Tornata!^o^; (Nooo, ndTutti)
@Anansy: Già, rispetto all'azione dei
capitoli passati ora c'è un periodo di "calma", ma...durerà?xD Grazie per
l'osservazione sulla "stonatura", mi chiedo se con questo capitolo sia riuscita
a far evolvere la situazione allo stesso modo del precedente, senza passaggi
troppo bruschi: Sayuccia non è più la stessa, ed L e la sua fissazione per Kira
non aiutano. =.=' Mah, speriamo bene. Avrei aggiornato prima, ma ho avuto il
computer fuori combattimento per una settimana. ç.ç; Ne ho approfittato per
continuare un po' su carta il primo capitolo di Again and Again. ^^°
@Xenophilia: Ti ringrazio! non sai quanto sono felice nel leggere
commenti come il tuo. =Q___ Scrivo per il puro piacere di farlo, ma sapere che i
miei appunti fanno piacere a persone come te mi dà una gioia immensa!!çOç;;
*commossa*
@DarkRose: Amora!!!! Quando ho visto le tue recensioni ci sono rimasta
così: °_°;; --> *ò*;;; , non pensavo che ti avrei mai ritrovato qui, e che mi
avresti lasciato commenti così positivi e lusinghieri!! Non so che dirti...
grazie per aver letto e commentato tutta la fic, sei una persona
fantastica, una scrittrice bravissima ed io farò del mio meglio per non
deluderti!! >**<;;
@Shirahime88: Anansy ti amo!ç.ç;;; Shirahime, i tuoi commenti sono molto
accurati e mi rendono felice: tengo molto al mio stile, mi è capitato spesso di
cadere nello sconforto rendendomi conto da sola di non riuscire a scrivere bene
T.T! Quindi ora è ok. ^___^;;; Sono felicissima soprattutto di averti sentito
dire che riesco a rendere bene le personalità di L e Light, personaggi che
ammiro moltissimo e che non vorrei mai rovinare con un OOC. (Anche se l'OOC più
grande di questa fic è l'assenza di yaoi. xD). I miei amv?*.*;; Kyah, giusto
ieri ho fatto questo su L, Mello e Light/Kira:
AMV -
Death Note - Naraku no Note , con una canzone che mi spezza il
cuore perché fa: "Ora
dimentica il tuo futuro, perchè sarà di nuovo macchiato dal sangue. Quel vento
tiepido che vortica a spirale ne è probabilmente un segno. / Fuggi! Fuggi da
questo triste destino, tu non sei il fiore dell'inferno... non quel tipo di
posto. / Non perderti! Non perderti, o non riuscirai a vedere la mano tesa che
cerca di aiutarti! / Anche il pianto ha un limite, e volerà attraverso i
frammenti del tempo. ". *ripensa agli episodi 25 e 35 e scoppia in lacrime
T__T;; *
Nota: Dato che come al solito sono logorroica e non volevo rendere troppo lungo questo capitolo, ho rimandato la seconda parte al prossimo. Di conseguenza ho cambiato il titolo, che ora è:
Piece X ~ Addio
Nel tardo pomeriggio, L provò un'altra volta a parlarle con Sayo: l'esito non fu
migliore del primo tentativo.
Tornato di sotto, stanco e con i nervi a fior di pelle, chiese a Watari di
preparargli l'ennesimo doppio caffé: il pover'uomo, compresa la situazione, gli
presentò davanti una tripla camomilla e lottò duramente per fargliela mandar giù
fino all'ultima goccia.
L ritornò da Sayo il giorno dopo, ma con disappunto si rese conto che lei, pur
di non vederlo, era capace di far finta di dormire anche per ore.
Al tentativo successivo, trovò la porta dell'infermeria bloccata dall'interno.
Un'altra volta, si dovette sentir dare del pervertito e fu costretto ad uscire
di corsa dalla stanza perché era entrato proprio mentre lei si stava cambiando.
La mattina seguente, L scoprì con orrore che la ragazza era non si sa come scappata: nel
panico, l'avevano cercata per ore in tutto il grattacielo. Alla fine, dopo aver
avuto un'illuminazione, L aveva raggiunto la terrazza sul tetto e cinque minuti dopo
ne era ridisceso trascinando per un braccio Sayo: per tutto il tragitto dal
ventritreesimo al primo piano, lui non disse una parola e lei gli gridò contro
tutti i tipi di offese che conosceva mentre lo prendeva inutilmente a pugni.
Come conseguenza, una decina di telecamere nascoste furono installate
nell'infermeria.
Avrebbe potuto sbatterla in una delle celle nel piano interrato e gettare via la
chiave.
Avrebbe potuto farla torturare da Watari finché non avesse rivelato la verità.
Avrebbe potuto strangolarla con le sue mani e finire lì la storia.
Invece, un'ora dopo, L era di nuovo in infermeria per cercare di parlarle.
Davanti alla porta esitò, massaggiandosi le tempie.
"Che diavolo ho fatto per meritarmi tutto questo?"
Questa volta, si decise, sarebbe stata l'ultima. Pur di convincerla ad
aiutarlo, se necessario, avrebbe giocato la sua ultima carta, quella che aveva
cercato di evitare a tutti i costi.
Non avrebbe mai voluto usarla ma, a questo punto, non c'era altra scelta.
Strinse forte la maniglia della porta e, determinato, varcò la soglia della
stanza.
"Ehi, Say—Ah!"
L non aveva fatto un passo che incespicò su qualcosa e cadde
malamente a terra, sul duro pavimento piastrellato. Si voltò indietro, verso
l’entrata: "Una prolunga?" realizzò, scorgendo il sottile cavo bianco steso a
pochi centimetri da terra.
La risata forte ed irritante che sentì riecheggiare nella stanza subito dopo
gli diede la conferma di ciò che aveva appena immaginato.
"Così impari ad entrare senza bussare, maniaco!"
Sayo, seduta come al solito sul suo letto, con una mano davanti alla bocca
rideva sadicamente, soddisfatta che la sua trappola fosse riuscita così bene.
L, ancora a terra, non si arrabbiò ulteriormente per quest'ultimo tiro: dopo tutto il nervosismo provato nei giorni passati,
si sentiva spossato e frustrato da quell’assurda situazione.
E poi, ragionò, non solo perdere la calma non era mai stato nel
suo carattere, ma lo avesse fatto adesso avrebbe soltanto peggiorato le cose.
"Immagino che anche se avessi bussato, non me l'avresti detto," si limitò ad
osservare atono, rimettendosi in piedi avendo cura di spostare i resti del cavo
che gli era rimasto impigliato fra le gambe.
"Esattamente," replicò l'altra sorridendo.
"Sayo," sospirò L, "che cosa devo fare con te?"
"Lasciarmi in pace mi sembra una buona idea," disse lei, impaziente di vederlo
andar via.
"Ti sono così antipatico?" le chiese lui, le mani nelle tasche, strofinandosi il piede destro sul
polpaccio sinistro.
Sayo annuì con calore.
La spontaneità di quel gesto fece spezzare qualcosa dentro l'animo del detective: la odiava,
quella ragazza, con
tutto il cuore.
Rimise il piede a terra: ”E allora stai a vedere, adesso!”. In
un attimo, L raggiunse il letto e vi si sedette sopra, proprio di fronte a lei.
Sayo, interdetta, fece per allontanarsi, ma lui glielo impedì afferrandole le
spalle e attirandola a sé in un abbraccio precipitoso da cui lei si staccò
subito con un gesto spaventato.
”Sayo,” le disse lui senza lasciarle le spalle, guardandola con un’espressione
grave. “Hai ragione a
pensarla così. Mi sono comportato malissimo con te, ma c'è una cosa che non ti ho detto”.
La ragazza, seppur infastidita ed imbarazzata da quella situazione, mantenne la
calma ed assunse un’aria
sospettosa: ”Sarebbe..?”
L abbassò lo sguardo. ”Speravo che te ne saresti ricordata da sola; non volevo
sforzarti, anche se non poterti parlare mi ha fatto soffrire molto, credimi”.
Sayo non rispose, bensì aggrottò la fronte: quel tipo stava forse cercando di
farla sentire in colpa?
L, dopo qualche secondo di silenzio, prese un forte respiro e strinse poco di
più la presa su di lei. Tornò a guardarla negli occhi: "Vedi, noi due stavamo
insieme," le confessò.
Lo sguardo della ragazza divenne vitreo. ”Cosa?” sibilò. "Noi due...insieme?"
ripeté poi, incredula.
”Si,” mentì L con voce bassa, socchiudendo gli occhi. “Io…Io ti amo”.
Lei non ebbe nessuna reazione visibile, ma lui le sentì il cuore sobbalzare nel
petto. Erano davvero troppo vicini, e lui la strinse di nuovo a sé,
stavolta con molta più dolcezza. Lei non solo non strillò o iniziò a prenderlo a
pugni, ma lo lasciò fare, e a quel punto L si rincuorò: in
fondo, era sempre stato bravo a mentire. Non avrebbe mai immaginato che sarebbe
stato così difficile dire quelle parole, ma a parte questo quella messinscena non era così
impegnativa come aveva creduto: le ragazze come Sayo sono tutte uguali, basta
essere carini con loro e loro cascano ai tuoi piedi. Certo, si sentiva
maledettamente in colpa a fare una cosa del genere, ma era stata lei a
cercarsela, non gli aveva lasciato altra scelta.
E comunque, era solo per continuare le indagini su Kira.
Era solo per Kira.
Continuando a ripeterselo L chiuse gli occhi e la baciò piano, a fior di labbra,
accarezzandole i capelli con una mano, per poi allontanarsi leggermente.
”R-Ryuzaki…” sospirò lei a voce bassa, trattenendolo, le labbra dischiuse ed invitanti.
Al ragazzo mancò il fiato. Il sentir pronunciare a quel modo il suo nome lo fece
rabbrividire. Sentiva l'impulso irrefrenabile di accettare quell'invito, e una
fitta allo stomaco tutt’altro che spiacevole che gli
impedì di razionalizzare subito i suoi pensieri.
Un momento... che cosa diavolo gli prendeva? Era solo Sayo! Non c’era
bisogno di emozionarsi così tanto per quella lì. E poi era solo per continuare
le indagini. Non stava facendo sul serio, anche se…
Maledizione, sapeva di fragola.
Lei gli poggiò una mano sulla guancia, e a quel punto L perse totalmente il
controllo e schiuse la bocca per cercare quella della ragazza ma, prima che
potesse farlo, lei gli spinse via il viso bruscamente, facendolo sbilanciare.
L, sorpreso, spalancò gli occhi, ricadendo di lato sul letto. Guardò
interrogativo Sayo, che nel frattempo aveva incrociato le braccia e gonfiato le
guance arrossate: "…tu stai fingendo," concluse imbronciata.
“C-Cosa..?” mugolò lui, che aveva il batticuore.
"Quello che dici è impossibile".
"Non...mi credi?"
"No."
Lo sguardo stupito sottolineato dalle occhiaie, L si puntellò su un braccio,
indicandosi le labbra con l’altra mano: "Però mi hai baciato," osservò.
"E tu mi hai mentito sul tuo nome. Perché dovrei fidarmi di un bugiardo?"
ribatté Sayo con una logica che non faceva una piega.
L, ancora sorpreso e vagamente deluso, poggiò la mano sul lenzuolo candido, rimettendosi
seduto.
”Ehi, Sayo…”
"Vai via, per favore".
”Aspetta, non pensare subito male, io-”
"Ryuzaki!" lo interruppe lei. "Vattene," ripeté.
Il ragazzo strinse convulsamente i pugni, chinando la testa: anche la sua ultima
opportunità era sfumata. Non avrebbe mai saputo la verità. "Ho capito," annuì
con una punta di amarezza, mentre si rimetteva in piedi. "Me ne andrò, ma sappi
che se sono disposto ad arrivare a tanto con te è solo perchè tu sei a
conoscenza di informazioni che potrebbero salvare la vita a molte persone, e-".
"Ecco, vedi?" esclamò lei all'improvviso.
L, terrorizzato, richiuse la bocca.
"L'hai ammesso tu stesso!" continuò la ragazza con agitazione
crescente. "Cosa sarebbe successo se mi fossi fidate di te? A te non importa
niente di me: a te servono solo quelle informazioni, ed appena le avrai ottenute
mi abbandonerai. Poco fa hai detto di essere dispiaciuto per ciò che mi hai fatto,
ma nonostante tutto non mi hai nemmeno chiesto scusa!"
Dopo aver detto ciò, Sayo si morse le labbra, il viso delicato tirato in
un'espressione seria ed inquieta che non le si addiceva affatto, dato che la
faceva sembrare molto più grande. L, vedendola in quello stato, credette che stesse
per inizare gridare o per scoppiare a piangere ma, quando ricominciò a parlare, era
invece tremendamente calma.
"Ryuzaki," gli disse, "a me non
importa niente a cosa ti serva quello che non so più: tu sei solo un bugiardo,"
lo guardò fisso negli occhi, "sei un
essere senza cuore".
Colpito e affondato.
Normalmente le accuse gli scivolavano addosso, ma
stavolta colpirono L dritto nell'anima come un coltello avvelenato: lui, semplicemente, si sentì
morire.
"Un essere senza cuore...".
Quindi era questo quello che lei pensava davvero di lui.
Beh, non c'era molto da dire per replicare a quelle offese: lui l'aveva sempre trattata come un bambina, anzi,
come un oggetto, senza mai tenere conto di cosa potesse provare lei; la teneva
da giorni in quella stanza contro la sua volontà, aveva cercato di approfittarsi
di lei. Le uniche parole gentili che le aveva rivolto erano false.
No, non c'era proprio niente da dire: Sayo aveva perfettamente ragione a
pensarla così.
Ma era stata lei a cercarsela, e poi lui lo aveva detto fin dall'inizio che pur
di catturare Kira era disposto a fare qualunque cosa.
No...
Alla fine, non era così.
Alla fine, non importava perché si fosse comportato a quel modo: lei era
una ragazza sola ed indifesa, e lui era un bastardo.
Se anche aveva avuto un'opportunità con Sayo, ormai l'aveva bruciata. L'aveva ferita.
Lei non si sarebbe mai fidata di lui; non dopo questo.
Ormai parlare con lei non aveva più senso.
Avrebbe rinunciato a scoprire il segreto di quella ragazza, e avrebbe cercato di arrivare a Kira utilizzando altri indizi, altre tracce.
C'era sempre il comportamento sospetto di Misa su cui concentrarsi, no? Poteva
fare benissimo a meno delle informazioni di Sayo.
...
L indietreggiò, gli occhi fissi sul pavimento, la lingua impastata. "Allora addio," mormorò infine, voltandosi verso la porta. La raggiunse ed uscì,
richiudendola piano dietro di lui.
Una lacrima scivolò giù dalla guancia di Sayo.
”Addio, L”.
Light si sforzò di apparire vivace e, sorridendo a L mentre raggiungeva la sedia
accanto alla sua, gli fece la domanda di rito: "Allora, Ryuzaki? Com'è andata
stavolta?".
Il detective non rispose, e Light non insistette più di tanto: dalla faccia che
aveva, si capiva che era andata di nuovo male.
Quanto godeva.
E la cosa più bella in tutto ciò era che Ryuzaki era così preso da quella ragazza che non si
era accorto che lui si incontrava con Rem almeno una volta al giorno per
passarle le istruzioni che Misa avrebbe dovuto seguire per sviare le indagini.
Praticamene, Light chiedeva a Misa di uccidere il doppio dei criminali che Kira
uccideva di solito, giusto per far capire ad L che in giro c'erano due Kira, e
che lui non poteva essere uno di questi, dato che stava attaccato al detective tutto il
giorno e, rinchiuso in quella base, non aveva alcun modo di seguire i notiziari.
"Mi odia," ammise infine L, fingendo indifferenza. Raccolse da una
ciotola
sulla scrivania un biscotto, ma non lo mangiò.
Matsuda, comparso di colpo alle spalle dei due, sollevò l'indice con aria
saputa:
"Il confine fra amore ed odio è molto sottile," declamò,
facendoli sobbalzare per la sorpresa.
L, depresso, non perse neanche tempo a pensare ad una frase per ribattergli. Aveva constatato con irritazione che ormai il suo
problema con Sayo era diventata la barzelletta del quartier generale. Per
fortuna che almeno aveva spento le telecamere con cui sorvegliavano l'infermeria, prima di
salire da lei: se Light o gli altri lo avessero visto in quella situazione…
Strinse istintivamente il pugno, frantumando il dolce: che cosa gli era preso? Per un attimo, aveva perso il controllo
delle sue azioni.
Ma ormai, realizzò lasciando ricadere le briciole nella ciotola, non importava più
nulla.
"Ha detto che sono un bugiardo senza cuore," disse piatto a Light.
Matsuda, che probabilmente non aveva niente di meglio da fare, con lo stesso
sorriso beota gli diede una pacca sulle spalle:
"Allora è fatta, le ragazze vanno matte per i tipi così".
L gli lanciò un'occhiata obliqua: "….quindi è vero," osservò
mestamente.
Matsuda divenne più rosso di un peperone: "Nonono, Ryuzaki, io non volevo dire questo..!"
balbettò imbarazzato, mentre Aizawa, gli occhi al cielo, dopo averlo raggiunto lo
afferrò per la giacca e lo trascinò al suo posto.
Quando i due si furono allontanati L accese lo schermo del suo portatile e
digitò le password per riattivare le telecamere nascoste, che si accesero giusto
in tempo per in quadrare Sayo che, accasciata sul davanzale della finestra, si
strofinava gli occhi rossi e lucidi di pianto.
Light sollevò entrambe le sopracciglia: "Ma che le hai detto?" domandò al compagno. "Guarda come l'hai fatta piangere".
Lui rimase a fissare lo schermo, come ipnotizzato. "Sono un essere senza cuore, che altro ti
aspettavi?" mormorò.
Light sbuffò: L poteva anche essere un grande
detective, ma a volte si comportava come un bambino. Il ragazzo si chiese cosa fosse
meglio fare in quel frangente: cambiare argomento e parlare degli ultimi omicidi
di Kira, oppure fare l'amico e consolare L?
Incerto, Light attese la mossa dell'avversario, ma rimase spiazzato quando dopo
molti secondi lui,
con un gesto impulsivo, staccò il portatile, si alzò ed uscì dalla stanza.
Pochi istanti dopo,
Light gli era accanto, nel corridoio di metallo.
"Scusami Light, oggi non ho voglia di lavorare, vado a farmi un giro," disse il
moro senza guardarlo.
"Ryuzaki," lo chiamò Light, stupito.
”Che c’è?" replicò lui. "Perchè non torni a casa anche tu? Sono tre giorni che
abbiamo tolto la sorveglianza su di te, ma tu non ti sei mosso da qui. Guarda che
l'ho capito che non sei Kira. Se non vuoi collaborare con le indagini ma sei
qui solo per convincermi della tua innocenza, allora non è più necessario che
continui a starmi dietro. Anzi, vattene, voglio restare da solo”.
Light, per un attimo, rimase impressionato da quelle parole: non aveva mai visto
L rivolgersi a qualcuno in quel modo, doveva essere davvero agitato. Sorrise
internamente: era la sua occasione.
"Ryuzaki, lascia che ci provi io con quella ragazza," disse con
decisione.
Il detective gli lanciò uno sguardo annoiato: "No," rispose.
"Ryuzaki!"
"No," ripeté lui. "Io ti conosco, Light, con il tuo fascino potresti convincerla a fare tutto quello che vuoi".
Light scoppiò in una risata: "Ma che discorsi sono? E poi, non è forse quello che
hai tentato di fare - senza successo - tu?"
La frecciatina lanciata da Light sortì il suo effetto: L si passò una mano fra i
capelli, inquieto.
"Forse ha ragione," si disse. Forse doveva provare lui.
Dopotutto il fascino magnetico di Light era riuscito a colpire persino lui.
Continuando a percorrere il corridoio con Light al suo fianco, L raggiunse un
grande atrio che, diversamente dal resto del piano terra, era luminoso ed
arredato elegantemente come se si trattasse della hall di un hotel di lusso. Si
accovacciò su una poltrona di pelle dorata, lanciando un'occhiata ad una
delle enormi finestre dalle cornici dorate che davano direttamente sulla strada, motivo per cui
l'arredamento era così curato.
Fuori aveva iniziato a piovere.
Non se ne era accorto.
"Allora?" incalzò Light, alle sue spalle.
L si strinse le ginocchia: si,
Light sarebbe riuscito sicuramente a farsi amica Sayo.
Sarebbero diventati amici intimi in poco tempo. Light le avrebbe asciugato le lacrime, lei
si sarebbe presa una cotta per Light e gli avrebbe raccontato tutti i suoi segreti;
e lui, con le sue telecamere, avrebbe
visto ed ascoltato ogni cosa da lontano.
Come al solito.
Alla fine del caso, se fosse sopravvissuto, avrebbe lasciato anonimamente del denaro a Sayo e fatto in modo che lei si potesse
costruire la vita che meritava.
Lei si sarebbe dimenticata di lui e lui si sarebbe dimenticato di lei.
Sarebbe tornato tutto come prima.
Era questo che voleva, no?
L guardò fisso la pioggia che batteva forte sul vetro. "Light, se a Sayo succede qualcosa,
qualunque tipo di cosa, tu sei un uomo morto," disse.
Il castano sbuffò:
"Sembra di sentir parlare Rem," pensò. "Ryuzaki, io non sono Kira, e a lei non succederà nulla".
"Perfetto, allora," disse L senza distogliere lo sguardo dalla
finestra. "Hai carta bianca".
Light sorrise (diabolicamente, s'intende): "Ti ringrazio per la fiducia, Ryuzaki.
Ora torniamo di là, che ne dici? Gli altri si staranno preoccupando".
"Non ho voglia di lavorare oggi, per me sarebbe inutile tornare," rispose il
detective. "Vai tu e fammi un favore, quando esci da qui spegni le luci".
Light obbedì senza battere ciglio: ormai aveva ottenuto quello che desiderava.
Ora poteva scoprire se quella ragazza poteva essere pericolosa o meno per lui e,
nel primo caso, studiare una strategia per toglierla di mezzo il prima
possibile. Sarebbe stato un gioco da ragazzi.
Bastava solo che Misa ed i suoi piani suicidi non si mettessero in mezzo.
*****************
L ricomparve nel quartier generale solo un'ora dopo che Light e gli agenti di
polizia furono andati via. Era ormai notte, le luci erano tutte spente ma gli
schermi dei computer sulla parete, con la loro luce giallastra, davano alla
stanza un che di sinistro. Incurante di ciò, L raggiunse la sua sedia. Pochi
secondi dopo Watari, che
doveva aver seguito i suoi movimenti dalle telecamere di sicurezza, entrò a sua
volta nella stanza con in mano un largo vassoio coperto.
"Watari, ho bisogno di parlare con Wedy, devo affidarle una missione. Potresti
mettermi in contatto con lei entro un'ora?" gli chiese L appena notò la sua
presenza.
"Non c'è problema, Ryuzaki," annuì l'anziano, poggiando il vassoio alla sua
destra.
"Grazie," rispose L, ed iniziò a battere una serie di tasti per attivare il computer. Poi, visto che Watari non si muoveva, indicò il vassoio con il viso:
“Non ho tempo per cenare, oggi ero stanco e ho passato la giornata a riposare,
quindi ora ho un sacco di lavoro
arretrato”.
Watari sospirò: L non poteva neanche sperare di ingannarlo
a quel modo. Conosceva quel ragazzo da quando era uno scricciolo che gli tirava
la giacca chiedendogli supplichevole se invece del pranzo poteva mangiare un
altro pezzo di torta.
Gli poggiò una mano sulla spalla: "Va tutto bene, Ryuzaki?” gli chiese in tono paterno.
”Certo, è solo stanchezza,” rispose lui testardo.
”L... tu non sei mai stato bravo a mentire,” osservò Watari.
Lui ebbe un brivido e staccò di colpo le dita dalla tastiera, voltandosi si
scatto verso l'anziano inventore. Watari annuì dispiaciuto, come per dire: "Credimi, è così".
L abbassò la testa, ed un ciuffo di capelli ribelli gli ricadde gli occhi. Si
portò un dito alle labbra. "Watari,"
ammise, "mi fa male".
L'uomo si chinò su di lui, preoccupato: L non si era mai ammalato.
”Dove?” chiese.
”Qui,” rispose il ragazzo con un sorrisino amaro, indicandosi il cuore.
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