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Autore: Moka96    13/02/2013    5 recensioni
I miei pensieri furono d'un tratto interrotti dalla suoneria del mio telefono che risuonò nel più completo silenzio, facendomi sobbalzare come un ladro colto alla sprovvista. Lo tirai fuori dalla tasca e risposi senza neanche leggere il nome sul display: sapevo già chi era.
Genere: Erotico, Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Altri, Billie J. Armstrong, Mike Dirnt, Tré Cool
Note: AU, Cross-over, Lemon | Avvertimenti: Violenza
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Sono tornata, con nuova storia e nuova ispirazione! Yay! (?)
Volevo solamente avvertirvi, giusto che non me li fa inserire tutti, che questa fan fiction contiene più personaggi di diversi gruppi. 
In seguito scoprirete di chi si tratta, spero vi piaccia.
Buona lettura! :3



CAPITOLO 1


Mi chiamo Billie Joe Armstrong, nome alquanto insolito ma non sono stato io a sceglierlo, purtroppo. Ho vent'anni e vivo ad Oakland, questo schifo di cittadina che fra un anno mi lascerò alle spalle, odio stare qui, ma per ora mi devo accontentare di questa merda.
E' l'una di notte, o almeno lo era quando guardai l'orologio circa.. venti minuti fa, credo. Non do molta importanza alla cognizione del tempo durante le mie giornate, tranne a l'una di ogni domenica notte.
Amo camminare per le strade buie della città, illuminate solamente dalla fievole luce della luna o dei fari delle auto che sfrecciano lungo le vie per poi sparire in un batter d'occhio, lasciando che l'oscurità mi invada di nuovo.
I miei pensieri furono d'un tratto interrotti dalla suoneria del mio telefono che risuonò nel più completo silenzio, facendomi sobbalzare come un ladro colto alla sprovvista. Lo tirai fuori dalla tasca e risposi senza neanche leggere il nome sul display: sapevo già chi era.

- Sono nel vicolo affianco il negozio di Danny, datti una mossa. -
- Puntuale come sempre, Armstrong. - ricevetti in tutta risposta, da una voce roca dall'altra parte del telefono.
Feci una smorfia e riattaccai il telefono senza rispondere, odiavo quando mi chiamava per cognome, ma lui lo sapeva ed era proprio per questo che si divertiva a farlo, istigandomi.
Passai cinque lunghissimi minuti poggiato con la schiena contro il muro e le mani nelle tasche dei pantaloni, a fissare il brecciolino sotto i miei piedi impazientemente, fin quando non sentì una mano poggiarmisi sulla spalla, la sua mano.
Sobbalzai e mi girai di scatto per lo spavento, provocando una sua fragorosa risata.
- S-Shan! Che cazzo, vuoi farmi morire d'infarto?! -
- No, ma se non chiudi quella bocca rischi di svegliare tutto il quartiere. -
Non feci nemmeno in tempo ad obiettare che mi afferrò per la maglia grigia e mi tirò verso di lui, incollando le labbra alle mie.
Shannon, il solito. Odiavo quando faceva così.
Strinsi gli occhi e mi allontanai facendo pressione con le mani, sul suo petto.
- Vedo che siamo particolarmente scontrosi oggi, piccoletto. - disse lui, riuscendo a farmi indietreggiare fino ad un muro, che purtroppo, non era molto lontano da me.
- Non sono qui per questo, Shan. -
- E allora? -
- Ti ho detto che non sono qui per questo, non toccarmi. - mormorai freddo.
Sbuffò alzando gli occhi al cielo, e si infilò una mano nella tasca dei pantaloni. Si guardò attorno furtivo per assicurarsi che non ci fosse nessuno, poi mi porse una bustina trasparente con all'interno della polvere bianca, che io nascosi per bene.
Che ne dici di pagarmi in natura, Armstrong? - sibilò con un ghigno stampato sul volto, provocando una mia risata alquanto ironica.
- Tieni a bada i tuoi bollenti spiriti, Leto. -
Con un abile gesto gli infilai i soliti cinquanta dollari nei boxer facendolo fremere. Mi girai di spalle e lo salutai con un cenno della mano, per poi ripercorrere la stessa strada di poco fa.
Faceva freddo, un dannatissimo freddo, per questo avevo velocizzato il passo, volevo tornare a casa il prima possibile.
Condividevo la mia piccola dimora con Michael, o meglio, Mike, il mio migliore amico d'infanzia. Eravamo molto legati. Lui fu l'unico che mi rimase accanto, quando mio padre morì dieci anni fa, lo ricordo come se fosse ieri.

Mi accorsi di essere già davanti il vialetto di casa, solamente perchè andai a sbattere contro un albero senza accorgermene, avrebbero dovuto tagliarli quei cosi. Era impossibile distinguere le cose in quel buio assurdo, credetemi.
Massaggiandomi la testa arrivai davanti la porta di casa e la aprì con lentezza, cercando di fare il minimo rumore.
- Dove sei stato? -
Sobbalzai di nuovo dallo spavento. Oggi volevano proprio farmi crepare.
Accesi la luce e mi ritrovai davanti la figura di Mike seduto sulla poltrona a braccia conserte. Sembrava una di quelle classiche mogliettine isteriche che aspettano impazienti il ritorno del marito, pronte a rifilargli un megacazziatone che si sarebbe ricordato per il resto della sua vita.
- A prendere un po' d'aria. -
Bella sparata, Armstrong. Sicuramente ci crederà.
- A l'una di notte, Bill? - disse con tono seccato.
Rimasi in silenzio a fissarlo con sguardo impassibile, poi abbassai la testa, non sapendo ne cosa fare, ne cosa dire. D'altronde aveva ragione, a una scusa del genere non ci avrebbe creduto nemmeno un sasso.
Sentì solo i suoi passi e poi due possenti braccia avvolgermi e stringermi con delicatezza. Ricambiai il suo gesto, stringendomi forte a lui, cosa che lo fece sorridere.
- Non importa.. sei tornato ora. -
- Sono stanco.. - mormorai contro il suo petto. Mentii.
- Vieni, andiamo di sopra. -
Dormivamo sempre insieme, e io anche se posso sembrare un tipo abbastanza freddo, di certo con lui non lo ero per niente.
Arrivammo di sopra ed iniziammo a spogliarci per metterci a letto.
- Come mai non è rimasta la notte, quella troietta della tua ragazza? -
Attaccai briga, mentre saltellando tentavo di togliermi le converse, ma quei dannati lacci stretti me lo impedivano.
Lui rise, scuotendo appena la testa.
- La troietta della mia ragazza l'ho mollata. -

- Che novità! E perchè, questa volta? -
- L'ho vista con Josh, quel tipo grosso e rozzo della Norway High School. -
- Uhuh, brutti gusti la ragazza. -
- Ehi! - scoppiammo entrambi a ridere e ricevetti un piccolo pugno sulla spalla.

Riuscii finalmente a togliere di mezzo quelle maledette scarpe, e misi una mano dentro la tasca della giacca.
Sbiancai.
Non c'era. Non era possibile.
Iniziai a tastare ogni mio indumento freneticamente, come un pazzo, ma nulla, della bustina nessuna traccia. Probabilmente Mike mi stava anche parlando, ma io non lo stavo affatto ascoltando.
- ..e poi è apparso così dal nulla, ma ti pare normale una cosa del genere?! Billie? ...Billie? ..Cristo santo Billie mi stai ascoltando?! -
Mi girai di colpo verso di lui, e feci in tempo ad accennare un sorriso tirato. Non sapevo nemmeno di cosa stesse parlando.
- Sì..sì, ehm cioè.. -
Rimase a fissarmi per qualche secondo poi sbuffò - Aah, al diavolo. -
Si mise nel letto e si girò su un fianco, dal lato opposto al mio, coprendosi con le coperte.
Lo sapevo che gli dava fastidio quando qualcuno non lo ascoltava mentre parlava, ma se avesse scoperto cosa io avevo perso, sarei finito in guai grossi.
Glielo avevo promesso, gli avevo promesso che mi sarei liberato da quella roba, ma era pià forte di me. Se l'avesse scoperto forse non si sarebbe fidato più di me, e non volevo che accadesse.

Mi spogliai tenendomi i boxer, e mi misi a letto portandomi velocemente le coperte sopra la testa.
Forse lui stava già dormendo, ma non avevo nemmeno il coraggio di svegliarlo o che.
Avevo mille pensieri in testa, non riuscivo a pensare ad altro, e la paura di essere scoperto era troppa.
Mi rannicchiai su me stesso, tremando per il freddo. Mi sentivo uno schifo.

“Sono un disastro. Mi dispiace, Mikey.”
Pensai tra me e me, lasciando che una lacrima ricadesse sul mio pallido viso.


 

   
 
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