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Autore: instamartys    09/02/2013    2 recensioni
Una profonda amicizia lega Martina, Max, Tom, Jay, Siva e Nathan da sempre.
Ma in tutto questo lei è innamorata profondamente di uno dei cinque ragazzi.
Cosa succederà? Riuscirà a dichiarare i suoi sentimenti o l'amicizia prevarrà sull'amore?
Genere: Fluff, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Max George, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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CARDIFF.
Odiavo le sveglie, le avevo sempre odiate. Emettono quel suono squillante che è capace di perforarti i timpani. E proprio in quel preciso istante, una sveglia stava squillando.
No, non era la mia. O almeno, non ricordavo di averla impostata.
Emisi un mormorio di fastidio, e mi voltai dall’altra parte del letto, mi fiondai con la testa nel cuscino pronta per riaddormentarmi.
Sentivo quel bel profumo di lenzuola fresche, appena lavate ed un altro profumo che non riuscii bene a distinguere.
Aprii piano gli occhi per dare un’occhiata a dove mi trovassi, visto che non ne avevo la più pallida idea. Sbattei più volte le palpebre per mettere a fuoco l’ambiente esterno e potei vedere il viso angelico del riccio che stava beatamente dormendo. Il suo volto era completamente rilassato, e sulle sue labbra albergava un amabile sorriso. Segno che era completamente nel mondo dei sogni e che nemmeno quel rumore fastidioso della sveglia era riuscito a svegliarlo.
Controllai da dove provenisse il rumore e feci caso che era proprio il suo di telefono che continuava a squillare ininterrottamente.
Mi ero completamente dimenticata di aver dormito in camera con lui e… Nathan.
Mi voltai dall’altra parte e lo vidi con la testa sotto il cuscino mentre si dimenava tra le coperte.
“Spegnete quella stupida sveglia!” Si lamentò uscendo di poco con la testa da sotto il cuscino.
Mi sedetti sul letto e mi allungai sopra Jay per raggiungere il comodino su cui era poggiato il cellulare. Afferrai il blackbarry e spensi quella stupida sveglia. Segnava le 7:00 in punto, segno che dovevamo cominciare a prepararci visto che intorno alle 8:30 saremmo dovuti partire alla volta della tappa seguente.
Jay non accennava a svegliarsi, quindi decisi di farlo.
“Jay..” Sussurrai al suo orecchio, gli misi una mano sulla spalla scoperta e cominciai a scuoterlo. “Jay, svegliati.” Alzai di poco la voce affinché mi sentisse, e continuai a scuoterlo. Ok, stavo decisamente perdendo la pazienza “James, ho detto di svegliarti !” Gli urlai nell’orecchio e lo vidi sobbalzare. Si sedette in mezzo al letto e si passò un mano sul viso e nei ricci.
“Cosa è successo?” Mi domandò con la voce ancora impastata di sonno.
“C’è che dobbiamo cominciare a prepararci. Non vorrai fare tardi, vero?”
“No, no. Ora mi alzo.” Sussurrò.
La sua aria assonnata lo rendeva decisamente più dolce del solito, e i suoi occhi quella mattina li trovai più blu che mai. Lo vidi alzarsi con cautela ed avviarsi verso il bagno.
Mi girai dall’altra parte e vidi Nathan ancora avvolto tra le coperte e non accennava a volersi alzare.
Scossi la testa e voltai gli occhi al cielo con esasperazione.
Mi alzai dal letto e mi sedetti accanto a lui.
“Nate, svegliati.” Dissi sbadigliando
“Si, cinque minuti e mi alzo.” Si lamentò esattamente come un bambino di cinque anni che non voleva alzarsi per andare a scuola.
“Non ce li abbiamo cinque minuti. Svegliati, su !” Gli dissi scuotendolo con forza. “Nathan, ti devi alzare !” Sbraitai e gli levai le lenzuola da dosso scatenando le sue imprecazioni, ma finalmente si decise ad alzarsi.
Nel frattempo Jay era appena uscito dal bagno tutto in profumato ed era intento ad aprire la valigia per poi estrarre uno dei suoi jeans ed una sua solita felpa verde acqua.
Trovai quella scelta dannatamente giusta visto che quel colore si abbinava perfettamente con i suoi occhi di quella mattina.
Nemmeno il tempo di avviarmi verso il bagno che Nathan già si era fiondato dentro e si era chiuso la porta alle spalle.
“Ma lo conosci il concetto di ‘prima le donne’?” Sbraitai bussando alla porta e di tutta risposta sentii un  “Fottiti” ovattato. 
Jay, che aveva appena finito di prepararsi, si buttò a peso morto sul letto e chiuse gli occhi, mi sedetti vicino a lui. “Com’è andata ieri sera?” Gli domandai
“Beh, direi alla grande. Ci siamo divertiti molto, le ragazze di qui sono carine e cordiali.” Mi rispose sorridendo
“A che ora siete tornati? Non vo ho sentito rientrare.” Osservai
“Mi pare logico che non ci hai sentiti rientrare, stavi russando quando siamo arrivati.” Sogghignò
“Ehi, io non russo !” Esclamai e gli buttai un cuscino in faccia ridendo
“Oh, si che lo fai!” E mi ributtò il cuscino tra le mani. “Comunque siamo rientrati che erano all’incirca le quattro e mezzo, penso.” Mormorò
“Come mai così tardi?” Chiesi
“Dopo lo spettacolo siamo andati a berci una birra.” Fece spallucce.
Fortunatamente proprio in quel momento Nathan era appena uscito dal bagno con indosso solo dei semplici jeans scambiati.
“Eccoti il bagno, donna.” Mi disse enfatizzando sull’ultima parola.
Mi avviai verso di lui, gli tirai un lieve pugno sul braccio e mi barricai in bagno.
Mi poggiai di peso sul marmo del lavandino e osservavo il mio viso devastato allo specchio.
Decisamente troppe occhiaie.
Pelle diafana, era quasi trasparente, che poteva benissimo essere paragonata a quella di un cadavere.
Occhi troppo spenti, senza quella particolare luce che di solito avevano.
E inoltre i miei capelli erano un completo disastro. Ci misi più di dieci minuti per sistemare quella specie di nido d’uccelli che mi si era formato in testa, quindi decisi di fare una coda di cavallo alta.
Indossai i jeans e ci abbinai una semplice felpa nera, che faceva intendere il mio malumore.
Mi guardavo allo specchio, sentivo una sensazione di dispersione, una sensazione di vuoto, come se avessi dimenticato di fare qualcosa.
E poi ricordai.
Quella mattina non lo avevo baciato, e non la avrei fatto per tutto il resto della giornata.
Sarebbe stata una giornata difficile, quella.
 
Io, Jay e Nathan scendemmo al primo piano per poter andare a fare colazione, come avevano accordato la sera precedente.
Non appena varcai la soglia della porta notai, seduti ad un tavolo, intenti a fare colazione, Tom, Elena, Siva e Max.
Il mio sguardo si soffermò proprio su di lui e rimasi a fissarlo imbambolata per chissà quanto tempo finché Jay non mi diede uno scossone per incitarmi a camminare verso il tavolo.
Sussurrammo tutti e tre un debole ‘Buongiorno’ e tutti quanti ci risposero con la stessa espressione stanca, tutti tranne lui.
Aveva avuto per tutto il tempo il capo basso, non aveva alzato lo sguardo ne tantomeno parlato. Aveva tra le mani una tazza di tè bollente ed era intento ad alzare ed abbassare la bustina dell’aroma. E destino volle che l’unico posto libero era proprio di fronte a lui.
Vederlo così mi faceva stare tremendamente male, come se io lo avessi lasciato così di punto in bianco senza una ragione plausibile. E poi a dirla tutta io non lo avevo nemmeno lasciato, e non avevo la minima intenzione di farlo. Lasciarlo sarebbe stata una pazzia, sarebbe stato come uno schiaffo a tutti i sacrifici e tutte le sofferenze che avevo provato per lui. Avevo solo deciso di prendermi una pausa di riflessione, che non poteva nemmeno essere chiamata in quel modo visto che non dovevo riflettere su niente. I miei sentimenti per lui non erano cambiati di una virgola. Dovevo solo riflettere sul fatto se si fosse concesso o meno a quella sgualdrina quella notte. Si, è vero la foto non faceva vedere niente di esplicito, non si stavano nemmeno baciando, ma mi ero sentita ferita ugualmente.
Ordinai al cameriere una tazza di caffè fumante ed una brioche, che non tardarono ad arrivare.
“Dove siamo diretti oggi?” Chiese Elena mentre stava sorseggiando il suo tè verde
“Cardiff.” Rispose Siva
“Ho dei bei ricordi di quella città. Bei locali, bei boccali di birra, belle ragazze.” Intervenne Tom che aveva poggiato il suo braccio sulle spalle di Elena che subito si scollò di dosso dandogli uno schiaffo sulla spalla “Ehi, stavo scherzando, piccola. Lo sai, io vedo solo te.” Le sussurrò all’orecchio, lei all’inizio tentennò un po’ ma poi alla fine si fece scappare un sorriso soddisfatto e si lasciò abbracciare dal suo amorevole fidanzato e si lasciò baciare con dolcezza.
Non potevo guardarli, mi stava salendo il diabete.
Veramente non potevo guardarli perché ero tremendamente gelosa di loro, dei loro baci, dei loro abbracci. Anche io avevo bisogno di quell’affetto ma non potevo.
Sentivo un enorme groppo alla gola, da un momento all’altro mi sarebbero scese delle lacrime e non mi sembrava proprio il caso di farmi vedere in lacrime.
Mi alzai dalla sedia facendola strisciare per terra, e solo allora con quel rumore, lui alzò lo sguardo su di me e i suoi meravigliosi occhi verdi, che io tanto amavo, si soffermarono sui miei.
Mi morsi il labbro inferiore per evitare di far scendere le lacrime.
“Ehi, cosa c’è?” Mi domandò Jay mentre mi accarezzava il braccio
“Ehm, io ho bisogno di andare a fumare una sigaretta.” Dissi con voce tremante
“Vuoi che ti faccia compagnia?” Mi domandò Siva che sembrava alquanto preoccupato
“No, voglio stare un po’ da sola.” Sussurrai e di scatto cominciai a camminare con grosse falcate verso l’uscita. Sentivo gli sguardi dei miei amici perforarmi la schiena, ci mettevo la mano sul fuoco che in quel preciso istante erano tutti voltati verso di me, fissandomi. Non appena varcai l’uscita della sala emisi un sospiro di sollievo e cominciarono a scendermi silenziose alcune lacrime che prontamente asciugai con la manica della felpa. Fortunatamente quella mattina non mi ero truccata o con quel gesto avrei combinato un pasticcio.
Uscii anche fuori dall’hotel.
Sentii l’aria fredda di primo mattino pungermi il viso.
Mi poggiai con la schiena al muro e piano piano scivolai sull’asfalto sedendomi per terra e mi presi le gambe tra le braccia. Socchiusi gli occhi ed inspirai ed espirai un paio di volte per potermi calmare. Poi tirai fuori dalla borsa il mio amato pacchetto di sigarette e ne estrassi una con l’accendino. Non appena inspirai il primo tiro cominciai a sentirmi meglio e a rilassarmi.
Avevo gli occhi completamente appannati, ma fui brava a non far scendere le lacrime tenendole tutte dentro. Sentivo freddo, tremendamente freddo ma non era per via della temperatura abbastanza bassa che avvolgeva Liverpool quella mattina di marzo. Sentivo un freddo all’interno del mio corpo, un freddo al petto che non accennava a voler prendere calore.
Improvvisamente una figura a me familiare uscì con impeto dalle porte dell’hotel arrivando in mezzo al marciapiede e si guardava intorno, come se stesse cercando qualcosa, o meglio qualcuno, o meglio ancora, stava cercando me. Si passò una mano sulla testa e poi portò le braccia lungo i fianchi e strinse forte i pugni. Poi si voltò per ritornare dentro e per un attimo i suoi occhi incontrarono i miei. Mi si avvicinò con cautela e quando mi fu vicino si abbassò alla mia altezza, molleggiando sulle gambe per non cadere.
Mi fissava con le sopracciglia aggrottate e i suoi occhi non erano mai stati così lucidi, così limpidi e verdi come il prato nella fioritura primaverile.
“Ehi, ciao.” Mi sussurrò
“Ciao anche a te.” Gli risposi e gettai la sigaretta in lontananza
“Ehm, io… io devo parlarti.” Mi disse ed io annuii pronta ad ascoltarlo. “Io voglio darti una spiegazione. Ti giuro, quella foto non significa niente. Ammetto, ci sono stato insieme, abbiamo ballato per un po’, abbiamo riso e scherzato ma… io non l’ho nemmeno toccata. Non l’ho baciata, non ci sono andato a letto. Non potrei mai farti una cosa del genere, lo sai, vero?” La sua voce cedette quando mi fece quella domanda. Si che lo sapevo che non sarebbe stato in grado di fare una cosa del genere. Annuii e mi morsi il labbro inferiore dal nervosismo e mi scese qualche lacrima silenziosa che lui prontamente asciugò con la sua mano. La sua mano che mi stava accarezzando, e che con il suo solo semplice tocco mi aveva fatto salire un brivido alla spina dorsale. “E se lo sai perché ti sento così fredda, così distante? Io… io ci sto male, ok? Io… io sto impazzendo senza te.” Mi disse con la voce tremante.
“Io… mi serve un po’ di tempo, ok? Io ho bisogno di tempo per riprendermi. Voglio solo stare da sola per qualche giorno.” Sussurrai e cercai di alzarmi e lui prontamente mi tese una mano che afferrai. La sua stretta era ben salda, e la sua mano era così calda e confortevole che mi venne voglia di saltargli in braccio ed abbracciarlo stretto per tutta la vita e non lasciarlo ma più, ma mi contenni.
“Mi manchi terribilmente, Martina.” Mi sussurrò stringendo ancora di più la mano
“Manchi tanto anche a me, Max.” Cercai di farmi uscire un sorriso sincero.
Gli diedi le spalle ed entrai nell’hotel.
In quel preciso istante ebbi l’istinto di tornare indietro e correre a baciarlo.
 
Erano già circa cinque ore che eravamo confinati nel bus.
Jay e Tom avevano approfittato delle cuccette ed erano ritornati a dormire. Dicevano di essere stanchissimi ma la verità era che non si erano ancora ripresi dalla sbornia della sera precedente.
Elena mi aveva raccontato che erano stati in un pub molto carino e che quei due avevano alzato un po’ troppo il gomito ed in più si erano ritirati tardi. Infatti in quel preciso istante sonnecchiava sulla spalla di Nathan che indossava le cuffie e muoveva la testa a ritmo di musica.
E mi aveva detto anche che Max, subito dopo il concerto, non era voluto andare con loro e se ne era ritornato in albergo. In quel momento sedeva con le gambe piegate verso il petto, indossava anche lui le cuffie e stava trafficando con il cellulare, molto probabilmente era su twitter.
Siva era al mio fianco che stava leggendo un libro, io poggiavo la testa sulle sue gambe ed ero rannicchiata su me stessa per cercare in qualche modo di riscaldarmi.
Sentivo tremendamente freddo e non riuscivo a scaldarmi, avevo brividi di freddo in continuazione. Siva notando i brividi mi sistemò il plaid a scacchi che era poggiato sulla spalliera del divano e me lo mise addosso.
“Grazie mille, Seev.” Lo ringraziai
“Ma figurati, piccola.” Mi sorrise e mi carezzò sui capelli.
“Sai tra quanto tempo siamo arrivati?” Gli domandai
“Si, meno di un’ora, siamo quasi arrivati non preoccuparti.” Mi sorrise.
Mi alzai dal divano per sgranchirmi un po’ le gambe dato che erano cinque ore esatte che ero seduta e non accennavo a muovermi.
Mi diressi verso il piccolo angolo cottura dove c’era Jane con una tazza di caffè fumante che stava sorseggiando mentre leggeva un opuscolo.
Mi avvicinai a lei silenziosamente per non disturbarla dalla lettura ma non appena avvertì la mia presenza alzò lo sguardo e inchiodò i suoi occhi verdi nei miei.
“Caffè?” Mi chiese
“Si, grazie.” Le sorrisi
Posò la sua tazza e l’opuscolo e mi versò il caffè in una tazza con i fiorellini azzurri.
Me lo porse e mi sorrise.
Feci per andarmene a sedere accanto a Siva, quando la sentii prendermi per il cappuccio della felpa e mi costrinse a girarmi.
“Dove credi di andare, raggio di sole?”
Raggio di sole.
Mi chiamava in quel modo solo quando era preoccupata o quando stava per farmi un ramanzina.
Ero pronta al peggio.
Chiusi leggermente gli occhi e emisi un grande sospiro.
“Molto probabilmente voi credete che io sia cieca e che non mi accorga di niente. Ma il fatto è che io faccio finta di niente anche quando mi accorgo che c’è qualcosa che non va.” Cominciò col dire e mi carezzò un braccio “Max ieri sera ha cantato davvero una merda. Te lo dico senza mezzi termini o altro. Non ha azzeccato un acuto, non andava nemmeno a tempo. E so che è successo non perché lui non sia bravo, perché in questo pullman lo sappiamo tutti che Max è un vero talento, o perché è solo stanco perché i ritmi del tour sono stressanti. E’ successo perché non sta bene. E’ successo perché invece i concentrarsi sulle canzoni, sul ritmo e sulla musica non faceva altro che pensare a te, raggio di sole.” Mi sorrise.
Mi sentivo terribilmente in imbarazzo.
Non sapevo che dire, ero rimasta spiazzata.
Non mi aspettavo una cosa del genere, c’ero rimasta davvero male.
Adesso mi stavo sentendo davvero in colpa.
Era solo colpa mia se la sera precedente Max aveva fatto fiasco.
“Non so che dirti, Jane, davvero.”
“Ehi, non sto dicendo che è colpa tua perché Max ieri sera ha fatto schifo. Cioè, in parte si, però il mio discorso voleva volgere ad un’altra parte, non mi sono spiegata tanto bene.” Disse gesticolando molto con le mani “Martina, lui ti ama. Si, hai ragione, anche io sarei incazzata nera se avrei visto quella foto sbattuta in prima pagina. Però lui ci tiene davvero a te. Tu... tu dovevi vederlo quando eravamo in tour in America. Non vedeva l’ora di ritornare a Londra solo per poterti abbracciare.” Jane parlava con gli occhi lucidi, nemmeno stesse parlando di suo figlio.
“Jane, io sono innamorata di Max. Per me è la persona più importante dell’intero universo. Senza lui non sarei niente. E… io lo amo più di me stessa. E non mi importa di quella stupida foto, io voglio stare con lui, solo con lui.” Le dichiarai.
Lei  mi abbracciò forte e ricambiai l’abbraccio.
Mi andai di nuovo a sedere accanto a Siva.
Soffiai sulla tazza di caffè bollente e cominciai a sorseggiarlo.
“Siamo arrivati, ragazzi.” Annunciò Martin indicando il cartello ‘Wecolme to Cardiff’.
Emisi istintivamente un sospiro di sollievo e sorrisi.
“Vado a svegliare Tom e Jay.” Mi disse Siva mentre si alzava dal divanetto ed io annuii.
Nathan, che era di fronte a me, stava cominciando a scuotere Elena con dolcezza per farla svegliare.
Elena emise un mormorio di disapprovazione e sbatté le palpebre un paio di volte.
Aveva le sopracciglia aggrottate e l’aria ancora assonnata.
“Siamo arrivati.” Le sussurrò Nate e lei annuì con il capo.
Mi alzai dal divano per andare a prendere la borsa.
Non so come di preciso accadde: ero nello stretto corridoio e presi la borsa che era poggiata sul lettino e quando andai per girarmi mi scontrai con il corpo caldo e muscoloso di Max.
Improvvisamente mi ritrovai tra le sue braccia.
Le sue mani mi stringevano forte le spalle e le mie mani erano poggiate sul suo petto, i nostri visi erano talmente vicini che potei avvertire il suo respiro sulla pelle.
La voglia di baciarlo, di sentire le sue labbra carnose a contatto con le mie, in quel momento era tanta. La tentazione di avvicinarmi ancora di più per poterle almeno solo sfiorare si impossessò di me. Volevo sentire il suo sapore, di nuovo.
Mi carezzò la guancia delicatamente e mi mise un ciuffo ribelle scappato alla coda dietro l’orecchio.
Quando entrambi ci rendemmo conto della situazione ci imbarazzammo e distogliemmo lo sguardo l’uno dall’altro.
“Ehm, avevi… avevi un capello fuori posto.” Cercò di spiegarsi gesticolando e si grattò la nuca imbarazzato.
“Ehm… si, ok.” Sussurrai imbarazzata.
Molto probabilmente in quel preciso istante diventai rossa perché avevo cominciato a sentire caldo e quel calore non era di certo dovuto al riscaldamento del bus acceso al massimo.
“Io… io dovrei, ehm.. ecco, passare.” Mormorai con confusione.
In quel momento non sapevo nemmeno come mi chiamassi o dove mi trovassi, ero completamente nel pallone.
“Si, certo.” Si spostò di lato facendomi spazio, seppur sempre minimo, per passare.
Quando cercai di passare dall’altro lato del bus ci ritrovammo nuovamente con i visi appiccicati ed un’altra vampata di calore percorse il mio corpo.
Non appena lo superai inspirai ed espirai rumorosamente.
“Ehi, tutto bene?” Mi domandò il riccio
“Ehm, si, alla grande.” Risposi sarcasticamente.
Jay mi venne incontro e mi abbracciò ridacchiando.
“E’ dura, eh?” Mi domandò
“Non puoi neanche lontanamente immaginare quanto.” Dissi stringendolo forte.
Scendemmo dal bus ed entrammo nell’albergo e sbrigammo le solite faccende di routine.
Ci distribuirono le chiavi delle stanze, i facchini presero le nostre valige ed entrammo in ascensore per raggiungere le nostre camere.
Siva rispose alla mia richiesta silenziosa di poter stare di nuovo in camera con Max per farmi stare in camera con Jay e Nathan.
Gli sorrisi grata per il gesto.
Nessun ragazzo poteva eguagliare l’empatia di Siva, nessuno.
Ero triste? Siva era triste con me.
Ero felice? Siva era felice con me.
Si, spesso e volentieri era un po’ troppo paranoico ma era una persona splendida.
Sempre così gentile e cordiale.
Era simpaticissimo. Era una persona molto seria e rispettosa delle regole ma quando voleva faceva il coglione insieme agli altri quattro e faceva ridere tutti.
Adoravo Siva.
Passai la carta magnetica per aprire la porta della nostra camera ed entrammo.
Quella stanza era bellissima.
Sempre formata da un letto matrimoniale ed uno singolo.
Era luminosissima.
Mi avvicinai alla porta-finestra per poter ammirare il panorama.
C’era una piccola piazzetta, e c’erano palazzi ovunque.
C’era uno Starbucks proprio nella via difronte all’hotel.
Ringraziai inconsciamente Jane e la sua passione per il frappuccino al caramello.
Si, perché Jane sceglieva gli alberghi in base a quanto fosse vicino uno Starbucks.
Aprii la finestra ed il lieve venticello fresco mi fece venire uno brivido alla schiena.
La giornata era davvero bella.
Si, non c’era il sole, come sempre dopotutto, però il cielo era abbastanza limpido e luminoso.
Improvvisamente sentii Nate appoggiare la testa sulla mia spalla ed avvolse le sue braccia intorno alla mia vita, abbracciandomi.
“Oh mio Dio. Sykes mi sta abbracciando, non ci posso credere!” Esclamai sbalordita.
“Sta zitta, stai rovinando questo momento.” Mi rimproverò ed io ridacchiai.
“Bello questo paesaggio, vero?” Mi domandò
“Già, mi piace tanto.” Risposi.
Mi baciò la tempia.
“Potrei abituarmici a tutto questo affetto, Sykes.” Rise.
Mi voltai verso di lui e portai le braccia intorno al suo collo e poggiai la testa sul suo petto.
Lui ricambiò l’abbraccio e mi strinse forte.
All’improvviso sentii il rumore di uno scatto fotografico ed un flash.
Mi girai e vidi Jay con il suo balckbarry impugnato: ci aveva appena scattato una foto.
Lo guardammo entrambi in modo interrogativo.
“Cosa volete? Sono rare le volte in cui Nathan abbraccia qualcuno, ho voluto documentare.” Si giustificò.
Sentii il cellulare vibrarmi nella tasca.
Una menzione su twitter : “@JayTheWanted: @MartinaGilbertOfficial e @NathanTheWanted ritratti in atteggiamenti molto intimi. No, non preoccupatevi non sta tradendo Max con Nate ;).”
“Andiamo, Jay. Ma sei serio?” Gli domandai indicando il tweet.
“Ehi, ho letto alcuni tweet di ragazze che hanno notato gli atteggiamenti freddi tra te e Max, dovevo smentire le voci in qualche modo.” Spiegò
Scossi la testa e lasciai perdere.
Bussarono alla porta e Nath andò ad aprire.
Spuntò da dietro la porta il viso sorridente di Siva.
“Ragazzi, dobbiamo scendere giù a pranzare e subito dopo andiamo in teatro a fare le prove.” Ci avvisò.
Nate e Jay si avviarono verso la porta pronti per andare a mangiare mentre io mi buttai a peso morto sul letto. Non avevo voglia di mangiare, non avevo fame.
“Ehi, a mangiare, forza.” Mi invogliò Siva
“Non c’ho fame, Seev.” Gli dissi sorridendo
“Ne sei sicura?” Mi domandò, io annuii con vigore.
“Prometti che più tardi mangi qualcosa, però.”
“Prometto che andrò allo Starbucks di fronte e mi abbufferò di muffin con le gocce di cioccolato e frappuccini alla panna.” Risi
“Ci vediamo questa sera.” Mi disse Jay
“Ehm, si, ok.” Risposi.
Mi mandarono tutti e tre dei baci volanti che io ricambiai.
Chiusero la porta ed emisi un sospiro.
Quella giornata sarebbe stata davvero lunga.
 
La noia.
Avrei fatto di tutto pur di fare qualcosa per non annoiarmi.
Avrei anche cominciato a contarmi tutti i capelli che avevo e tutte le cellule che costituivano il mio corpo pur di far almeno qualcosa per non pensare.
Si, perché questo faceva la noia: ti portava a pensare.
E in quel momento pensare era vietato.
Perché ovviamente non pensavi a cose allegre, che ti facevano sorridere spontaneamente come un’idiota, che ti facevano sentire bene. Ovviamente il pensiero batteva sulle cose più brutte, sulle cose più angosciose, quelle che ti facevano piangere senza neanche un motivo apparente.
Ero stesa sul letto con la testa a penzoloni, e il sangue mi stava andando alla testa.
Mi guardavo le mani e levavo tutte le pellicine che erano intorno alle dita che mi davano fastidio.
Quelle mani erano state martoriate dal nervosismo.
Erano belle, le unghie erano lunghe e smaltate, prima.
Adesso sembravano le mani di un boscaiolo: brutte e tozze.
Ovviamente stavo ripensando alla vicinanza di Max di quella mattina.
Al solo pensiero sentivo le farfalle nello stomaco.
Guardai l’ora sul cellulare che segnava esattamente le 15:27.
Proprio in quel momento i ragazzi erano arrivati già da un pezzo al teatro e già stavano provando, sicuramente.
In quel preciso istante bussarono alla porta.
Mi alzai svogliatamente dal letto e mi diressi ad aprire.
Elena in tutto il suo splendore mi sorrideva e mi saltò praticamente addosso abbracciandomi.
“Ehi, perché non sei scesa a pranzare?” Mi domandò
“Non avevo fame.” Feci spallucce.
Proprio in quel preciso istante il mio stomaco brontolò facendo capire il contrario.
“Si, certo, come no.” Elena incrociò le braccia al petto e mi guardò insistente.
“Ok, non avevo voglia di vedere Max, ok?” Allargai le braccia rassegnata.
“Potevi dirlo subito, non ti avrei detto niente, lo sai.” Mi disse carezzandomi un braccio.
“Si, lo so.” Le sorrisi.
Elena era meravigliosa.
Sempre pronta ad ascoltare i tuoi problemi, e sempre pronta a darti consigli.
Mi supportava in ogni cosa facessi.
Eravamo legate dalle scuole elementari e da allora non ci eravamo mai perse di vista.
Era lei quella forte tra le due, o almeno in apparenza era così.
Poi quando la conoscevi bene riuscivi a capire quanto in realtà era vulnerabile ed insicura.
Eravamo inseparabili, l’una era indispensabile per l’altra.
Le volevo un bene dell’anima.
“E’ una bella giornata, ti va di andare a fare un giro?” Mi chiese
“Stavo per chiedertelo io. Anche perché voglio andare da Starbucks a comprare qualcosa, muoio di fame!” Esclamai e lei rise.
“Ok, dammi un minuto per darmi una rinfrescata ed usciamo.” Le dissi facendo segno di aspettare, e mi rinchiusi in bagno.
Per prima cosa mi sciacquai la faccia per riprendermi un po’, poi slegai i capelli e ci misi un po’ di schiuma per renderli un po’ più voluminosi ed infine mi truccai un pochino.
Beh, quella mattina sembravo proprio il quadro della disperazione.
Adesso potevo andare, diciamo.
 
Uscimmo dall’albergo e l’aria fresca di Cardiff ci avvolse.
Io ed El camminavamo fianco a fianco e ci guardavamo in giro meravigliate.
Quella piccola cittadina era incantevole, e le persone sembravano davvero gentili e cordiali.
Ci fermammo ad ammirare qualche vetrina di qualche negozio di abbigliamento ed accessori.
Elena mi pregò fino alla fine di entrare in tutti i negozi per poter cominciare un’altra giornata di shopping sfrenato ma io glielo impedii dicendole che stavo morendo di fame e che avevo assolutamente bisogno di ingerire zuccheri e calorie.
Mise un po’ il muso, ma non appena le dissi che ci saremo fermate dopo aver mangiato qualcosa cominciò di nuovo a sorridermi.
Attraversammo la strada e ci ritrovammo nella piazzetta dove c’era lo Starbucks.
Era enorme, oltre all’interno era allestito anche fuori con tendoni e tavolini.
Era gremito di gente, e c’erano soprattutto molti ragazzi.
Mi domandai se c’era qualcuno tra di loro che quella sera sarebbe andato al concerto dei ragazzi.
Visto che era una bella giornata, io ed Elena decidemmo di accomodarci fuori.
Attendemmo pochi minuti e subito arrivò un cameriere a prendere le ordinazioni.
Non riuscivo a capire perché tutti i baristi di Starbucks erano sempre dei fighi assurdi.
Cos’era, il destino voleva mettermi alla prova per testare la mia tentazione?
Capelli corti castani, occhi color caramello ed un sorriso smagliante.
“Allora, cosa vi porto ragazze?” Ci chiese sorridendo e si portò alla mano un piccolo taccuino su cui prendere l’ordinazione.
“Per me un cappuccino ed un muffin alla crusca.” Ordinò Elena
“Per me un frappuccio al caramello e due muffin col cuore di cioccolato, grazie.” Sorrisi al bel ragazzo, mentre Elena mi guardò stizzita.
“Non mangio da ieri, quindi sta’ zitta.” Le dissi facendole una linguaccia scatenando la risata cristallina del bel cameriere.
“Arrivano subito, ragazze.” Si mise il taccuino nella tasca del grembiule e si diresse all’interno del locale. Entrambe lo seguimmo con lo sguardo.
“Beh, un lato B niente male, direi.” Disse Elena fingendo disinteresse
“Ehi, sei fidanzata !” La rimproverai
“Ehi, anche tu lo sei, non avresti dovuto guardargli nemmeno tu il sedere !” Ribatté.
Mi incupii leggermente “Ok, tasto dolente, hai ragione, scusami.” Disse carezzandomi la mano
“No, non preoccuparti, va tutto bene.” Sorrisi debolmente
“Oh, certo, si vede.” Rispose sarcasticamente.
“Mi ha detto Tom che ieri in camerino stava quasi per piangere prima di salire sul palco, ma poi si è trattenuto perché non voleva farsi vedere debole da loro, sai com’è fatto.”
“Mi sento così male. Sta soffrendo più lui che io, molto probabilmente.”
Improvvisamente ci vedemmo il cameriere carino accanto che ci stava poggiando due enormi bicchieroni di carta e i tre muffin. Lo ringraziammo e lui andò via a prendere nuove ordinazioni e a servire tavoli.
“Cosa volevi dire prima. Che tu non ci stai soffrendo per questa cosa?” Mi domandò
“No, è solo che io so quando tornerò da lui, lui non lo sa, per questo ci sta più male.” Le spiegai
“E quando hai intenzione di ritornare da lui?”
“Domani, non ne posso più di stare lontana da lui.”
Elena emise un gridolino strozzato per l’entusiasmo e si alzò dalla sua sedia per venirmi ad abbracciare. Sembrava essere più felice di me per quanto era esaltata all’idea.
Si, l’indomani sarei dal mio paradiso personale.


 
 
 
 
SSSAAALVE.
si, sono tornata. PARTY HAAAARD !
ok, ritorno in me.
SCUSATE.
(se c’era un carattere più grande lo scrivevo ancora più grande.)
non aggiorno dal cinque dicembre, sono un disastro come autrice, lo so.
ma perdonatemi, pls.
a mia discolpa posso dire che ci sono state le vacanze di natale e anziché pensare a scrivere il capitolo mi sono letteralmente ingozzata come un maiale.
mangiavo panettone, pandori e strufoli a colazione, pranzo e cena, lol. (ma questo non vi interessa.)
pooi, è ricominciata la scuola e credetemi, non ho avuto un attimo di pace.
compiti in classe, interrogazioni e tutto il pomeriggio lo passavo a studiare visto che c’era la chiusura del quadrimestre. Che poi ieri sono andata a ritirarla la pagella e ho tutti 6 e 7 tranne matematica che c’ho 4 e 5 e storia 5, madonna che ciuccia, lol. (ma nemmeno questo vi interessa.)
comunque a conclusione ho scritto il capitolo a spezzoni non concludendolo mai.
poi, visto che sono molto intelligente e che quando mi faccio la doccia invece di lavarmi mi metto a pensare a delle nuove fanfictions ho cominciato a scrivere ben altre due fanfictions.
una sui zzaaayn spaco botilia e amazo familia, ed una su quel bel figliolo di liaaam, asdfgh #sonoentusiasta comincerò a pubblicare una delle due appena metterò la parola ‘FINE’ a questa fanfiction che appena che ci penso a marzo compie un anno, asdfghjkl.
questo, signore e signori (sempre che ci siano i signori che leggano questo genere di cose (?) ) questo è il penultimo capitolo.
ebbene si, non vi romperò più e non sarete costrette a sopportare i miei ritardi atroci.
il prossimo capitolo sarà l’ultimo però.. SORPRESA, SORPRESA ! CI SARA’ UN EPILOGO ! E SARA’ LUNGO BEN TRE CAPITOLI !
si, non vi sbarazzerete così tanto facilmente di me, MUAHAHAHAHAHAHAHAH *le lettrici si uccidono*
allooora, vi è piaciuto questo capitolo?
sinceramente a me fa cagare, lol. Non sapevo proprio che metterci in questo fottuto capitolo.
QUALE STORIA E’ LA SECONDA DELLE PIU’ POPOLARI?
BEH, VE LO DICO IO.. QUESTA QUI !
E GRAZIE A CHI? OVVIAMENTE GRAZIE A VOI <3
SERIAMENTE RAGAZZE, GRAZIE.
GRAZIE PER TUTTO PERCHE’ L’AVETE MESSA TRA LE PREFERITE/RICORDATE/SEGUITE E GRAZIE SOPRATTUTTO A CHI RECENSISCE, L’APPREZZO MOLTO, MI FA SEMPRE PIACERE LEGGERE LE VOSTRE RECENSIONI, LE ADORO, ASDFGHJK <3
e giusto per dirvelo, le recensioni sono arrivate a 69, mlmlml. AHAHAHAHAHAHHA, ok.
beh, è tutto. Spero per voi e per me che il prossimo capitolo non tardi di ben due mesi ad arrivare, però non vi prometto niente.
sceaaaao beleeee <3
la vostra maaarty c:
P.S. è più lungo questo angolo autrice che tutto il capitolo, lol.

  
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