Serie TV > Squadra Speciale Cobra 11
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Autore: sophie97    14/02/2013    3 recensioni
I nostri eroi sono abituati ad avere tutti i giorni a che fare con ricattatori, assassini, pirati della strada. Ma se questa volta dovessero risolver più di un caso contemporaneamente? E se il loro nemico non fosse un criminale qualsiasi?
Ambientata tre anni dopo "Ricominciare a vivere...si può!", spero vi piaccia :)
Genere: Angst, Azione, Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Dieci ritagli di Cobra 11'
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Polvere e speranza

 

 
«Semir, è tutto a posto! Li abbiamo trovati anche se i tre se la sono data a gambe prima che arrivassero.».
«Come stanno?».
«Benino, direi. Li avevano chiusi in una stanza in cui praticamente mancava l’aria ma adesso stanno meglio.»spiegò Ben salendo in macchina.
«Ma scusa, come avete fatto a trovarli in così poco tempo?» domandò il collega dall’altro capo del telefono.
«Una telefonata del nostro “uomo senza volto”. Non ho ancora capito a che razza di gioco stiamo giocando… Tu hai trovato qualcosa?».
«Macchè!» esclamò l’ispettore con  un sospiro «Siamo a metà lista e ancora non abbiamo trovato il palazzo giusto… Ben, manca un’ora e mezza!».
Il ragazzo sospirò a sua volta: «Io e Clara arriviamo. E, Semir… ricorda che la troveremo, okay?».
«Si… ora andremo in Grunder Straβe.». Il poliziotto chiuse la comunicazione e si diresse verso Otto che esaminava l’ultima stanza dell’ennesimo palazzo:
«Niente?».
«Niente, possiamo passare all’altro.» confermò l’amico con un sorriso dispiaciuto.
«Okay, vieni con me in Grunder Straβe, Dieter andrà con qualcun altro nell’edificio a due chilometri da qui.»
 
 
«Come sarebbe a dire “la figlia di uno sbirro”?» tuonò l’uomo tentando di mostrare la sua calma abituale ma riuscendovi a stento.
«Uno dell’autostradale… d’altra parte noi abbiamo dato a Hissel la possibilità di scegliere liberamente le sue vittime, quindi…» mormorò titubante il ragazzo che gli stava di fronte.
L’uomo sembrò riflettere per qualche istante, prima di rispondere: «Stava andando tutto alla perfezione, non lascerò che questo piccolo contrattempo rovini il piano. Siamo in vantaggio Carlos, siamo comunque in vantaggio: loro non sanno chi sono, e soprattutto non hanno ancora capito dove voglio arrivare.».
Il più giovane annuì: «Cosa devo fare?».
«Chiama Hissel… subito.».
 
 
Ben entrò nel palazzo e si diresse verso il collega che perlustrava un’enorme stanza: «Ehi, siamo arrivati!».
«Ciao…» fece Semir senza voltarsi «… allora?».
«La Englhardt è voluta tornare subito al comando, senza passare da casa e figuriamoci dall’ospedale! Stanno bene, comunque.».
«Per fortuna, almeno loro.» rispose il poliziotto, finalmente guardando negli occhi l’amico.
«Quanti palazzi mancano?» si intromise Clara.
«Troppi! Una trentina e sono uno più lontano dell’altro. Passiamo al prossimo, Srefer Straβe.» disse il collega, dirigendosi verso l’uscita.
 
 
16.35.
Semir strinse il volante ancora più forte osservando le lancette dell’orologio che proprio non volevano saperne di rallentare. Quella dei secondi poi, proseguiva imperterrita in un susseguirsi di scatti ravvicinati, producendo un suono, un ticchettio, ormai diventato insopportabile.
Non aveva più senso cercare.
I palazzi erano finiti.
Il tempo era finito. Già da più di due ore e mezza.
Clara, sul sedile accanto, osservava il collega preoccupata e di tanto in tanto lanciava anche lei un’ occhiata sfuggente all’orologio.
Ben, dietro, faceva lo stesso. Si trovavano a più di un’ora di distanza dal commissariato, dove stavano tornando dopo aver visitato anche l’ultimo luogo possibile.
Nessuno aveva più il coraggio di parlare, neanche per incoraggiamento, perché la speranza ormai sembrava completamente sgretolata, distrutta. Ora non era altro che polvere, troppo fine per essere raccolta.
 
 
18.07.
I tre ispettori rientrarono al comando in silenzio e a testa bassa.
Il commissario li attese all’entrata e spiegò velocemente che aveva mandato a casa Andrea e Aida, erano stanche, soprattutto la bambina, e in ufficio non sarebbero servite.
Annuirono, andarono verso Susanne, pregandola di verificare che non si fosse dimenticata alcun indirizzo.
 
 
19.43.
Clara andò nella stanza della Englhardt, che l’aveva fatta chiamare, mentre gli altri due poliziotti entrarono nel loro ufficio, chiudendosi la porta alle spalle.
Semir a questo punto non si seppe trattenere: «Ben io non ce la faccio più! Non ce la faccio più!» cominciò a gridare «Non ho idea di dove si possa trovare Elisabeth ora e ho quasi la certezza matematica che… Ben, l’avrà già uccisa! Mentre io sono qui a fare niente lui probabilmente l’avrà già fatta a pezzi… sono passate undici ore Ben, undici! E le altre bambine sono state uccise dopo cinque ore dal rapimento… non so cosa fare. Ci siamo occupati delle figlie di altre persone fino ad adesso in questo caso, ma ora che si tratta di mia figlia… io non pensavo… avrei dovuto proteggerla ma non pensavo che avrebbe preso anche lei!». Si sedette su una sedia mentre le lacrime gli riempivano gli occhi.
Ben chiuse gli spiragli delle tendine dai quali alcuni poliziotti stavano spiando la scena. «Ascoltami Semir» comiciò «Io capisco come ti senti, capisco quello che provi. So che la paura di perdere tua figlia ti sta distruggendo e anche che gli ultimi tre anni per te sono stati una lotta continua…».
«Questo non c’entra.» lo interruppe il collega.
«Si che c’entra invece! C’entra perché tu eri già esausto in partenza, all’inizio di questo maledetto caso. E non serve fingere di stare bene perché anche solo fisicamente tu sei distrutto e questo non aiuta sicuramente; il dottor Armstrong si sorprende di come tu faccia a stare ancora in piedi! Ma non puoi arrenderti ora, hai capito?».
«Ma Elisabeth…».
«… Elisabeth è ancora viva e ti sta aspettando! E noi continueremo a cercarla ancora e ancora, fino a che…».
«È troppo tardi.» mormorò Semir.
Ben scosse il capo e alzò la voce: «Non è troppo tardi Semir! Se la speranza è tutto ciò che ci rimane tu devi tenerla stretta, non accantonarla in un angolo! Devi crederci Semir… devi essere certo che la troveremo in tempo perché sarà così. Sarà così, hai capito? La troveremo.».
Il collega si passò una mano sugli occhi: «Lo dici solo perché…».
«… Perché ci credo. E tu?» concluse il ragazzo. Si sedette di fronte all’amico guardandolo negli occhi: «Hai mantenuto la calma per tutta la giornata, da quando hai saputo che Beth era stata rapita fino ad ora. E l’hai fatto sforzandoti, per mantenere la mente lucida e riuscire ad indagare da buon poliziotto come se si trattasse di un caso qualunque. Sapevo che prima o poi saresti crollato… ma anche adesso serve che tu sia lucido… ora più che mai.».
Semir annuì debolmente e piegò le labbra in una specie di sorriso: «Da dove cominciamo?».
 




 
Lo so, troppa attesa, scusate! Tra scuola e impegni vari sono riuscita solo oggi a rifinire il capitolo, mi dispiace. Grazie per le recensioni e al prossimo, il prima possibile :)
Baci
Sophie :D

  
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