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Autore: Beauty    11/02/2013    11 recensioni
E' il 1912. Sulla nave dei sogni si intrecciano i destini di Emma Swann, Regina Mills, Archie Hopper, Ruby Lucas, Mary Margaret Blanchard, il signor Gold, Belle French, Jefferson e molti altri, mentre il Titanic si avvia verso il suo tragico destino.
Chi sopravviverà?
Genere: Azione, Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Belle, Emma Swan, Ruby/Cappuccetto Rosso, Signor Gold/Tremotino, Un po' tutti
Note: AU, OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Ruby entrò nella sua cabina come una furia, chiudendo con forza la porta alle sue spalle e piantandosi le mani sui fianchi, guardando sua nonna con aria truce. Granny ricambiò l’occhiata, sbattendo le palpebre, perplessa.
- Hai già finito il tuo turno?
Ruby non rispose, ma afferrò una sedia e ci si sedette a cavalcioni, senza smettere di guardarla.
- Toglimi una curiosità: la tua è sindrome da cozza attaccata allo scoglio, oppure è semplicemente il fatto che non riesci a fare a meno di recitare la parte del mastino?
Granny la guardò, ancora più perplessa.
- Ruby, sei ubriaca o stai farneticando?
- Oh, e non fare finta di niente!- sbottò la ragazza, corrucciata.- Si può sapere che ti prende? Perché hai detto quelle cose ad Archie?- quando sua nonna era arrivata, Ruby aveva finto di andarsene e si era nascosta poco lontano, origliando tutta la conversazione.- Perché cerchi sempre di spaventarlo?! Quando ti deciderai a farla finita con le tue minacce e a lasciarmi finalmente in pace?!
- Per tua informazione, signorina, io non ho minacciato nessuno - replicò tranquillamente Granny, continuando a lavorare a maglia.- Ho solo chiarito come stanno le cose, tutto qui.
- E come stanno le cose? Sentiamo!- Ruby si rialzò, furiosa. Granny le rispose con un’occhiata truce.
- Ho semplicemente messo in chiaro alcuni punti con il dottor Hopper. Gli ho detto che tu sei una brava ragazza e che non deve approfittarsi di questo, nulla di più.
- E questo tu non me lo chiami minacciare? Se gli avessi puntato un fucile addosso avresti raggiunto lo stesso risultato!- Ruby digrignò i denti.- Quando ti deciderai a non impicciarti più nella mia vita?! Archie è un bravo ragazzo…
A quell’ultima frase, nonna Granny scoppiò in una risata sonora e priva di allegria.
- Un bravo ragazzo? Certo, come no! Sono tutti bravi ragazzi, all’inizio…lo era anche tuo padre - concluse, con una smorfia. Ruby si zittì, prendendo un profondo respiro. Sapeva a cosa stava alludendo sua nonna.
- Non sono tutti come lui, nonna - replicò, a denti stretti.- Quello che ha fatto mio padre non significa che…
- Lo so, Ruby! Lo so. Ma vale anche il contrario - Granny si fece improvvisamente seria, quindi si alzò e le andò incontro, prendendole le spalle.- Ruby, io non dimenticherò mai che cosa ha patito tua madre, come si è ridotta e la fine che ha fatto, tutto per colpa di quel mascalzone di tuo padre. E’ per questo che mi preoccupo. Non voglio che la storia si ripeta. Non voglio che tu faccia la fine di tua madre…
Ruby scosse il capo.
- Sai com’era lei. Sai che era mentalmente instabile, sai che soffriva di depressione e aveva tendenze autolesioniste…Io non sono come lei.
- Anita non sarà stata una donna forte, questo è vero, ma se quel maledetto non l’avesse abbandonata dopo averla messa incinta, forse avrebbe avuto ancora qualche speranza…- Granny sospirò.- So che non sei come tua madre, Ruby, ma non voglio comunque che ti accada qualcosa di male, non voglio che anche tu soffra e ti rovini la vita per colpa di un uomo…Se il dottor Hopper è veramente quello che dice di essere, allora il tempo ne darà la prova. Dai tempo al tempo, Ruby.
La cameriera guardò sua nonna ancora per un istante. Benché a malincuore, doveva ammettere che aveva ragione; e neppure lei voleva fare la fine di sua madre. Eppure, Archie sembrava una così brava persona…
Ruby sospirò, annuendo.
Avrebbe dato tempo al tempo.
 

***

 
Lo spavento aveva avuto il sopravvento sulla rabbia, tanto che la signora Mills aveva praticamente dimenticato di rimproverare Henry per la sua sgarbatezza di quella mattina, e glielo aveva affidato tornandosene ai suoi doveri sociali. Emma avrebbe potuto sospirare di sollievo in eterno: l’ultima cosa che ci voleva in quel momento era l’ennesima sgridata, e con Regina lontana da sé le pareva quasi di respirare aria più pura. Ricambiò il sorriso di Henry.
- Posso andare a giocare laggiù?- chiese il bambino, indicando un punto molto vicino alla balaustra.
- Va bene, ma cerca di non finire di sotto un’altra volta - fece Emma, con una smorfia preoccupata.
Henry annuì, lasciando la sua mano e precipitandosi nella direzione indicata.
- Ehi! Henry, non correre!- gridò Emma, ma il bambino ormai era troppo lontano per poterla sentire. La donna sospirò, chiudendo gli occhi.
- Si consoli, signorina Swann: crescendo andrà sempre peggio - fece una voce allegra alle sue spalle. Emma si voltò, ricambiando con un sorriso ironico quello scherzoso del capitano Graham.
- Lei ha figli, capitano?- domandò.
- No, mai avuti. Anche se ammetto che non mi dispiacerebbe…- Graham fece un piccolo sorriso.- Soprattutto se dovessi avere la fortuna di averne uno come Henry…
- Già. Sembra che io sia l’unica a non averla pensata così…- mormorò Emma, distogliendo vergognosamente lo sguardo. Graham si fece serio, avvicinandosi un poco a lei; avrebbe voluto abbracciarla, o se non altro stringerle la mano, ma aveva paura di essere troppo invadente. Si sentì improvvisamente un verme per averle estorto la promessa di raccontargli la sua storia. Era stata una richiesta dettata dalla voglia di strapparle un sorriso il giorno prima, quando l’aveva sorpresa a piangere aggrappata alla balaustra della prua della nave, ma solo ora si rendeva conto di essersi impicciato troppo. Forse, pensò, Emma non aveva voglia di raccontare le sue vicende personali a un perfetto sconosciuto. Aveva idea che quella donna non fosse mai stata sposata in vita sua e che non avesse nemmeno un amico o un parente su cui contare; aveva abbandonato suo figlio dieci anni prima e ora si fingeva una tata per poterlo riavere con sé.
Era ovvio che la sua non fosse una di quelle storielle che le signore bene condividono con le amiche di fronte a del thé con pasticcini.
- So che cosa sta pensando di me, capitano - esordì Emma, torcendosi nervosamente le mani. Sembrava quasi che fosse un gesto abituale.- So che lei mi crede una sgualdrinella da quattro soldi che dopo aver abbandonato suo figlio ha anche il coraggio di rivolerlo con sé, ma…
- A dire il vero, stavo rispolverando il mio repertorio di complimenti alla ricerca di qualcosa di galante e intelligente da dire, ma se lei ritiene che la conversazione debba avere questo incipit…- Graham sorrise, alzando le mani in segno di resa. Emma ridacchiò brevemente, scostandosi una ciocca di capelli dietro l’orecchio.
- Mi scusi. Il punto è che mi rendo conto di quanto la mia situazione porti a pensare male…- soffiò la donna.- So di non essere giustificabile, su nessun fronte. Non sono una brava madre, lo so. A dire il vero, come persona faccio abbastanza schifo.
- Prima che prosegua con questa spudorata lode di se stessa, signorina Swann, è bene che lei sappia che so trarre da solo i miei giudizi - Graham sorrise, offrendole il braccio. Emma lo accettò, un po’ titubante; non era abituata a tutta questa gentilezza e galanteria, specie da parte di un uomo, per di più del rango del capitano.- Dunque, mi dia la possibilità di giudicare meglio. Ha promesso di raccontarmi la sua storia, ricorda? La sua, e quella di suo figlio…
Emma annuì; non aveva mai raccontato a nessuno il suo passato ma, si disse, Graham avrebbe potuto rivelarsi un buon alleato. O un buon amico.
- Beh, non è che ci sia molto da dire…- mormorò, camminando lentamente al suo fianco, tenendo il capo chino.- Ho avuto Henry a diciotto anni, e non ero in grado di crescerlo. Non avevo un lavoro, non avevo una casa, e il mio fidanzato…beh, ha dato forfait non appena ha saputo che ero incinta.
- Un vero gentiluomo - commentò Graham, facendo una smorfia.- E i suoi genitori? Non l’hanno aiutata, quando hanno saputo che aspettava un bambino?
- Mai avuti dei genitori. O meglio, mai avuti dei genitori degni di essere chiamati tali - Emma fece un sorriso amaro.- Sono cresciuta in un istituto di suore. A quanto pare, mi hanno trovata abbandonata sul ciglio di una strada quando avevo solo pochi giorni di vita. Ho trascorso un po’ di anni in orfanotrofio, poi una coppia mi ha preso con sé, ma non appena hanno avuto un figlio loro mi hanno rispedita al mittente. Gran bel modo di iniziare la vita, eh? Sa, in genere basta questa storia, per far scappare le persone - concluse Emma, con un altro sorriso amaro.
Graham fece un sorrisetto sghembo, stringendole una mano nella sua.
- Cosa fa?- fece Emma, sorpresa.
- Tengo a freno l’impulso che mi spinge alla fuga.
Emma fece uno sbuffo, quindi si portò una mano alla bocca per non ridere. Il capitano fece una breve risata; a quanto pareva, era un poco riuscito a smorzare la tensione.
- Continui. L’ascolto, non me ne vado.
Emma sorrise; era la prima volta che qualcuno non la giudicava a causa del suo passato.
 

***

 
Il pranzo era stata una vera tortura. Mary Margaret aveva tentato di intavolare una conversazione, ma a quanto pareva l’incontro con il tale dottor Victor Whale non aveva turbato solo lei. La tensione non si era smorzata neppure quando se n’era andato, anzi; David Nolan le era sembrato ancora più teso e imbarazzato di prima. Avevano parlato a malapena durante tutta la durata del pranzo, faticando a trovare argomenti di conversazione e a portare avanti la stessa con disinvoltura.
Avevano concluso il tutto consumando il dessert fissandosi negli occhi, in silenzio.
- Beh, la ringrazio per l’invito, signor Nolan - sorrise Mary Margaret quando la cameriera ebbe portato via i piatti vuoti, mai stata più felice che un appuntamento si fosse concluso come in quel momento. Raccolse il suo scialle, alzandosi da tavola.- Ora sarà meglio che me ne torni in cabina…Spero di rivederla presto, e porti i miei saluti anche a sua moglie.
- Aspetti!- David si alzò quasi contemporaneamente.- Aspetti, l’accompagno…
- Non ce n’è bisogno, grazie.
- Insisto - senza attendere risposta, David fu al suo fianco, offrendole il braccio. Mary Margaret non poté fare altro che accettare, trattenendo un sospiro rassegnato. Quello che stava facendo era sbagliato, e lo sapeva.
Non parlarono per buona parte del tragitto, e David trovò il coraggio di aprire bocca solo quando furono sul ponte di seconda classe.
- Mi dispiace di averla messa in imbarazzo…- mormorò.- Mi creda, non era mia intenzione…So che non è stato esattamente il massimo, come appuntamento…
- Non si preoccupi - troncò Mary Margaret.- Non gliene faccio una colpa. Anzi, forse la colpa è stata mia. Non credo di essere una persona particolarmente interessante…
- Oh, no! No, al contrario, lei è…
- E poi, non si può andare d’accordo con tutti - disse Mary Margaret, senza guardarlo.- Lei è stato molto gentile, dico davvero, ma quando due persone non hanno nulla da dirsi, non ci si può fare nulla.
Mary Margaret si arrestò.
- Da qui si arriva agli alloggi di seconda classe - sorrise.- Grazie per avermi accompagnata.
- Un momento!- David la fermò prendendola per un braccio.- Senta…non è detto che noi non abbiamo nulla da dirci, no?
- No, certo che no, ma…- Mary Margaret provò a obiettare, ma subito le parole le morirono sulle labbra. David Nolan aveva avvicinato il proprio viso al suo, tanto che, se si fosse sporta un poco di più, lei avrebbe anche potuto baciarlo.
- Possiamo riprovare, che ne dice? Mi farebbe molto piacere trascorrere ancora un po’ di tempo in sua compagnia…
Le sorrise; Mary Margaret si sentì sciogliere. Non era la prima volta che quel sorriso faceva fare al suo cuore una capriola all’indietro. David Nolan aveva un bel sorriso, dolce e caldo; se il Principe Azzurro fosse esistito, di sicuro avrebbe avuto un sorriso come quello.
Non andava bene. Non andava per niente bene.
Mary Margaret indietreggiò di un passo.
- Certo. Molto volentieri. Magari, se sua moglie si sente meglio, potrà farci compagnia.
Pronunciare la parola moglie fu come gettare una secchiata di acqua gelida sulla testa di David Nolan. Il sorriso gli morì lentamente sulle labbra, senza scomparire, ma divenendo più forzato e meno radioso.
- Naturalmente. Allora…arrivederci, Mary Margaret.
- Arrivederci…David.
Mary Margaret gli strinse la mano, quindi stette a guardarlo allontanarsi. Si erano chiamati per nome, realizzò. Niente più signorina Blanchard e signor Nolan, ma Mary Margaret e David, così di punto in bianco.
Togliti quel sorriso dalla testa, ragazza! E’ sposato, è al di fuori della tua portata! Torna in te!
Mary Margaret sentì quella voce rimbombarle nella mente, e scosse il capo, riscuotendosi. Aveva ragione; si sarebbe messa nei guai, se non stava attenta.
Fece per scendere negli alloggi di seconda classe, quando avvertì uno strano brivido correrle lungo la schiena. Mary Margaret si voltò; sin da piccola aveva sempre avuto una sorta di sesto senso, se così si poteva definire. Avvertiva sempre quello strano brivido, quando qualcuno la stava fissando.
Sollevò lo sguardo. Appoggiato alla balaustra del ponte di seconda classe c’era un uomo, di circa trent’anni, che la stava fissando senza curarsi di nasconderlo, con un sorriso sornione dipinto sulle labbra.
- Buongiorno - salutò Mary Margaret, ostentando noncuranza.- Dottor Whale, se non sbaglio?
- No, non sbaglia. Ma per lei, sono Victor.
Mary Margaret si corrucciò, senza degnarsi di rispondere. Aveva sentito tutto, realizzò con rabbia.
Si affrettò a entrare nel corridoio di seconda classe, senza dire nulla.
Il dottor Whale guardò il cielo, sorridendo. Era proprio vero che, quando il gatto non c’era, i topi ballavano.
 

***

 
Henry si voltò in direzione di sua madre: Emma e Graham erano a diversi metri da lui; stavano chiacchierando, e sembravano molto a loro agio l’uno con l’altra. Il bambino sospirò, appoggiandosi con le braccia alla balaustra di prima classe. Sbirciò di sotto: rimaneva sempre stupito da quanto fossero diverse le persone, l’una dall’altra. I passeggeri sul ponte di prima classe erano tutti eleganti e beneducati, mentre bastava gettare uno sguardo alla seconda e alla terza per vedere solo tanti abiti stracciati e udire una marea d’improperi.
Henry si sporse un poco dalla balaustra, sgranando gli occhi quando scorse, seduta in un angolino sul ponte di terza, una figurina bionda che giocava con un coniglio di pezza. Il bambino sorrise sornione, gettando un’altra breve occhiata a Graham ed Emma per assicurarsi che non lo vedessero, quindi prese a scendere di corsa la scalinata che conduceva alla seconda classe, imboccando repentinamente quella di terza.
Trotterellò allegramente fino alla figura che aveva scorto.
- Ciao!- salutò, un po’ timidamente.
Nell’udire la voce del bambino, Grace smise immediatamente di giocare con il suo pupazzo e sollevò gli occhi su di lui. Immediatamente, lo sguardo le divenne truce, e la bambina aggrottò le sopracciglia.
- Che cosa vuoi, tu?- borbottò.- Sei quasi caduto, oggi, e hai rischiato anche di uccidere quella signorina. Che vuoi fare adesso, metterti al timone?
- No…- Henry si passò una mano fra i capelli, imbarazzato.- No, niente del genere. Volevo chiederti scusa, a proposito - aggiunse.- Mi spiace di averti fatto spaventare.
Grace abbassò lo sguardo, annuendo. Henry le tese la mano.
- Scuse accettate?
- Scuse accettate - concesse Grace, stringendogliela.
Fra i due calò il silenzio. Henry si dondolò brevemente da un piede all’altro, quindi si sedette accanto a lei.
- Viaggi in terza classe?
- Sì; e tu?
- In prima.
- Si vede - Grace ridacchiò, accennando ai vestiti eleganti di Henry; il ragazzino s’imbronciò, sentendosi infinitamente sciocco nella sua camicia inamidata e nella sua giacca di sartoria.
- Senti chi parla!- sbuffò.- Con quel vestito sembri uscita da un baule impazzito…
- I bauli impazziti non esistono. I damerini invece sì!- indicò Henry.
- Ehi!
Grace si voltò appena, dandogli le spalle e riprendendo a giocare con il suo pupazzo. Henry sbuffò, ma la sua arrabbiatura passò presto. Si sporse verso Grace.
- Con chi viaggi?
- Se te lo dico prometti di non insultarmi più?
- Solo se tu fai altrettanto.
- Va bene. Viaggio con il mio papà.
- E tua madre?
- Non c’è. E’ morta quand’ero piccola.
Henry arrossì, imbarazzato per la figuraccia che aveva appena fatto; Grace, comunque, non parve essersi rattristata.
- E tu?
- Con…beh…- Henry si passò una mano fra i capelli.- E’ complicato…
Grace inarcò le sopracciglia, sorpresa.
- Cosa c’è di complicato?
Il ragazzino si avvicinò di più a lei, assumendo un’espressione complice.
- Sai tenere un segreto?- sussurrò; Grace annuì.
Henry avvicinò la sua bocca all’orecchio della bambina, bisbigliando.
- Io ho due mamme.
- Non è possibile!- sbottò Grace.
- Sì, invece!- Henry annuì con vigore.- Ma una delle due non deve sapere che l’altra è qui…Per questo devi tenere il segreto, capisci?
Grace si morse il labbro inferiore, pensierosa, quindi annuì. Henry sorrise, guardando il suo pupazzo.
- Carino. Come si chiama?
- Mr. Bunny. E’ un regalo del mio papà.
- Posso tenerlo un attimo?
Grace annuì, porgendogli il coniglio di pezza. Henry lo prese, guardandolo con attenzione. Non aveva  l’aria di un vero e proprio giocattolo, perlomeno non di uno di quei giocattoli che compri nei negozi. Era un coniglio bianco, ma la pelliccia era rattoppata qua e là da toppe blu e verdi, mentre la camicia rossa era fatta di più pezzi di stracci cuciti insieme; era stranamente leggero, e Henry intuì che doveva aver perso un bel po’ della sua imbottitura.
- Tu hai giocattoli?- chiese Grace.
- Sì. Se vuoi, uno di questi giorni puoi venire nella mia cabina. Potremmo giocare insieme.
- Certo. Molto volentieri.
Henry sorrise; forse aveva trovato una nuova amica.
 

***

 
- Ehi, rubacuori!
Archie si riscosse non appena sentì August chiamarlo con voce ridacchiante. Si sollevò a sedere sul letto su cui era disteso.
- Che c’è, August?
- Hai sentito una sola parola di quello che stavamo dicendo?
Archie sospirò, togliendosi gli occhiali e passandosi una mano sul volto.
- Scusatemi, ero…ero soprappensiero…
- Visto?- August si voltò verso suo padre, rivolgendogli un sorriso sornione.- Te l’avevo detto? Se questa non è cottura a fuoco lento, allora cos’è?
- August, ma tu non avresti da pensare a qualche romanzo?- Archie sbuffò, alzandosi in piedi.- Ero solo soprappensiero, niente di più…
- Certo…C’entra per caso qualcosa quella cameriera…come si chiama…Ruth Lambert?
- Ruby Lucas - precisò il dottor Hopper, prima di potersi trattenere.
- Lo sapevo!- August rise, incrociando le braccia dietro la nuca. - Sei cotto a puntino!
- Mi dispiace, Archie - sospirò Marco.- Io provo a farlo stare buono, ma ha la lingua più lunga di quella di un lama!- l’uomo afferrò l’ombrello di Archie, tentando di colpire suo figlio, il quale si scansò con una risata.
- Lingua più lunga di un lama, papà? Sai che sembra uno scioglilingua?
- Io porto Pongo a fare una passeggiata - dichiarò Archie, nel disperato tentativo di uscire indenne da quella conversazione. Afferrò il guinzaglio e lo annodò intorno al collare del dalmata.
- Certo, certo, come no…- fece August.- Senti, ma se ti piace tanto, perché non le dai un appuntamento come si deve? Perché, ammettilo, delle semplici conversazioni sul ponte di terza classe non sono il massimo del romanticismo. E te lo dice uno che, modestia a parte, se ne intende…
Marco fece uno sbuffo divertito; August gli lanciò un’occhiataccia.
- Io ho una vita amorosa, papà, che tu non immagini neanche…
- Oh, davvero? E chi sarebbe la disperata?- ghignò Marco.
- A parte che non ho idea di dove potrei invitarla nel bel mezzo dell’oceano…August, lei è fuori dalla mia portata!- disse Archie.- Insomma, io ho trentacinque anni, lei non più di venti…Io viaggio in terza classe, e lei…
- E lei si paga il biglietto rifacendo i letti, stando a quanto mi hai raccontato - concluse August.- Quante idiozie inutili…- si passò una mano sulla fronte.- Ma beh, gli amori travagliati sono sempre i migliori…
Archie scosse il capo, rassegnato, e uscì. August sorrise a suo padre.
- Scherzi a parte, se continuiamo di questo passo, arriveremo a New York senza che concludano niente…Bisogna fare qualcosa, papà…
- August, non cose che riguardano solo Archie - fece Marco.- Non t’immischiare.
- Io non ho nessuna intenzione di immischiarmi! Voglio solo dare una mano…E poi, sono curioso di vederla, questa Ruby Lucas…
- August…- Marco sospirò, esasperato.- August, sto parlando seriamente. Dai tempo al tempo. Il destino saprà cosa fare…
Il giovane uomo non rispose, e finse di tornare a concentrarsi sulle pagine del suo libro.
Sta di fatto che, di tanto in tanto, il destino ha bisogno di un piccolo aiuto…
 

***

 
Belle aprì la porta della cabina di prima classe senza avere il coraggio di guardare negli occhi il signor Gold. Lei e l’uomo non avevano scambiato parola per tutto il tragitto; non che si aspettasse diversamente, dato quello che lei aveva combinato. Il signor Gold non si lamentava di nulla, ma era chiaro che il ginocchio gli faceva ancora male. Belle si chiese come si fosse ferito a quella gamba, ma tutto ciò che poteva fare era rimanere in silenzio e camminargli a fianco rossa in volto per la vergogna.
Solo quando furono nella sua cabina Belle trovò il coraggio di parlare.
- Si sieda…- mormorò.- Vedrà che con un po’ di riposo non le farà più male…
Il signor Gold non rispose, ma ubbidì, e si lasciò cadere sul sofà foderato di velluto rosso poco distante, massaggiandosi il ginocchio. Aveva ancora l’aria scocciata. Belle si guardò nervosamente intorno, torturandosi una manica del vestito per tenere le mani impegnate.
- Dove sono i domestici?- pigolò, vedendo la cabina deserta.
- A sbrigare qualche faccenda da qualche altra parte, suppongo. Non sono il tipo che viaggia portandosi dietro la servitù - il signor Gold le rivolse un’occhiata in tralice.- Ora che è riuscita a trascinarmi fino a qui e ha appurato che non mi trovo in punto di morte, signorina French, può ritenersi sciolta dal suo impegno, se lo desidera…
- No, non finché il suo ginocchio non smette di darle dolore…- disse Belle, risoluta.- Non la lascio qui da solo, non in queste condizioni…
- E’ solo un ginocchio dolorante, non un attacco di colera…
- Io comunque non la lascio da solo.
- E’ testarda, eh?- ghignò il signor Gold; Belle fece un piccolo sorriso.
- E’ uno dei miei peggiori difetti - gettò un’altra occhiata al ginocchio.- Sa dirmi dove posso trovare del ghiaccio?
- Se aspetta un altro paio di giorni ne avrà a volontà, con tutti gli iceberg che troveremo sul tragitto…- ghignò il signor Gold.- Ho parlato con il comandante, stamattina. Gli è stato recapitato un avvertimento di pericolo iceberg, a quanto pare…
Belle incrociò le braccia al petto, innervosita.
- Ha intenzione di dirmi dove posso trovare del maledetto ghiaccio oppure devo mettere a soqquadro tutta la cabina?
- Non la facevo così scurrile, signorina French…- il signor Gold guardò Belle negli occhi, quindi fece una smorfia di dolore; il ginocchio non gli dava pace. Forse un po’ di ghiaccio lo avrebbe aiutato.
- Nell’altra stanza, alla sua destra…- sospirò.- C’è una ghiacciaia. Una cameriera l’ha riempita stamane, se siamo fortunati dovrebbe esserne rimasto ancora un po’…
Belle annuì, e corse nella camera indicata. C’era una piccola scatola alla destra del caminetto; la ragazza l’aprì: la maggior parte del ghiaccio s’era già sciolto, ma ne restava ancora qualche pezzo. Belle si guardò intorno alla ricerca di qualcosa per poterlo prendere in mano. Lo sguardo le cadde poco distante, su quelle che dovevano essere le valige del signor Gold. Non erano ancora state completamente disfatte, ma erano aperte. La ragazza si avvicinò, alla ricerca di qualcosa che facesse al caso suo. Prese un fazzoletto di stoffa bianca piegato in quattro e lo spiegò. Sì, quello sarebbe potuto andare bene.
Fece per tornare alla ghiacciaia, ma lo sguardo le cadde su un altro oggetto. Si avvicinò nuovamente per vedere meglio. Nella valigia, sopra a tutti gli abiti e gli altri oggetti, c’era una fotografia in una cornice d’argento. Belle la prese fra le mani per vedere meglio. La foto ritraeva il signor Gold, leggermente più giovane di qualche anno, elegante come sempre nel suo solito completo nero. Era in piedi, e dava le spalle a una casa con giardino che Belle non aveva mai visto. Sorrideva; non era un sorriso radioso o eccessivo, piuttosto una smorfia sghemba, ma si vedeva che era sincero, e allegro. Belle rimase un attimo perplessa; per quanto fosse assurdo, non era mai riuscita a figurarsi il signor Gold che sorrideva. Ma ciò che la lasciò più sconcertata fu che, in quella fotografia, l’uomo non era solo. Il signor Gold teneva una mano avvolta intorno alle spalle di un’altra persona, quasi un timido abbraccio. L’altra persona in questione era un ragazzo, di circa tredici o quattordici anni, più basso del signor Gold ma comunque abbastanza alto, snello, e con un volto ovale e gentile, gli occhi grandi e scuri e una folta massa di capelli castani. Indossava una divisa con maglione e cravatta, probabilmente doveva essere uno studente.
Chi era quel ragazzino?
- Signorina French, si è sciolta anche lei insieme al ghiaccio?
La voce del signor Gold giunse dal salotto così all’improvviso da farla sobbalzare. Belle rimise la fotografia al suo posto, vergognosa di essersi impicciata in affari che non la riguardavano; tornò velocemente alla ghiacciaia e ne estrasse il pezzo di ghiaccio più grande, avvolgendolo con attenzione nel fazzoletto, quindi corse nuovamente in salotto.
- La davo per dispersa…- ghignò il signor Gold. Fece per prenderle il fazzoletto di mano. - Lasci, faccio da me…
- Assolutamente no! Sono io che l’ho ridotta in questo stato, spetta a me rimediare…- Belle s’inginocchiò ai piedi del sofà. - Ora stia fermo…
Cautamente, premette il ghiaccio contro il ginocchio dolorante di Gold. Un sibilo di dolore uscì dalle labbra dell’uomo quando il freddo entrò a contatto con la stoffa dei pantaloni. Belle tolse immediatamente il fazzoletto.
- Mi scusi…- soffiò. Lentamente, pose di nuovo il ghiaccio sul ginocchio, premendolo con più delicatezza.
- Come si sente?- chiese dopo qualche minuto.
- Ammetto di aver avuto momenti migliori, ma il dolore si sta attenuando…- rispose Gold. Belle arrossì violentemente; chinò il capo, senza smettere di premere il fazzoletto sul ginocchio.
- Mi dispiace…- mormorò.- Davvero, sono mortificata. Non intendevo…beh…caderle addosso.
Il signor Gold fece il suo solito ghigno.
- Succede anche sui migliori transatlantici…
- E…a proposito, grazie - Belle lo guardò negli occhi.- Per avermi salvato la vita. A me e a quel bambino - precisò. Il signor Gold distolse brevemente lo sguardo.
- Non c’è di che. Se posso chiedere, chi era quel ragazzino, e cosa stava facendo di preciso? Non mi vorrà dare a bere la storia che ha raccontato alla madre e al capo della giustizia…
- Beh, credo che stesse solo giocando, in fondo. Non so chi sia, a dire il vero. Non l’avevo mai incontrato, prima di oggi…
- Però, quando ha capito che era in difficoltà, è corsa subito in suo aiuto - osservò Gold.
- Era nei guai. E poi, si potrebbe dire lo stesso di lei - Belle ridacchiò.- In ogni caso, grazie.
Il signor Gold non rispose, e tornò a guardare altrove. Belle continuò a tenere il ghiaccio premuto sul suo ginocchio pensierosa. D’un tratto, chiese:
- Signor Gold, lei è sposato?
Il signor Gold la guardò, evidentemente sorpreso. Belle si sentì avvampare. Cosa le era saltato in mente, stupida che non era altro?!
- No, signorina French. Non sono sposato - rispose l’uomo dopo qualche istante, con voce piatta.
Belle non disse più nulla. Cosa diamine le era preso? Era stata quella fotografia, non c’erano dubbi...Non sapeva neppure lei bene il perché, ma si era messa in testa che quel ragazzino fosse il figlio del signor Gold. Era assurdo, non si somigliavano neppure, a dire il vero…Beh, pensò, se il signor Gold non era sposato, ciò toglieva anche di mezzo la possibilità che quel ragazzino nella fotografia fosse suo figlio. Chi poteva saperlo, magari si trattava semplicemente di un nipote, o di un figlioccio. Senza contare che il signor Gold non le era mai parso un tipo che amava molto i bambini.
Eppure, c’era dell’altro. Quando lui le aveva detto di non essere sposato, si era improvvisamente sentita il cuore più leggero…
 
Angolo Autrice: Che dire, a parte le solite scuse per il ritardo? Scusate, è che questo è un periodo denso di esami che oltre a fiaccare il mio equilibrio psicofisico incidono molto negativamente anche sulla mia ispirazione…Un doppio scusa va a Ginevra Gwen White dal momento che le avevo promesso il capitolo un giorno prima, ma purtroppo non ce l’ho fatta…
Allora, partiamo come al solito con il commento del capitolo (chi ancora si prende la briga di leggere le cretinate che scrivo nell’Angolo Autrice mi conosce e sa a cosa va incontro, gli altri, beh, leggano a proprio rischio e pericolo XD). La Hunter Swan sta procedendo a piccoli passettini ma sta procedendo, e poi, ehi, come dice il proverbio chi va piano va sano e va lontano…anche se applicato al Titanic non so quanto lo si possa prendere sul serio, in ogni caso il concetto è keep calm and make love XD! Passando al duo Henry/Grace…allora, chi segue la mia long Once Upon a Time in Storybrooke: Beauty and the Beast non sarà troppo stupito di rivedersi proposto il duo delle meraviglie…spero che questa cosa non annoi, ma ehi, capitemi! Sono solo una povera fanwriter a cui non resta altro che sognare, e proprio non ce la faccio, NON CE LA FACCIO, a non shippare questi due, pure se sono dei bambini…Non sono una pervertita, ci tengo a chiarirlo. Molti shippano Henry e Ava, ma io personalmente (pure se non si sono mai parlati per più di due secondi) trovo che Henry e Grace/Paige siano carini, insieme, anche solo come amici…Insomma, nel mondo infantile, io shippo Henry e Grace tanto quanto Baelfire e Morraine (sono malata, lo so :(!). E, a proposito di ship…Vi sarete accorti che con la Red Cricket in questo capitolo non c’è granché degno di nota. Questo è dovuto essenzialmente a esigenze di copione (dal prossimo capitolo tornerò alla carica, don’t worry), ma colgo l’occasione per dire che In the Name of the Brother ha messo a dura prova il mio amore per Archie e Ruby…
Insomma, la Frankenwolf…Ruby e Whale insieme sono troooppo belli insieme, dai! Qualcun altro la pensa come me? Spero di sì, in ogni caso so che posso contare sull’appoggio di Lady Deeks XD. Insomma, questi due mi hanno conquistata, ma purtroppo non posso fare un cambio di rotta proprio adesso (senza contare che il mio amore per la Red Cricket non si è ancora del tutto estinto, lotta con le unghie e con i denti, ma resiste XD), e in questa storia accoppierò Ruby e Whale con chi speravo si accoppiassero quando ancora non stavano insieme (la definizione non è del tutto appropriata, lo so, ma spero comunque che diventino canon!).
Quanto alla Snowing, sapete che meno dico e meglio sto…A tratti potrebbe risultare un po’ melensa, ma visto che questi due lo sono già per i fatti loro…Sto comunque cercando di non aggravare la situazione e di mantenere un briciolo di originalità nella cosa. Se vedete che peggioro inesorabilmente, siete autorizzati a farmelo notare anche a suon di legnate!
E ora veniamo al punto critico…la Rumbelle. Allora…chi è una Rumbeller e ha visto The Outsider e In the Name of the Brother mi capirà sicuramente. Non penso che mi dilungherò molto a descrivere i miei sentimenti dopo quei due episodi per il semplice fatto che non ci sono parole adatte per descrivere come mi sono sentita! Posso solo dire che ho sofferto, ho sofferto tantissimo, e ora non riesco più a leggere nulla che abbia a che fare con la chipped cup senza ripercussioni psico-emotive, e chi vuole intendere, intenda! Per di più, mi sento anche uno schifo perché in tutte le mie storie loro due non se la stanno passando bene…Intendiamoci, dipendesse da me questi due (sfigati) amorucci sarebbero già sposati con tanto di prole al seguito, ma a quanto pare nessuno che abbia a che fare seriamente con OUAT la pensa allo stesso modo, sicché anche farli stare male nelle fic mi sembra come una raffica di mitra sulla Croce Rossa…che ci volete fare, sono un tipo sensibile, io XD!
Un giorno ce la farò a scrivere qualcosa di allegro su loro due…
Okay, passata la sfilza di sproloqui senza un nesso logico, dico un’ultima cosa, sempre a proposito delle ship. Dopo aver visto uno sneak peek della puntata Tiny credo che alla mia classifica se ne aggiungerà un’altra…Gigante/Jack! Okay, va bene, sono malata…Il punto è che il Gigante già mi sta simpatico (e non c’entra il cazzotto in faccia che ha dato a David Nolan…sul serio, non c’entra…no, davvero…OKAY, VA BENE, C’ENTRA XD!), e lo sguardo che ha lanciato a Jack (una donna! O.o) mi ha fatto pensare…boh, se qualcuno l’ha visto, mi dica che ne pensa :).
Ah, a proposito di spoiler e OUAT…vi lascio il link della pagina wikia italiana dedicata a questo telefilm, gestita da Lety Shine 92.
 
http://it.ceraunavolta.wikia.com/wiki/Tiny
 
Nel prossimo capitolo avremo un po’ di incontri fra i vari personaggi, più Snowing, Red Cricket e Hunter Swan (e, anche se non prometto nulla, forse anche un pochino di Rumbelle…ma lo ripeto, non garantisco niente). Il prossimo capitolo sarà anche l’ultimo dell’11 aprile, dal settimo si attaccherà con 12 aprile…e la fase critica si avvicina…:(.
Ringrazio chi ha aggiunto la storia alle seguite, alle ricordate e alle preferite e _BriciolaElisa_, LadyAndromeda, TheHeartIsALonelyHunter, Avly, Valine, Lety Shine 92, kagura, JustD, Pitonia, jarmione, ClarinetteM, nari92 e Lady Deeks per aver recensito.
Ciao, al prossimo capitolo!
Dora93
  
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