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Autore: REAwhereverIgo    14/02/2013    4 recensioni
Quando fatti strani cominciano ad accadere ai ragazzi di una scuola superiore, toccherà alla giovane detective Rea infiltrarsi nel liceo e risolvere il caso!
Spero che vi piaccia! :)
Genere: Generale, Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Rea indaga

 

 

La mattina dopo l’aria in casa Simon era pressoché irrespirabile. Entrambi i componenti della famiglia erano ansiosi, tesi e nervosi dopo la discussione della sera prima e nessuno dei due sapeva cosa dire. E quella sensazione di ansia e nervosismo andò avanti anche il lunedì, facendoli sentire come due estranei nella stessa casa.

Rea in primis, dopo aver ricevuto la telefonata di Bearne.

Come si doveva comportare adesso che sapeva che suo padre, in realtà, non era mai andato a una cena di lavoro? Aveva bisogno di una strategia e anche velocemente.

Prese la sua decisione in fretta e chiuse gli occhi per farsi coraggio.

Papà?” lo chiamò, andando nella sua camera. Tremava.

Jason si affacciò in corridoio e la vide arrivare, sentendo il nervosismo prenderlo tutto insieme.

Sì?” rispose.

La ragazza prese un bel respiro, si odiò un paio di volte per quello che stava per dire e poi guardò suo padre.

Mi dispiace” esclamò infine. Lui rimase basito.

Come scusa?

Scusami per quello che ti ho detto ieri sera; scusami se ho continuato ad uscire con Fabio nonostante il tuo divieto e scusami anche perché l’ho portato qui; scusami se me la sono presa in quel modo quando mi hai detto che non sono costante, in fondo avevi ragione tu, è vero; scusami se non ti ho parlato dell’indagine; scusami se non ti ho detto che stavo male perché tu mi avevi ferita; infine, scusami per essere sempre così orgogliosa” gli disse. Jason aveva spalancato gli occhi: non era mai successo che sua figlia gli chiedesse scusa, era sempre lui a fare la prima mossa.

Si avvicinò a lei, tendendo le braccia, e la strinse a sé.

No, scusami tu tesoro. Tutta questa situazione ci è sfuggita di mano e dovevo capire subito che ti stavo ferendo con il mio comportamento distaccato, sono stato un idiota. Puoi perdonarmi?” le chiese. Rea gli passò le braccia intorno alla vita e affondò la testa nel suo petto, sentendosi al sicuro.

Ti ho già perdonato” gli assicurò. Lui sorrise e si impose di non piangere, poi si allontanò un po’.

Ti va di venire con me in ufficio, stamani? Fai rapporto su ciò che hai scoperto e poi andiamo a pranzo insieme” le propose.

Ma la scuola?

Non sei obbligata a frequentarla, tu non devi sostenere nessun esame, quindi puoi saltare per oggi. Vai a prepararti, ti aspetto giù” le disse, spingendola in camera. Lei rise e annuì.

Una volta da sola, Rea si sentì un po’ in colpa: quelle cose le aveva dette solo per fare in modo che lui si fidasse di nuovo di lei, altrimenti non avrebbe chiesto scusa nemmeno sotto tortura.

Sospirò e si odiò: era giusto fare così, in fondo? “Sì, lo è: lui ti ha mentito, dicendoti che era con Bearne, quindi tu non ti preoccupare e continua” pensò, infilandosi una maglia comoda e un paio di jeans e buttando la divisa scolastica sul letto in malo modo.

Mandò un messaggio a Emma per dirle che non sarebbe andata a lezione, quella mattina, e chiederle se poteva andare a casa sua nel pomeriggio per darle i compiti. La risposta le arrivò meno di trenta secondi dopo, con un “d’accordo” scritto sopra e la richiesta dell’orario.

Rea sorrise e uscì di camera, andando nell’ingresso da suo padre.

 

In ufficio, Rea fece un rapporto molto dettagliato di ciò che era successo nelle ultime settimane: dal bidello sospetto al ragazzo sparito, passando per le sue ipotesi momentanee.

“Droga? Pensi che tutto questo sia collegato alla droga?” le chiese Bearne, stupito.

Sì, ne sono convinta” affermò. L’uomo si passò una mano tra i capelli e sospirò.

“Gli esami tossicologici sui cadaveri, però, sono risultati negativi. Nessuna traccia di qualche sostanza strana” disse. Lei ci pensò un po’, poi fece spallucce.

Questo non significa niente. Studiando chimica qualche anni fa, mi ricordo che c’erano delle sostanze che non potevano essere rilevate perché si dissolvevano nel sangue, mimetizzandosi con le cellule del corpo. Erano più pericolose delle altre proprio per questa loro particolarità” spiegò.

Ha ragione lei. Gli effetti che ha visto su quei ragazzi mostrano sicuramente un atteggiamento non lucido da parte loro, unito a sguardo vacuo e insensibilità al dolore. Non potevano essere in loro quando Rea li ha visti, altrimenti significherebbe che ha trovato solo ragazzi con problemi cerebrali molto sviluppati, durante la sua indagine” s’inserì Jason.

Il che non può essere possibile, perché Mary l’ho vista a scuola e lì stava bene, non gridava contro i muri né era particolarmente arrabbiata con qualcosa o qualcuno” aggiunse la ragazza.

Bearne sembrava poco convinto, però annuì.

“Capisco. E tu pensi che questo Antonio, il bidello, sia coinvolto in qualche modo?” le domandò.

Ne sono quasi sicura. Ogni volta che è sparito qualcuno l’ho trovato a parlare con lui, per non aggiungere del fatto che l’ultimo ragazzo ci ha litigato qualche giorno fa” affermò convinta.

“Beh, se sei sicura di questo non posso fare altro che chiederti di fargli qualche domanda. Con discrezione e attenzione, però, non voglio che tu corra rischi” si raccomandò. Rea sorrise felice.

Nessun rischio, fino ad ora” assicurò.

“Meglio così. Potete andare” li congedò.

Jason uscì dallo studio e raggiunse un suo collega, mentre lei si stava mettendo la borsa in spalla. Prima che potesse uscire, il capo la richiamò.

“Ho bisogno che tu inoltri la tua domanda per far parte della squadra entro una settimana, altrimenti per quest’anno si chiudono le iscrizioni e i corsi” le disse. La ragazza rimase ferma con una mano sulla maniglia, indecisa. Sorrise e lo guardò.

Te la porto domani, non ti preoccupare” rispose.

Raggiunse il padre e insieme andarono a pranzo fuori. Forse lì poteva fargli qualche domanda e, magari, lui le avrebbe risposto.

 

Lo odio, non lo sopporto! Perché mentirmi così? Non ha alcun senso!” stava dicendo al telefono. Il pranzo non aveva sortito l’effetto sperato: la cosa più importante di cui avevano parlato era stata se quell’hamburger era troppo cotto oppure no. Il suo interlocutore sospirò.

Almeno non ti ha ucciso perché ci ha trovati insieme sul divano le fece presente.

Ho vent’anni, posso fare cosa mi pare in casa mia! Non ho bisogno del suo permesso!

Rea, è sempre tuo padre! Smettila di accusarlo così, magari ha avuto bisogno di andare a fare qualcosa di importante e non può dirtelo

No, il mio sesto senso mi dice che lui sabato era a divertirsi. Continua a rimanere la domanda: perché non dirmelo? Non mi arrabbiavo mica se mi diceva ehi, esco con una donna, spero che vada bene, tu vai a dormire presto e non aspettarmi sveglia

Fossi in te io gli chiederei chiaramente cosa ha fatto, dicendogli che sai che no era a una cena di lavoro. Ora devo andare a studiare. Io ho la maturità quest’anno le disse Fabio. Rea sospirò.

Hai ragione, scusami ti ho portato via fin troppo tempo. Ci sentiamo più tardi, io aspetto Emma. Divertiti a studiare!” gli augurò divertita.

Non sei affatto simpaticala accusò lui, buttando giù mentre rideva.

La ragazza sentì il campanello squillare un attimo dopo e corse alla porta per aprire all’amica.

Benvenuta!” le disse, facendola entrare. Emma le sembrava piuttosto impaurita e titubante.

Qualche problema?” le domandò, sinceramente preoccupata.

No, niente di che, solo tanto studio” minimizzò la mora, indicando i libri che aveva in braccio.

Ah, quello. Sì, troppo studio” concordò Rea, pensando che non si era mai fatta nessun tipo di problema nemmeno quando frequentava le lezioni private.

La fece accomodare in sala e si misero a parlare di quello che era successo a scuola, dei compiti che avevano dato e delle date degli esami che erano appena state annunciate.

Bene, almeno so quanto tempo ho” esultò Rea, felice. Emma la guardò confusa.

Intendo per… studiare” spiegò imbarazzata.

A me viene l’ansia: solo un mese e mezzo! Troppo poco tempo!” esclamò l’altra, tremando di proposito.

Studiarono un paragrafo e mezzo di filosofia prima che si rendessero conto che erano già quasi le sei.

Che strano, papà sarebbe dovuto tornare mezz’ora fa. Lavora troppo, io glielo dico sempre” ragionò la ragazza, chiudendo il libro. L’amica impallidì.

Sì, decisamente” confermò.

Rea sospirò e sorrise.

Devi andare, immagino. Di solito tua madre viene a prenderti verso quest’ora. Ti accompagno qua fuori” si offrì, alzandosi.

G-grazie, ma non devi” balbettò Emma.

Figurati, nessun disturbo per me” minimizzò Rea, con un gesto della mano.

Quando furono quasi arrivate nello spiazzo per la retromarcia, lei vide la Mercedes nera di suo padre ferma, con lui dentro che leggeva il giornale.

Si sbracciò per salutare.

Che ci fai qui tutto solo? In casa ti senti stretto?” chiese la ragazza, affacciandosi al finestrino. Jason sobbalzò e la guardò con occhi imbarazzati.

No, solo che mi è arrivato un messaggio e ho dovuto controllare un articolo, tutto qua. Voi che cosa state facendo?” domandò a sua volta.

Ho accompagnato Emma ad aspettare sua madre, ma visto che ci sei tu puoi rimanere al posto mio? devo chiamare Fabio” lo implorò. Lui sospirò e annuì, facendola passare per una cosa che non voleva fare.

Salutamelo e chiedigli scusa per sabato” si raccomandò. Rea gli dette un bacio sulla guancia.

Ci vediamo tra poco” lo salutò.

Ciao Emma” disse alla mora.

Corse fino all’ingresso di casa, felice di poter sentire Fabio, poi si ricordò di non aver detto a suo padre che non c’era niente per cena.

Decise di tornare indietro un secondo prima di dimenticarsene.

Papà, una cosa prima di… di…

Si bloccò, con la sensazione di essere appena stata colpita da un pugno allo stomaco.

Si stavano baciando. Emma e Jason, in macchina, si stavano baciando. Non la notarono nemmeno quando, una volta staccati, l’uomo fece retromarcia e partì per portarla chissà dove.

Rea rimase ferma, col cuore a mille, e si sentì infinitamente sola. Si accasciò al suolo, col petto che scoppiava.

 

  
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