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Autore: Lily Moon    11/02/2013    2 recensioni
Chiusi gli occhi, e inspirai il sapore di quella sensazione magica. Mi lasciai andare al ritmo di quella musica, la lasciai entrare in me e raggiungere ogni parte della mia anima.
Le appartenevo, completamente, perché grazie ad essa ero diventata la ragazza che ero.
Quello era il mio elemento, scritto ad inchiostro indelebile nel mio destino.
Vivevo per quello, per la musica.
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 14

 
“Mi mancano i tuoi occhi.” Sorrisi inevitabilmente leggendo quel messaggio. Breve, coinciso, niente saluti o giri di parole. Tipico di Zayn.
Ero sdraiata sul divano ancora in pigiama, il computer appoggiato in grembo. Niente male come giorno di Natale, non trovate? Era sempre così ormai. Natale o non Natale, quello era un giorno come tutti gli altri. Anzi, anche più noioso, perché a parte me e mio fratello, tutti gli altri erano occupati a festeggiare con la propria famiglia.
Niall, appena alzato dal riposino pomeridiano, entrò in soggiorno sbadigliando, lasciandosi cadere di peso sul divano libero. «Che fai?» chiese, anche se apparentemente poco interessato.
«Niente, stavo controllando se qualcuno mi aveva cercata. Ma niente.» mentii, scrivendo a Zayn un veloce “Qui fa freddo senza i tuoi abbracci.”, per poi chiudere il portatile ed appoggiarlo sul tavolino.
«No, tranquilla, potevi continuare a fare le tue cose.» mi disse lui.
«No, non c’è problema. Tanto chiudevo comunque.» replicai io, mettendomi a sedere. «Che si fa?»
«Pensavo di vedere un film.»
«Bella idea!» esclamai, avvicinandomi al mobiletto sotto la televisione, dove era stata messa la miriade di dvd che avevamo. Passai con lo sguardo alcuni titoli, decidendo quale fosse il più adatto per quel momento. «Qui se vuoi ci sono alcuni film natalizi…» iniziai, con poco entusiasmo, guardando poco interessata la copertina di uno di quelli.
«Mmm… io pensavo a qualcosa tipo... “L'alba dei morti viventi”?» chiese, con un mezzo sorriso.
Mi voltai a guardarlo, e capii che, forse per lo stesso mio motivo, anche lui amava il Natale quanto lo amavo io. «Aggiudicato.» risposi sorridendo.
Inserii il dvd nel lettore, spensi le luci e mi lanciai velocemente sul divano, per non perdermi neanche una secondo di quella strage.
 
Titoli di coda.
«Mmm non male.» commentò Niall, stiracchiandosi, apparentemente annoiato.
«Già, passabile. Però mi è venuta fame.» commentai, massaggiandomi lo stomaco. Dopotutto era ora di cena.
Niall guardò le tre terrine di popcorn ormai vuote. «Anche a me.»
Ci catapultammo in cucina a saccheggiare il frigorifero. Tra patatine e lattine di birra, mezz’ora dopo ci ritrovammo con la pancia che scoppiava veramente.
«Buon Natale, Niall.» brindai con la mia ultima bottiglia.
«Buon Natale, Emma.» rispose, facendo tintinnare la sua bottiglia sulla mia, che ci scolammo.
Restammo poi in silenzio, ognuno assorto nei proprio pensieri.
Perché non riuscivo ad essere felice? Perché mi ritrovavo sempre a dover bere per dimenticare? Non sopportavo più quella situazione.
«Odio il Natale.» sbuffò all’improvviso mio fratello. Mi voltai verso di lui. Possibile che mi avesse letta nel pensiero?
«Cosa?» risposi, facendo la finta tonta.
«Sì, odio il Natale. Come lo odi anche tu, l’ho capito. La verità è che non è più la stessa cosa senza papà, senza mamma…» la voce gli si incrinò per un momento.
Ma fu abbastanza, fu abbastanza per il mio cuore, che fece un salto, e che poi sprofondò, fino a raggiungere l’angolo più remoto di me stessa.
«Niall?» la mia voce era priva di colore. Sembrava quella di un’estranea.
«Sì?»
«Posso abbracciarti?» gli chiesi, con tono incerto.
E fu così che, quando allungò le sue braccia verso di me e mi strinse affettuosamente, i nostri dolori si unirono, quelle sofferenze che avevamo sempre cercato di nascondere, di tenere imprigionate dentro di noi si scatenarono in tutta la loro brutalità.
Non piangevamo. Le lacrime erano sbagliate in quel momento, totalmente, completamente fuori luogo tra noi due.
Ma allora perché avevo paura di staccarmi da lui? Perché avevo paura che se mi fossi anche solo allontanata quel dolore mi avrebbe distrutta, come mai prima d’ora? Lo strinsi ancora più forte, per colmare tutte le parole non dette, tutto quello che avevamo negato tra di noi e a noi stessi.
«Come facciamo ad andare avanti?» chiesi, con quello stesso tono piatto di poco prima.
«Non lo so.». Anche il suo tono era secco, privo di ogni sfumatura. E questo per quanto possibile mi fece ancora più male.
Poi, con lo stesso impulso repentino con cui mi ero avvicinata a lui, ebbi il bisogno di staccarmi, di allontanarmi. Mi alzai, guardandolo per l’ultima volta, per poi lasciare la stanza, chiudendo la porta alle mie spalle. Non disse niente. Mi aveva capita, o almeno così speravo.
Mi sedetti sul divano, portandomi le ginocchia al petto. Restai immobile per qualche secondo, ma neanche quello mi bastava. Così mi alzai di nuovo, e mi misi a camminare avanti e indietro per il salotto. Ero irrequieta, quasi non riuscivo a respirare. La psicologa che mi avevano affibbiato l’anno prima, appena  dopo l’incidente, aveva detto che sarebbero arrivate le crisi, e che avrei dovuto affrontarle. Ma come potevo fare? Stavo diventando pazza, lo sentivo.
Mi presi la testa fra le mani, e mi risedetti di nuovo. Respirai profondamente, e i miei polmoni ebbero un sussulto. Da quanto tempo non respiravo? Comunque fosse, era un dettaglio poco importante.
Non riuscivo a tenermi tutto dentro, stavo scoppiando, stavo impazzendo. Dovevo parlare con qualcuno, sfogarmi, o forse solo urlare, più forte che potevo.
Senza quasi rendermene conto afferrai il cellulare e digitai quel numero che ormai avevo imparato a memoria.
«Zayn?» dissi, con voce spezzata, quasi straziante, quando sentii finalmente rispondere.
«Emma?» chiese, con voce incerta.
Ed ecco, in un solo momento il disagio che mi opprimeva sembrò svanire, come avrebbe fatto una folata di vento con delle foglie secche. Con solo il suono della sua voce, sentii come se i polmoni mi si fossero riempiti di una nuova aria, più sana, più pulita. Per un secondo, mi sentii ancora tra le sue braccia, come la sera prima, protetta da ogni male.
«…Emma? Emma, è successo qualcosa?» il suo tono era evidentemente preoccupato. Per quanto tempo ero rimasta in silenzio?
«Zayn. Scusami, non è niente.»
«E tu mi hai chiamata per dirmi “non è niente”?»
Cazzo.
«Ehm… buon Natale?» tentai, fingendo un tono entusiasta.
«Se non ti conoscessi potrei anche crederti, ma purtroppo per te non è così. Dimmi tutto.» disse lui.
«Ok, ok.» era inutile, non potevo vincere contro di lui. «Hai presente come sia passare il Natale guardando film horror e ubriacandosi con tuo fratello? Per poi renderti conto di quanto la tua vita faccia schifo e di quanto sia andata a rotoli?» tentai, con tono assurdamente piatto.
«No, ma posso immaginarlo.» commentò.
«Ecco. Benvenuto nel mio stupido Natale.» annunciai con amarezza.
«Dai, non fare così. Vuoi venire qui? Ci sono tutti i miei parenti, sarebbero felici di conoscerti.» iniziò lui.
«No, Zayn, non voglio rovinarti la giornata.»
«Figurati. Vuoi che venga lì?»
«No, c’è mio fratello. Davvero, non serve.»
«Ma…»
«Zayn, davvero, va bene così. Solo sentendo la tua voce mi sono sentita meglio.»
«Veramente?» chiese lui, e potei giurare di aver sentito un po’ di malizia in quella parola.
«Sì, veramente.» risposi, accennando una risatina. «Ora ti lascio, ti staranno aspettando. Salutami tutti, ragazzaccio.»
«Ok, anche tu.» disse lui. «Emma?»
«Sì?»
«Mi mancano ancora i tuoi occhi.» affermò, riferendosi al suo messaggio.
«Anche i tuoi, da morire.»
«Ed Emma?» continuò.
«Dimmi.»
«Hai ancora freddo?»
«Sì, fino a quando non mi scalderai tu.»
«Ed Emma?» riniziò lui.
«Ciao Zayn.» lo salutai definitivamente, esasperata.
«Ciao irlandese.»
Chiusi la chiamata. Era incredibile come in pochi minuti fosse riuscito non solo a consolarmi, ma anche a farmi nascere un piccolo sorriso in volto. Perché lui era incredibile, non potevo negarlo, non c’erano altre spiegazioni.
Lui era il mio ragazzo.
Dei leggeri brividi mi percorsero la schiena a quella conclusione. Ma era vero, lui era il mio ragazzo. Lo era dalla sera passata, ma forse anche da prima, non lo sapevo. Sta di fatto che non riuscivo a smettere di pensarlo, neanche per un secondo.
Lo amavo? Non sapevo neanche questo. Sapevo solo che quell’emozione che provavo era qualcosa di fortissimo, mai provato prima. Qualunque cosa fosse, non intendevo rinunciarci.
Mi alzai dal divano, e mi avvicinai al pianoforte. Mi sedetti sul seggiolino, e feci passare delicatamente le dita sui tasti d’avorio, inspirando profondamente. Poi la melodia prese vita, riempiendo la mia mente di quelle note che conoscevo così bene.
“I wanna sing, I wanna shout, I wanna scream till the words dry out. So put it in all of the papers, I’m not afraid. They can read all about it, read all about it.”
La mia voce era poco più che un sussurro, ma riusciva ad intonarsi comunque a quelle note.
Poi, senza quasi rendermene conto, sotto le mie dita la musica cambiò. Divenne più morbida, addolcendosi, e ottenne un senso di completezza, quasi di misteriosità nell’udirlo. Era una musica che non avevo mai suonato, che fino a quel momento non avevo mai conosciuto neanche in me. Era la musica che guidava i movimenti delle mie dita, che si faceva strada in me, come una canzone già scritta. E, me ne sbalordii, appena prendeva piede nel mio pianoforte ne usciva perfetta, senza un minimo errore, e senza mancare di nessun dettaglio. Ma la cosa che mi stupì più di tutte, era che quella melodia nasceva dal mio cuore, nasceva dal ricordo di un abbraccio, di un bacio, di un sorriso, di un paio di occhi ambrati…
 
Un leggero bussare alla porta mi distrasse dai miei pensieri, interrompendo malamente la melodia. Le mie dita si fermarono di colpo sui tasti, provocando un ultimo forte colpo stonato.
Chi poteva essere a quell’ora? E soprattutto, chi cazzo non aveva nient’altro da fare il giorno di Natale che autoinvitarsi a casa mia senza preavviso?
Mi alzai infastidita dal seggiolino per andare ad aprire la porta. Ed ebbi la risposta alla mia domanda. Chi poteva essere se non lui, l’idiota numero uno della mia vita?
Harry varcò la soglia con il suo solito grande sorriso. Appena chiuse la porta alle sue spalle, dimenticando improvvisamente il fastidio dell’avermi interrotta, mi lanciai letteralmente su di lui, e lo strinsi più forte che potevo. Anche lui mi abbracciò e, ridendo, mi fece fare un giro su sé stesso, per poi riportarmi a terra.
«Se questa è l’accoglienza, dovrei bussare più spesso alla tua porta al posto che comparire all’improvviso.» commentò lui con un sorriso.
«Certo che dovresti.» risposi.
Mi staccai da lui, guardandolo con un sorriso. «Qual buon vento ti porta?»
«Bah, a casa era una noia mortale. E poi che amico sarei se lasciassi la mia migliore amica tutta sola il giorno di Natale?»
«Ma non sono da sola, c’è anche mio fratello.» dissi.
«Infatti vedo che vi fate molta compagnia.» ribatté sarcastico.
Sospirai ed andai a sedermi sul divano, seguita da lui.
«Allora, cosa hai fatto oggi?» mi chiese, sdraiandosi anche lui.
«Niente di che. Computer, mangiato, guardato un film, mangiato, pianoforte, mangiato…» elencai, riflettendo.
«Ok, ho capito che hai mangiato.» concluse lui, scoppiando a ridere.
«Lo sai che ho un rapporto molto speciale con il cibo. È amore incondizionato, il nostro.» dissi, con tono pieno di fierezza. «Sentiamo, tu cosa hai fatto?»
«Boh, sono stato con mia madre, il mio patrigno e mia sorella. Solito. Poi quando è arrivato il ragazzo di Gemma sono venuto qui.»
«Capisco.» commentai.
«Ah, dimenticavo. Buon Natale.» disse, lanciandomi in grembo un piccolo pacchetto regalo.
«Harry, lo sapevi che non volevo niente.» gli dissi, con tono di rimprovero, ma lasciandomi scappare un sorriso.
«Zitta e aprilo.»
Sospirai, e tornai a dedicare la mia attenzione all’incarto. La carta colorata era tutta spiegazzata e piena di pezzi di scotch, cosa che mi fece presumere che era stato Harry stesso a metterla. Trattenni una risatina quando strappai l’involucro, che per un attimo resistette alla mia pressione.
Poi il contenuto cadde sulle mie gambe, facendomi di colpo trattenere il respiro. Perché quello davanti a me non era un regalo qualunque. Non era neanche quella che poteva sembrare una semplice maglietta. Nera, con una scritta davanti.
Quella era la maglietta. La t-shirt che avevo stretto così tante volte, che avevo così invidiato ad Harry ogni volta che l’aveva portata, ogni volta che l’aveva sfoggiata davanti a me per farmi rosicare. Era la sua maglietta preferita. Era la maglietta che indossava quando ci eravamo conosciuti.
Ed ora era mia.
«Harry, no, non posso accettare.» dissi, allungandogliela.
«Sì che puoi.» rispose, con tono deciso.
«No invece.»
«Sì invece. Davvero Emma, so quanto ci tieni, probabilmente anche più di quanto ci tenga io.»
«È la tua maglietta preferita.» affermai.
«Ed è per questo che la voglio dare a te. Sarà un onore vedertela portare addosso, mi renderà molto più felice che vederla su di me.»
Mi pizzicarono gli occhi. Come potevo anche solo meritare un amico come lui?
«Non sai quanto ti voglio bene. Sei speciale.» gli dissi, abbracciandolo.
«Mai quanto te.» affermò, stringendomi  affettuosamente.
Mi sentivo tanto bene stretta a lui. Sarei restata lì anche ore, se avessi potuto.
«Ma anche io ho un regalo per te.» annunciai, guardandolo negli occhi. Mi alzai, mi precipitai sotto l’albero di Natale e raccolsi un piccolo pacchettino quadrato.
«Ecco.» dissi, e glielo porsi. Lo guardò incuriosito, per poi scartarlo, e scoprirne il contenuto.
Era un ciondolo rotondo, dalla forma regolare, appeso in una lunga catenina. Se la portò al collo, aggiungendola alle altre.
«Aprilo.» dissi.
Fece quello che gli dissi. Afferrò il ciondolo con le sue dita affusolate e spalancò le due parti, scoprendone l’interno. I nostri volti comparvero con smorfie divertenti, in quella che era una nostra foto che avevo incastrato all’interno. Nell’altro lato una scritta. “I’ll go wherever you will go.”
«Grazie, è bellissimo.» commentò.
«Davvero?»
Annuì, e poi mi abbracciò di nuovo. Ricambiai nuovamente la stretta, ridacchiando.
«Ok, ora basta. Mi verrà il diabete dopo tutto questo.» disse, allontanandosi da me, e lanciandosi nell’altro divano. Afferrò il telecomando ed accese la televisione. Passò in rassegna tutti i canali, fermandosi pochi secondi su ognuno per poi cambiare nuovamente.
Sentii qualcuno chiudere una porta al piano di sopra, e capii che mio fratello era andato a letto.
Rimanemmo così in silenzio, io ed Harry, l’ultima luce delle scale spenta. L’unica fonte luminosa era la televisione, stazionata ormai al film che sembrava tanto interessare il riccio, che guardava attentamente lo schermo, come  se ogni fotogramma fosse qualcosa di preziosissimo, che non andava assolutamente perso.
Sospirai, e feci passare il dito sul tasto del telefono, per controllare l’ora. E subito mi tornò in mente la sera prima. Zayn.
Dovevo dirlo ad Harry.
Lo stomaco mi si contorse a quella conclusione. Perché mi faceva questo effetto l’idea di dirgli quello che era successo?
Ma in fondo sapevo già la risposta. Ci sarebbe rimasto male. In fondo ero stata proprio io ad assicurargli che non c’era niente, che la sua gelosia per Zayn era infondata. Ed ora dovevo dirgli che mi ero sbagliata, che gli avevo mentito, che per tutto quel tempo aveva avuto ragione. E se dicendogli questo il nostro rapporto sarebbe cambiato?
Ma dovevo dirglielo, non potevo nascondergli una cosa così grande. Non se lo meritava.
Feci un respiro profondo, e quando iniziai a parlare il mio sguardo era concentrato sulle mie mani.
«Harry?»
«Mmm?»
Esitai. «Sei mai stato innamorato?»
«Può darsi.» La sua risposta arrivò qualche momento dopo, come tentennando. «Tu?»
Esitai un’altra volta. «Può darsi.»
No, così non andava. Mi stavo allontanando da quello che era il mio obiettivo. Feci un altro profondo respiro, e ritentai.
«Harry?»
Ma non venne alcuna risposta. Forse si era addormentato.
Una parte di me fu sollevata da quel fatto, una parte che cercai di maledire con tutte le mie forze.
Ma in fondo ci sarebbe stato altro tempo per dirglielo. No? 






Sono tornata!
Lo so, non aggiorno da 123456789 anni. Mi dispiace tantissimo, questo periodo è stato un vero e proprio inferno per me, ed il tempo di anche solo accedere ad efp era praticamente inesistente.
Ma finalmente ho potuto aprofittare delle vacenze di carnevale per dedicarmi al capitolo. Devo dire che sono abbastanza soddisfatta di come è venuto. Ho basato la maggior parte dei fatti su cose che mi sono realmente successe in questo periodo, per questo scrivere mi è servito anche come sfogo.
Spero di poter aggiornare in un tempo molto più breve rispetto all'ultimo, ma aspetterò comunque dieci recensioni per proseguire.
Che dire, spero che vi sia piaciuto, e che continuerete a seguirmi. Vi aspettano molte sorprese. muahahaha
A presto!
Lily
  
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