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Autore: Lady Orkan    11/02/2013    0 recensioni
Il mondo come lo conoscevate non esiste più, al suo posto, un'unica dittatura che ha spazzato via qualsiasi forma di libertà di espressione. Solo un gruppo di eroi tenta di sopravvivere e di salvare tutti coloro che non hanno intenzione di piegarsi alla dittatura mondiale. E gli Eroi sono Nove, all'assalto del mondo su un aereonave chiamata "Maggot", che custodiscono gelosamente l'ubdicazione del loro rifugio. Un breve racconto un pò steampunk, spero vi piaccia.
Genere: Drammatico, Fantasy, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
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Dopo quello che sembrava un'infinità di tempo, il velo nero che le copriva la testa ottenebrandola, si alzò lasciandola stordita. Riuscì ad aprire gli occhi, con fatica, e quando riuscì a mettere a fuoco ciò che le era attorno, si pentì di essersi svegliata.Un mostro orrendo accanto a lei, con la faccia cucita e i capelli viola le stava cambiando la flebo che aveva al braccio, un tizio con una maschera da Clown dal lato opposto e un altro uomo appoggiato al fondo del letto con una maschera senza espressione  la stavano osservando. D'istinto la ragazza tentò di tirarsi su per fuggire ma era troppo debole, voleva urlare ma non riuscii. Aveva una maschera per l'ossigeno sul viso. Il mostro con gli occhi azzurri e i capelli viola accanto a lei si voltò a guardarla. 

"Non avere paura, sei al sicuro qui". Gli disse con un tono rassicurante e sorridendo, aveva dei denti bianchissimi in contrasto con le labbra dipinte di nero. Non era convinta delle sue parole. Per osservarla meglio One si avvicinò un po' di più fermandosi vicino a Six quasi nascondendosi dietro la sua mole. 

"Ti abbiamo prelevato da una delle strutture della superficie, hai una serie di contusioni, tre costole rotte, così come la caviglia destra e il polso sinistro. Avevi anche un brutto trauma cranico  ma ora sei fuori pericolo. Come ti chiami?"

La ragazza non rispose. I tre uomini si guardarono. "Non sei obbligata a dircelo"
Lei provò a parlare, dopo tutto quel silenzio riuscire ad emettere un suono comprensibile per lei era difficile.

"Non ti sforzare, va bene così. Io sono Eight, lui con la faccia da Clown Six e quello dietro di lui One. Ci stiamo prendendo cura di te e ti rimetteremo in piedi presto". Ammiccò, tentando si sembrare simpatico, ma con quella maschera orrenda sul volto non era facile.
La ragazza chiuse gli occhi, le lacrime iniziarono a scendergli lungo le guance e si portò le mani rovinate al viso per nascondersi. One passò oltre Six e le accarezzò amorevolemente la testa.
"E' tutto finito, ora sei in salvo, stai tranquilla". La rassicurò.
Eight fece un cenno agli altri due. "Ok, direi che per ora può bastare, andiamocene e lasciamola riposare". 
I tre uomini lasciarono la stanza e s'incamminarono lungo il corridoio della clinica, in realtà a parte un paio di infermiere, non c'era praticamente nessuno. Entrarono in quella che sembrava una camera relax, seduto sul divano davanti ad un televisore Seven, che si voltò a guardarli.

"Allora? Come va quest'oggi?" chiese.

Eight si sedette al tavolo in un angolo con la cartella clinica della ragazza in mano. "E' uscita dal coma, le ferite si stanno rimarginando ma mi preoccupa il suo stato psichico, non ho idea di cosa possono averle fatto e non so come agire, qui non abbiamo psicologi di supporto".

"Il fatto che sia ancora viva mi sembra già un notevole passo avanti rispetto agli ultimi nostri raid".
Seven ricordò che nelle ultime loro uscite chi avevano tentato di salvare o era morto durante il trasporto o in clinica. La ragazza era la prima che riuscivano  a mantenere in vita e sapevano benissimo com'erano crudeli quelli del mondo di sopra con le donne. 

"Ha detto qualcosa?".
"No, per ora no, non riesce ancora a parlare" gli rispose Six.
"Siamo ancora alla teoria. Visto i tatuaggi che ha addosso possiamo solo immaginare il perchè è stata rinchiusa e torturata".
One prese le foto che si trovavano nella cartella clinica, erano i tatuaggi che aveva addosso la ragazza: Due corvi neri sulle spalle, dei tribali nordici sulle braccia, un martello di Thor sulla schiena, dei draghi scandinavi sulle gambe. L'avevano fotografata per scoprire se per caso qualcuno della loro comunità la conosceva e sapeva chi era ma nessuno l'aveva mai vista. Chissà da dove arrivava.

Eight guardò One. "Continui tu ad occuparti di lei?". One fece un cenno d'assenso. 

"Perfetto, ora che si  è ripresa cerca di farla parlare".

Il giorno dopo, all'ora di pranzo, One entrò nella sua camera portando con sé un carrello con un vassoio con del cibo. Secondo Eight poteva iniziare a mangiare qualcosa di solido se se la sentiva, e presentarsi con qualcosa da mangiare forse l'avrebbe resa meno diffidente e meno spaventata.
Lei stava dormendo, con i capelli scuri arruffati sparsi sul cuscino, il viso pallido e tirato su cui risaltavano ancora di più i lividi, l'occhio nero e le labbra spaccate. Lui si avvicinò piano e lei aprì gli occhi, subito sembrò non rendersi conto di dove fosse e One si tenne a distanza per non spaventarla ulteriolmente. Lei gli rivolse uno sguardo stanco, spento, pieno di dolore, rimase un attimo senza dire nulla, percepiva anche dalla distanza la sua sofferenza che non era solo fisica, ma dell'anima. Aveva ragione Eight ad essere preoccupato per il suo stato psichico.

"Eight dice che puoi iniziare a mangiare qualcosa così ti ho portato il pranzo" e spinse il carrello verso il letto. Lei distolse lo sguardo. Non parlava nonostante non avesse più la maschera dell'ossigeno.
One si avvicinò al letto. "Non hai fame?" le chiese premuroso.
Lei fece cenno di no con la testa senza nemmeno guardarlo. One le alzò il letto in modo da poterle mettere il vassoio in grembo. 
"mangia qualcosa per favore".
Sarà stato lo sguardo azzurro di One o il suo tono gentile e lei prese la forchetta con la mano gonfia e bendata cercando di prendere un pezzo delle patate bollite che c'erano nel piatto con scarsi risultati. Passò la posata nell'altra mano ma non era in grado di mangiare senza spargere cibo ovunque. One le prese la forchetta e cercò di imboccarla. Lei non sembrava entusiasta all'idea, poi,timidamente, accettò il boccone che gli offriva One. Lui riuscì a farle mangiare un po' di cose, non molto ma per essere il suo primo pasto poteva già andare. 

"Puoi dirmi il tuo nome?" le chiese mentre posava il vassoio sul carrello.

Lei scosse la testa e con voce rauca, di chi non era più abituata a parlare se non ad urlare, gli rispose. "Non me lo ricordo...".

Lei iniziò a piangere, il suo dolore era così forte da essere quasi tangibile, One tentò di toccarla ma lei si ritrasse. 
"Non ricordo nulla! Non ricordo chi ero prima che mi catturassero, non ricordo se ho dei fratelli, delle sorelle, dei figli... Non lo so! Non lo so! Mi hanno portato via tutto!!!". Ormai urlava, urlava tutta la sua disperazione così forte che Eight entrò nella stanza e guardò One.

"Che succede?" 

One non sapeva che dire. "Mi dispiace... Non volevo sconvolgerla..."
Eight si avvicinò. "Va tutto bene, sei al sicuro..."
"No! Non va bene niente! Non va bene nulla!" urlò lei contro di lui, piangendo. Si strappò di dosso l'ago della flebo e tentò di alzarsi. One e Eight la bloccarono in tempo. "Non puoi alzarti, hai una caviglia rotta!- le disse Eight  bloccandola- One va a chiamare Six e digli di portare un sedativo!!!".
Eight cercò di bloccarla senza farle del male, alla fine la placcò alle spalle tenendola bloccata con un braccio contro il suo torace nel tentativo di bloccarla ma lei sembrava non volerne sapere. Urlava e tentava di colpirlo con i pugni, incurante di avere un polso rotto e una mano gonfia. Six entrò nella camera, con una siringa in mano, seguito a ruota da One. La ragazza lo guardò terrorizzata e Eight gli fece cenno di fermarsi. 
"Ragazza, calmati, noi non siamo qui per farti del male, vogliamo solo che tu non te ne faccia. Se ti calmi Six se ne va e io ti lascerò andare, ok?"
Lei tremava e sighiozzava però gli fece cenno di sì con la testa. Eight aspettò ancora un attimo a lasciarla andare poi lasciò la presa e la ragazza tornò a piangere apoggiando la testa sul cuscino. Lui le rimboccò le coperte e poi le prese delicatamente il braccio e le rimise a posto la flebo. Appena fu di nuovo tranquilla Eight spinse fuori dalla stanza gli altri due uomini, poi prese da parte One.

"Ora spiegami cos'è successo?" e non aveva un tono gentile.

One sembrava sconvolto. "Le ho chiesto come si chiamava e mi ha risposto di non ricordarselo, di non ricordarsi nulla di lei e poi ha avuto un attacco isterico".

"Con le botte che ha preso e il trauma cranico non mi stupisce il fatto che abbia perso la memoria. Cerchiamo di non agitarla come oggi, se ricorda solo le violenze subite non sarà semplice rimetterla in sesto".

Per l'ora di cena Eight raggiunse la loro ospite. Lei si coprì con le coperte appena lo vide, Aveva un aspetto spaventoso con quella maschera deforme sul viso da cui vedeva solo gli occhi azzurri e la bocca nera. 
"One mi ha detto che non ricordi nulla della tua vita e di chi sei. E' normale dopo un trauma cranico e il coma indotto. Voglio che tu stia tranquilla e che non ti preoccupi, l'unica cosa di cui ti devi occupare in questo momento è di guarire, poi con calma aggiusteremo tutto il resto. Qui sei al sicuro e non hai nulla da temere. I tuoi torturatori qui non tri troveranno mai e anche se ci provassero..."
In quel momento entrò Seven, ancora più spaventoso e più grosso di Eight, spingendo il carrello con la cena. 
"Beh, dovrebbero vedersela con lui..." 
Lei si nascose ancora più sotto le coperte lasciando fuori solo gli occhi. 
"Stai tranquilla, Seven è innocuo, basta non farlo arrabbiare" disse Eight sorridendo e si alzò lasciandola solo con l'energumeno dai capelli neri. Nonostante la mole, Seven appoggiò il vassoio sul letto delicatamente.
Lei si trovò a guardare la sua maschera da molto vicino. "Mangia ragazza, e quando torno voglio vedere il piatto vuoto" e se ne andò.
La ragazza pensò che non era il caso di farlo arrabbiare. 
Quando Seven tornò nella stanza il piatto era quasi vuoto e avvicinandosi si accorse che non aveva usato le posate ma le mani che aveva tentato di ripulire dal cibo con il tovagliolo che le avevano dato.

"Beh, l'importante che tu abbia mangiato, non importa se con le posate o con i piedi"  le disse prendendole il vassoio e lanciandole uno sguardo severo da dietro la sua maschera spaventosa, facendo attenzione a non toccarla.
Lei rimase immobile, nascosta sotto le coperte lasciando solo il viso fuori per poterlo osservare.
"Ora cerca di riposare..." le disse mentre prendeva il carrello spingendolo verso la porta e spegnendo la luce prima di uscire lasciandola nell'oscurità.
   
 
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