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Autore: Echo85    12/02/2013    1 recensioni
SPOILER 5X13
Era arrivato il momento. Era ora di tornare lì, lì dove il suo cuore si era spezzato per sempre.
Genere: Angst, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Merlino, Principe Artù | Coppie: Merlino/Artù
Note: AU, What if? | Avvertimenti: Spoiler! | Contesto: Nel futuro
Capitoli:
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Erano le 14.30 e Merlin stava parcheggiando l'auto davanti a Camelot, dove aveva appuntamento con Isabel.
Aveva suggerito quell'orario perché si augurava di incrociare Arthur visto che al mattino probabilmente sarebbe stato all'università.
Si avvicinò al cancello e vide ciò che il giorno prima non aveva fatto in tempo a scorgere. Insieme ai cognomi dei genitori di Sophie, ce n'era anche un altro: Pendragon.
Leggendolo, sentì una capriola nel petto.
Sperando che da lì a poco l'avrebbe rivisto, suonò in fretta il campanello.
Dopo un attimo si ritrovò davanti alla porta con una Isabel sorridente che lo stava aspettando.
 
"Salve signora"
 
"Ciao Merlin... comunque puoi chiamarmi Isabel".
 
"Va bene, Isabel", le disse sorridendole.
 
"Vuoi un caffè prima di andare?".
 
Merlin che avrebbe passato più tempo possibile in quella casa, non se lo fece ripetere due volte e così dopo un attimo si ritrovò in sala ad aspettare.
Gli occhi gli caddero di nuovo su quegli scaffali pieni di foto e così si avvicinò per guardarli.
Sentì la tenerezza invadergli il cuore quando vide un bambino biondo con gli occhi azzurri che sorrideva spensierato davanti a una torta sulla quale c'erano cinque candeline.
"Arthur", sussurrò emozionato, mentre allungava la mano per accarezzare la foto con la stessa dolcezza con cui avrebbe accarezzato davvero quel bimbo se fosse stato davanti a lui.
Lo scorse poi adolescente, poi ragazzo e poi finalmente uomo, e gli mancò per un attimo il fiato quando i suoi occhi si posarono sul suo re.
Osservò quella che doveva rappresentare il giorno della sua laurea e in cui era ritratta anche Isabel.
Lui aveva un sorriso immenso e la stava guardando con uno sguardo pieno di affetto.
Provò una stretta al cuore vedendo quel ritratto. Era così felice che avesse trovato una famiglia che lo amasse tanto come meritava e non aveva dubbi che lui ricambiasse quell'amore.
 
"Eccomi qui", una voce interruppe i suoi pensieri.
 
"Scusa... mi sono permesso di guardare le vostre foto. Che bella famiglia che siete".
 
"Oh non ti devi scusare", rispose lei sorridendo, "grazie...", continuò, bloccandosi perché avevano sentito una porta chiudersi.
 
Merlin sperò con tutto se stesso di trovarsi davanti Arthur e cominciò a muoversi agitato sul divano, ma le sue speranze furono vane.
 
"Oh Oliver, eccoti qui", disse Isabel e poi gli presentò Merlin dicendogli che era il ragazzo di cui gli aveva parlato la sera prima.
 
I successivi quindici minuti passarono parlando del centro e il mago fu davvero impressionato dalla bontà di quelle persone.
 
"Beh direi che allora possiamo andare", disse Oliver alzandosi in piedi.
 
Nel frattempo però sentirono un rumore provenire dalla stanza accanto e dopo un attimo videro Arthur avanzare verso di loro.
 
"Ciao mamma, papà...", esordì, "Salve", continuò lanciando una veloce, e di traverso, occhiata in direzione di Merlin.
 
"Vuoi un po' di caffè?", gli chiese Isabel.
 
"Lo berrò in cucina", rispose seccamente, sparendo dalla loro vista.
 
La donna si chiese cosa avesse e perché si comportasse così sgarbatamente davanti agli ospiti quando di solito era cordiale e socievole.
Nel momento in cui Merlin se l'era visto piombare nella stanza, aveva cominciato a tremare e avvertito di nuovo quel tuffo al petto, ma era stato tutto così breve.
Perché Arthur lo aveva guardato così in malo modo? Cosa gli aveva fatto? Si erano conosciuti solo il giorno prima e non avevano nemmeno parlato. Gli doveva aver fatto davvero una brutta impressionato, pensò scoraggiato.
Doveva trovare il modo di riuscire a parlare con lui, se le cose fossero continuate così non sarebbe mai riuscito nel suo intento.
Era così perso nei suoi pensieri che Oliver dovette scuoterlo ripetendogli ciò che stava provando a dirgli da qualche istante.
 
“Cosa? Mi scusi”.
 
Dopo un'ora la loro visita a Camelot era terminata.
Questa volta, nonostante fosse stato difficilissimo, Merlin era riuscito a concentrarsi mostrando interesse e ponendo anche parecchie domande. Aveva conosciuto le donne presenti e i loro bambini ed era stato sempre più convinto a voler prendere un impegno fisso con loro.
Si era accordato con Isabel e Oliver che tre volte alla settimana si sarebbe recato da loro per le lezioni con Sophie e che invece tutti i giorni, negli orari in cui sarebbe stato libero dal lavoro, sarebbe andato in comunità dove avrebbe intrattenuto i piccoli. Li aveva quindi salutati e lasciato la villa.
Una volta all'aria aperta si rese conto che il sole era già tramontato. Aveva passato tutto il pomeriggio lì ed era stato talmente preso da tutto che sembrava davvero che il tempo fosse volato via. Ora si stava avviando verso l'auto con l'animo scaldato dai sorrisi di quei bambini, ma molto deluso per aver avuto un'occasione così breve per vedere il suo re e per come questa si fosse svolta.
Stava camminando senza entusiasmo, a testa bassa, perso nei suoi aggrovigliati pensieri, quando all'improvviso sentì un automobile arrivare ad altissima velocità.
Alzò lo sguardo e di fronte a lui vide Arthur quasi in mezzo alla strada che lo stava fissando intensamente.
La macchina si avvicinava sempre di più, ma lui non pareva essersene accorto perché continuava a stare immobile nella stessa posizione.
Merlin si buttò quindi su di lui portandolo in salvo.
Quando aveva visto quella macchina così vicino all'altro, il panico lo aveva assalito ed era stato quasi in procinto di usare la magia.
Non aveva capito più nulla, il terrore di poterlo perdere di nuovo gli aveva attanagliato il cuore, mozzandogli il respiro. Avrebbe usato i suoi poteri di fronte a lui, pur di non rischiare la sua vita.
Non gli sarebbe importato delle conseguenze, per niente.
Invece poi, come spinto da una forza esterna, si era bloccato e si era ritrovato a correre nella sua direzione.
Ora era completamente steso sul suo corpo, tremolante e con gli occhi fissi nei suoi, e dovette fare uno sforzo immane per non stringerlo tra le sue braccia.
Una sensazione di beatitudine gli stava invadendo ogni cellula, facendogli girare la testa.
Quanto avrebbe voluto poggiare la sua fronte su quella del suo re e perdersi in quella miriade di sensazioni che avvertiva con il contatto con lui.
Rabbrividì, trattenendo l'impulso di rifugiarsi sul suo petto e piangere tutte le lacrime che erano intrappolate nella sua anima.

 
"Togliti di dosso". Quella voce spezzò i suoi desideri, facendogli calare il gelo dentro.
 
Non fece in tempo ad alzarsi che l'altro era già fuggito come se si fosse ustionato.
Lo guardò andare via mentre lo sconforto e la tristezza lo riempivano sempre di più.
Se dopo il loro incontro del pomeriggio era stato deluso, ora era completamente demoralizzato.


 
 
***

 
 
Quella mattina Arthur si era svegliato davvero male.
Aveva dormito poco e quel poco sonno che era riuscito a fare, era comunque stato agitato e tormentato.
Questo l'aveva fatto arrivare tardi all'università, scombinandogli tutta la giornata che invece aveva precisamente organizzato.
Aveva scacciato ogni pensiero che riguardasse i motivi per cui non era riuscito a dormire, perché un conto era fare quei pensieri folli di notte, un altro era averli di giorno.
Non aveva avuto il coraggio di tornare su quell'argomento e quindi non ci aveva mai pensato.
O meglio, ogni volta che l'aveva fatto, aveva poi pensato immediatamente a qualcos'altro impedendosi così di rimuginare su quello che era successo.
Ora stava guidando verso casa deciso a buttarsi sul letto e dormire tutto il pomeriggio, ma non sapeva che quello sarebbe rimasto solo un desiderio.
Arrivò davanti al cancello e sbuffò sonoramente quando vide l'auto di quell'idiota del giorno prima.
"E' ancora qui, maledizione!", brontolò, mentre una strana sensazione, che però finse di non avvertire, si faceva strada in lui.
Attraversò la soglia di casa deciso a non farsi condizionare da quel tipo che nemmeno conosceva.
Sospirò ed entrò nella stanza da cui provenivano le voci.
Salutò i suoi genitori e lanciò uno sguardo veloce al tizio salutandolo nel modo più freddo possibile.
Dopo un istante si trovava già in cucina cercando di non soffermarsi su ciò che aveva provato quando aveva incrociato, seppur per un attimo, quegli occhi celesti che l'avevano tormentato così tanto.
Aveva improvvisamente caldo e dovette sbottonarsi la camicia perché si sentiva soffocare.
"Dannazione!", mormorò a denti stretti, insultando mentalmente quel ragazzo dal nome strambo e aspettando lì dentro fino a quando le voci non furono diventate solo un suono indistinto.
Quando fu sicuro di essere solo, salì in camera sua buttandosi a pancia in giù sul letto e nascondendo la testa sotto al cuscino come a voler tenere fuori dalla sua testa quei dannati pensieri.
Dopo quella che era sembrato un'eternità, era riuscito finalmente ad addormentarsi.
Lo squillo del suo cellulare lo svegliò un'ora dopo; era uno dei suoi compagni d'università che gli aveva telefonato per chiedergli se volesse unirsi a loro per una partita a calcio.
Non aveva assolutamente voglia, ma correre avanti e indietro sarebbe stato un ottimo sfogo della sua rabbia e così accettò.
Uscì di casa non aspettandosi di trovare ancora parcheggiata la macchina di quello lì. Poco prima aveva incrociato Sophie e quindi non era lì per fare lezione con lei.
Ricordò che prima lo aveva trovato mentre parlava con i suoi genitori e capì che dovesse trattarsi di Camelot.
Non erano fatti suoi comunque, si disse mettendosi in auto e sfrecciando via come se volesse scappare da lì il più in fretta possibile.
 
La partita l'aveva davvero aiutato perché per un po' era riuscito a non pensare ad altro se non a seguire la palla.
Aveva salutato i ragazzi dandogli appuntamento a più tardi in uno dei pub che più frequentavano e ora stava andando a casa per la cena.
Arrivato davanti al cancello, fu stupito nel vedere ancora l'auto del suo fastidioso perseguitore.
Scese dalla sua sperando che sua madre non l'avesse invitato a cena. Se fosse stato così, avrebbe inventato una scusa e sarebbe uscito di nuovo. Di certo non avrebbe cenato con quegli occhi calamita a pochi centimetri dai suoi.
Stava per attraversare la strada, quando vide l'oggetto dei suoi pensieri che camminava a testa bassa e sembrava completamento perso nei suoi pensieri.
Non si era accorto della sua presenza e quindi lui ebbe il tempo di osservarlo attentamente.
Era talmente chino che pareva stesse trasportando tutto il peso del mondo sulle sue spalle.
Non seppe perché, ma vederlo così triste, gli provocò un fastidioso dispiacere. Ma che gliene importava di lui? Pensò, sconvolto.
Era però incapace di smettere di guardarlo. C'era qualcosa in lui che lo attirava, ma non aveva proprio idea di cosa fosse e soprattutto non aveva idea del perché lo attirasse così tanto dato che era un uomo.
Si era imbambolato ad osservarlo mentre quelle domande martellanti non riuscivano a trovare risposta.
A un certo punto vide l'altro tuffarsi su di lui per poi buttarlo in terra e si svegliò immediatamente dall'intontimento in cui era finito, realizzando ciò che era successo.
Era talmente preso a scrutare quel tizio che si era quasi fatto ammazzare! Spalancò le palpebre e si trovò quelle due iridi azzurre a pochi centimetri dal viso.
Il suo corpo fu inondato da una sensazione che non aveva mai provato prima.
Un formicolio si stava propagando in ogni fibra del suo essere e si sentiva come se ogni cellula si stesse riempiendo.
Un calore lo sommerse ovunque mentre intensi brividi gli attraversarono la schiena.
Quegli occhi, quei dannati occhi dai quali non riusciva a slegare lo sguardo e che lo stavano guardando in un modo così particolare, erano incredibilmente profondi. Sembravano contenere l'immenso.
Quando sentì l'impulso di toccare quel corpo caldo sopra al suo, capì di aver oltrepassato il limite.
Sconvolto ordinò all'altro di togliersi immediatamente e, appena questo l'ebbe fatto, fuggì via il più veloce possibile.
 

 
***

 
 
Dopo averlo visto correre in casa, a Merlin non era rimasto che mettersi in auto e dirigersi verso il suo appartamento. Era sconvolto.
Sia per quello che aveva provato quando il suo corpo era stato spalmato su quello di Arhtur sia per il modo in cui lui aveva reagito.
Nemmeno la prima volta che si erano conosciuti avevano avuto un buon inizio, ma in quel caso conosceva la ragione.
Ora invece non riusciva a spiegarselo.
Era vero, aveva fatto la figura dello sciocco, ma Arthur come poteva prendere qualcuno in antipatia dopo averlo visto solo per pochi istanti?
Non si erano mai parlati eppure gli lanciava occhiate truci.
Probabilmente erano destinati ad avere un inizio burrascoso, probabilmente Arthur era nato di nuovo arrogante e presuntuoso, probabilmente toccava di nuovo a lui migliorarlo e far uscire il suo buon cuore.
Come avrebbe fatto però se le cose non facevano che peggiorare? Si chiese, abbattuto.
Come avrebbe fatto dopo ciò che era successo quella sera? L'altro era parso schifato dal loro contatto e non l'aveva nemmeno ringraziato per averlo aiutato.
Non sapeva cosa avrebbe agito, sapeva solo che non si sarebbe mai arreso. Mai.
 

 
 
***
 
 
 
Arthur era turbato come mai lo era stato in tutta la sua vita. Si sentiva impazzire, aveva voglia di urlare e spaccare tutto ciò in cui si imbatteva.
Era corso in camera sua e ora stava camminando avanti indietro per la stanza con una mano che gli copriva gli occhi come se servisse a dimenticare ciò che era appena accaduto.
Ma era completamente inutile. Non poteva fingere di scordarlo perché il suo corpo, ancora accaldato e tremolante, glielo stava ricordando. Glielo stava urlando.
Sentiva come se il sangue gli stesse ribollendo nelle vene, come se il cuore gli stesse per esplodere talmente batteva rapidamente.
Si buttò sul letto con i palmi che gli nascondeva il viso, incredulo e confuso.
Ripensò allo sconosciuto: Merlin.
Per la prima volta non pensò a lui come tizio,  idiota o sconosciuto.
Per la prima volta pensò al suo nome.
E mentre nella sua mente pronunciava quelle lettere, non poté impedirsi di rabbrividire al ricordo di quelle iridi profonde incollate alle sue.
Era stato come se quegli gli occhi gli avessero guardato dentro, come se lo avessero trafitto.
Il guaio era che lui si era sentito... gli costava tantissimo ammetterlo, ma sì, si era sentito al sicuro.
Come quando si trova qualcosa che si cerca da sempre. Qualcosa che ha il sapore di casa, qualcosa che ha il sapore di calma.
E quando lo aveva visto camminare triste e sconsolato, non era riuscito a schiodare il proprio sguardo da lui, sentendo strane sensazioni a cui non voleva dare nemmeno un nome.
E ancora ora sentiva tutte quelle cose, ma non voleva definirle, non poteva.
Si alzò di scatto. Ma cosa stava pensando!
Quello che era successo non aveva alcun significato e non lo aveva turbato nemmeno un po'!
Il calore che sentiva era dovuto alla corsa che aveva fatto in palestra, si rassicurò, fingendosi di dimenticare che aveva già fatto la doccia lì e che quando era uscito il suo corpo aveva una temperatura normalissima.
Non sopportava quel Merlin! Come poteva sopportare colui che lo sconvolgeva così tanto?
Colui che gli stava facendo perdere la razionalità? Colui che gli stava condizionando le giornate e le notti?
Colui che stava causando la rottura di ogni suo equilibrio? Colui che aveva il potere di mandarlo in confusione con un paio di occhi?
Ma chi si credeva di essere? Tutti ce li avevano! Non era l'unico, maledizione!
Imprecò rabbiosamente, mentre si vestiva per uscire.
Quella sera si sarebbe divertito! Non avrebbe certo passato la serata a pensare a quello lì, torturandosi perché non capiva cosa stesse succedendo.
Per quello sarebbe basta la notte, gli disse una vocina che scacciò subito.
No no, si sarebbe divertito alla follia!! Si assicurò convinto, non dando retta ancora a quella voce che gli diceva che doveva assolutamente uscire perché voleva distrarre il suo corpo che non ne voleva proprio sapere di raffreddarsi.









NOTE FINALI: 
Grazie a chi lascia un commento, a chi aggiunge la storia tra le seguite/preferite/ricordate e anche a chi semplicemente ha letto e continua a farlo.
  
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