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Autore: Amily Ross    14/02/2013    1 recensioni
E se le cose fossero un pò diverse, se Holly, Benji e tutti gli altri fossero italiani anziché giapponesi? Cosa succederebbe se le loro vita fossero legate a quelle di calciatori famosi, e sarebbero leggermente cambiate? Riusciranno i nostri piccoli grandi eroi a realizzare il loro grande sogno? (I ragazzi sono imparentati tra loro, quindi non fate caso ai cognomi diversi che hanno alcuni di loro, l'ho fatto apposta, sia per "italianizzare" i personaggi, sia per legarli ai calciatori)
Genere: Generale, Sportivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: Incompiuta
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16°capitolo: Gli interventi

 

Giunse il giorno del mio intervento alla caviglia, quindi, insieme alla mia famiglia mi recai in Colorado per farmi operare, da un noto specialista americano, specializzato in ricostruzioni di tendini e legamenti danneggiati.

Julian, era svenuto per l’ennesima volta, lo portarono in ospedale, per sottoporlo ad esami di vario genere, bisognava capire meglio le  condizioni in i cui si trovava il  suo cuore, per stabilire come comportarsi di conseguenza.

Intanto, io ero già arrivato in Colorado, dove mi hanno subito ricoverato, e sottoposto anche a me ad alcuni esami, sia i classici che si fanno prima di un qualsiasi intervento, sia alla caviglia, per confermarne nuovamente le condizioni, o verificare eventuali miglioramenti o peggioramenti.

Era tutto come il primo controllo, i tendini ed i legamenti erano rimasti tali e quali alla prima risonanza magnetica, l’osso invece era parzialmente risanato, il che significava, che dovevano intervenire anche su di esso.

A Torino, nell’ospedale in cui era ricoverato Julian, arrivò una telefonata, da un ospedale napoletano; nel quale era ricoverato un ragazzo in coma, tenuto in vita solo dalle macchine.

I genitori, avevano deciso di donare gli organi, ed il cuore era destinato a Torino, in quanto mio cugino era in cima alla lista per i trapianti di cuore.

L’indomani fu sottoposto ad altre nuove analisi, era necessario, prima di procedere con un intervento simile avere un quadro molto dettagliato delle sue condizioni.

 In America, erano le 16:00. L’equipe medica era quasi pronta, aspettavo solo che veniva qualche infermiere per farmi la preanestesia.

In camera, eravamo io, mia madre e mia sorella; nella mia mente c’era spazio solo per Julian, ero più preoccupato per lui, che per me.

(Non mi spaventava nemmeno, l’ipotetica possibilità di dover lasciare il calcio per sempre, l’unica cosa che m’importava era che a July andasse tutto bene).

Mentre attendevo l’infermiere, il mio cervello continuava a divagare, poi guadai fuori dalla finestra, e prima di scorgere fuori di essa, incrociai lo sguardo di mia madre.

«Mamma, quando chiamiamo a Julian?» le dissi con una voce che lasciava emergere tutta la mia preoccupazione.

«Amore, da loro sono le 8:00. Sicuramente, gli staranno facendo delle analisi. Più tardi, quando ti sveglierai dall’anestesia lo chiameremo!» mi rispose carezzandomi la fronte, e scostandomi i capelli da essa, era un modo per rassicurarmi e cercare di farmi stare tranquillo.

(Ma, infondo, sapevo che nemmeno lei lo era come voleva far credere).

Finimmo appena di parlare, che bussarono alla porta era l’infermiere, con una bella siringa piena di sedativo, nel frattempo che mi chiedeva come andava mi fece l’iniezione.

 Poi si rivolse a mia madre, e disse: «Tra 40-45 minuti veniamo a prenderlo, per portarlo in sala operatoria. Il dottor Chase mi ha detto che lei assiste all’intervento, preferisce cambiarsi adesso, o dopo?»

«No, preferisco dopo, anche perché aspetto mio marito per lasciargli la piccola.» rispose mia madre sorridendo all’infermerie. Circa 10 minuti dopo, arrivo mio padre, per portarsi via Martina; io ero un po’ stordito, dalla preanestesia, quasi non mi ero reso conto nemmeno del suo arrivo.

Credeva mi avessero già operato, «Ma che ha, si è svegliato dall’anestesia?» chiese mio padre, a mia madre. «Il dottore gli ha fatto la puntura, e lui si è rimbambito.» rispose Martina, vedendo la situazione con gli occhi di una bimba di dieci anni.

I miei sorrisero, e mamma disse: «Vabbè si, gli hanno fatto la preanestesia, tra un po’ vengono a prenderlo.» continuando a sorridere. «Ah ok, capito!»

Si avvicino a me, si sedette sul letto, «Eih campione tranquillo, andrà tutto bene, anche per quanto riguarda Julian! Al tuo risveglio troverai una bellissima sorpresa.»

Io che appunto, ero un po’ stordito avevo capito tre quarti di discorso. «No, lo sai che odio le sorprese.» risposi con la voce un po’ impastata.

«Vedrai, che questa ti piacerà...» risposte sorridendo e dandomi un bacio sulla fronte, ed un colpetto sulla spalla e disse: «Mi raccomando campione!»

Salutò mia madre, ed andò con mia sorella a prendere la mia sorpresa.

Dopo circa dieci minuti, vennero gli infermieri che mi misero sulla barella, e ci avviamo in sala operatoria. «Dove giochi a calcio?» mi chiese l’infermiere italiano.

«Gioco nella Primavera della Juve da circa due anni.» dissi sorridendo.

«Caspita, complimenti! Ti auguro di arrivare in alto.» rispose sorridendo.

Nel frattempo mia madre, si era cambiata per assistere all’intervento, mentre noi eravamo arrivati in sala operatoria, mi misero sul tavolo operatorio.

Il dottor Chase mi venne vicino, ovviamente, non parlava molto bene l’italiano, quindi si mise a parlare in inglese.

(Ma non avevo nessun problema nel dialogare, visto che modestamente nella materia avevo 8).

«Hello Benji, how are you?» mi chiese controllando le mie lastre.

«So so, because I have a little pain in the ankle!» risposi sorridendo.

«Don’t worry,in a little while you’ll feel better. Good, are you ready?» disse ancora una volta sorridendo.

«Yes, I am!»  risposi sorridendo ancora.

Mi misero la mascherina con l’anestetico, e mi addormentai, i medici cominciarono a tagliare la caviglia, per ricostruire i tendini ed i legamenti.

Intanto in Italia, Julian, stava facendo l’elettrocardiogramma ed era un po’ agitato, il cuore batteva troppo velocemente, per poi diminuire di colpo facendolo andare addirittura in arresto cardiaco.

Sua madre e mio zio, (fratello delle nostre madri, anche loro erano medici.) gli fece il massaggio cardiaco, ma servì a poco.

«Terry, è in fibrillazione ventricolare, abbiamo bisogno del defibrillatore.» disse mio zio, mantenendo la calma.

Fortunatamente, riuscirono a riprenderlo, lasciarono perdere gli esami, lo portarono in rianimazione gli misero la flebo e l’elettrocardiografo per registrare continuamente l’attività del suo cuore.

Io ero appena uscito dalla sala operatoria, mi avevano riportato in camera, l’intervento era riuscito alla perfezione, dovevo solo svegliarmi dall’anestesia.

Dopo circa una mezz’oretta mi svegliai, ero completamente stordito, ma nonostante ciò appena aprii gli occhi il mio primo pensiero andò a mio cugino.

«Mamma chiama la zia, per sapere come sta July!» furono queste le prime parole che uscirono dalle mie labbra la mio risveglio.

Mia madre non disse nulla, prese il telefono, chiamò il centralino, fece passare la chiamata in Italia.

Rispose Giorgia, la centralinista dell’ospedale, le passo mia zia, la quale le raccontò tutto ciò che era successo. «A Napoli, stanno procedendo con l’asportazione degli organi, e tra pochi minuti il cuore arriverà qui.»

Si salutarono.

Mia zia andò a preparare Julian per l’intervento, mia madre posò la cornetta, per non farmi preoccupare evitò di dirmi tutta la parte della crisi e disse: «Sta bene, è tutto a posto! Hanno fatto gli esami, ed adesso lo stanno preparando per il trapianto!»

Ero felice, sospirai, «Per fortuna, ero preoccupatissimo!» risposi sorridendo.

Finita la discussione, bussarono alla porta, era mio padre. «Ciao campione, come va?» esclamò entrando.

«Abbastanza bene, a parte il mal di testa, ed il fastidio dei punti. Comunque, sbaglio o prima hai detto qualcosa su una sorpresa?» risposi, poi sorrisi, non immaginando neanche lontanamente cosa potesse essere.

Mio padre schioccò le dita, ed entrarono: Roberto, Alex, Fabry, Gigi, mio nonno, Holly, Tommy e Karl.

(Il resto della squadra, Tony e Patrick, erano rimasti a Torino con Julian).

«Sorpresa!» gridarono tutti quanti insieme.

 Ero rimasto senza parole, non mi sarei mai aspettato una cosa del genere, ma, a quanto pareva le sorprese non erano ancora finite.

«E adesso la seconda. Martina?» disse mio padre, ed al suo richiamo entrò la mia sorellina, con un  pallone della Nike che mi portò tra le mani.

Era tutto autografato, dai calciatori della Juve, dai miei compagni, dalla nazionale maggiore, da Karl suo padre, e suo zio.

Ero troppo emozionato, che non riuscii a trattenere le lacrime, «Grazie a tutti! Non mi sarei mai aspettato una cosa simile.» dissi piangendo come uno stupido.

«Ma figurati scemo! Per te siamo disposti a tutto, ma basta che con questa frase non ti monti la testa. Comunque, cerca di rimetterti presto in forma, la tua squadra ha bisogno dite, e poi il prossimo anno siete tutti invitati a casa mia!» rispose Karl, ed a quel punto scoppiammo tutti a ridere. 

Bussarono nuovamente alla porta, tutti i ragazzi cercavano di trattenere le risate, io non capivo, ma rimasi a guardare. Tommy andò ad aprire la porta.

«Beh, a quanto pare , le sorprese non sono ancora finite!» disse iniziando a ridere, io lo guardai riducendo gli occhi a fessura.

Si spostò e fece capolino Patty. «Cucù…» esclamò.

 Appena la vidi mi si illuminarono gli occhi, «Amore…» dissi felice e sorridente.

Lei si avvicino, buttandosi delicatamente tra le mie braccia, facendo attenzione a non farmi male nella mano dove avevo la flebo.

Mi diede un bacio lunghissimo sulle labbra, ed io lo ricambiai, ovviamente.

 «Bimbo mio, come ti senti?» mi chiese dopo essersi staccata.

 «Tranquilla! Sto bene, mi bruciano solo un po’ i punti.» le risposi, incrociando la sua mano con la mia.

Il tempo passò velocemente, l’orario delle visite era finito, in quanto erano già le: 19:00, e purtroppo dovettero andare tutti via.

In Italia, invece, erano le 11:00. L’elicottero che trasportava il cuore, era appena atterrato sul tetto dell’ospedale, Julian era già pronto, intubato ed anestetizzato, aspettavano solo che l’organo arrivasse in sala operatoria, non c’era un minuto da perdere.

Non’appena arrivò, iniziarono immediatamente, con l’intervento, il quale durò circa tre, quatto, ore.

Fortunatamente, era andato tutto bene, adesso bisognava solo aspettare le ventiquattro ore, e sperare che non avveniva nessuna crisi di rigetto.

Per quanto mi riguarda, la notte passò al quanto lenta, non riuscivo a prendere sonno, sia perché non potevo girarmi come mi pareva, ed inoltre, la mia mente continuava imperterrita a pensare a Julian.

Per quanto riguarda l’Italia, invece, le ventiquattro ore passarono velocemente, non si manifestò nessuna crisi. Il nuovo cuore, funzionava perfettamente.

 Julian era come rinato. Nel pomeriggio, chiamò mia zia, per informarci della situazione.

«Ciao sorellina! Come sta Benji?» disse mia zia salutando mia madre.

 «Ciao Terry! Tutto bene, adesso sta dormendo, stanotte non ci riusciva. Da voi, come sta Julian?» rispose chiedendo anche del nipote.

«Anche qui tutto bene. Il trapianto è riuscito perfettamente, senza nessuna crisi, Julian sta bene ed è anche più sereno!» rispose mia zia, si sentiva dalla voce che anche lei era più serena.

 «Oh per fortuna, grazie al cielo, non potevi darmi notizia migliore! Salutalo da parte nostra, e digli che gli siamo vicini.» aggiunse mia madre felice.

 «Si certo, tu saluta Benji, e mandagli i saluti anche da parte di Julian. Ciao, un bacio a presto!» chiuse mia zia la conversazione.

Finalmente passò una settimana, e mi tolsero i punti, il dottor Chase mi mandò di nuovo Italia, dicendomi che ci saremo rivisti fra due mesi, per vedere se l’operazione era veramente riuscita, ed anche se la riabilitazione funzionava.

L’estate passò molto velocemente, anche se, per me e Julian fu un po’ noiosa, visto che non potevamo allenarci assieme agli altri, che per fortuna, date le nostre condizioni non si allenarono più di tanto, per non lasciarci troppo soli.

Il tanto atteso 15 settembre, era arrivato, era tempo di controlli.
Questa volta fu il dottor Chase a venire in Italia.

(Devo ammetterlo, in quest’occasione ero più preoccupato per me, che per mio cugino, il quale, aveva fatto anche qualche strappo alla regola, allenandosi un po’. Il suo nuovo cuore funzionava alla perfezione).
(In realtà, non avevo nulla di cui preoccuparmi, ma mi spaventavo troppo se l’intervento per qualche motivo non fosse riuscito. Avrei potuto dire addio per sempre al calcio, al mio mondo, ed era l’ultima cosa che volevo)
.

Torino: 15/09/04, ore: 9:00.

 Io e Julian ci trovavamo all’ospedale, dove lavorano le nostre madri e nostro zio.

Io ero con la mia, e con il dottor Chase in radiologia.

Mio cugino, era con la sua e con lo zio Marcus in cardiologia.

L’intervento era riuscito perfettamente. La caviglia era tornata a funzionare come prima, i tendini ed i legamenti si erano risanati benissimo, e lo stesso valeva anche per l’osso.

 Uscii di corsa dal reparto in cui mi trovavo.

(Che bello! Finalmente potevo correre, dopo tutto questo tempo).

Corsi ad abbracciare Julian, il quale mi veniva incontro, uscendo dalla porta delle scale.

(Le aveva fatte tutte di corsa, ed il suo cuore non dava nessun segno di affaticamento, ero davvero felicissimo, per entrambi!).

Ci stringemmo in un abbraccio, che durò più di cinque minuti, eravamo troppo felici.

La sera, andammo tutti a festeggiare, infondo era d’obbligo, la situazione non poteva che risolversi ne migliore dei modi.

(Ohps…scusate, ho dimenticato a dirvi che: Mark, Danny, Ed, Philip, Erik e Rossana -la sua ragazza- si erano uniti anche loro alla nostra comitiva!).



Nota: Ho cambiato il nome della sorellina di Benji, infatti, da Elena è diventato Martina, ma siccome ho poco tempo negli altri capitoli lo sistemo dopo. A presto Amy! 
 
   
 
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