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Autore: Alyx    10/02/2013    5 recensioni
Camille non aveva mai pensato che cadere al di là di una sbarra le avrebbe procurato tanti problemi.
Non aveva mai pensato che la pazzia della sua migliore amica l'avrebbe fregata così.
Non aveva mai pensato, semplicemente, di innamorarsi di Louis Tomlinson.
***
Ecco perché aveva tanta fretta di andare all'aeroporto Alexis.
Due parole.
One Direction.
Ed ecco perché non me lo aveva detto: per quanto mi stessero simpatici quei tizi non avrei mai rinunciato alla mia dormita domenicana.
Genere: Generale, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Harry Styles, Louis Tomlinson, Niall Horan, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Are you brave enough?

Capitolo 6
Beasts and dogs
  




Credo che sia arrivato il momento di dare delle spiegazioni ai miei lettori, povere anime che sopportano e la mia storia assurda.
È da un po' che immagino vi stiate chiedendo chi sia questo Scott. Un mostro? Nah. Una sottomarca del supermarket? Nemmeno. Un nuovissimo videogioco della EA sports? No.
Scott è un ragazzo.
Sì, lo so. Era scontato. Ma il problema è che Scott era il mio... ragazzo
Ci eravamo conosciuti al corso di economia, più di due anni prima. Eravamo diventati amici, poi più che amici e ci avevamo provato.
Per me era l'idillio. Pensavo sempre e lui, aspettavo con ansia la fine delle lezioni per stare un po' con lui, impazzivo per un suo bacio e avevo riposto la mia vita nelle sue mani.
Non mi ero mai sentita così bene, appagata, sempre emozionata, felice, innamorata. Ma era stata una mossa sbagliata.
Passò un intero anno e molti mesi prima che mi accorgessi che qualcosa non tornava. Mi desiderava sempre di meno, mi baciava con meno vigore e passione,  era sempre distratto.
All'inizio non capivo.
Non capivo nulla.
Ma era bastata una coincidenza per farmi aprire gli occhi.  Avevo dimenticato il libro di Chimica quel giorno, ed ero dovuta tornare indietro a recuperarlo. Quando uscii dalla porta, non percorsi le scale guardandomi i piedi come sempre. Per caso mi guardai indietro proprio quel pomeriggio e li vidi.
Scott e una ragazza che si baciavano, piuttosto appassionatamente, appena dietro l'angolo dell'uscita.
Mi immobilizzai.
Li fissai mentre lui faceva scorrere le mani e accarezzava lei. Lei, non me. Con me non lo faceva più da tempo.
Impedii alle lacrime di uscire, facendomi forza e tentando di obbligarmi ad andare via.
Ma non lo feci.
Rimasi lì a fissarli, che amoreggiavano, ignari della mia presenza Mi impressi nella mente quelle immagini a fuoco, per non dimenticare. Per ricordarmi di non permettere alle persone di farmi questo. Mai più.
Non me ne andai nemmeno quando presi dalla loro eccitazione, si guardarono complici e entrarono in una porta laterale.
Non c'era bisogno di tanta immaginazione per capire cosa fecero dopo.
Ma rimasi lì ancora.
Seduta sui gradini freddi e umidi come qualsiasi cosa a Londra, fissando il vuoto e ricacciando sempre indietro le lacrime.
Me ne tornai a casa dopo parecchio. Non c'era nessuno ad aspettarmi.
Mi sedetti sul divano, muta, senza fare niente, aspettando che Scott venisse come sempre per passare una serata insieme.
Erano trascorsi parecchi parecchi, troppi minuti quando sentii quancuno armeggiare con la serratura della porta.
Era Hiram, che rideva con Scott poco dietro di lui.
Mi alzai, rimanendo sempre in quella trance in cui ero caduta.
Hiram si fece appena da parte e fece per salire in camera sua quando scatenai il finimondo.
Lo vidi entrare come sempre in casa mia, affrettare il passo verso di me, il suo solito sorriso sulle labbra. Quelle magnifiche labbra che mi avevano resa la ragazza più felice della terra. Vidi i pantaloni sgualciti e il nodo della cravatta fatto male.I suoi capelli spettinati più del solito e un segno sul collo che cercava invano di nascondere col colletto.
E non me ne sarei nemmeno accorta se fossi stata cieca come le altre volte.
Ma mi ero svegliata.
Sentii le lacrime finalmente cominciare a scendere.
Scott agrottò le sopracciglia e affrettò ancora il passo.
-Ehi, Milly, che succede?
Milly
Solo lui mi chiamava così. Solo lui che credevo il mio principe azzurro.
Afferrai d'impulso un contenitore di ceramica che era sul comò accanto al divano e glielo scagliai contro.
-Ti odio!- urlai tra i singhiozzi. -TI ODIO!
Lui si protesse dall'oggetto, che poi si schiantò sul pavimento andando in mille pezzi, senza avergli prima ferito il braccio.
-Camille! Che succede?!
Cominciai a prendere tutto quello che mi capitava sotto tiro, dai cuscini al vaso di fiori che lui stesso mi aveva regalato, e lanciai tutto contro di lui, invasa dalla rabbia, tristezza, delusione.
-Stronzo!- urlai. -Ti odio! Vattene! Vai a divertirti con quella tua puttana! VAI!
Hiram intanto era corso verso di me, cercando di evitare gli oggetti che volavano per il salotto.
-TI ODIO SCOTT! Ti odio! - ripetevo trai i singhiozzi. -Ti odio! Vattene!  Non voglio più vederti! Più parlarti! Per tutta la mia vita!
-Camille! Ehi! No! Ferma! Milly!
Hiram mi prese dopo qualche minuto di pianti, minacce, parolacce, finte risate. Mi arrivò da dietro e mi bloccò nel suo corpo.
Cercai di liberarmi, tentando di correre verso Scott e rovinargli il bel faccino che si ritrovava, tagliarli le mani che mi avevano toccata, le labbra che mi avevano baciata e la cosa che sapeva usare meglio e col quale pensava, con cui gli avevo permesso di farmi sua.
Urlavo, piangevo, ansimavo e imprecavo come un animale impazzito, mentre Hiram cercava di tenermi ferma e faceva cenno a Scott di uscire.
E lui se ne da andato, senza fiatare, sbattendo lievemente la porta dietro di se'.
Io mi ero rifugiata nel petto di Hi, disperandomi, lasciando andare tutte le mie emozioni, strillando e piangendo.
Lui mi accarezzava la testa, coccolandomi e cullandomi, dicendomi di chiudere gli occhi e dormire, di riposare, e di dimenticare.
Ma era questo il problema.
Dopo più di un anno, non avevo ancora dimenticato.

***

Quando uscii come una furia da casa,  afferrai solo il giubbotto. Me lo infilai di fretta.
Tastai nelle tasche dove trovai una sigaretta mezza rotta e un accendino.
La accessi mandando a quel paese ogni mio buono proposito.
Tutte quelle parole di Alexis mi infastidivano.
Avevo permesso a un emerito idiota di giocare col mio cuore, torturarlo e poi distruggerlo senza alcuna pietà.
Non volevo e non avrei mai voluto ripetere quella esperienza e per nessuna ragione avrei più permesso ad alcun ragazzo di avvicinarsi troppo.
Volevo solo la pace. La tranquillità.
Non volevo l'irruente passione ne' una relazione fondata sul sesso, ghiaccio nel cuore e fuoco nel letto.
Volevo vivere la mia vita semplicemente, come una normale ragazza ventunenne che studia per costruire il suo futuro. 
Niente di più. 
Non tirai nemmeno una boccata alla sigaretta. L'odore mi faceva schifo. 
La buttai irritata nel primo cestino disponibile e infilandomi le mani in tasca, accelerai il passo.
Quando ne' mio fratello ne' la mia migliore amica mi capivano c'era solo una cosa da fare.

***

Presi la metro e mi diressi verso uno dei peggiori quartieri di Londra: SoHo.
Quando ci ero andata una delle prime volte ero rimasta sconvolta. Era tutto così diverso dai modi di fare della mia zona.
Mi diressi come sempre in un vicolo che ormai conoscevo bene.
Sentii annaspare e gemere, seguiti poi da un fragore metallico.
Mi guardai in po' intorno, cercando colui che avrebbe potuto capirmi come nessun altro.
Dopo qualche secondo, un abbaio secco e acuto e una macchiolina nera di media grandezza, pelo lungo e sporco, con due occhi azzurri come il ghiaccio e una coda agitata come l'animale stesso mi venne incontro e mi saltò addosso.
-Thunder!- esclamai contenta.
Thunder era solo un cucciolo bastardino di qualche mese, impazziva per il gelato alla menta e per le coccole. Aveva un'orecchia su e una giù. Era perennemente sporco di tutto quel che trovava nei cassonetti.
Lo accarezzai e strapazzai come non mai, poi gli porsi un osso comprato nel tragitto.
Lui mi mise ai miei piedi, l'osso stretto tra le zampe nere come la pece e gli occhi concentrati alternativamente sul suo spuntino e me.
-Sai cosa stavo pensando Thunder? Be' che potresti venire a casa con me. Hiram non se ne accorgerebbe nemmeno e ti accudirò a casa. Potrò vederti tutti i giorni e assicurarti una vita migliore di questa. E, sai, potrò farti anche un bagno, cosa che sospetto tu non sappia minimamente cosa sia.
E mentre cominciavo come ogni santa volta a parlare con lui, a dirgli che l'avrei portato con me, cominciai a dimenticare tutto.
Perchè quel batuffolo di pelo nero, riusciva a farmi sorridere sempre.
Quando Thunder ebbe finito la cena mi saltò addosso e cominciai ad accarezzarlo distratta mentre gli raccontavo tutto quel che era successo con Louis.
Dalla penosa figura all'aeroporto alla proposta di diventare amici.
Lui intanto giocava con i lacci delle mie scarpe alzando di tanto in tanto la testa per guardarmi con quegli occhioni di ghiaccio. 
Mi incantai a guardarlo negli occhi.
E mi venne in mente una frase.

Provate a guardare il vostro cane negli occhi e affermare che non ha un'anima.

Mi chiesi come aveva potuto il suo padrone lasciarlo lì. Da solo. Abbandonato a se' stesso.
E allora presi una decisione.
Lo afferrai, prendendolo in braccio e mi diressi verso la fermata della metropolitana.

***

-Cosa ci fai con quel sacco di pulci in casa?!- sbottò mio fratello rientrando da una passeggiata, Alexis poco dietro di lui che mi fissava gli occhi che uscivano dalle orbite.
In effetti era un situazione un po'... ambigua.
Avevo preso un catino, sapone, guanti di gomma, tanto tanto disinfettante e una spugna. Mi ero sistemata nel centro della cucina e avevo cominciato il bagno per Thunder.
Peccato che quella piccola peste non sapesse minimamente cosa fosse un bagno e ora c'era schiuma e acqua dappertutto.
-Camille...- pigolò la mia credo-amica.
-Bene, vi presento Thunder. Ehi! Fermo! No! No! No! Non scuoterti! Non...!
Troppo tardi.
Il cucciolo di scosse, le orecchie e il pelo ritti che ondeggiavano a una velocità impressionante e la schiuma raggiunse posti che nemmeno avevo notato prima.
Scese un silenzio carico di tensione.
-Ops.
-OPS?!- gridò mio fratello la schiuma nei capelli e in faccia. -Buttalo fuori di qui!
-Nemmeno per sogno! 
-Camille, ti avviso...
-È il mio cane! Ne faccio quel che voglio! 
-Camille...
-E io voglio tenerlo! E lo terrò!
-Ok. Tienilo. Ma non voglio responsabilità. E Camille...
-HO DETTO CHE LO TENGO! 
-Camille, ok! Ho detto di sì! Ma...
Aspetta
Lo posso tenere?
-Hai detto che lo posso tenere?- chiesi spalancando gli occhi e pietrificandomi.
Non pensavo sarebbe stato così facile.Gocciolai sul tappeto l'acqua e il sapone.
-Camille! Attenta!
Sapevo che c'era qualcosa che non andava. Ma ormai era troppo tardi.
Thunder si spinse con le zampe sul bordo del catino. Questo, sotto il suo dolce peso si rovesciò e allagò tutta la cucina.
Sobbalzai con uno strillo, l'acqua e la schiuma che andavano da tutte le parti e il cane che saltellava fuori in balcone.
-Non so come farai, ne quanto tempo ci metterai, sorellina.- disse sopprimendo la rabbia mio fratello, fradicio quanto me. -Ma metti a posto questa cucina. 
Hiram sparì nel corridoio e si diresse in camera sua. Alexis stette lì impalata, non osando nemmeno aprire bocca per paura che fossi ancora arrabbiata con lei.La guardai per un attimo seria.
Poi feci una smorfia e, insieme, scoppiammo a ridere.

***

-Mil!
Il vetrino dell'esperimento di scienze precipitò a terra, frantumandosi in un milione di pezzi minuscoli.
Perfetto.
-Mil!
La professoressa mi avrebbe ucciso. Anzi prima mi avrebbe mandata a comprarne un'altro in un negozio da scienziati secchioni con occhiali e jeans stirati, in modo tale che la morte in confronto mi sarebbe parsa meravigliosa.
-Mil!
-Alexis! Che vuoi?! Adesso la senti la Gwenth! Quel defunto vetrino avrebbe potuto valere milioni e chissà quali meravigliose scoperte aveva conosciuto!- imitai la prof, sgridando Alex.
-Ma il mio ragno s'è mosso...- piagnucolò lei, qualche metro lontana dal suo banco.
morto.- sbuffai esasperata. -Non si può muovere!
Lo sapevo di non mettermi in coppia con lei per l'esperimento, ma ancora una volta avevo ceduto al terzo piagnisteo.
Odiavo sezionare gli animali, azione assolutamente non necessaria e crudele nei loro confronti -andiamo, mi facevano schifo i ragni, ma quel poveretto che mi aveva fatto per esser condannato a tale crudeltà? Finire sezionato al microscopio...- e Alexis era a dir poco terrorizzata da qualsiasi cosa non fosse addomesticabile. Insomma quel compito era una tortura.
La Gwenth si materializzò dietro di me.
-Jameson, di grazia, lei è una piaga d'Egitto. Quel vetrino era uno dei migliori del laboratorio!- certo, insieme ad altri trentamila pensai sbuffando. -E lei, signorina Castle! La smetta di tremare e finisca quest'esperimento! Quell'innocuo ragnetto non la mangerà mica!
Alexis non ne sembrava molto convinta, anzi, ma si avvicinò cauta e con le pinze mosse l'insetto. Il ragno -effettivamente- mosse una zampa, -sicuramente una contrazione involontaria del muscolo e ovviamente post mortem- alla vista della quale Alexis strillò e balzò all'indietro, urtando e finendo nelle braccia di Matt, un nostro compagno.
Nonostante lei fosse terrorizzata a completamente fuori di testa, lui sembrò gradire quella specie di abbraccio.
Per poco non scoppiai a ridere, ma mi trattenni.
Grazie a Dio, la campanella suonò.

***

-Non era morto! Non era morto!- piagnucolò Alexis mentre, uscendo insieme dall'aula di Trigonometria, ci avviavamo verso l'uscita. Andava avanti con questa storia da ore.
-Ti assicuro di sì, Alex.- sbuffai trattenendo una risatina. -Era morto! Sei tu che...
-Sono aracnofobica! Non c'è altra spiegazione. E i ragni vengono tutti da me!
-Ora stai esagerando.
-Vedi?- disse l'aria sconvolta e ancora pallida dallo spavento di poche ore prima. -Tu attiri cantanti famosi, io stupidi e viscidi ragni!
-Alex...
-Bleah. Che schifo quell'orribile creatura!- trillò lei rabbrividendo.
Cercai di non scoppiarle a ridere in faccia.
Accerchiai un gruppo di ragazzi che si spintonavano poco prima della porta d'uscita e proseguii, afferrando il polso di Alexis e lasciandolo andare solo quando mettemmo piede sulle scale.
Cominciai come al solito a cercare nella borsa il cellulare, ma improvvisamente Alexis mi prese per il braccio, strizzandomi il muscolo e facendomi gemere leggermente di dolore.
-Ma che hai?!- sbraitai con voce strozzata.
Lei si era fermata qualche scalino dietro di me, la guardavo da poco più in basso, le gambe erano immobilizzate in una posa innaturale e Alexis fissava sconvolta un punto davanti a se'.
Seguii preoccupata il suo sguardo preparandomi a tutto.
Un cadavere in mezzo alla strada, Hiram che ballava la Conga davanti a tutta la scuola, un mio clone malvagio...
Ma tutto ciò che vidi fu un discreto gruppo di ragazzi ai margini del cancello -come sempre- che aspettava qualche studente amico all'uscita.
-Ma cosa...?
Guardando meglio però notai due ragazzi un po' più in disparte di altri.
Uno mi dava le spalle e se non me l'avesse fatto vedere Alexis non l'avrei mai riconosciuto.
Era biondo e indossava una t-shirt normalissima e un paio di jeans.
Parlava, gesticolando leggermente, ad un altro ragazzo, che però sembrava non ascoltarlo, impegnato a non lasciarsi sfuggire nemmeno una faccia della mandria di studenti in uscita.
E quell'altro ragazzo l'avrei riconosciuto senza dubbio, magari alzando solamente lo sguardo.
Anzi ne ero sicura. Alzando lo sguardo lo avrei notato subito.
Capelli disordinatamente pettinati, jeans chiari, una normalissima maglietta blu e niente di straordinario che avrebbe potuto metterlo in evidenza.
Ma di sicuro la prima cosa che aveva catturato la mia attenzione, non erano certamente i suoi vestiti o i suoi capelli. Ma il suo sorriso.
Gi illuminava il viso di una strana aura birichina e vivace estremamente contagiosa.
Mi scoprii a sorridergli senza nemmeno rendermene contro.Stavo sorridendo. Stavo sorridendo davvero. A Louis.
Non come sorridevo ad Alexis. Non come sorridevo ad Hiram, ai miei genitori, ai colloqui di lavoro o alle interrogazioni.
Sorridevo semplicemente, senza avere paura di nessuno, abbassando per un attimo lo scudo che usavo per proteggerci dalla gente.
E non lo facevo da tanto tempo. Troppo tempo.
E l'ultimo mio vero sorriso era stato rivolto a Scott.


(To be continued...)










Angolo dell'Autrice:
Bene, sono di nuovo qui. 
Per vostra (s)sfortuna. 

Non succede un granché in questo capitolo. C'è solo una grande parentesi sul passato di Camille. 
E poi avevo una voglia matta di un cane e allora ce l'ho messo dentro. :D
Ora, sinceramente la fine è quella che mi piace di più e l'inizio del prossimo anche. 

Però, a proposito del prossimo capitolo. 
Non so se domenica prossima riuscirò ad aggiornare. 
Giovedì sera, per mia grande gioia, arriva a casa mia la mia corrispondente dello scambio culturale con la Francia, che faccio per scuola, e non ho la più pallida idea di cosa combineremo. 
Spero lo stesso di trovare il tempo per aggiornare ma non vi prometto niente. 
Per una domenica mi dovrete perdonare. :)

Ringrazio e come sempre le 6 recensioni :3 siete magnifiche, TrichWriter96, WaitForIt, blablablasheeranblablabla, _had2bu e  TheOnlyWay, e ringrazio anche The_OwL_Gandalf che mi aveva lasciato una recensione chilometrica ma poi il computer si è impallato. Ahahah. 

Grazie davvero un sacco gente. 
Spero di non avervi deluse. ;)

Alla prossima, spero vivamente domenica.
Alice











   
 
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