La neve
brucia.
Non di quel
calore che scalda lo stomaco, o di quel piacevole tepore che precede
l’orgasmo.
La neve brucia
come il fuoco dell’inferno. Graffia e cosparge i tagli di
altre fiamme, azzanna
e beve il sangue. Ti uccide senza farti morire.
Naruto si chiede
se sia davvero così, oppure se sia lui a trasferire tutto
questo alla neve
perché associarlo a Sasuke renderebbe i suoi sentimenti
ancora più difficili.
Ci prova ad amarlo, ci prova davvero, ma ogni volta che lui lo ferisce
deve
ricominciare daccapo. Bisogna vivisezionare il passato, trovare i radi
momenti
in cui Sasuke Uchiha è stato davvero degno di una qualsiasi
sensazione positiva,
e poi pigiarli con la forza all’interno di un’unica
notte.
Il maldestro
collage che ne esce fuori è sempre più disperato
e sempre meno convincente.
Ma a chi
importa? Tanto di lui non se ne può fare a meno.
Schegge
bagnate di sogni
Una volta
a
Naruto piaceva dire che casa è dove qualcuno ti pensa. Con
il passare del tempo
si era dovuto ricredere, perché quella che ormai si era
sorpreso a considerare casa era
vuota per la maggior parte del
tempo. Non si trovava a Konoha, non la conosceva nessuno,
l’unico abitante che
la condivideva con lui di certo non si lasciava andare a simili,
patetiche
emozioni umane. Probabilmente anche mentre erano insieme la sua mente
era altrove,
mentre il corpo soddisfaceva gli istinti naturali che nemmeno lui
poteva
reprimere.
Erano quattro pareti e un
letto, nient’altro. Però era casa.
La porta si apriva di scatto,
lui entrava e a stento brontolava qualche parola di saluto. Lo spingeva
contro
il muro e gli divorava il cuore mentre si avventava sul suo corpo. Non
c’era niente
di simile a un’emozione nei suoi gesti; la passione che vi
era impressa
somigliava molto di più a una furia animale.
Naruto serrava
le palpebre più che poteva. Quello che non vedeva se lo
immaginava come voleva.
Funzionava per appena una manciata di minuti, poi perfino il sangue che
gli
scorreva nelle vene cominciava a fare male.
Ma andava bene comunque, perché
casa è dove
c’è Sasuke.
~*~
«Forse
dovremmo smetterla.»
Quella frase
rimase lì, a mezz’aria. Sasuke non rispose, Naruto
si accontentò di aver avuto
il coraggio di pronunciarla e poi se ne dimenticò. Non ci
credeva davvero, ma
sentiva il bisogno di manifestare un senso di colpa che non riusciva a
provare.
«Non parli
molto, stasera.»
Sasuke non
parlava mai, ma se Naruto non lo diceva non era vero. Bastava sforzarsi
un po’
e quello che condividevano appariva quasi bello,
con tutte le sue perversioni e ipocrisie. Almeno
c’era qualcosa che li
legava, sebbene fosse così sbagliato da non poter essere
nemmeno affrontato.
«Lasciami
dormire.»
Naruto si prese
qualche secondo per sopportare il dolore di un insulto mancato. Non
c’erano più
teme, baka, dobe o usuratonkachi.
In realtà non c’erano
nemmeno Naruto e Sasuke. C’erano tu
e
io. Non noi,
perché erano solo due entità parallele che si
incrociavano
quando avevano bisogno l’uno dell’altro.
«Domattina me ne
vado presto.»
Cos’era? Un
blando tentativo di convincerlo a godere della sua compagnia quanto
poteva? Non
funziona così, Naruto. Per lui sei trasparente.
Sasuke non gli
concesse nemmeno un fai come ti pare.
Si girò dall’altra parte, muovendo appena le
coperte di quel letto che era
costretto a condividere con lui, e si addormentò.
Una volta sicuro
che fosse davvero scivolato nel sonno, Naruto si azzardò ad
avvicinarsi e a
intrecciare le dita con le sue. Sasuke sarebbe scomparso nel buio non
appena
avesse chiuso gli occhi e quel misero contatto non riusciva mai a
impedirlo, ma
la sua mano era calda e lui ne aveva bisogno.
Perché la neve
bruciava, ma la pelle di Sasuke contro la sua lo incendiava. Faceva
male,
lasciava ferite dolorose come ustioni, era necessaria come ossigeno.
~*~
Nemmeno
loro si
ricordavano com’era cominciata.
Naruto in realtà
rivedeva l’inizio di quella relazione malata in ogni incubo
che lo tormentava
nel sonno, però si affannava a cercare di scordarselo
perché sapeva che Sasuke
l’aveva fatto da un pezzo. E senza nemmeno sforzarsi.
Nessuno era a
conoscenza del fatto che Naruto, quando si allontanava dal villaggio
per andare
ad allenarsi da solo, in realtà incontrava il nukenin di cui
non avrebbe dovuto
conoscere la posizione. Fingere davanti a Kakashi e Sakura non era
difficile,
nemmeno quando doveva andare con loro a cercare Sasuke: quegli
appuntamenti
notturni di giorno gli apparivano così irreali da muovergli
il dubbio che si
trattasse solo di sogni.
Non sapeva quali
scuse Sasuke si inventasse per separarsi dai suoi nuovi compagni, ma
non gli
importava. La sensazione di essere stato rimpiazzato da un altro team
sbiadiva di
fronte alla consapevolezza di condividere con lui qualcosa che solo
loro due
conoscevano. Eppure il terrore non se ne andava. Non poteva durare per
sempre e
un incontro sarebbe diventato l’ultimo. Era così
reale da mozzare il fiato.
Sasuke diventava
sempre più vuoto, o magari era Naruto che diventava giorno
dopo giorno più
invisibile. Gli sguardi che gli lanciava lo trapassavano da parte a
parte, forse
perché Naruto non esisteva mentre non facevano sesso. O
perché quegli occhi
rossi non avevano abbastanza forza di volontà da guardarlo
senza appassire.
Quello che di
umano era rimasto in Sasuke moriva più velocemente di un
fiore senz’acqua. Era
inutile affannarsi a inchiodare dentro un corpo vuoto l’anima
ormai in pezzi, ma
Naruto doveva provarci e lo faceva.
«Tornerai mai a
casa?»
Dillo.
Di’ che è questa casa tua.
Non
diceva mai
niente. Non lo guardava nemmeno; Naruto era un perfetto, bellissimo
soprammobile di vetro. Se non ci stai attento, cade e si rompe.
Raccogliendo i
cocci, ti graffi e sanguini.
«Vieni qui.»
E Naruto
obbediva, come al solito, per le dita di Sasuke che si infilavano sotto
i
vestiti e le violenze travestite da carezze di ghiaccio, per i sospiri
mal
trattenuti soffiati contro il suo collo e i morsi affamati sulle spalle
nude.
Per tutto questo e solo per sé stesso.
Gli occhi di
Sasuke sfuggivano anche mentre si muoveva contro, sopra, dentro di lui,
ma
fingere che fosse suo andava bene lo stesso, perché era
così facile cedere alla
tentazione di covare una misera speranza, avvinghiati l’uno
all’altro nella
danza più antica del mondo.
Naruto se lo
incatenava addosso, non lo faceva allontanare. Se ne andava, ma poi
tornava
sempre perché lui non lo lasciava andare. Anche se era
sbagliato, anche se non avrebbe
portato a niente di buono.
L’amore di notte
cambia sapore e diventa solo bisogno di amare.
~*~
Ogni volta
la
paura che non sarebbe venuto era sempre più grande. Un
imprevisto, la perdita
di interesse, un nuovo giocattolo – magari quel Suigetsu, che
non gli piaceva
per niente. La morte. Una dimenticanza, un nemico sbucato fuori dal
nulla.
Le pensava
tutte, Naruto, mentre aspettava che quella porta si spalancasse.
Quel giorno l’attesa
fu più lunga del solito, perché lui era
più spaventato che mai. Non riuscì
nemmeno a restare dentro quella misera accozzaglia di mattoni che era
la sua casa, fu costretto a uscire
e cadere in
ginocchio sulla neve. Bruciava, attraverso la tuta. Lo divorava con i
denti di
Sasuke. Però
c’era, e se sentiva così
tanto dolore allora c’era anche lui.
Sbrigati.
Ti prego, sbrigati. Non posso resistere ancora a lungo.
Cominciò
a
nevicare. La distesa bianca attorno a lui si faceva sempre
più alta e sempre
più fredda, mentre il ritardo aumentava; forse sarebbe morto
per ipotermia,
chissà se a Sasuke sarebbe importato.
«Che diavolo
fai?»
La sua voce
comparì prima ancora del suo volto; non trasudava
preoccupazione quanto
un’infastidita curiosità.
«Sei venuto.»
Gli afferrò gli
avambracci, serrandoli tra le dita fredde con più forza di
quanto avesse
voluto.
«Lo faccio
sempre.» ribatté lui, ora visibilmente seccato,
però dopo qualche secondo ricambiò
la stretta. Forse pensava che quell’appoggio gli servisse per
rialzarsi da
terra, invece Naruto non accennò a muoversi. In
realtà voleva solo sentirlo,
vivo e bellissimo, tra le sue mani.
«Allora?»
Non era capace
di rispondere. Non era in grado di fare niente. Stare in ginocchio
sulla neve,
aggrappato a Sasuke, era quanto di meglio riuscisse a desiderare in
quel
momento. Non avrebbe avuto bisogno di altro, se avesse potuto rimanere
lì solo
un altro po’. Non chiedeva molto, in fondo.
Ma Sasuke non
era dello stesso avviso. Si liberò di quella stretta con un
gesto brusco e lo
oltrepassò, entrando nella piccola abitazione. Sarebbe stato
Naruto a seguire
lui, e non viceversa; lo sapevano tutti e due ed era inevitabile. Il
biondo si
concesse qualche minuto per piangere senza lacrime con la testa tra le
mani,
prima di alzarsi sulle gambe incerte. Ormai agli occhi di Sasuke non
era altro
che un palliativo per i suoi istinti. Nemmeno lo vedeva più.
«Non puoi
tornare a Konoha.»
«Non ne ho mai
avuto l’intenzione.»
«Tu non capisci!»
Sasuke fece
schioccare la lingua e lo afferrò per un braccio,
costringendolo a stendersi sotto
di lui. «Non ho tempo per discutere. Devo andarmene
presto.»
«Ascoltami,
dannazione! Danzou ha dato il permesso di ucciderti!»
La mani di
Sasuke, fino a un attimo prima impegnate a cercare di spogliarlo, si
fermarono.
Solo per qualche secondo, poi ricominciarono e sul viso del ragazzo si
fece
strada un sorriso sarcastico.
«Pensavo che
l’avessero già deciso. Evidentemente non mi
ritenevano tanto pericoloso.»
Naruto gli
bloccò i polsi, tentando invano di incrociare i suoi occhi.
«Come puoi
essere così calmo? Capisci almeno che cosa
significa?»
«Non mi
interessa.»
«Ma in questo
modo tu non potrai mai tornare al Villagg-»
«Naruto» sbottò
lui, facendolo ammutolire. Aveva usato il suo nome per la prima volta
da... quanto?
Mesi? Anni, addirittura? «Io tornerò a Konoha solo
per raderla al suolo.»
Lui
strinse i denti così forte da farsi male, ma almeno
riuscì a parlare senza che
fastidiosi tremolii gli indebolissero la voce.
«Perché
ci incontriamo, allora? Che senso ha?»
L’espressione
di totale indifferenza che aveva davanti si macchiò di una
soffusa incredulità.
«Credevi
che ci fosse un motivo particolare?»
«Credevo
che tu avessi un briciolo di umanità in quella tua testa di
cazzo!»
Sasuke
sogghignò ancora. Gli sfiorò una guancia con la
punta delle dita, arrivò fino
al collo e gli puntò l’indice in mezzo al costato.
Continuò a scendere,
accarezzando con la lingua i brividi che sentiva affiorare sulla pelle
dorata.
«Potremmo
smetterla, allora.» gli mormorò
all’orecchio. Sentì la tensione dei muscoli che
si irrigidivano sotto di lui. «Ma tu non vuoi questo, non
è vero?»
Naruto
scostò la testa.
«Sei
uno stronzo.»
«Sì.»
rispose lui. «E tu continuerai a venire da me,
perché non puoi farne a meno.»
Naruto
chiuse gli occhi, perché era vero. Si lasciò
prendere un’alta volta, perché era
impensabile ribellarsi. Non riuscì a trattenersi dal cercare
un bacio, perché
lui era umano in ogni fibra del suo corpo imperfetto e in ogni anfratto
del suo
spirito debole.
Sasuke
non lo baciava mai. A volte gli permetteva di farlo, ma era raro e
Naruto per
impossessarsi delle sue labbra doveva approfittare dei momenti in cui
facevano
sesso, gli unici in cui Sasuke si lasciava toccare. Era
un’ombra che scappava
non appena sentiva qualcuno avvicinarsi.
«Non
ho mai smesso di pensare che saresti tornato, un giorno.»
«Non
lo farò.» si alzò dal letto per
recuperare i suoi vestiti. Era tutto finito di
nuovo, un’altra volta che si lasciavano e chissà
quando si sarebbero rivisti.
«Te
ne vai di già?»
«Ho
da fare.»
«Vengo
con te.»
La
katana gli scivolò dalle mani e cadde a terra con un rumore
metallico che
risuonò, cristallino, nell’improvviso silenzio
della stanza. Le lenzuola che
strisciavano tra loro, tormentate dalle dita di Naruto, emettevano un
sibilo
quasi impercettibile, nervoso come le mani che lo producevano.
«Cosa diavolo
stai dicendo?»
Naruto allungò
il braccio e afferrò quello di Sasuke, tirandolo a
sé fino a che il ragazzo non
cadde di nuovo sul letto, accanto a lui. Sentiva la sua resistenza, ma
per una
volta non si sarebbe lasciato vincere così facilmente, e
l’effetto sorpresa gli
permise di imporsi sopra di lui in modo tale da bloccargli ogni tipo di
movimento.
«Se gli
abitanti di Konoha non ti vogliono, io non voglio loro.»
replicò, ostentando
una sicurezza falsa come il cuore che cercava di rallentare i battiti,
esplosi
in un ritmo martellante di emozioni al solo contatto con la sua pelle.
«Vengo
con te.»
«Brucerò quel
dannato villaggio fino alle fondamenta.»
«Non
m’importa.»
«Ucciderò tutti.»
Naruto deglutì
a vuoto.
«So che non lo
faresti mai. »
«Sei uno sciocco, se ti credi
più importante della mia vendetta.»
Lui sorrise. Non seppe mai come
ci riuscì.
«Ti farò cambiare idea.»
Sasuke voltò il viso di scatto
per evitare il contatto con i suoi occhi. Non gli piaceva trovarsi in
una
situazione d’inferiorità e non appena
sentì la pressione su di lui allentarsi
leggermente, forse perché Naruto pensava di averlo domato,
incastrò le gambe
sotto il suo stomaco e spinse, forte.
«Lascia perdere.»
Lui si rialzò da terra,
stringendosi l’avambraccio là dove aveva cozzato
contro il pavimento. Alzò il
capo e i suoi occhi brillavano come fiamme, anche se non
c’era nessun sole a
illuminarli. Splendevano di luce propria, la stessa luce che Sasuke non
vedeva
da anni.
«Non mi lascerai qui.»
Il suo era un sorriso di sfida,
quasi amaro. È tutto quello che sai fare, Naruto?
«Come fai ad esserne così
sicuro?»
«Non ho detto che tu non ci
proverai. Ho detto che io non te lo permetterò.»
Il silenzio tornò ad assordarli.
Bum, bum, bum. A ritmo dei loro cuori, ascoltare era doloroso.
Ricordava
qualcosa che non avevano mai avuto,
«Sei sempre il solito
ragazzino. Non cambierai mai.»
«Non puoi impedirmi di
seguirti.»
Sasuke si voltò e i suoi occhi
sparirono nel buio. Era impossibile scoprire, o anche solo immaginare,
quello
che stava pensando in quel momento; d’altra parte,
però, era sempre stato così
criptico che la sua inintelligibilità non pareva davvero una
sorpresa.
E di nuovo la paura ricominciò
a tormentare il cuore di Naruto. Non aveva senso, era stupido e
irrazionale,
eppure quel timore di perderlo un’altra volta –
l’ultima – sembrava più
minaccioso che mai. Nemmeno quando se n’era andato dal
villaggio la sua
scomparsa era stata lacerante, forse perché in poco tempo
quegli incontri
segreti avevano iniziato a lenire il dolore dell’assenza.
Forse perché,
nonostante tutto, Naruto sapeva che sarebbe tornato: se non a Konoha,
da lui.
In quel rifugio inospitale, solo per dividere un letto e il cadavere di
un sogno.
«Saresti solo un peso.»
Ed eccola, la sua ossessione
fatta parola. Non sarai mai abbastanza per lui. Non basterai mai. Non
sarai mai
forte a sufficienza per meritare di averlo con te.
«Ti chiedo solo di provarci. Io
non ti lascerò andare così.»
Ed ecco la sua determinazione,
quella che gli spalancava la bocca e gli tirava fuori promesse che
ormai
parevano realizzabili solo a lui; diventerò Hokage,
riporterò Sasuke a Konoha,
non te ne pentirai.
«Me ne vado.»
Ma Naruto fu più veloce. Si
spostò di un solo passo, posizionandosi davanti
all’unica porta per bloccare
l’uscita. Stava ritto in piedi, con lo sguardo fiero, e da
quegli occhi si
poteva capire che non si sarebbe mosso da lì.
«Se continui per la tua strada,
ti uccideranno. Morirai.»
«Non sono affari che ti
riguardano.»
«Sei il mio migliore amico.»
Naruto non avrebbe saputo dire
cosa lo ferì di più nella reazione di Sasuke.
Forse la sua occhiata di
supponenza, oppure il sorriso sghembo, di derisione, che
andò a storcergli gli
angoli della bocca; probabilmente, furono le sue parole precedute da
quel
sospiro sprezzante.
«Quando capirai che non mi
interessa?»
Il suo corpo si spostò
velocemente. Naruto aveva appena iniziato a reagire, quando
intuì che non ce
l’avrebbe mai fatta. Il respiro di Sasuke ora gli sfiorava il
collo, in una
situazione che ricalcava in modo perfetto le tante notti passate
l’uno sopra
l’altro.
«Troppo lento.» accompagnò
quelle parole, sussurrategli alle orecchie, con un ghigno che il biondo
non
vide mai ma che avvertì con chiarezza. Lo spostamento
d’aria che seguì la mano
di Sasuke mentre si sollevava lo ferì come la lama di una
spada.
«Lasciami perdere.»
Lo colpì di piatto alla base
della nuca, e in un flash rivide la stessa scena, di qualche anno
prima, e una
cascata di capelli rosa si sostituì per un attimo alla
zazzera bionda che aveva
davanti. Poi tutto tornò normale e Naruto giaceva ai suoi
piedi, svenuto. Non
c’era stato nessun grazie, stavolta.
Lo sollevò di peso e lo adagiò
sul letto. Gli occhi erano chiusi ma lo accusavano ugualmente di una
colpa che
non gli procurava alcun rimorso. Solo il rimpianto di aver perso
l’unico svago
che gli era rimasto, ma ne avrebbe trovato un altro.
Non ci si lega a nessuno, per
nessuna ragione. Tutti sono rimpiazzabili. Niente vale la pena.
Il suo mantra, il suo credo, la
bugia che si ripeteva ogni notte prima di addormentarsi.
Ebbe l’accortezza di chiudere
la porta mentre usciva dalla casa e dai sogni gi Naruto. Mise la parola
fine a
una storia che non aveva nemmeno un inizio, tanto poco era stata
importante.
Neanche un addio. Un bacio a
fior di labbra. Una carezza.
Trancia tutti i legami, Sasuke,
o non sopravvivrai.
~*~
Lo
svegliò un fruscio
improvviso. La sua mano scattò e andò a tastare,
quasi inconsciamente, quasi
sperandoci, il materasso accanto a lui: vuoto. Spalancò gli
occhi e la tenda
che svolazzava leggera, sospinta da un alito di vento penetrato dalla
finestra
mal chiusa, riempì tutto il suo mondo.
Sasuke non c’era, e non sarebbe
potuto essere altrimenti; non sarebbe stato lui, se fosse rimasto, e
questo
pensiero gli sfregiò un sorriso amaro sul volto. Ci aveva
sperato davvero, o si
era dato per vinto fin dall’inizio?
L’alternativa era quella di
aver combattuto per niente. E in effetti, sapeva che era
così. Aveva preso a
pugni il vento, Sasuke non era niente di diverso dalla brezza che
faceva
ballare la tenda. Andava e veniva quando voleva, rifiutava le briglie e
lasciava ferite invisibili ad occhio nudo. Non si può amare,
il vento.
Eppure Naruto non era capace di
essere così razionale, la sua stessa natura glielo impediva.
Sasuke era tutto
quello che importava, tutto quello che aveva sempre catalizzato la sua
attenzione, che gli aveva rapito la testa con l’ossessione di
averlo.
Ma il vento non vuole padroni.
La paura di perderlo sarebbe
dovuta morire con la sua scomparsa, e invece era ancora lì,
anche se era
diventata realtà. Non c’era niente di peggio di
averlo visto andare via dalla
sua vita: perfino morto sarebbe riuscito a sentirlo più
vicino. Adesso era
finita davvero, invece.
Corse fuori da quella casa che
ora lo opprimeva come una prigione. Corse in mezzo alla neve, sentiva
il freddo
mangiargli i piedi e i polpacci ma non gli importava davvero.
C’era sempre
quella stupida, assurda sensazione che se fosse stato abbastanza veloce
l’avrebbe
raggiunto. Bisognava solo non fermarsi mai, mettere un piede davanti
all’altro
e focalizzare l’obiettivo sulla schiena di quel ragazzo che
era riuscito a
rubargli la linfa vitale.
Naruto non era in grado di
trovare un solo momento in cui si era fermato, da quando Sasuke aveva
lasciato
Konoha; tutti i suoi ricordi erano pervasi da quella fastidiosa stretta
ai
polmoni, dalla sensazione di essere perennemente senza fiato. Corse
perché non
se lo poteva impedire, corse senza sapere dove stesse andando,
perché Sasuke
sarebbe stato dietro all’angolo successivo.
Alla fine un sasso intercettò
al sua traiettoria e lo fece rovinare a terra. La neve
attutì la caduta, ma il
freddo intenso mandò acuti picchi di dolore a ogni singolo
tessuto del suo
corpo. Provò a rialzarsi ma i muscoli indolenziti non
risposero ai comandi,
riportandolo di nuovo in ginocchio.
Aveva il fiato corto. Respirò a
bocca aperta l’aria gelata, ferendosi i polmoni, eppure
ringraziò la
temperatura sotto lo zero per avergli congelato le lacrime negli occhi.
Non
avrebbe pianto.
Rise, invece. Di cuore.
«Ti riporterò a Konoha,
maledetto teme!» urlò, con tutta la voce che gli
era rimasta. «Mi hai sentito?
Tornerai a casa!»
Forse la risata che sentì se
l’era solo immaginata, però preferì
fingere che Sasuke fosse nascosto lì vicino
ad osservarlo. Che quel biglietto che si era trovato in mano
l’avesse lasciato
cadere in quel punto perché sapeva che non avrebbe visto
quel sasso.
«Baka», c’era scritto. Solo
questo. Poteva essere di chiunque, ma era bello pensare che
l’avesse scritto
Sasuke, che avesse voluto darglielo solo se Naruto fosse stato in grado
di
correre fino a lì.
Lasciava sperare che tutto
quello che aveva fatto non era stato inutile. Sasuke aveva voluto
regalargli
una medicina per il suo sogno, per continuare a credergli.
Anche se probabilmente quel
frammento di pergamena non era suo, a Naruto bastava poco per
alimentare le sue
speranze.
«Ti riporterò a Konoha.»
ripeté, ma questa volta era solo un sussurro.
Questa volta ci credeva
davvero.
Note
dell’autrice:
Oggi
intaso la
sezione u__u Questa fan fiction è stata scritta per il
contest “Questa è la tua
strada” indetto da Audrey_24th sul forum di EFP, poi
naufragato per mancanza di
partecipanti ma che io ho trovato molto stimolante e ben organizzato.
Ecco il
giudizio che è stato dato alla storia:
La grammatica è
ottima, le frasi raccontano tutte dello stesso profondo dolore con una
vena, a
volte, poetica. Hai uno stile che trovo delicato, leggero, scivola
dentro e ti
lascia tutta la bruciante sofferenza dei personaggi. Ammetto che, dopo
questa e
Autodistruggimi, di cui parleremo in altra sede, mi piacerebbe molto
vedere la
potenza della tua scrittura in un contesto più rilassato.
Per il momento posso
limitarmi alla silenziosa adorazione, e ammetto alla colpevole gelosia,
della
tua abilità in contesti angst.”
È bellissimo,
vero? ç__ç
Comunque! Vi è
piaciuta? Non vi è piaciuta? Volete cacciarmi a calci dalla
sezione per l’alto
tasso di angst con cui vi tormento? Fatemelo sapere e io vi
ascolterò! xD
A presto!
shirangel