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Autore: SusanTheGentle    09/02/2013    14 recensioni
Un amore improvviso, due cuori che si incontrano ma che non riescono mai a toccarsi davvero come vorrebbero...almeno fino all'ultimo giorno. Nessuno sa. Forse nessuno saprà mai. Solo Narnia, unica testimone di quell'unico attimo di felicità.
Caspian e Susan sono i protagonisti di questa nuova versione de "Il Viaggio del Veliero". Avventura, amore e amicizia si fondono nel meraviglioso mondo di Narnia...con un finale a sorpresa.
"Se vogliamo conoscere la verità, dobbiamo seguire la rotta senza esitazione, o non sapremo mai cos'è successo ai sette Lord e dove sono finite le Sette Spade"
Il compito affidatogli questa volta era diverso da qualsiasi altra avventura intrapresa prima. C'era un oceano davanti a loro, vasto, inesplorato; c'erano terre sconosciute alla Fine del Mondo; una maledizione di cui nessuno sapeva niente. Non era facile ammetterlo, ma era probabile che nessuno di loro sarebbe mai tornato. Stava a lui riportarli indietro.
Caspian si voltò a guardare Susan, la quale gli rimandò uno sguardo dolce e fiero, e all'improvviso capì che qualsiasi cosa fosse accaduta, finché c'era lei al suo fianco, avrebbe sempre trovato la forza per andare avanti"

STORIA IN REVISIONE
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Caspian, Susan Pevensie
Note: Movieverse | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Chronicles of Queen'
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16. Miriel


 
Prendimi come sono, prendi la mia vita.
Te la donerò completamente
Mi sacrificherò.

 
Se non avesse udito il rumore della tempesta che ancora imperversava intorno a loro, avrebbe certamente creduto di stare sognando.
Anzi, doveva essere un sogno. Forse era tuttora addormentata a fianco a lui, ancora privo di sensi, non si era ma svegliata.
Non c’era nessun’altra spiegazione, perché non poteva essere vero…
Ancora stretta tra le sue braccia, nelle quali trovava il suo rifugio dalle paure e da tutti i problemi, il calore di Caspian l’avvolgeva come un manto protettivo. La sua voce era stata un sussurro appena percepibile al di sopra dei tuoni e della pioggia.
Quante volte l’aveva desiderato, immaginato, sperato? Non era mai riuscita a contarle…
Dopo qualche secondo aprì gli occhi. Lui la stava guardando a pochi centimetri dalle sue labbra.
Susan si sporse in avanti ancora un poco, azzerando la distanza tra i loro volti. Caspian non perse un secondo e ricambiò il bacio.
“Sposami” ripeté lui ad occhi chiusi.
Se possibile, la stinse ancora di più, senza smettere un attimo di baciarla, di sentire il sapore, il calore di quelle labbra.
“Sì” ripose finalmente lei emettendo un sospiro tra i suoi baci.
Lui si separò un poco, la guardò in viso.
“Sì?” chiese, con un sorriso che andava pian piano allargandosi sempre più, quasi non credesse che lei gli avesse risposto affermativamente.
Anche Susan sorrideva e una lacrima di gioia solcò il suo dolce viso.
“Sì” annuì con forza. “Sì, Caspian, ti sposerò”
Il Re baciò le sue lacrime.
Oh, quante volte aveva pregato perché accadesse questo!
Aveva incontrato moltissime fanciulle negli ultimi anni, e sapeva bene che tutte, nessuna esclusa, non avrebbero esitato a dargli la stessa risposta a una presentazione di matrimonio.
Ma lui non desiderava nessuna di loro. Voleva lei. Non avrebbe mai chiesto a una donna che non fosse stata Susan di passare il resto della vita con lui.
Caspian aveva litigato molto con Briscola su questo argomento. In quanto reggente, il Nano l’aveva spinto più volte a prendere moglie, perché era ciò che ci si aspettava. Ma il ragazzo non aveva voluto sentir ragioni.
Per quanto potessero essere belle, nobili, aggraziate, intelligenti, non una di quelle donne gli era entrata nell’anima, nel cuore e nella mente. Nessuna riusciva a trasmettergli le stesse intense, infinite, inspiegabili emozioni; non sapevano catturare il suo sguardo con appena un gesto, un movimento, una parola, un sorriso. Nessuna era Susan. Era lei la regina del suo cuore. Prima e adesso, dall’inizio alla fine del tempo. Sempre.
L’amore prendeva forma in lei. Con tutti i pregi e i difetti, fragile e coraggiosa, dolce e gentile, irritabile e ostinata. Aveva aspettato troppo per tornare di nuovo tra le sue braccia. Aveva sofferto come mai in vita sua attendendo quell’istante. E mai, mai, mai l’avrebbe lasciata andare.
“Ti amo, Susan Pevensie” le sussurrò tante e tante volte, amandola ancora, per dimostrare a lei, a sé stesso e al mondo intero che era sua, e che anche lui le apparteneva.
Non si erano mai sentiti così felici, così uniti. Erano state poche semplici parole, ma rappresentavano il sogno che diveniva realtà.
Una speranza, un desiderio inespresso, una domanda che poteva essere già stata posta da tempo, sbocciata nella mente e nel cuore ma che era sempre rimasta lì, come un’immagine un po’ sfocata, aspettando di concretizzarsi in quelle brevi sillabe.
Dopo molto tempo, quando  la stanchezza prese il sopravvento sull’amore, i due giovani si sdraiarono vicini, stretti l’uno all’altra.
“Perché finisce sempre che ti faccio piangere?”
Susan sorrise, si appoggiò su un gomito e gli baciò teneramente una guancia.
“Non è vero”
“Sì, invece”
“No” lo baciò ancora sul viso, piano, arrivando sino alle labbra di Caspian che subito si armonizzarono alle sue. “Sono felice. Tanto felice. Per questo ho pianto”
Il Re le riavviò i capelli spettinati.
Lei si appoggiò al suo petto, chiudendo gli occhi.
“Non ho mai osato sperare in questo. O meglio, l’ho fatto, ma è stato un attimo. Per me, ormai, dopo essermene andata, era divenuto un sogno irrealizzabile”. Susan si alzò di nuovo un poco e lo guardò piena di gioia. “Tu l’hai reso reale. Tu hai reso reale ogni cosa impossibile per me”.
Caspian le passò di nuovo una mano tra i capelli.
“Avrei voluto chiedertelo tanto tempo fa. Per tenerti con me” le confidò, sistemandole meglio il fiore blu.
“Perché non l’hai fatto?” chiese la ragazza, ma senza alcuna traccia di rimprovero.
Lui non rispose subito.
“Non lo so…non so perché. Forse perché avevo paura, anche se non so di che cosa”
Susan si strinse a lui e tornò a sdraiarsi completamente, la testa appoggiata al suo bicipite.
“Era di questo che volevi parlarmi sulle Isole Solitarie?” chiese ancora lei.
“Sì” ammise il Re. “Ma venivamo sempre interrotti. Inoltre, non sapevo da che parte iniziare. Mi hanno addestrato a fare tante cose per divenire un buon sovrano, ma non mi hanno mai detto come chiedere in moglie una fanciulla”
I due ragazzi risero, sistemandosi meglio sotto le coperte. Caspian la accarezzava piano la schiena.
“Come funziona nel tuo mondo?”.
“Esattamente come qui, credo. Anche se per la legge inglese non potrei sposarmi fino ai ventun anni. A Narnia però sono in piena età da marito. Lo sai, no?”
“Certo che lo so” rispose lui, posandole un lieve bacio sulla fronte.
Susan notò che era divenuto pensieroso. “Che cosa c’è?”
“Stavo pensando…mi sono reso conto che non ti ho mai chiesto quanti anni hai, Susan”.
“Ne ho sedici. Abbiamo la stessa età. Cioè, avevamo la stessa età, ora tu sei più grande”
La serenità sul suo volto si spense un poco a quel pensiero. Caspian lo notò.
 “Nossignora! Non sono io che ho mille trecento anni più di te ” scherzò lui, e ottenne di veder riapparire il riso sulle labbra di lei. Non voleva diventasse triste proprio ora.
“A volte non ci pensi, vero?”
“A cosa?”
“Alla differenza temporale tra i nostri mondi”
La giovane scosse il capo. “No, è vero. E’ che mi sembra di essere sempre vissuta a Narnia. E’ come se non me ne fossi mai andata…Invece ho rovinato tutto. E per giunta ho anche cercato di dimenticare.”
“Susan, ti prego…”
“Lo so, lo so, scusa. Avevamo detto che non ne avremmo più parlato, hai ragione. Ma io ancora non riesco a perdonarmi”
“Non eri l’unica a comportarti in quel modo, sai?”
Susan lo guardò stupita. Lui sorrise amaramente.
“Dopo di te c’è stato solo il nulla. Durante i primi mesi che hanno seguito la nostra separazione, anch’io ho cercato di non pensare a niente, nemmeno a te. Anche se continuavo a credere che il nostro non era stato un addio definitivo a volte la mia fede vacillava. Non avevo idea di come potessimo rivederci, né quando”
“Caspian…”
“Però, vedi, era inutile. Non potevo fare a meno di pensati continuamente, di chiedermi come stessi, se qualcosa nella tua vita stava cambiando o se era tutto ancora come prima”.
All’improvviso divenne malinconico. I suoi occhi scuri si persero tra le ombre della stanza, la mente vagava tra i ricordi.
“Lo vedi?” esclamò la Regina. “Come posso non pensarci? E’ colpa mia se stavi così”
Il ragazzo tornò a guardarla con una nuova luce negli occhi.
“Basta parlare del passato. Non importa più.” l’ammonì dolcemente, accarezzandole il viso con il dorso della mano. “Non devono esserci più rimpianti, lacrime o tristezza. Se ne sono andati, e noi siamo di nuovo insieme”
Susan annuì, richiuse gli occhi, lasciandosi cullare dalla sua voce.
Rimasero così a lungo, senza parlare, fino a quando Caspian non spezzò il silenzio con una domanda che lo impensieriva.
 “Credi che dovrei parlare con Peter? Chiedergli ufficialmente la tua mano?”.
Susan ci pensò un momento, ansiosa. “Non so…forse sì”.
“E’ il Re Supremo, dopotutto”
“Vero…E già che ci sei dovresti richiederlo anche a me, perché la tradizione vorrebbe che t’inginocchiassi e che mi facessi una dichiarazione in piena regola. E mi piacerebbe tanto poter fare la cerimonia a Cair Paravel”
Caspian fece un verso di disperazione, coprendosi gli occhi con il braccio libero. Un sorrisetto spuntò sulle sue labbra.
“Mi sto avventurando in una strada senza via d’uscita”
“Che vuoi dire?” fece lei, aggrottando la fronte.
“Che non siamo fidanzati neanche da un’ora e tu già avanzi pretese”
Non sentendola rispondere, Caspian tolse il braccio dal viso per poter vedere la sua espressione…ma quel che vide fu il guanciale arrivargli addosso.
“Ahi!”
“Certo che pretendo! Voglio una proposta come si deve! Voglio un matrimonio da favola!” scandì lei, ridendo come una pazza e ogni volta colpendolo con il cuscino. “E un abito bianco! E un anello! E fiori, fiori, un sacco di fiori!”
“Va bene, va bene, ho capito! Tregua!” rise lui, cercando di parare i colpi.
Caspian acciuffò il guanciale e glielo tolse dalle mani, poi afferrandola per un braccio e trascinandola di nuovo giù. Sempre ridendo insieme a lei, rotolò su un fianco imprigionandola sotto di sé.
“Oh, Caspian, se potessimo sposarci già domani…”
“Non credo si possa fare” disse il Re a malincuore. “Se vogliamo celebrarlo davvero a Cair Paravel, dobbiamo aspettare di tornare a Narnia”
Lei inspirò a fondo.  Voltò la testa di lato, abbassando lo sguardo.
“Hai paura?”
Lei annuì.
Non le chiese di cosa avesse paura, perché lo sapeva.
Era il tempo che passava, l’incertezza del viaggio, della fine del viaggio soprattutto; di quel che sarebbe accaduto alla fine, e di cosa avrebbe detto Peter, e Lu, e Ed…e Aslan.
Ma Aslan aveva permesso che si rincontrassero, e allora perché non la loro completa unione?
“Ci sposeremo, Susan, non importa come”. Caspian si chinò e le diede un tenero bacio su una guancia. “Questa è la prima notte della nostra nuova vita”.
Lui cercò il suo sguardo, divenuto improvvisamente triste.
“Caspian, promettimi una cosa”
“Qualunque”.
“Promettimi che se dovesse accadere di nuovo, se fossi costretta a tornare nel mio mondo, tu farai di tutto per impedirmelo”
Ecco quel che temeva di più. Lo aveva detto finalmente. Anche se sapeva che lui non desiderava parlarne, lei non poteva tacere.
Caspian la guardò con occhi sinceri, disarmanti.
Lui ormai aveva deciso: avrebbe lottato per tenerla con sé.
“Susan, io ti giuro su Narnia, su Aslan, sulla mia vita e su tutto ciò che ho di più caro, che niente, niente ti porterà via da me, stavolta. Non ci saranno poteri abbastanza forti capaci di separarci. E dovessi lottare, mentire, morire, io ti giuro che resteremo insieme”
La ragazza lo strinse con tutte le sue forze. “Dimmelo ancora”
Caspian sorrise lievemente. “Te l’avrò già detto un milione di volte, stanotte. E poi non volevi una proposta in piena regola?”
“Lo so, ma vorrei sentirmelo dire di nuovo prima di svegliarmi e scoprire che era tutto un sogno”
Il giovane scosse il capo.
“Non lo è” la rassicurò. “Domattina non sarà cambiato niente”
“Dimmelo ancora” ripeté la fanciulla.
Il Re prese il fiore blu dai suoi capelli passandolo delicatamente su di lei, ammirandola, sfiorando ogni punto della sua pelle con i petali vellutati.
“Sposami”
Era così bella, così perfetta…
Ancora una volta, Susan si sentì bruciare sotto i suoi sguardi, quasi non riuscendo a sostenerli tanto ardevano. Quindi lo accolse di nuovo tra le braccia, e ancora una volta si abbandonarono all’amore.
 
 
Emeth entrò negli alloggi dell’equipaggio, avanzando con passo calmo per non svegliare l’uomo sdraiato su una cuccetta proprio in fondo alla grande stanza semibuia.
Benché la nave oscillasse a causa dell’impetuoso incresparsi delle onde, non perse mai l’equilibrio.
Una volta accanto all’uomo, posò il vassoio che portava in mano su uno sgabello vicino e fece per andarsene.
“Che novità di sopra?” chiese l’uomo.
Fino a quel momento era rimasto voltato di spalle rispetto a Emeth. Quando però si girò con un lamento dalla sua parte, il giovane soldato osservò il volto ancora contuso, anche se non più malconcio come quando l’aveva trovato nel porto.
“Niente di che. La tempesta continua a non voler cessare” rispose il ragazzo. “Ti ho portato la cena”
“Ah, non la voglio quella sbobba”
“Si mangia piuttosto bene , direi” ribatté Emeth.
“Come diavolo fai ad essere sempre così ottimista?”
Il soldato alzò le spalle, prendendo un boccone di pane dal vassoio.
“E’ buono. E’ commestibile almeno. Ho assaggiato di peggio all’accademia militare”
L’uomo fece un verso e si rigirò dall’altra parte.
“Andiamo, Pug. Sei ancora vivo, di che ti lamenti?”
“Lasciami in pace”
Emeth si alzò. “D’accordo”
Pug sbirciò nella sua direzione e vide che aveva ripreso il vassoio. “Che fai?”
“Bè, se non la mangi, la porto via”
“No, no, ritorna qui immediatamente, sto morendo di fame”
Emeth rise, gli porse il vassoio e si sedette sullo sgabello vuoto.
Il mercante cominciò a mangiare con avidità.
Pug era rimasto incosciente per una settimana da quando Emeth l’aveva trovato privo di sensi sulla banchina di Portostretto. Dopo aver lasciato andare quel ragazzo di Narnia, il giovane era corso immediatamente sull’Occhio di Falco, dove i medici si erano messi al lavoro per curare le numerose ferite riportate dal mercante. Aveva riscontrato una commozione cerebrale, era stato cucito in vari punti, aveva una gamba rotta e una spalla lussata. Nonostante ciò, era vivo e vegeto.
“Vedo che stai meglio” commentò il soldato.
“Sì, come a uno che è passato sopra un elefante!” fu la risposta brusca di Pug. “Dovrei essere a casa mia a quest’ora, con un bel gruzzolo in tasca, non su questa maledettissima nave”
“Se il principe ti ha tenuto qui ha i suoi buoni motivi”
Pug si bloccò e lo guardò sospettoso. “Tu che ne sai, Emeth tarkaan?”
“Io? Nulla. Ma ho sentito mio padre che ne parlava con il sottotenente e lui crede che sia a causa dei pirati di Terebinthia”
“Ah…allora la voce era vera” Pug ingoiò un grosso boccone. “E io cosa dovrei centrare con quelli?”
“Bè, non sei stato un pirata anche tu?”
Pug sogghignò. “Vero. E allora?”
“E allora non lo so. C’è chi dice però che Rabadash non riesca a farsi ascoltare da loro. Ricordati, inoltre, che hai un debito con Sua Altezza” concluse Emeth assumendo un tono leggermente severo. Rabadash non gli piaceva granché, ma gli era devoto.
Il mercante fece cadere il cucchiaio nella ciotola della zuppa e puntò un dito contro il giovane.
“Ah no! E’ il principe che ha un debito con me! E ammonta a cinquecento mila mezzelune! Io il mio lavoro l’ho già fatto e non sono stato ripagato a dovere, anzi, sono stato ripagato quasi con la morte” esclamò rabbioso.
Già...ma chi glielo aveva fatto fare di imbarcarsi (e in tutti i sensi) in quell’assurda impresa? A quest’ora avrebbe potuto essere disteso su un sontuoso divano nel suo nuovo palazzo…se Rabadash gli avesse dato i soldi per costruirlo, s’intende.
Gli sarebbe bastato ritornare alla sua modesta casa di Portostretto e invece era di nuovo in mare. Decisamente, le cose non erano andate come si era figurato prima di partire.
 “Ma il principe ora sa che avevi ragione sul conto di quei due ragazzi- quei due naufraghi- per cui, sono certo che…”
Pug fece un verso sprezzante. “Che cosa? Ingenuo ragazzino. Non vedrò un quattrino di quel denaro, stupido io a crederci. I nobili- i ricchi- sono tutti così. E quelli come i pirati li odiano dal profondo del cuore. E ancor più odiano quelli come me che si sono venduti a loro. Se davvero l’intenzione di Rabadash è usarmi per negoziare con i pirati, ha preso un bel granchio”
Emeth rifletté su quanto aveva appena udito. Ma non tanto su ciò che riguardava i pirati, quanto più sulla parte in cui Pug aveva asserito che i nobili erano solamente gente sfruttatrice, ambiziosa e arrogante. Lui non la pensava così.
“Ho visto i Sovrani di Narnia” gli uscì detto d’un tratto. “Non sono come i re di Calormen. Sono diversi”
Pug lo fissò con tanto d’occhi, ingozzandosi e tossendo forte.
“Dico, ti ha dato di volta il cervello? Che vai blaterando?”
“Mia madre è di Archen ma i suoi antenati discendono da Narnia, e anche lei c’è stata tante volte prima di venire importata nel Grande Deserto come schiava. Lei mi ha raccontato delle cose…mi ha detto che a Narnia le case del popolo non sono come le nostre. La gente comune vive dignitosamente, non c’è qualcuno più ricco o più povero; gli stessi nobili, i lord e le dame di corte, non trattano come feccia chi è di rango inferiore”.
Pug fece un sorrisetto, che risultò più come una smorfia per via dei tagli sul viso.
“Tua madre ti racconta l’Età d’Oro, mio caro. Ma da quando è arrivata Telmar sul trono di Narnia le cose non sono andate diversamente da come vanno da noi. Caspian X non fa eccezione, credimi”
“Io invece credo di sì”
Pug guardò negli occhi scuri del giovane soldato. “Se ti sentisse tuo padre…”
Emeth abbassò il capo.
Non poteva farci nulla. Per quanto sapesse che Aréf non gradiva questo suo coinvolgimento nei confronti di Narnia, il ragazzo non si sentiva legato al deserto come gli altri compagni. Nelle sue vene scorreva il sangue del nord e questa parte di lui gridava per uscire.
Faceva il soldato per far felice suo padre, per non creare problemi a sua madre, ma ella più volte l’aveva spino a cercare di andarsene da Calormen, viaggiando verso le montagne per giungere infine proprio a Narnia, dove sapeva lo attendeva un futuro migliore.
Emeth sperava ancora che questo sogno potesse avverarsi, e forse chissà, sarebbe riuscito a portare sua madre con sé. Ormai non era più una schiava, era libera. Ma Aréf cosa avrebbe detto? Non poteva dare questo dispiacere a suo padre, gli voleva bene. I suoi genitori si amavano benché fossero così diversi. Se solo lui avesse potuto capire che Narnia non era il male, abbandonare i pregiudizi che aveva per essa, sarebbe potuto partire con loro.
Emeth tarkaan si alzò e riprese il vassoio vuoto che Pug gli porgeva.
“Devo andare”
“Ragazzino, vuoi un consiglio?”
Il giovane guardò il mercante con aria cupa, senza rispondere. Ma Pug parlò ugualmente.
“Dimentica ciò che tua madre ti ha detto di Narnia. E’ una terra maledetta. I suoi Sovrani sono demoni travestiti da angeli. Credimi, è così”
Emeth continuò a tacere, fece solo un lieve cenno col capo che non era né un sì né un no, poi uscì di gran passo dagli alloggi dell’equipaggio.
Sciocco ragazzo. Erano tutte favole.
Oh, Pug lo sapeva di quali angeli stava parlando, piuttosto bene anche. Ne aveva conosciuta una; per colpa sua era quasi morto. E prima o poi si sarebbe vendicato.
 
 
Finalmente il sole.
Dietro di loro avevano ancora il cielo plumbeo solcato dai lampi, ma di fronte, l’alba spuntò annunciando la fine della tempesta e l’arrivo di un giorno luminoso e caldo.
Il mare era tornato calmo, il vento si era rimesso a soffiare da ovest spingendo in avanti il Veliero dell’Alba, che ora correva più veloce che mai sulle onde cristalline.
Edmund si godeva il calore dei raggi sulla pelle, sdraiato nella coda del drago d’oro. Era il posto preferito suo e di Lucy, e spesso se lo contendevano.
Quando la sentì avvicinarsi sorrise divertito.
“Arrivi tardi. Stamani è mio”
La guardò all’incontrario, di sotto in su, ma anche così notò che qualcosa non andava. Il ragazzo rotolò su se stesso e si mise a sedere svelto.
“Che succede?”
Lucy si sedette accanto a lui. Teneva in mano la sua ampolla di diamante. La mostrò al fratello e lui si stupì e si preoccupò nel vedere che il liquido scarlatto era notevolmente diminuito.
Era naturale, Lucy aveva cominciato ad usarlo durante il loro primo viaggio a Narnia e per tutto il tempo che avevano regnato nell’Età d’Oro, e ancora nel loro ultimo viaggio. Il cordiale del Fiore del Fuoco era stato impiegato in numerose occasioni, rivelandosi utilissimo anche nei giorni appena trascorsi. Aveva salvato la vita a tantissimi amici, in ultimo Caspian.
“Cosa credi che succederà quando l’avrò finita?” chiese la ragazza, senza smettere di fissare la boccetta.
“Non lo so…Davvero”
Lucy lo guardò. “Pensi che Aslan potrebbe mandare ancora qualcuno a donarmene un’altra?”
“Non è il caso di preoccuparsene ora. Mi sembra che ce ne sia ancora abbastanza”
“Sì, però…se dovesse capitare, se il liquido un giorno terminasse, molti potrebbero rimetterci la vita”
“Ehi, ehi, che sono questi brutti pensieri?” fece Edmund mettendole un braccio attorno alle spalle.
Lucy sorrise. “Non sono brutti pensieri. Sto solo pensando che a volte diamo per scontate tante di quelle cose…e il mio cordiale è una di queste. Poi stamattina mi sono resa conto che non è così.” La ragazzina strinse la bottiglietta tra le mani.
“Io sono la più piccola. So di non essere brava come voi nei combattimenti, ma sono felice di avere questa responsabilità, questo incarico di guaritrice. Mi fa sentire utile anche se non posso scendere in battaglia”
“Forse sei la più utile di tutti, Lu. Non ci hai mai pensato?”
Lei gli restituì un sorriso radioso.
Poco dopo sentirono la voce di Peter scherzare con i marinai.
“Stiamo battendo la fiacca” disse Edmund. “Dovremmo dare una mano con le riparazioni”
“Sì, hai ragione” disse Lucy, spazzolandosi i pantaloni quando si alzò. “Ma gli altri dove sono?”
“Eustace dorme” sbuffò Edmund. “Caspian e Susan…non so, lui forse ancora non sta bene, e lei vuole stargli vicino. Sarà meglio andare a svegliarli, comunque”
Mentre scendevano dalla coda del drago, la giovane Regina si rivolse ancora al fratello.
“Ed…”
“Sì?”
“Ti andrebbe di insegnarmi a diventare più brava nell’uso della spada? Quando dovrò impugnare la mia, voglio essere pronta”
Lucy era determinata e Edmund le sorrise.
“Ma certo! Anche subito se vuoi. Facciamo così, io vado a buttar giù dal letto i poltroni, tu intanto aiuta Peter e preparati”
“Va bene!”
La ragazza era euforica e le preoccupazioni di poco prima si dileguarono alla prospettiva di allenarsi con Edmund.
Non si sentiva più così piccola come aveva detto e desiderava un ruolo più concreto. Il fatto poi di immaginarsi un giorno a dover usare una spada a fianco degli altri Amici di Narnia, la rendeva più decisa che mai a dimostrare di non essere un peso.
Tutti si prendevano cura di lei, la coccolavano e la viziavano. Si sentiva un po’ come la mascotte del gruppo, per così dire. Non che le dispiacesse e dal punto di vista degli altri lo capiva. Era naturale che tutti la vedessero sempre come la bambina che era entrata nel guardaroba. Ciononostante, non lo era più.
Lucy cresceva e con lei cresceva anche il suo coraggio, la sua voglia di lottare per Narnia. Sarebbe sempre stata più debole fisicamente, questo lo sapeva, come anche Susan del resto, erano donne. Però Susan aveva già un suo ruolo, era Capo Arciere di Narnia, come Edmund era Maestro di Spada. Peter e Caspian erano quelli con più autorità…e lei? Lei era la guaritrice, d’accordo, e ciò era in conformità con la sua giovane età. Tuttavia, non voleva rimanere per sempre in seconda fila ad aspettare. Voleva scendere in campo, voleva provare di essere in grado di badare a se stessa. Non poteva sempre appoggiarsi agli altri.
Cominciò con l’insistere ad aiutare di più nei lavori di manutenzione della nave. Il Veliero dell’Alba era ridotto piuttosto male dopo la tempesta. Peter le affidò l’incarico di scandagliare il ponte, assieme ad altri due o tre mariani, dalle schegge di legno e da possibili oggetti pericolosi.
Iniziare con poco, si disse, senza fretta, imparando giorno per giorno ad essere sempre più degna del titolo di Valorosa.
Quando ebbe terminato il lavoro, si sedette accanto a Ripicì. Gli confessò la sua voglia di imparare l’arte della spada, al che il topo si entusiasmò moltissimo e iniziò ad illustrale un po’ di teoria mentre aspettavano Edmund.
Il povero Ed, nel frattempo, si dirigeva verso la cabina di Caspian…e ci ricascò di nuovo.
Non che fosse colpa sua o che se lo fosse andato a cercare. Fatto sta che, tutto preso dalla prospettiva dell’allenamento con Lucy, aprì la porta tutto contento e il sangue gli si gelò nelle vene.
Lo prese un senso di dejà vu, solo che stavolta non c’erano dubbi su cosa fosse successo o meno.
Eustace avrebbe detto ‘nudo come un verme’, anzi, due vermi. Non vide nulla per fortuna, ma tant’è, non che ci fosse molto da immaginare.
“MA ALLORA E’ UN VIZIO!!!”
“EDMUND!!!”
Caspian e Susan rotolarono giù dal letto, trascinando con loro coperte e cuscini.
“Siete due indecenti!!! Ma come si fa?! Se fosse entrato Peter al posto mio? O Drinian? O Lucy??? Povera Lu, le avreste bloccato la crescita!”
“Non ti hanno insegnato a bussare?!” disse la voce di Caspian.
“Ma che bussare e bussare! Tu dovresti essere mezzo morto, o sbaglio?”
“Ed, te ne vuoi andare?!” esclamò di nuovo il Re di Narnia, riaffiorando dal bordo del letto.
“E’ mai possibile che non riuscite a stare nella stessa stanza senza far niente?”
Anche Susan riapparve, e se Caspian era rosso in volto, lei sembrava aver preso un’insolazione.
“Guarda che l’altra volta non stavamo facendo niente!” disse lei.
I tre ragazzi si fissarono qualche istante, poi la Regina alzò una mano e fece cenno al fratello di andarsene.
“Sciò!”
Edmund sgranò gli occhi. “Se lo sapesse mamma…povera mamma. Non ti facevo così, Sue. Sei…siete…siete osceni, ecco!”
“Vuoi uscire così possiamo vestirci???” esclamarono in coro gli altri due.
Ed girò su se stesso e poi se ne andò, borbottando qualcosa di incomprensibile.
“Sue, guarda che ti aspetto qua fuori. E vedi di sbrigarti! E tu Caspian, visto che stai molto meglio, ti consiglio di salire di sopra, c’è un sacco di lavoro da fare!”
I ragazzi nella cabina si scambiarono uno sguardo incredulo.
“Da quando è così autoritario?” chiese Susan con un vago cipiglio.
Caspian sorrise. “Da quando ha scoperto che sua sorella è una donna di facili costumi”
“Oh, piantala!” scoppiò a ridere lei.
“INSOMMA!!! MUOVETEVI!!!”
Il Re e la Regina scattarono in piedi e si vestirono in fretta. Presero anche una tacita decisione: per il momento di annunciare il loro fidanzamento, non se ne parlava.
 
 
Il resto della giornata fu piuttosto tranquillo.
Lucy e Edmund si allenarono a lungo. Lui le mostrò alcune delle tecniche basilari, l’aiutò ad assumere la postura giusta in modo da non sbilanciare il corpo quando parava un colpo troppo forte. Le insegnò anche a sfruttare la forza dell’avversario, che in certe occasioni si rivelava molto utile come diversivo.
La ragazzina si disse assai soddisfatta del suo primo vero allenamento. Lo stesso non poté dirlo Eustace, praticamente costretto da Ripicì ad imitare il Giusto e la Valorosa.
“Farò di te un grande spadaccino!” esclamò il topo alla fine, mentre il ragazzo si lamentava a pancia in giù sul ponte, sudato ed esausto.
“Io prima o poi ti trasformo in una pelliccia, altroché!”
Tutto l’equipaggio lo guardò come fosse un essere disgustoso.
“Ha detto davvero pelliccia? Che screanzato! Rivolgersi in quel modo a un nobile animale parlante di Narnia!”
“Ma perché, che ho detto?”
Peter gli si avvicinò. “Non lo ripeterei più se fossi in te. Non osiamo toccare gli animali parlanti, né per mangiarli né tantomeno per farci abiti”
“Era una battuta”
“Sì, ma vedi…qui a Narnia non si usano certe battute. Gli animali vengono trattati con rispetto, come fossero persone, sia quelli muti e ancor più quelli che hanno l’uso della parola”
Eustace cercò di capire il punto di vista di Peter, ma rinunciò dopo poco. Secondo lui erano semplicemente tutti matti da legare.
Verso il tramonto riapparve un piccolo gruppetto di balene azzurre, che accompagnarono la nave fino al calar del sole, quando la vedetta sul Veliero dell’Alba gridò la tanto attesa parola: terra! Finalmente la prima isola sconosciuta.
Caspian e i Pevensie corsero sul ponte di comando, dove a turno guardarono attraverso il cannocchiale una terra piatta e verdissima, con una baia semi circolare e una bella spiaggia chiara che riluceva nella luce rossa e arancione del sole, facendo quasi male agli occhi.
“Sembra disabitata” disse Caspian senza staccare lo sguardo dall’isola. “Ma se i lord hanno seguito la nube a oriente si saranno fermati qui”
“E’ troppo tranquillo. Non mi convince” osservò Peter.
Drinian annuì. “Vero. Se fosse una trappola?”
“No, io non credo” commentò Lucy.
“Per trovare il prossimo Lord e la sua spada però, dovremo scendere comunque” disse Susan.
“Allora scendiamo” disse Edmund, ricordandosi poi che non spettava a lui decidere. “Ehm…Caspian, tu che dici?”
Il giovane abbassò il cannocchiale e li guardò tutti, compreso Drinian.
“Si passa la notte sulla spiaggia, e si visita l’isola domattina”
“Sì, Vostra Maestà” assentì il capitano prima di allontanarsi e dare istruzioni all’equipaggio.
La nave attraccò nella spaziosa insenatura ricca di vegetazione dalle forme bizzarre. Gli alberi avevano sagome vagamente geometriche. Trovarono strani animaletti somiglianti a granchi, ma non erano proprio granchi. Di dimensioni assai maggiori (il più grosso, Gael riuscì persino a cavalcarlo scorrazzando per la spiaggia) presentavano sul guscio scaglie adamantine, il muso non era nascosto dalla corazza e gli occhietti vispi erano di differenti colori. Inoltre camminavano in avanti, non di lato. Erano creature buone e curiose, e girarono attorno alla compagnia osservando mentre allestivano il campo per la notte.
Eustace se ne venne fuori con un’altra battuta, dicendo che forse erano anche buoni da mangiare. Risultato: nessuno gli rivolse più la parola per tutta la sera.
Susan, Lucy e Gael, guidate dal loro nuovo bizzarro amico che tenne per mano- o chela- le più piccole, trovarono un lago con una cascata poco lontano dalla spiaggia. Bisognava addentrarsi un poco nella vegetazione ma tutti quanti furono contenti di questa scoperta, desiderando farsi un bagno come si deve in acque fresche e pulite.
Cenarono e accesero il fuoco. Peter sentiva il bisogno di sgranchirsi le gambe e di scoprire qualcosa in più su quell’isola. Il sole calava rapidamente, presto fu buio in mezzo alla foresta, così il Re Supremo chiese a Rynelf e Tavros di accompagnarlo nella sua piccola escursione.
Notò che, man mano che ci si addentrava nel bosco, la vegetazione diveniva più curata anziché più selvaggia. Sembrava tanto un grande parco, o un giardino. Non c’erano foglie secche né cadute, niente rametti spezzati, i fiori non crescevano sparsi ma in grandi aiuole di colori alternati ad arte, come se vi avesse lavorato un esperto giardiniere.
Purtroppo divenne davvero troppo buio per continuare, così tornarono indietro e raccontarono le strane cose che avevano visto.
Fecero turni di guardia, sempre più convinti che quel luogo fosse abitato da qualcuno che evidentemente non voleva farsi vedere.
“Se ci vogliono attaccare, lo faranno durante la notte” disse Caspian.
“Se fossero invisibili, Maestà?” provò Gael.
“Mi sembra improbabile…però non si può mai sapere”.
Peter non ricucì  a prender sonno. C’era qualcosa che lo turbava, non sapeva nemmeno lui cosa.
La foresta stava dinnanzi a lui, coperta dalle ombre notturne.Si udivano i lievi suoni degli animali notturni. E la foresta lo chiamava, o almeno così gli sembrò.
Che assurdità, pensò.
Si girò dall’altro lato, ma anche così non riuscì ad addormentarsi. Si rigirò di nuovo e alla fine si alzò.
Voleva tornare in quel bosco. Voleva vedere dove portava il sentiero che aveva iniziato a percorrere con Rynelf e Tavros.
Piano, senza far rumore, afferrò Rhindon legandosela alla cintura, si avvolse nel mantello e s’incammino verso il verde.
Ritrovò in fretta la strada, poiché era ben tracciata, liscia e ghiaiosa. Scricchiolava piacevolmente sotto gli stivali.
Avvistò altre tre o quattro specie di animali mai viste prima, tra cui uno scoiattolo dal pelo viola e foltissimo come quello di un gatto persiano e un uccello addormentato su un ramo con ali che sembravano fatte di cotone.
Peter non represse un sorriso. I confini oltre Narnia pullulavano di vita, di straordinarie creature mai viste prima. Stava camminando su una terra che nessuno (eccezion fatta per i suoi abitanti e forse per i Lord di Telmar) aveva mai veduto o toccato.
Non scorse nessun tipo di abitazioni, però. Forse c’erano solo animali. Chissà se lo scoiattolo e l’uccello parlavano o erano muti come il granchio…In ogni caso sembrava un luogo pacifico. Forse lui e Drinian avevano fatto male a pensare a una qualche trappola.
Invece qualcosa accadde.
D’un tratto, mentre attraversava una radura, un sibilo sinistro provenne dalle sue spalle. Peter si voltò rapido.
Niente.
Di nuovo il sibilo di prima, di nuovo dietro di lui.
Stavolta estrasse Rhindon, impugnandola con tutte e due le mani.
Ma ancora nulla si muoveva. Non c’era vento, non c’erano fruscii di vegetazione. In quel punto dove si trovava ora, il bosco era molto silenzioso e se qualcuno si fosse avvicinato lo avrebbe sentito.
Peter…
Una voce. Di chi era?
Peter…vieni…
Il giovane fece un giro su se stesso e infine la vide. La nebbia verde vorticava tra i fiori rossi della radura, le corolle chiuse venivano sfiorate piano dalla scia sibilante.
Sibilante…sì, il sibilo e la voce provenivano entrambe dalla nebbia.
Peter indietreggiò mentre quella si innalzava e cominciava a vorticare come una tromba d’aria, formando una spirale. Presto prese forma ma Peter non capì subito cosa rappresentava. Sembrava…una donna. C’era una donna, alta e bellissima in mezzo alla coltre.
Vieni, Peter…
Sussurrava, ed era ipnotizzante. Non poteva non ascoltarla.
Vieni, Figlio di Adamo…
Il Re Supremo alzò ancora la spada e avanzò di un passo, poi un altro e un altro ancora. Voleva avvicinarsi ma allo stesso tempo non voleva. Qualcosa lo spingeva e lo allontanava dalla donna fatta di nebbia. Non vedeva il suo volto ma sentiva la sua voce. Dolce, lieve, quasi famigliare.
Dove l’aveva già sentita?
Due occhi neri brillarono nella notte, neri come pozzi profondi. Anch’essi li aveva già visti…
“Chi…?” balbettò e gli parve di vedere la nebbia incresparsi nel punto in cui avrebbe dovuto esserci la bocca. La donna sorrideva.
La cortina si allungò verso di lui, quasi lo toccava…
E in quel momento, tutti insieme, i fiori rossi nella radura schiusero i loro petali e inondarono la notte di luce. Brillavano, ardevano come fuoco e Peter sbatté le palpebre uscendo dal lieve torpore che l’aveva avvolto da quando si era messo a fissare la bruma.
A un tratto credette che la luce che vedeva, e che lo costringeva a schermarsi gli occhi, era proprio quella del sole appena sorto. Poi si accorse che erano i fiori ad emetterla. Infine, un ruggito possente invase l’aria immobile.
La figura di nebbia vorticò su se stessa e scomparve.
Tutto si calmò all’improvviso. I fiori scarlatti si ‘spensero’ rigettando la radura nelle ombre, anche se non più intense quanto prima. I petali, grandi come il palmo di una mano, ondeggiavano piano. Ognuno di essi ne aveva sette.
Al ragazzo ricordarono le lanterne della festa delle luci di Narnia, quella in cui si commemorava la morte e la resurrezione di Aslan.
Peter aveva ancora il braccio alzato quando notò in mezzo ai fiori una nuova figura. La lama di Rhindon luccicava ancora e gli rimandò un riverbero fastidioso.
Abbassò l’arma e la rinfoderò senza mai staccare gli occhi da quel nuovo prodigio.
Vide il corpo di una ragazza, ma era completamente diversa da quella di prima. Non era avvolta da una foschia, bensì dai petali di un fiore scarlatto più grande degli altri. Quel fiore aveva solo due petali però…no, non erano i petali, erano braccia. Prendevano forma in quel corpo, avvolto per magia da una lunga veste bianca e azzurra. Anche lo stelo non era più uno stelo (o non lo era mai stato, non seppe dirlo) ma erano gambe.
La ragazza aveva il capo abbassato, gli occhi chiusi. Poi all’improvviso alzò la testa, e davanti al suo volto ondeggiarono lunghissimi capelli rossi come il fuoco, o come il colore di quei fiori. Aprì gli occhi verdi acqua, limpidi, puri, e gli sorrise.
Peter non seppe per quanto tempo rimasero a fissarsi, forse ore. Tutto quello che riuscì a pensare fu che quella fanciulla era la creatura più meravigliosa, più perfetta che avesse mai visto. Dubitò persino che fosse vera.
Un turbine di emozioni mai sentite prima lo percorse fino alla punta dei capelli. Desiderò che parlasse, oppure no, era lo stesso, purché gli permettesse di continuare a guardarla.
Infine, lei pronunciò il suo nome. Aveva una voce tranquilla e piacevole.
“Peter Pevensie”
Lo conosceva. E anche a lui sembrò di conoscerla.
“Chi sei?” chiese il giovane con un filo di voce.
Temette che la fanciulla non avesse udito ma ella sorrise ancora e gli rispose.
“Il mio nome è Miriel, Driade del Fiore del Fuoco. Ti stavo aspettando”

 
 
 
 
 
Buonasera!!!
Ecco a voi il 16° capitolo di Queen of my Heart! Vi piace? Mmmm, a me non convince tantissimo, non so perché...potevo far meglio, va bè.
Come da promessa, Peter ha finalmente incontrato la sua bella ( che è veramente bella, e se volete vedere com’è andate in fondo a questo link dove trovate i cast della storia). http://usagitsukino010.livejournal.com/1429.html
Che ruolo avrà mai questa dolce donzella oltre a rubare il cuore del nostro High King? Eh, mica ve lo dico subito, nei prossimi capitoli lo scoprirete.
Lo so, lo so, a voi è piaciuto di più il primo pezzo, (sono d’accordo!!! Hi hi hi…). Alla fine ce l’abbiamo fatta a farli fidanzare, ma per il momento non lo sa nessuno! Quindi zitti e mosca, ok?
Scusate, oggi sono più fusa del solito, passiamo ai ringraziamenti che è meglio….

 
Per le seguite: Allegory86, ArianneT, Chanel483, FedeMalik97, FioreDiMeruna, FrancyNike93, GossipGirl88, IwillN3v3rbEam3moRy, JLullaby, Luna23796, Mari_BubblyGirls, piumetta, Poska, Red_Dragonfly, SerenaVdW, Smurff_LT, SweetSmile, yondaime e Yukiiiiii
Per le preferite: ArianneT, Babylady, Charlotte Atherton, FrancyNike93, KaMiChAmA_EllY, LittleWitch_, Lules, piumetta, SerenaVdW e tinny
Per le ricordate: Angie_V
Per le recensioni dello scorso capitolo: Babylady, Charlotte Atherton, FioreDiMeruna, FrancyNike93, GossipGirl88, IwillN3v3rbEam3moRy, piumetta, SerenaVdW e tinny
 
Angolino delle anticipazioni:
Il capitolo 17 sarà quasi tutto incentrato su Lucy. La ragazza incontrerà gli invisibili abitanti dell’isola e s’imbatterà in un certo libro, e in un certo incantesimo…e in un certo soldato di Calormen! Eh eh…ci sarà da temere per la piccola Lu?
 
Sondaggino: preferivate la foto di prima o quella di adesso? Io vorrei alternarle dal prossimo capitolo in poi, voi che dite? Il vostro parere mi interessa molto.
 
Ok, che altro aggiungere? Ah si! UN ALTRO ANUNCIO SPECIALE:
Care fans di Ben, domenica non perdetevi “Un matrimonio all’inglese” dove il nostro attore preferito è protagonista! Io purtroppo non potrò guardarlo per cause di forza maggiore T______T ma tanto ce l’ho sul pc…
Un bacio e un grazie sempre più gande a tutti voi! Alla prossima settimana!
Con affetto, Susan<3

 
   
 
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