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Autore: Nerea_V    11/02/2013    4 recensioni
"Era ormai due giorni che gli stavo dietro, ma di lui nessuna traccia. Aveva lasciato una scia di persone scomparse e di cadaveri da un mese ormai e c’era di sicuro qualcosa sotto. [...]"
Genere: Avventura, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Bobby, Dean Winchester, Nuovo personaggio, Sam Winchester
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Quarta stagione
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Punto di vista di Elena

In pochissimo tempo eravamo al cimitero. Girammo tra le lapidi per così tanto tempo che credetti non fosse stato seppellito lì. Poi notammo una piccola lapide in un angolo, attorno non c’era nient’altro e sopra c’era scritto ‘George Rookvelt  13/2/1899 - 26/11/1932’
Incominciammo a scavare facendo a turno a turno, finché Sam non sentì il legno sotto la pala. Tirammo via la terra rimasta e aprimmo la cassa. Lo scheletro giaceva al centro e sembrava quasi che la sua bocca si stringesse in un ghigno. Sapevo però che era solo la suggestione, i teschi mi avevano sempre fatto quest’effetto.
Dean sparse il sale e io e Sam la benzina, poi accendemmo tre fiammiferi e li buttammo contemporaneamente nella fossa. Il corpo prese fuoco in un secondo e io sentii un lungo brivido di freddo percorrermi la schiena. Mi guardai attorno, ma non c’era niente pronto ad attaccarci. Così mi rigirai e aspettai con gli altri che il fuoco consumasse i resti di quel pazzo e poi ci dirigemmo al parcheggio.
- Non vi è sembrato troppo facile?- Chiesi.
Dean si girò. – Beh per una volta che le cose vanno lisce non me ne lamento.-
Annuii pensierosa, non mi sembrava possibile che fosse finito così in fretta. Eppure quel fantasma era uno squilibrato e doveva aver sentito qualcosa la sera in cui cercai di fermarlo. Possibile che non avesse intuito niente e non avesse cercato di fermarci?
Cercai di non pensarci, come aveva detto Dean per una volta che tutto andava bene era inutile crearsi dei problemi che non esistevano. A quel punto ci dirigemmo alla vecchia casa di Rookvelt, nella periferia remota di Elmore. Sicuri ormai che non ci fossero problemi entrammo nell’edificio e lo ispezionammo da cima a fondo, trovando infine il suo ‘mattatoio’. Aveva allestito nella sua cantina una specie di laboratorio, dove torturare le sue prede. Su un tavolo operatorio trovammo ancora la carcassa di un povero signore mutilato e squartato brutalmente. Sembrava essere stato il suo passatempo per almeno un paio di giorni dato lo stato in cui era. Cercammo al meglio di identificarlo dalle poche foto che avevamo e dal poco che ne era rimasto. Riconoscemmo dai capelli sparsi lì intorno e dai vestiti, che la moglie aveva detto che indossava quando era scomparso, che si trattava della quinta vittima. Non potevo credere a quello che vedevo. Lì intorno dovevano esserci ancora altre due persone, molto probabilmente ancora vive. La bambina di quattro anni e un ragazzo di diciannove, preso qualche sera prima del mio incontro con i fratelli.
Cercammo e chiamammo i due ragazzi, fino a sentire dei deboli colpi provenire dal fondo della cantina. C’era un vecchio ripostiglio sbarrato. Lo aprimmo con cautela e vi trovammo dentro quello che cercavamo. La bambina era priva di sensi e aveva un bruttissimo colorito, le provai subito il polso e capii che era solo disidratata. Il ragazzo, quello che aveva colpito il legno per farsi sentire, sembrava essere messo peggio. Era lì da molto più tempo. Il fantasma gli aveva provocato diversi tagli su tutto il corpo e tagliato un paio di dita nella mano destra. Non sembrava molto cosciente di quello che stava succedendo, ma lo rassicurai lo stesso. – è tutto finito ragazzi. Adesso vi portiamo all’ospedale.- Presi in braccio la bambina. – è tutto ok.- Continuai a dire mentre i due fratelli aiutavano o più che altro sollevavano di peso il ragazzo da terra e lo portavano nell’impala. Li adagiammo nei sedili posteriori e partimmo a tutta velocità verso l’ospedale.
– Avremmo dovuto controllare prima.- Dissi tra i denti quando eravamo al pronto soccorso che aspettavamo il verdetto dei medici che nel frattempo avevano chiamato i genitori. Sapevamo che saremmo dovuti scappare prima del loro arrivo, ma volevo sapere come stavano i due ragazzi. Di certo avremmo potuto trovarli prima e avrebbero avuto più possibilità di sopravvivenza se non avessimo gozzovigliato il giorno prima. Avremmo dovuto lavorare, invece con l’arrivo di quei due avevo messo in secondo piano tutto quello che non centrasse con l’essere felice. Loro mi guardarono Preoccupati dalla mia reazione.
- Sì, avremmo dovuto agire prima, ma non stare a roderti per questo.. Disse Sam poggiandomi una mano sulla spalla. – Credevamo che fossero morte tutte le vittime.-
Io sospirai cercando di calmarmi. – Questo non giustifica il mio comportamento.-
- Ehi. C’eravamo anche noi con te, anche noi abbiamo sbagliato.- Disse Dean.
 Lo guardai. – Lo so, mi dispiace.- Dissi cercando di non pensare a quello che sarebbe potuto succedere a quei ragazzi se avessimo aspettato qualche altra ora a far fuori quel bastardo. – Non sono abituata a lavorare con altri. Questo mi ha distratta dal mio dovere. Per questo ce l’ho con me stessa.-
Sam mi strinse a se con un braccio. – Sta tranquilla, vedrai che andrà tutto bene.-
Pochi minuti dopo infatti ci dissero che erano entrambi fuori pericolo. Tirai un sospiro di sollievo, ma questo non bastò a cancellare il senso di colpa.
 
Tornammo in pochi minuti al motel e ci avviammo alle nostre stanze. Prima di entrare nella mia però mi avvicinai a Dean. – Posso parlarti.- Lui si girò verso Sam e gli fece cenno di precederlo, mentre quest’ultimo lo guardava confuso.
Dopodiché mi seguì nella mia stanza. Gli fece cenno di accomodarsi, ma non lo fece e anch’io rimasi in piedi. Era giunto il momento imbarazzante e le mie mani erano arrossate ormai per il troppo sfregarle.
- Allora..- Incominciai, ma mi interruppe subito.
- Se è per ieri sera non ti preoccupare. Eravamo sbronzi.- Disse.
Lo guardai sollevata perché aveva capito la questione. – Sì, già è per ieri sera. Volevo sapere se era tutto a posto. Sai prima che ci separiamo..- Lo guardai quasi implorante. Nonostante tutto quello che la parte orgogliosa e testarda di me, mi diceva, volevo che mi dicesse che non c’era bisogno di separarci.
- Beh sì. Tutto a posto, è stato bello.- Disse fin troppo tranquillo, ma io vedevo che in lui c’era un tumulto di emozioni.
Rimanemmo in silenzio per parecchi minuti, molto imbarazzanti. Nessuno sembrava sapere cosa dire. A un certo punto lui si girò e disse. – Ci vediamo domani El, quando io e Sam ripartiremo.-
Ebbi un sussulto. Capii che non me lo avrebbe chiesto, sarei tornata da sola, senza di lui. Era quella la cosa più straziante. Non il fatto di stare da sola, a quello c’ero abituata, ma era stare senza lui e adesso mi rendevo pienamente conto di quanto lui in così poco tempo fosse diventato parte della mia vita. Com’era possibile che uno ti cambiasse in modo tanto radicale in così poco tempo? Un solo giorno, una sola notte, e tutto era cambiato. Senza neanche accorgermene.
- Per te non è contato niente ieri notte?- Chiesi in un sussurro mente si accingeva a uscire.
Con la mano sulla maniglia si girò verso di me e mi guardò negli occhi. – No. Non più del solito. Ho passato una bella serata ma nulla di più. Cosa ti aspettavi?- Rispose piatto. Rimasi spiazzata da quelle parole. Aveva ragione, cosa mi aspettavo? Ci conoscevamo da poco e sapevo che tipo era lui. Non cercava un legame, voleva solo spassarsela. Appena lo avevo conosciuto una parte di me mi aveva detto di starci attenta, ma non avevo voluto ascoltarla.
- Giusto… Scusa.- Dissi tornando a fissarlo negli occhi. Fu lì che mi accorsi di una cosa. Il suo sguardo e il suo mezzo sorriso erano freddi e distaccati, ma io sapevo fin dal primo giorno dove cercare la verità. I suoi occhi non mentivano mai e guardandoci dentro capii che non stava dicendo la verità, o almeno non tutta. Vidi che non erano quelle le parole che mi voleva dire, vidi il conflitto che stava accadendo dentro di lui. Forse non era così assurdo se anche lui sembrava confuso da quel che provava.
Recuperando un po’ della mia spavalderia mi avvicinai a lui e continuando a guardarlo dritto negli occhi alzai una mano per accarezzargli una guancia. Cercò di rimanere impassibile, ma qualcosa si scatenò in lui. Desiderio, rabbia, amore…
Possibile che in così poco tempo due persone potessero legarsi tanto? Doveva essere così, se no, non sarei riuscita a spiegare la sensazione che mi nasceva dentro ogni volta che mi guardava o lo guardavo, quando lo prendevo in giro… Era strano, forse impulsivo, ma sentivo che quel sentimento era vero. Ci capivamo meglio di chiunque altro, lo capivo meglio di Sam, e lui capiva me. Sapevamo di cosa aveva bisogno l’altro e sapevamo darglielo. Ci completavamo.
Mi avvicinai di più, a pochi centimetri dalla sua bocca. I nostri sguardi incominciarono a saettare sulle labbra dell’altro. – Dimmi che non senti quello che sento io in questo momento. Dimmi che non provi anche tu questa sensazione di… completezza. Dimmelo e io ti lascerò andare per la tua strada.- A quel punto poggiai le mie labbra sulle sue. Lui sembrò resistere per un po’, ma poi dischiuse le labbra e ricambiò il bacio. Le sue mani mi afferrarono la nuca e mi attirarono di più a sé. Io feci scorrere le mani sulla sua schiena fino ad afferrargli le spalle mentre il bacio si faceva più appassionato. Ci girammo e mi fece appoggiare al muro mentre continuavamo a baciarci. Quando ci staccammo per riprendere fiato ci guardammo negli occhi. Provavamo le stesse sensazioni.
Dopo un attimo di spaesamento lui sembrò riscuotersi e vidi tornare in lui gli stessi dubbi di prima. Si allontanò da me scuotendo la testa. – No, no. Non provo quello che provi tu.-
Mi avvicinai di nuovo a lui. – Non è vero. Perché menti a te stesso? Lo vedo quel che provi. Tu potrai anche mentire ed essere abituato a farlo costantemente, ma io leggo la verità nei tuoi occhi.-
Lui mi guardò duro e la rabbia che c’era in lui esplose. – Tu non sai niente di me! Siamo stati insieme una notte, ti ho raccontato delle cose sulla mia vita, ma per questo non credere di sapere cosa provo o come sono!-
- Invece lo so Dean! Noi due siamo uguali, tendiamo ad allontanare le cose belle perché abbiamo paura di perderle, o che finiscano. Non esponiamo mai i nostri veri sentimenti per non soffrire più di quel che già soffriamo e sopportiamo.- Passai una mano nei suoi capelli. – Dean io sono stanca di scappare e di essere sola. Tu no?- Chiesi guardandolo speranzosa.
Lui mi guardò e restò in silenzio per un tempo interminabile. Poi si allontanò di nuovo. – No.- Disse semplicemente e uscì dalla stanza sbattendo la porta dietro di se. Mi avvicinai e sfiorai la porta appena chiusa. Mi ci appoggiai con la schiena, scivolai giù fino a trovarmi con le ginocchi al petto, strette tra le mie braccia. Ero di nuovo sola. Una lacrima mi scorse sulla guancia. Dean non mi voleva. Aveva ragione, non lo conoscevo, non sapevo com’era. Gli avevo detto quello che provavo e lui mi aveva rifiutata. Scoppiai in lacrime. Ero sola.


Punto di vista di Dean
 
Mi aveva preso in contropiede, mi aveva spaventato. Come faceva a sapere come ragionavo? Quello che sentivo davvero?
Come poteva in così poco tempo avermi conosciuto così a fondo?
Uscito dalla stanza mi fermai. Aveva ragione, eravamo uguali, ma io non ero fatto per quel tipo di legami. Poggiai la schiena e la testa contro la porta dietro di me.
Non volevo che lei si legasse a me, tutti quelli che lo facevano prima o poi morivano, o si facevano molto male. No, non sarei stato con lei. Ero sempre stato da solo e avrei continuato così. Elena sarebbe stata meglio senza di me tra i piedi.
Sentii dei singhiozzi provenire dall’altra parte della porta. Trattenni il mio primo impulso di aprirla, consolarla e dirle che non l’avrebbe mai lasciata. Avrei voluto asciugare le lacrime che scendevano dai quei meravigliosi occhi color zaffiro, accarezzare il suo bellissimo viso. A fatica vi resistetti, mi girai e mi avviai verso la mia stanza, sbattendo la porta dietro di me, non potevo permettermi certe debolezze. Dovevo lasciarla andare.
Anche se non sarebbe stato meglio per me, lo sarebbe stato per lei.
Il mattino dopo io e Sam preparammo le nostre borse e le caricammo in macchina. Elena non si fece vedere.
Sam non capiva cosa fosse successo. La sera prima mi aveva visto rientrare furioso nella stanza e adesso El, con la quale ero poco prima di tornare in camera, non si faceva vedere. Avrebbe voluto salutarla prima di partire, c’eravamo dati appuntamento per le dieci per andare alla tavola calda, ma lei non si fece vedere.
Quando andò a bussare nessuno aprì la porta, la chiamò anche al cellulare, ma non rispose.
- Sam fidati, è meglio così.- Dissi.
Lui mi guardò in modo strano, come se avesse intuito cosa stava succedendo, ma non disse nulla ed entrò in macchina.
Nuova caccia e zero pensieri.
  
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