Libri > Harry Potter
Segui la storia  |       
Autore: goldfish    02/09/2007    8 recensioni
Perchè chiunque, anche la più posata delle streghe, può avere i suoi momenti no. Il problema è non farsi prendere troppo la mano, rischiando di compromettere quello che conta davvero. E allora potrebbe far comodo un piccolo aiuto 'extra'... decisamente inaspettato!
Genere: Generale, Romantico, Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Coppie: Ron/Hermione
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
prova

7 – CHOICES (SIAMO NOI A DECIDERE)

"Insomma, che hai da fare quella faccia?!" insiste Ron.

Lo fisso, fisso lui e Emma alternativamente, sconcertata. La vede. Quindi vuol dire che lei c’è davvero e io non sono pazza; o per lo meno lo siamo in due, il che alleggerisce la mia posizione.

Anche lui la vede.

Sto zitta. Non so che fare, cosa dire. O meglio, so che cosa dovrei dire ma non apro bocca, qualcosa mi blocca dallo spiegargli come stanno effettivamente le cose, dal dirgli chi è lei e che cosa rappresenta. Non ne ho la forza, né tantomeno la voglia; egoisticamente, preferisco tenere questa cosa per me, spaventata delle conseguenze che una simile rivelazione potrebbe comportare, per noi. E comunque non mi crederebbe mai, sarebbe assurdo.

Ma se Emma, soltanto mostrandosi per quello che è, è riuscita a convincere me che sono molto più razionale di lui…

"Sveglieremo mia nipote" taglio corto, trascinandolo via dal salotto. Sono certa che, come me, non impiegherebbe molto a innamorarsene istintivamente.

"Tua nipote?"

"Emma. La figlia di mia cugina."

Inarca un sopracciglio, lanciandole un’ultima occhiata curiosa prima che io accosti la porta e gli impedisca di soffermarsi troppo su di lei, sul suo viso. Prima che si renda conto di come è perfettamente nostra.

"Ma non sei qua per tergiversare su una bambina, giusto?"

Mi guarda serio. "No."

"E allora dimmi che sei venuto a fare."

"Io… ero preoccupato, te l’ho detto!" ripete di nuovo arrabbiato. "Ma immagino che tu non voglia l’aiuto di nessuno, giusto? Hai deciso di liberarti di noi, se ci riesci facendoci più male possibile. Adesso che mi ci fai pensare, concordo con te che la mia presenza qua è abbastanza inutile."

Sento un inimmaginabile impeto di rabbia nei suoi confronti.

È mai possibile che non capisca, che non si renda conto che ho un bisogno fisico di prendermi una boccata d’aria per capire che cosa voglio davvero, autonomamente, senza essere influenzata da legami affettivi di nessun tipo?! Forse, anzi di sicuro, presto mi renderò conto che in realtà ho già tutto quello che voglio; capirò che desidero semplicemente stare con lui, essere la solita equilibrata Hermione, svolgere un comunissimo lavoro obbedendo a un capo stronzo, vivere in una stupida casa con il giardino e avere una bella famigliola felice, cane incluso.

Ma devo averne la certezza e, adesso, questa certezza mi manca.

"Ci sei arrivato" replico fredda.

"Però potevi essere più esplicita, così avremmo entrambi perso meno tempo illudendoci di avere qualcosa a che fare l’uno con l’altra."

"Ron, io non sto dicendo che non ho nulla a che fare con te! Solo…"

"Sì, invece!" mi interrompe, alzando un po’ la voce. "Sì che lo stai dicendo! Non fai altro che ripetere che non dobbiamo controllarti, che non dobbiamo preoccuparci per te e che non ti serve il nostro aiuto. Che non ti serve l’aiuto di nessuno!"

"Ma non è così… ho solo bisogno di capire che cos’è che davvero voglio, e devo farlo da sola!"

Anche io adesso sto urlando, decisamente su di giri. Era un sacco di tempo che non ci lanciavamo in confronti violenti come questo, forse perché le cose tra di noi si sono complicate inevitabilmente in questi ultimi tempi.

Da ragazzini ci mancava il coraggio di avvicinarci troppo, e allora lottavamo per sfogare altrimenti quello che ci attraeva l’uno verso l’altra; adesso il coraggio di avvicinarci lo abbiamo trovato eccome, ma l’essere vicini con il corpo sforzandosi di tenere lontana la mente non semplifica affatto le cose.

Mi squadra freddo per qualche istante. "Puoi anche farlo senza rinfacciare ai tuoi amici il fatto di volerti bene."

"Io non rinfaccio niente!"

"INVECE SI’!"

Il mio cervello, in questo preciso momento, registra la porta aprirsi ma non ci faccio consapevolmente caso.

"…Che bello, è arrivato pap…"

"SMETTILA, RON!"

La mia voce furiosa ammutolisce Emma prima che possa salutare Ron chiamandolo papà. Entrambi ci voltiamo verso la bambina, che adesso ci guarda immobili.

"Perché gridate? Voi non dovete litigare…" ci dice piano, con la voce tremolante.

"Tesoro, noi non litigavamo…" provo a rassicurarla inginocchiandomi vicino a lei. Ron guarda stupito me e Emma, che nel frattempo si è aggrappata alla sua gamba.

"Sì invece! Gridavate tanto, e non dovete, la mamma e il papà non devono litigare…"

"Mamma e papà?" mi domanda allibito, un po’ stridulo e di sicuro confuso. Merda, devo rimediare.

"I suoi genitori stanno divorziando, litigano di continuo…" improvviso, staccandogliela di dosso e prendendola in braccio per rassicurarla. "Sarà la forza dell’abitudine. O magari è andata per associazione di idee, che ne so."

Lo vedo inarcare un sopracciglio davanti a una spiegazione obiettivamente debole, ma che dopotutto è più plausibile di quella che è la realtà.

"Che cosa?! Hermione ma cosa cavolo…"

Mi parla, ma nonostante ciò vedo che non scolla un secondo gli occhi dalla bambina, il che mi fa tremare di terrore.

Ora lo capisce. Ora, non so come, lo intuisce. Lo percepisce a pelle.

Ma è assurdo. Non è che uno vede una bambina che lo incuriosisce, fa due più due e dice: ‘t’oh. La mia futura figlia sbucata da chissà dove e chissà quando.’ Oppure, ‘ecco la figlia che una ragazza mi tiene nascosta da cinque anni e che non so come ho concepito!’

Mi rivolgo ancora a Emma. "Piccola, i grandi a volte si arrabbiano un po’ e urlano, ma non devi preoccuparti, capito? Poi fanno pace… vieni, ti do un succo di frutta" lei annuisce un po’ indecisa e prego che non dica niente di compromettente riguardo Ron.

"All’albicocca, come mi piace tanto e come mi compra sempre papi?" chiede mentre entriamo in cucina, guardando me e poi Ron che appare ancora più perplesso.

"Sì, all’albicocca" le sorrido dandole da bere. Poi alzo occhi verso di lui, che dalla porta continua a fissarla con un’espressione strana, stordita.

"Hermione, lei è così… sembra così… e ha detto…"

"Così come?" lo incalzo, costringendolo ad allontanarsi per non osservare Emma, cosa che non ha smesso di fare un secondo. "Cosa vuoi che abbia detto, è solo una bambina…"

"Niente" risponde dopo qualche attimo, evidentemente tornato razionale. "Niente, lascia stare."

"Credo che dovresti andartene, adesso" bisbiglio piano, con cattiveria, per difendermi nel modo più semplice ma anche più dannoso che potessi scegliere. Attaccando.

"E’ la tua ultima parola?" mi sfida, con una punta d’amarezza nella voce.

"Sì."

Sento la risposta uscirmi dalla bocca come se fossi un’altra persona. Fredda e distaccata, forzatamente indifferente.

"Ottimo. Stai tranquilla, non interferirò mai più con la tua vita. Medita pure su quello che vuoi."

Gira i tacchi e esce con una calma impressionante. E in questo preciso istante capisco che non voglio vederlo andare via in quel modo, non lo sopporterei. Saranno anche poche, le certezze che mi sono rimaste, ma tra di esse c’è la consapevolezza che Ron non deve uscire così dalla mia vita: lui è parte integrante, della mia vita.

"Ron…" cerco di richiamarlo con voce debole, ma lui mi ignora. "Ron, dai aspetta; mi spiace io…"

Si gira un’ultima volta cupo e, soprattutto, pericolosamente calmo.

"Ti ho aspettato abbastanza, Hermione, ora mi sono sinceramente stancato dei tuoi comodi, e di essere schiacciato. Tolgo il disturbo."

Richiude la porta alle sue spalle e io ci crollo sopra.

Stupida. Sono una stupida, stupida, stupida.

Ginny aveva ragione, mi sto ostinando a fare quello che credo di volere, non quello che voglio davvero e che mi fa stare bene. Mi porto le mani alla testa.

Io voglio lui, lo so, ma…

Emma spunta dalla cucina canticchiando.

"Dov’è papi?"

"E’… uscito un attimo."

"Ma non mi ha nemmeno dato un bacino… e non mi ha fatto fare la trottola pazza e schizzata!" protesta indignata.

Già me lo immagino Ron, prendere in braccio questa bimba e farla volteggiare in aria come una trottola per divertirla. Sono sicura che io gli strillerei tutto il tempo di stare attento, che è una bambina e non una pluffa, e loro se la riderebbero alle mie spalle.

"Dai, tra poco torna…" mento, andandole incontro. "Colazione?"

La guardo annuire e le sorrido, ma il retrogusto è amaro sul palato.

Questa volta non torna, lo so. Ho davvero finito di toccare il fondo, anche con lui, e tutto perché mi ostino a fingere di non avere bisogno di chi mi vuole bene.

Ma posso benissimo cavarmela da sola.

Me lo ripeto mentre guardo questa bambina che solo io e Ron vediamo, e mi domando come posso risolvere questa situazione. Me lo ripeto quando, con una punta di amarezza, ripenso alle sue parole, a quel suo freddo e lapidario ‘tolgo il disturbo’. Me lo ripeto quando dopo pranzo mi accorgo che Emma si è appisolata, e la porto a letto stendendomi poi accanto a lei.

Me lo ripeto mentre la osservo dormire, col cuore gonfio di un sentimento difficilmente esprimibile a parole, prima di scivolare a mia volta nel sonno.

~

"Tu non mi vuoi."

Mi guarda seria, con una serietà che poco si addice a una bambina della sua età.

"Ma certo che ti voglio, piccola… che domande fai!"

"Mi stai lasciando andare via."

Io mi guardo attorno, non capisco dove mi trovo, né quando. Mi prende per mano, mi trascina da qualche parte e io continuo a non capire. Ma lascio che lei mi guidi, sorprendentemente tenace.

"Guarda."

Indica un punto alla mia destra, le lascio la mano e seguo con lo sguardo la direzione del suo braccio alzato. Ci sono tre figure, e anche se sono lontane riconosco in loro me stessa, Ron e Emma seduta sulle sue spalle, un po’ più piccola, che non sembra voler star ferma.

"Mamma!" mi sento chiamare e mi volto; adesso oscilla su di un’altalena alle mie spalle e ride. Si spinge piuttosto in alto.

"Rallenta!"

"Perché?"

"Rischi di cadere, di farti male!"

"Ma io non esisto più, mamma. Non posso farmi male… guarda, ci siete di nuovo tu e papà. Quella in braccio a te sono io? Ero davvero così piccola?!"

Volgo di nuovo altrove la mia attenzione e mi avvicino, quasi timorosa. Sono in un letto di ospedale e tengo in braccio un neonato (neonata. Lei). Ron è seduto al mio fianco e dice qualcosa che mi fa sorridere, mi accarezza una guancia, poi lascia che la bimba gli stringa appena la manina attorno un indice, emozionato. Non riesco a sentire cosa stiamo dicendo, ma sorridiamo entrambi guardandola. Siamo felici da far venire il voltastomaco. Possiamo davvero esserlo, dunque?

"Io volevo solo indietro la mia mamma, ma mi hai lasciata lo stesso" mi dice Emma di nuovo al mio fianco, facendomi trasalire.

"Cosa… cosa significa?"

Mi guarda silenziosa, spalancando quegli occhioni blu scuro.

Poi le immagini cambiano di nuovo, in rapida successione stavolta, così veloci che in parte mi sembra quasi di viverle.

Io che stramazzo su di un letto borbottando qualcosa, scalciando via dai piedi un paio di odiose e dolorose scarpe decoltè, e facendo ridere Ron di gusto con le mie lamentele. Una fede che scivola lungo il mio anulare sinistro. Un pollice che mi asciuga una lacrima, seguito da un bacio. Un medico che mi mette tra le braccia un fagotto che piange. Io che urlo e sbatto una porta. Un altro bacio e una mano che scorre sensuale sotto i pantaloncini di un pigiama, al buio di una stanza che non è (ancora?) la mia.

"Alla fine hai scelto…" mi dice malinconica.

"Scelto?!" esclamo. "Io non ho scelto nulla! Io…"

"Dipendeva tutto da te, ma non mi vuoi, e non vuoi papà."

Mi volto di nuovo. Non vedo più Ron, né Emma. Sono seduta ad una scrivania e rido con un uomo che non conosco. Lo vedo che si avvicina, mi stringe, mi bacia. Poi siamo in un appartamento che non è il mio. Dico qualcosa, osservo come lui mi guarda per qualche istante prima di voltarmi le spalle con un’indifferenza sconcertante. Una porta che sbatte, l’ennesima.

Mi porto dietro questa versione di me stessa, che ora stringe tra le mani una foto.

"Hermione!" mi chiamo, ma lei, cioè io, non sente nulla. Mi vedo guardare impassibile una foto scattata assieme a Ron e Harry poco tempo dopo la morte di Voldemort, abbracciati e sorridenti.

Conosco questa foto, la porto sempre con me. Infilo una mano in tasca, ed infatti è lì! La stringo tra le dita a mia volta, fissandola.

Poi un presentimento.

"Emma!"

Ma sono sola in mezzo al nulla. "Emma!" ripeto, inutilmente. Lei non c’è, ho lasciato che uscisse dalla mia vita senza muovere un muscolo.

"Emma!"

Niente.

"Emma…"

"Emma!" mi sveglio di scatto, la fronte è imperlata di sudore, a giudicare dalla luce al di fuori dalla finestra comincia a imbrunire. Non oso voltarmi di lato, perché so che lei non c’è più, esattamente come nel mio sogno. Lo sento, o meglio sento la sua assenza ancor prima di vedere le lenzuola stropicciate ma nessun corpicino sopra di esse.

Il panico mi investe come non pensavo nemmeno fosse possibile.

"Emma! No…" esclamo alzandomi di scatto; giro per la casa in lungo e in largo e la chiamo. "No, piccola… non te ne sei andata…"

So benissimo che è un comportamento irrazionale, che non la troverò da nessuna parte. Lei non doveva trovarsi qua, non aveva senso la sua presenza ed è normale che non ci sia.

Ma mi sento lo stesso pervasa dal terrore, dal panico; finché non sprofondo nel divano, rassegnata. E se mi fossi immaginata tutto?

Ma lui la vedeva… o mi sono immaginata anche quello? Sono davvero impazzita, che non riesco più a distinguere cosa è reale da cosa non lo è?

Poi, sul pavimento, riconosco un disegno che aveva fatto qualche ora prima: è reale, consistente. Lo tocco, lo guardo. Mi fa male stringerlo tra le mani, sapendo che è l’unica cosa che mi resta di lei. Mi sento vuota. Sola.

Emma è piombata nella mia vita nell’esatto momento in cui ho deciso che Ron non avrebbe dovuto farne parte; rinunciare a lui avrebbe voluto dire rinunciare a tutte le cose che avremmo condiviso.

Come Emma, nostra figlia.

Come tutti i momenti che ho visto in quel sogno così vivido e reale; quasi fossero i ricordi che non ho ancora vissuto, e che non potrò più vivere.

Non ci saranno lamentele per un paio di scarpe che mi fanno male.

Nessun Ron mi farà mai scivolare nessun anello lungo il dito.

Nessun guaritore mi metterà tra le braccia la mia bambina.

Scuoto la testa.

È come se lei mi avesse cercata un’ultima volta prima che la cancellassi definitivamente dalla mia vita. Con la sua presenza, ho avuto una seconda chance per capire a cosa avrei rinunciato e se davvero lo volessi, ma non ho fatto nulla per tornare sui miei passi, troppo presa da me. Sorda, cieca.

Ora mi rendo conto di come ogni nostra azione, anche la più insignificante, influisca pesantemente sul nostro futuro, anche se ci sembra già scritto.

Ora non vedo più un destino già deciso per Hermione Granger.

Ora, davanti a me, non vedo assolutamente nulla. E la cosa mi spaventa a morte.

Poso il disegno, e mi porto le mani alla testa. Il retrogusto amaro sul palato non accenna ad andarsene.

Ho le mani bagnate. Piango, forse?


Sono tornata presto e ho pensato di aggiornare. Lo so, non ci sto tutta con la testa.

SPROLOQUIO FINAL/ESPLICATIVO:

Capitolo un po’ amaro. D’altronde era la mia idea iniziale e forse ha tardato fin troppo ad arrivare. Emma mi mancherà ;_; ma se mi fossi dilungata troppo, mi sarei fatta prendere la mano uscendo da quella che era la mia idea di partenza. E preparatevi che nemmeno nel prossimo si ride. Lettore avvisato…

Credits: ok, diamo a Cesare quel che è di Cesare. L’idea della figlia che sbuca dal futuro e poi scompare perché il corso degli eventi cambia, mi è venuta guardando ‘Ritorno al futuro’, che tra l’altro è uno dei miei film preferiti^^.

Ad ogni modo, un saluto ai chi legge questa storia, a chi l’ha inserita nei preferiti (grazie^^), a chi la segue con costanza e in particolare a chi lascia le sempre ben accette recensioni:

robby (beh, immagino che tu l’abbia capito… non era proprio un mistero, no? grazie della rece!), Karmygranger (acidi, eh?! In effetti…^^ no dai, innanzitutto non c’è Neville, il pusher ufficiale –sono troppo una veggente, comunque. Altro che Sibilla-. Poi per gli acidi ci sono le mie amate parodie! Lì si che si sfogano con sostanze di varia provenienza… XD), EDVIGE86 (grazie per i complimenti ^^, sono contenta che ti piaccia la storia e che la trovi originale. ormai si è già letto di tutto di più, e io mi ci butto nello scatolone del ‘già letto’. ma è inutile, dopo un po’ che non scrivo mi prudono le dita… ah, grazie anche per i commenti alle altre mie storie!), Hermionina (davvero ti ho incuriosita? Wow! Spero che ora sia un po’ più chiaro! Adesso però tocca a lei darsi una scossa…), Daewen (ciao! Spero non averti delusa, visto che ti eri fatta una tua idea – di sicuro esatta, non sono un genio con gli intrighi- Che ne dici di questo cap? Se tu ti sfoghi a leggerla, pensa io a scriverla! Un giorno ero incazzata col mondo e l’ho pensata… ^^’), soni67 (abbiamo tutte dei periodacci, ed è proprio così che è nata questa storia. Ero incazzata, avrei mandato al diavolo chiunque, e mi sono sfogata! Per quanto riguarda la storia, ti ho un po’ chiarito le idee? Ciao).

ma adesso credo che andrò a dormire… Thanks!

Goldfish.

  
Leggi le 8 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Harry Potter / Vai alla pagina dell'autore: goldfish