivace o almeno finché, all'età di 10 anni, non si presenta una famiglia che subito di innamora dei suoi tratti coreani, uniti ai suoi capelli rossi e ai suoi occhi verdi.
Fin da piccola ha avuto l'abitudine di scrivere tutti i suoi pensieri su un diario, il suo unico amico.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: G-Dragon, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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15 maggio 1999
 
 
Ecco qui il regalo per il mio compleanno. Qui all'orfanotrofio ne fanno sempre.
Sono felice del mio regalo.
Ho questo bel diario, mi piace. 
Ha tante pagine, tantissime.
D'ora in poi ci scriverò sempre e tu sarai il mio amico.
L'unico che avrò e che ho.
Ti racconterò sempre tutto, te lo prometto.
Devi sapere che ormai sono qui da quattro anni, quasi cinque.
Per "qui" intendo all'orfanotrofio.
Non ho più i genitori.
Sono in cielo.
Credo che non mi adotterà mai nessuno. 
Forse perché sono strana.
I miei capelli e i miei occhi sono diversi da quelli degli altri.
Secondo te è per questo?
Non lo so...
Ma qui sto bene.
Non mi importa se resterò qui per sempre.
So che nessuno sostituirà mai i miei veri genitori, io voglio loro. 
Anche se...
Me ne vergogno un po' a dirlo...
Ma di te mi posso fidare, vero?
Mi prometti che non lo dirai a nessuno?
Bene...
Io non ricordo niente di loro.
Per me sono solo "papà" e "mamma".
So il loro viso solo grazie a delle vecchie foto che non si vedono neppure tanto bene.
Me ne vergogno tanto.
Ora scusami, ma devo andare. 
Ti scriverò ancora, non ti lascerò solo.
Io ho te e tu hai me.
Saremo amici per sempre.
 
Hyuri
 
 
 
Ho riletto quella pagina del diario per più e più volte. È la prima che ho scritto e anche l'ultima. Da quel giorno è passato qualche anno e ora ho dieci anni. Il fatto è che non ho niente da raccontare. Qui la vità è sempre la solita. Finirei per scrivere solo cose noiose e io non voglio riempire le pagine di sciocchezze. Oggi all'orfanotrofio sono venuti un uomo e una donna insieme ad un bambino che ha qualche anno più di me. Appena mi hanno visto hanno fatto una faccia piuttosto meravigliata. Non so bene perché, forse per il colore dei miei capelli e degli occhi visto che non facevano altro che guardarli. Ma sono così strani? Sta di fatto che hanno deciso di adottarmi. Oggi, il 13 aprile 2001, ho avuto la mia prima richiesta di adozione. Non so se sentirmi emozionata o meno. Per certo so cosa lascio, ma non so se troverò una famiglia disposta ad accontentare i miei capricci. E per di più quel bambino con il sorriso stampato in faccia non mi sta affatto simpatico, il suo viso mi è antipatico.
Tra dieci minuti devo trovarmi fuori dalla mia stanza dell'orfanotrofio perché quella stramba famiglia deve venire, prendermi e portarmi a vivere da loro. Chissà come sarà.
Mi preparo e dopo un paio di minuti esco fuori dalla stanza, constatando che sono già lì ad aspettarmi. Il bambino si avvicina e mi sorride.
Stingo forte il mio diario, sono sicura che mi servirà d'ora in poi.
Usciamo fuori da quella che fino a poco fa era la mia casa e ci dirigiamo verso la macchina. Mi volto un attimo indietro, come per dire addio a quell'edificio che ormai era tutto per me, poi continuo a camminare. Dopo essere entrati in macchina, il bambino si siede ai sedili posteriori vicino a me.
« Ciao! » mi dice sorridendo. 
« Ciao... » rispondo con aria di sufficienza voltandomi e osservando l'orfanotrofio che, secondo dopo secondo, sembra diventare sempre più piccolo.
Il bambino mi osseva inclinando leggermente la testa di lato, finché non si volta anche lui per guardare indietro, chiedendosi cosa stia guardando. 
Ormai dell'orfanotrofio non si vede nemmeno il tetto.
Intanto il padre del bambino ci tira delle piccole occhiatine dallo specchio della macchina.
« Eri affezionata a quell'orfanotrofio? » mi chiede la madre del bambino sorridendo.
« Sì, tanto. »
« Come ti chiami? » mi chiede nuovamente. Credo che lo sappia già, secondo me il suo è solo un pretesto per parlare.
« Hyuri. »
« E il tuo cognome qual'è? » chiede il bambino infiltrandosi come un'anguilla nella conversazione.
« Io... non ho un cognome. »
« Ma come? Tutti hanno un cognome. Il mio per esempio è Kwon. Il tuo qual'è? » 
« Non ha senso avere un cognome se poi verrai adottata da qualcuno che avrà un altro cognome. » rispondo stringendo il mio diario. La verità è che non me lo ricordo.
« Umh... Comunque io mi chiamo Ji Yong. E d'ora in poi sarò tuo fratello maggiore. » aggiunge con tono fiero e sorridendo.
Quel bambino... non lo sopporto.
Finalmente siamo arrivati. I genitori di quel bambino insopportabile di nome Ji Yong mi mostrano tutta la casa. Molto accogliente. Più di quanto pensassi almeno.
Per ultimo mi mostrano la mia stanza da letto. Per ora c'è solo un letto e un armadio. 
« Ovviamente aggiungeremo altri oggetti e la dipingeremo del tuo colore preferito. » mi dice il padre del bambino poggiando una sua mano sulla mia spalla.
« Grazie » 
« Figurati. Per qualche giorno però dovrai accontentarti di questo, il tempo di organizzare tutto. » 
« Non c'è problema. » rispondo entrano nella stanza e guardandomi intorno. È molto grande. 
Mi siedo sul letto e apro il mio diario.
Il padre del bambino, notando le mie azioni, se ne va, lasciandomi un po' di privacy, chiudendo la porta della stanza.
 
13 aprile 2001
 
Caro diario,
sono passati due anni, lo so.
Avevo detto che ti avrei scritto sempre, scusami.
Il fatto è che non succedeva mai niente di speciale.
Ora invece credo che dovrò scriverti spesso.
Sono appena stata adottata da una famiglia con una casa veramente molto grande 
e con un figlio veramente antipatico, o almeno questa è l'impressione che mi dà.
Ma io non sbaglio mai, quindi è sicuramente così.
Si chiama Ji Yong e sorride sempre.
I suoi genitori sono buoni.
Ora che ci penso ho dimenticato di chiedere come si chiamano, forse sono sembrata maleducata.
Ma io sono così, dimentico spesso le cose.
Sai... credo che mi hanno adottata solo per il colore dei miei occhi e dei miei capelli.
Se è così mi sentirò triste a vita.
Non è mica un buon motivo per essere adottati!
 
 
Sento dei passi veloci e la porta della mia stanza tutt'un tratto di spalanca. Chiudo di scatto il diario, per paura che qualcuno potesse leggerlo.
Alzo lo sguardo verso la porta. Chi è? Ma lui ovviamente! 
« Hyuri, vieni! È pronto a tavola!» urlò quasi sfoggiando un largo sorriso.
 
 
"Caro diario,tutto sommato questa famiglia mi piace."
   
 
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